!-- Menù Orizzontale con Sottosezioni Inizio -->

News

mi piace

domenica 29 agosto 2021

San Pietroburgo - parte undicesima

 (di Tatiana Bertolini)

La rivoluzione di Febbraio

Prima Parte

 Nel febbraio del 1917 la Russia era in guerra da due anni e mezzo. Le condizioni della popolazione erano sempre più drammatiche, il cibo scarseggiava, a migliaia morivano al fronte (a fine conflitto si conteranno 1.650.000 morti e 3.850.000 feriti), i prezzi continuavano a salire.

Nel gennaio di quell’anno era stato indetto un grande sciopero nell’anniversario della domenica di sangue ma nello stesso mese i capi che lo avevano organizzato furono tratti in arresto. Il lavoro dei sindacati e dei partiti era stato distrutto dalla polizia, era rimasta solo l’attività dei CIB: Comitati Industria Bellica, organismi che erano stati voluti dagli industriali per coinvolgere i lavoratori nello sforzo bellico e portarli dalla loro parte.

Questi CIB, avversati dai partiti di sinistra che li vedevano come una sorta di strumenti per cooptare i lavoratori in favore dei padroni, in realtà si rivelarono utilissimi per coordinare le proteste e gli scioperi in quei mesi difficili.

 Giovedì 23 febbraio la voce delle donne.

La mattina di giovedì 23 febbraio (8 marzo secondo il nostro calendario) le donne della fabbrica tessile “Filo rosso” decisero che era ora di dire basta. Dopo una notte passata al freddo in coda ai negozi senza trovare nemmeno nelle patate, erano finite anche quelle, lasciarono il lavoro e scesero in piazza a protestare. Volevano a loro modo celebrare la giornata internazionale della donna che cadeva in quel giorno.



Il corteo delle lavoratrici tessili si diresse verso il quartiere Vyborg e all’altezza del ponte che passava sopra la Grande Neva si videro schierati i soldati della guarnigione di Pietrogrado e i cosacchi. E qui avvenne l’episodio che cambiò la storia di quel paese. I soldati, contravvenendo all’ordine ricevuto non spararono sulle lavoratrici ma le scortarono fino al quartiere industriale dove esse richiamarono in strada i lavoratori delle officine Putilov.


Ormai la protesta era inarrestabile, davanti a Nostra Signora di Kazan la polizia provò a scontrarsi e a fermare gli operai ma i poliziotti furono presi a sciabolate dai cosacchi. In quel momento i soldati avevano capito le ragioni dei lavoratori e nello stesso tempo non potevano più appoggiare quelle di chi li mandava a morire al fronte.

Venerdì 24 febbraio i tumulti si estendono

 Lo zar non era in città ma al quartier generale militare, mentre la sua famiglia era a Zarskoe Selo, i funzionari rimasti a Pietrogrado non seppero come fare e in molti casi andarono a nascondersi. Dopo due giorni di tumulti e saccheggi, la folla affamata si era riversata nei magazzini del Gostiny Dvor, la popolazione russa chiese aiuto alla Duma.

 Sabato 25 febbraio

Anche i battaglioni della riserva mandati a sedare le proteste fraternizzarono con gli operai

Domenica 26 febbraio

I parlamentari della Duma ignorarono un nuovo decreto imperiale di scioglimento  

Lunedì 1 febbraio nasce un nuovo governo

Disobbedendo all’ordine dello Zar la Duma nominò un nuogo govberno provvisorio: primo ministro fu nominato il principe L’vov ex presidente dell’Unione degli Zemistvo, il ministro degli esteri fu scelto nel partito dei cadetti, per il ministero della guerra e della marina fu nominato un deputato del partito degli ottobristi, mentre Kerenskij, del partito socialrivoluzionario divenne ministro della giustizia. Il governo rappresentava le posizioni progressiste presenti alla Duma dove i cadetti avevano la maggioranza.

