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lunedì 1 febbraio 2021

Storia di San Pietroburgo - parte settima

 

(Di Tatiana Bertolini)

I teatri

 

Diversi sono i teatri esistenti a Pietroburgo, la maggior parte di essi costruita nella prima metà dell’800.

Oltre a quello dell’Ermitage di Giacomo Quarenghi, che si era ispirato al Teatro Olimpico di Vicenza opera di Palladio, abbiamo altri teatri tutti in stile neoclassico tipico del XIX secolo.

 


Il Teatro Alexandrinskij fu istituito dalla Zarina Elisabetta anche se la sua costruzione avvenne tra il 1828 e il 1832, su progetto di Carlo Rossi, cui è dedicata l’elegante via che diparte dal retro della costruzione. Come si intuisce dal nome esso fu dedicato all’imperatore Alessandro.

La facciata è ornata da un colonnato di sei colonne corinzie, e coronata da un gruppo bronzeo di Pinevov raffigurante la biga di Apollo.

Questo è un teatro di prosa e dopo la rivoluzione fu dedicato a Puškin. 

L’interno è caratterizzato da velluti rossi e fregi in legno e stucco dorati.


Un altro teatro è il Mihailovski o Mussorgskij, fu fondato da Nicola I nel 1833, esso era riservato alle compagnie di teatro straniere in specie quelle francesi. Durante il restauro del Marinskij nel 2003 ospitò il teatro d’opera.


L’autore è un architetto russo Aleksandr Pavlovič Brijusov, l’interno è decorato da fregi in argento


Il più celebre però e senz’altro il Teatro Marinskij edificato a metà dell’800. Dedicato a Maria Aleksandrovna, moglie di Alessandro II, fu progettato da Alberto Cavos; terminato nel 1859 venne inaugurato l’anno successivo con l’opera di Glinka Ivan Suzanin, una vita per lo zar, denominato Teatro imperiale fu da sempre la sede del teatro d’opera e del balletto.

In esso hanno visto la luce celebri opere come Boris Godunov e balletti quali La Bella Addormentata.

                    Teatro Marinskij esterno
  

 

 

                                     Teatro Marinskij interno

Nicola I Seconda parte

 Nicola I rimase per tutta la sua vita un soldato e con una mentalità militare governò la Russia. La sua passione principale era nel campo del Genio, e sia sotto il regno del fratello che durante il suo, si sforzò di trasformare la Russia in una fortezza imprendibile, e dedicò anche parecchio tempo alle esercitazioni e alle parate.

Genero di Federico Guglielmo III e cognato di Federico Guglielmo IV di Prussia, fece della Russia, all’indomani del Congresso di Vienna, un baluardo della reazione assieme alla Prussia e all’Austria.

Questo comportò però complicazioni nella politica estera: durante la guerra di indipendenza greca, pur appoggiando in teoria i greci ortodossi e considerando la Turchia suo nemico, era terrorizzato dai cambiamenti che ne sarebbero sorti, così pure nei confronti del Belgio, ribellatosi all’Olanda: riconobbe la sua indipendenza solo dopo alcuni anni. E si comportò in modo tutt’altro che diplomatico verso Luigi Filippo di Francia dopo la rivoluzione del 1830.

In compenso nel 1832, soffocata una rivolta in Polonia, considerò questo stato parte integrante dell’Impero, lo statuto organico sostituì la costituzione del 1815, furono così abolite istituzioni statali e amministrative, chiuse le università e vi si instaurò un vero regime militare. Stessa sorte toccò alla Bielorussia, all’Ucraina e alla Lituania che furono russificate in modo ancora più pesante.

Sul fronte meridionale la Russia di Nicola I conseguì altre vittorie militari contro la Persia che cedette quello che possedeva ancora della Georgia, e la piccola Armenia con la città di Erevan.

Più complicati i rapporti con la Turchia: con il trattato di Adrianopoli nel 1829 ottenne il libero passaggio negli stretti, successivamente Nicola I assunse posizione rigide e diede luogo ad azioni maldestre sulla questione della gestioni dei luoghi santi a Gerusalemme chiedendo, tra l’altro, la supremazia della chiesa ortodossa e occupando alcuni principati danubiani. Alla fine nel 1853 Gran Bretagna e Francia si schierarono con la Russia che fu sonoramente sconfitta nella guerra di Crimea, cui aveva partecipato anche il Regno di Sardegna. Sebastopoli fu assediata e poi evacuata nel 1855, tra i soldati che la difendevano vi era il giovane Tolstoj che lascerà poi la sua testimonianza nei Racconti di Sebastopoli. Di questa guerra rimase celebre la battaglia di Balaklava. Il conflitto si concluse poi con un armistizio sotto il regno di Alessandro II

Riguardo alla politica interna fu data carta bianca al ministro dell’istruzio­ne Usorov che istituì i tre principi su cui si sarebbe dovuto basare il governo della Russia: autocrazia, ortodossia e nazionalità. Nell’ultimo punto si identificarono i giovani intellettuali, i cosiddetti “slavofili” che rivendicavano l’appartenenza della Russia al mondo slavo e respingevano quelle che consideravano ingerenze culturali dell’Europa.