Il ministro Kerenskij

 Giovedì 2 marzo Lo zar abdica

 Dopo una settimana dall’inizio delle proteste Giovedì 2 marzo, nel vagone che avrebbe dovuto riportarlo nella capitale ma che si era fermato in una piccola stazione a causa della guerra, Nicola II abdicò. Avrebbe dovuto farlo in favore del figlio ma il ragazzo era troppo ammalato, lo fece quindi in favore del fratello che però, presagendo come sarebbe evoluta la situazione, rifiutò. Terminava così la dinastia dei Romanov.

 A Zurigo, dove era in esilio, allertato da un compatriota che gli aveva portato la notizia Vladimir Ilic Ulianov scese in strada e dai giornali esposti all’edicola ebbe conferma di ciò che aspettava da tempo. Iniziò quindi la trattativa con la Germania che pareva l’unico paese propenso a rendere possibile il suo rientro in patria.


 

 


 

 

 

 

 

 


 

La rivoluzione di Febbraio


Seconda Parte

 Il governo provvisorio, riconosciuto subito dagli Stati Uniti e da alti paesi dell’Europa occidentale, proclamò l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, la piena libertà di religione, di stampa, parola, assemblea, sciopero e organizzazione sindacale. Questo si rifletté a livello organizzativo sulle amministrazioni locali e nello zemistvo.

Riconobbe l’indipendenza della Polonia, l’uguaglianza di diritti per le minoranze etniche e la legislazione del lavoro portò la giornata a otto ore.

Purtroppo alcuni temi di rilevante importanza rimasero insoluti: la guerra, che il nuovo governo voleva continuare pensando che ora, dopo che il paese si stava avviando verso la democrazia, anche l’esercito sarebbe stato più motivato, e in quest’ottica fu sferrata un’offensiva a metà giugno che dopo un’iniziale vittoria si trasformò nell’ennesima disfatta. Iniziare una trattativa di pace sarebbe stato rischioso e così il governo non prese una decisione definitiva.

Un’altra questione rimasta sul tappeto era quella della distribuzione delle terre, in questo caso si rimandò la riforma agraria all’assemblea costituente, infine vi era il problema dell’inflazione e il ripristino della rete dei trasporti. Non ultimo iniziavano a serpeggiare tendenze indipendentiste delle varie popolazioni assoggettate all’impero. Ma la mancanza più grave fu il rinvio dell’elezione di un’assemblea costituente, che il governo provvisorio pagò duramente. Del resto il termine stesso “governo provvisorio” aveva in sé l’idea di una instabilità, una sorta di organo a termine.

Lo stesso dovette attraversare due crisi: la prima a metà maggio con le dimissioni dei ministri degli esteri e della guerra. Quest’ultimo dicastero fu affidato a Kerenskij. Il 20 luglio fu la volta del primo ministro L’vov che rassegnò le dimissioni dopo uno scontro con il ministro dell’agricoltura che voleva attuare la riforma agraria, ormai urgente dopo che i contadini avevano incominciato ad occupare le terre. A Kerenskij fu allora affidata la carica di primo ministro, in questa nuova compagine la maggioranza era passata ai socialisti rivoluzionari, che, a dispetto del nome, svolsero una politica moderata, lo stesso Kerenskij fu soprannominato “persuasore in capo”



 

Il Soviet di Pietrogrado.

 

 

 Il palazzo di Tauride però non ospitava solo la Duma. In un’ala dell’edificio si era costituito un comitato organizzativo dei lavoratori della città nominato Soviet di Pietrgrado. Esso aveva il ruolo di spronare il governo provvisorio e la Duma per promuovere le riforme necessarie ed evitare decisioni che avrebbero vanificato i risultati raggiunti. Gli stessi ministri dei vari governi erano stati scelti di concerto     


  

Il presidente del Soviet, il menscevico Cchedzie

 






La maggior parte dei suoi componenti erano i cosiddetti socialisti moderati o Menscevichi e fino all’ottobre collaborarono con il governo Kerenskij.            


Menscevichi e bolscevichi.

 Questi due termini sono indubbiamente entrati nella storia con un signi­ficato molto diverso dall’originale. All’origine designavano semplicemente due correnti all’interno del Partito Socialdemocratico russo, quello di ispirazione marxista.

Questa divisione era sorta nel congresso tenutosi nel 1903. I menscevichi assunsero questa denominazione in quanto in quel momento risultarono essere minoritari all’interno del partito: in russo infatti il termine mensistvo significa minoranza. Il loro leader era Martov. I bolscevichi invece erano la maggioranza, dal russo bolsinstvo maggioritario (da bolshoi grande). Il loro leader era Vladimir Ilic Ulianov noto come Lenin.

Per i menscevichi il ruolo di guida di una rivoluzione spettava ai lavoratori, alla classe operaia, per Lenin i lavoratori necessitavano di una guida, ruolo che avrebbe dovuto essere svolto dal partito.

L’arrivo di Lenin  

 Uno dei punti fondamentali del programma politico di Lenin e della sua corrente era quello di terminare la guerra. Questo avrebbe comportato per i tedeschi un alleggerimento del fronte e si sarebbero potuti quindi concentrare solo su quello Francese. Lo stesso sarebbe stato per gli austriaci. Da tenere presente inoltre, che il 6 aprile erano entrati in guerra gli Stati Uniti. Il governo tedesco quindi permise il transito di Lenin sul suo territorio, via ferrovia, in un vagone riservato chiuso alle estremità. Partito il 9 aprile da Zurigo, arrivato l’11 a Berlino il 13 terminò la sua corsa davanti al mar Baltico.



 

 

La locomotiva 293 che portò Lenin in Russia

 

 

 

 

 

 

Qui un traghetto lo accompagnò in Svezia poi passando per il Granducato di Finlandia, alle cui forze politiche Lenin promise l’indipendenza, arrivò infine a Pietrogrado, alla stazione Finlandia atteso da una moltitudine e qui Ulianov tenne il suo primo discorso

 

 

 

 Tra due fuochi

 Un tratto saliente di queste due rivoluzioni è dato dal fatto che esse si rifacevano, anche se in modo diverso, ai principi del materialismo storico.

Nell’800 la filosofia tedesca con le figure di Hegel e Marx, aveva fornito un nuovo modo di affrontare i problemi, la cosiddetta dialettica, e un nuovo punto di vista per leggere i fatti storici, ovvero quello economico.

Secondo Marx, come scrisse nel suo celebre Manifesto, la rivoluzione francese aveva segnato il passaggio dal dominio dell’aristocrazia a quello della borghesia. La rivoluzione industria­le, specialmente quella che aveva caratterizzato lo sviluppo del XIX secolo, avrebbe portato alla presa di coscienza delle masse lavoratrici che si sarebbero sostituite alla borghesia.

Appena arrivato a Pietrogrado Lenin iniziò a studiare la situazione per cercare di capire in che modo essa si sarebbe evoluta.

Presentò quindi, al palazzo di Tauride, al Soviet di Pietrogrado, le Tesi di Aprile, ovvero il suo pro­gram­ma politico che ancora una volta lo contrappose ai mensce­vichi, i quali però, dal tempo del congresso del 1903, avevano conquistato la maggioranza nel partito, ma nonostante questo continuavano ad essere indicati con l’appellativo originale di minoritari. Essi, seguendo rigorosamente il pensiero di Marx ritenevano che per il momento in Russia si sarebbe dovuto portare a compimento una rivoluzione borghese, e anche per questo, in quello stesso mese, erano entrati nel governo provvisorio.

Secondo Lenin invece il pensiero di Marx andava interpretato in modo dialettico tenendo cioè conto delle circostanze.