Il regime burocratico e di polizia instaurato, che arrivò a censurare persino testi scientifici (temendo chissà quale significato nella spiegazione ad es. dell’eclissi), colpì tutta l’intellighenzia spesso, come del caso di Dostoevskij, con la deportazione in Siberia.

Sul piano sociale non vi furono riforme radicali ma solo la riorganizzazione dei contadini di stato (1837) e l’istituzione di scuole e cure mediche nei villaggi. Ma anche queste riforme non furono realmente attuate. Unica attività che si rivelò concreta fu la nuova codificazione delle leggi (1830-35) che rimase in vigore fino al 1917.

Dopo le rivoluzioni europee del 1848, la Russia si chiuse ancora di più in se stessa e anche i più timidi mutamenti furono arrestati, vi fu solo un inizio nello sviluppo dell’attività industriale e una modernizzazione di trasporti con l’uso di piroscafi e l’istituzione della rete ferroviaria.

Nel 1851 si inaugurò la tratta S. Pietroburgo – Mosca, successiva alla breve linea S. Pietroburgo Csarskoe Selo inaugurata nel 1837.

 


                                       Stazione Moskovskaja a S. Pietroburgo

 


Passeggiando per la città                             

L’assetto urbanistico che notiamo passeggiando per il centro di questa città è più o meno lo stesso che appariva ai viaggiatori nell’ultimo quarto del secolo XIX.

Un insieme armonioso di palazzi che si rispecchiano nella foce del fiume che si divide nella Grande Neva e Piccola Neva, e nei canali come    

 il Fontanka


 

          e il Griboedov.


Tutto questo non ci deve però far dimenticare che essa è il risultato di una volontà ferrea, del dominio assoluto di Pietro il Grande. La costruzione di questa città richiese l’impiego di migliaia di uomini che spesso lavoravano sotto i colpi della frusta, lo zar aveva imposto che tutti gli edifici della città fossero in pietra, per scongiurarne gli incendi, e che i nobili e coloro che posse­devano più di 500 contadini, vi dovessero costruire un palazzo. Ogni chiatta o nave che attraccava nel porto doveva scaricare una data quantità di pietre.   

                                           La Neva nel 1600

 L’architettura fino al regno di Nicola I, grazie ai progetti dei maestri italiani che abbiamo incontrato, era di stile barocco e poi neoclassico. Con Nicola I, che voleva difendere il principio dell’ortodossia, si tornò a riedificare in uno stile più slavo o russo antico.

 

 






Un angolo incantevole è senz’altro il Giardino d’estate, anch’esso progettato da Pietro il Grande, decorato al suo interno da diverse statue, alcune opera dello scultore italiano Baratto.

Dalle vecchie stampe si possono ammirare le serre, le voliere con gli uccelli rari, i labirinti di siepi.

Pregevole anche il cancello in ferro battuto su disegni di Feltin e Jegorov.

 


I Lungofiume sono un altro elemento suggestivo della città, si ricorda il Lungofiume della Flotta Rossa o degli inglesi nei pressi della vecchia ambasciata di G. Bretagna. Il Lungofiume Petrograd sulla grande Neva e il Lungofiume dell’Università che all’altezza dell’approdo è ornato da due Sfingi di granito provenienti dall’antica città egizia di Tebe e infine il Lungofiume Luogotenente Scmidt.

 


                                        Lungofiume dell’Università

 

Molto belli sono anche i Ponti che attraversano gli innumerevoli canali della città. Alcuni di essi sono levatoi e la notte si alzavano per lasciar passare le navi per il transito delle merci.

 



Ai quattro angoli del Pointe Aničkov vi è il celebre gruppo scultoreo detto “Della doma del cavallo” in cui sono raffigurate le quattro fasi nella doma di un cavallo.



Il Ponte Kirov collega la città all’isola dei Leprotti e il Ponte del Palazzo unisce la sponda sinistra della Neva all’isola di San Basilio.

Del Prospekt Nevskij ce ne ha ampiamente parlato Gogol, qua ricordiamo il Gostiny Dvor, originariamente albergo per mercanti oggi grande magaz­zino a più piani.



Gostiny Dvor interno 

 

                                       




                                                                                                                                                                                           Gostiny Dvor esterno di sera




Un altro negozio famoso è il Passage, mentre all’incrocio con la Sadovaja all’inizio del XX secolo fu edificato un negozio per il mercante Eliseev; oggi l’Elisevkij è uno dei più rinomati negozi di gastronomia. Vogliamo anche ricordare che davanti al Gostiny possiamo ammirare una chiesa armena.

                                                                                                                                                                    Elisevkij interno

 

Per chiudere la passeggiata un caffè o un tè al Caffè Wulf (in una stampa d’epoca) noto come il caffè letterario, da dove la mattina del 8 febbraio del 1837 Puškin uscì per recarsi al fatale duello.