Prima di tutto in Russia non esisteva una borghesia consolidata e numerosa, l’industrializzazione era ancora alle origini. Essa quindi non avrebbe avuto la forza sufficiente per opporsi all’aristocrazia che non era affatto sconfitta. Inoltre il continuo rimandare l’elezione dell’assemblea costituente e il delegare ad essa la soluzione di problemi era la prova che mancava la volontà per farlo. Il governo provvisorio aveva in realtà il compito di “tentare di governare” una situazione imprevista che a febbraio era sfuggita di mano al regime e cercare di riportare indietro l’orologio della storia. I fatti di fine estate poi gli daranno ragione. Era pertanto necessario superare la fase di un governo liberal-borghese per passare a quella della rivoluzione proletaria, la parola d’ordine divenne “tutto il potere ai soviet

I fatti dell’estate.

Nel marzo di quell’anno allo scoppio della rivoluzione l’orientamento elettorale dei russi era stato: PSR* 30%, Menscevichi 26%, bolscevichi 20%.

Nella seconda metà di giugno i dati si erano capovolti: Bolscevichi 48,5%, PSR 32%, Menscevichi 29%.

Il tasso di alfabetismo fra i lavoratori uomini era del 79,5%, tra le donne 52,4%.

Nel mese di giugno il governo provvisorio aveva tentato un’offensiva militare che, come già ricordato, si era trasformata in una disfatta

Il continuo rimandare la soluzione di problemi o l’attuazione di concrete riforme intanto aumentava la tensione fra le forze politiche e i cittadini, mentre le varie popolazioni e regioni del paese iniziarono a reclamare una maggior autonomia. In luglio altri quattro ministri del partito cadetto rassegnarono le dimissioni perché secondo loro agli ucraini era stata concessa troppa autonomia, e il ministro dell’industria alla fine si dimise anche lui perché contrario ad una partecipazione degli operai nella gestione delle industrie.

La situazione era sempre più incandescente tanto che dal 16 al 18 luglio diversi soldati e marinai, unitamente ai bolscevichi, tentarono di impadronirsi del potere a Pietrogrado.



 

le giornate di luglio

 

 

 

Il loro tentativo fallì, nonostante si fosse trattato di una rivolta di ampie dimensioni, poiché non ottenne l’appoggio del Soviet; Lenin, che pure non aveva appoggiato questa svolta, fu costretto nuovamente alla clandestinità e riparò in Finlandia, in quanto i bolscevichi furono accusati di tradimento e complicità con i tedeschi, mentre la guarnigione di stanza in città si schierò a difesa del governo. Esso però non seppe trarre vantaggio da questa situazione, anzi, si dimise anche L’vov, e Kerenskij divenne primo ministro. A fine agosto il governò organizzò una conferenza a livello statale con oltre 2000 partecipanti che però approdò ad un nulla di fatto.

 Il caso Kornilov.

                                                            Kornilov


 In questa situazione si inserì la vicenda Kornilov, dal nome del comandante in capo delle forze armate. Se la sinistra incalzava il governo verso fattive e concrete riforme, l’aristocrazia e il partito dei cadetti lo accusavano di essere troppo accondiscendente verso i bolscevichi e temevano ulteriori cambiamenti. Kornilov che godeva l’appoggio della classe media, era un ex cosacco, pur non essendo nostalgico dell’antico regime, riteneva si dovesse ripristinare ordine e disciplina nell’esercito e imporre ugualmente ordine nel paese. Fu così incaricato da Kerenskij       

di inviare nella capitale truppe leali per difendere il governo e sopprimere il Soviet. Kornilov eseguì l’incarico ed mandò un copro d’armata, ma a quel punto Kerenskij cambiò idea e fece appello al popolo affinché salvasse la rivoluzione dal suo      stesso alleato.     

Dal 9 al 14 settembre la popolazione si mosse a difesa della città mentre l’esercito guidato da Kornilov, anche a causa di uno sciopero ferroviario e carenza di rifornimenti, non riuscì a raggiungere la capitale. L’ufficiale che comandava le truppe si suicidò. Kornilov fu tratto in arresto e da tutta la vicenda a trarne vantag­gio furono i bolscevichi.

 

 

 

* Partito Socialista Rivoluzionario

 

 

 (segue)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Nessun commento:

Posta un commento