 


 

 


                                          Insegna del caffè letterario

 

 


                                                                                                                                                                Il caffe Wolf oggi

 

 



Alessandro II (1855-1881)

 

Quando Alessandro II divenne zar all’età di 37 anni aveva già compiuto un tirocinio coadiuvando il padre nella attività politica partecipando a vari comitati e occupandosi di alcune tematiche giuridiche e militari. Fu il primo zar a recarsi personalmente in Siberia. La sua educazione avvenne sotto la guida di Zukovskij cui è stato spesso attribuito il merito di aver sviluppato nel giovane sentimenti umanitari.

Quando salì al trono era ancora in corso la guerra in Crimea: una difficile situazione politico militare che a fatica riuscì a concludere con un armistizio.

Nel manifesto che annunciava la fine della guerra in Crimea lo zar avanzò alcune proposte di riforme già anticipate durante la cerimonia dell’incoronazione. Abolì subito alcune restrizioni del padre ad esempio il numero chiuso all’Università e il divieto di viaggi all’estero, e allentò la censura dando spazio anche a pubbliche discussioni e commenti riguardo ai suoi progetti riformistici.


 

La cerimonia dell’incoronazione

 








Dai tempi di Alessandro I molte cose erano cambiate, l’economia, come nel resto d’Europa, stava diventando sempre più monetaria, lo scambio com­­merciale con l’estero aveva assunto un peso sempre maggiore, e l’agricol­tura, che soggiaceva all’arcaica istituzione della servitù della gleba non era più in grado di soddisfare i bisogni del paese. I nobili sia grandi che piccoli, inoltre, non gestivano direttamente le loro terre, lasciavano questo compito a scaltri amministratori i quali, approfittando dell’ignoranza dei loro padroni, ingarbugliavano ulteriormente i conti cercando di trarre un guadagno personale, mentre i signori spendevano sempre più di quel che potevano.

La situazione finanziaria dei conti Rostov non era migliorata nel corso dei due anni che essi avevano passati in campagna. … Il tenore di vita ad Otràdnoje era tale e in particolare Mitjen’ka *conduceva gli affari in modo tale che i debiti crescevano ogni anno intollerabilmente.” **

Una delle cause che manderanno alla rovina la nobiltà sarà il vizio del gioco.

D’altro canto stava andando sviluppandosi una seppur embrionale attività industriale, soprattutto nel tessile e per ora limitata a piccole aziende a conduzione familiare.

Urgevano delle riforme e lo zar ne applicò principalmente tre: l’abolizione della servitù della gleba, una riorganizzazione fiscale-amministrativa con l’introduzione dell’istituto dello zemistvo, una sorta di consiglio comunale che risedeva nei villaggi e nelle piccoli centri, e la separazione dei tribunali dall’amministrazione rendendo così il potere giudiziario realmente indipendente dal governo.

Inoltre estese l’obbligo del servizio militare a tutte le classi sociali e non solo alle inferiori, e portò la durata del servizio attivo da 35 anni a 6.

Queste riforme però furono, come accadde quasi sempre in questo paese, calate dall’alto, su una popolazione spesso amorfa se non contraria ad esse. Fino al XX Secolo non vi fu mai una spinta dal basso, si accettava passivamente quello che lo zar disponeva e semmai si cercava in vari modi, qualora non era cosa gradita, di boicottarla.

La tanto attesa abolizione della servitù della gleba arrivava ormai troppo tardi senza che lo zar stesso fosse a conoscenza fino in fondo dello stato reale delle cose. I contadini infatti, diminuiti numericamente dall’inizio del secolo, avrebbero dovuto riscattare la terra su cui lavoravano, e la posizione della nobiltà non fu su questo punto univoca. I proprietari delle fertili terre del sud avrebbero voluto mantenere il più possibile dei loro appezzamenti, quelli del nord erano disposti a cederla dietro a ingenti compensi.

Questa riforma non riuscì a garantire ai contadini uno status egualitario rispetto alle altre classi, essa fu estesa anche ai contadini delle tenute imperiali e tutti dovettero pagare una tassa pro capite ma per un certo periodo furono ancora legati alla loro terra e sottoposti alla legge consuetudinaria in vigore fino a quel momento.

Ai contadini fu nella maggior parte, destinata la terra che già prima lavoravano per loro stessi, nel caso in cui non avessero avuto i soldi per riscattarla, lo stato avrebbe anticipato le somme ai proprietari con buoni del tesoro, e i contadini in capo a 49 anni avrebbero reso il prestito allo stato.

Salvo che in Ucraina, la terra non fu concessa ai singoli contadini ma alle comuni. Nel complesso questa riforma interessò circa 52 milioni i persone.

Da sottolineare che i servi che lavoravano la terra ottennero degli appezzamenti ma lo stesso non valse per i servi di casa.

Questo comportò in seguito un’emigrazione verso le grandi città e un’offerta di mano d’opera per la nascente industria. L’abolizione della servitù aprì le porte ad un’economia capitalista.

Ci siamo soffermati su questo fatto poiché esso è un momento determinante per capire lo sviluppo della società russa e i fatti che si succederanno in seguito.

Questa riforma però lasciò tutti insoddisfatti. Specialmente gli intellettuali che la ritennero insufficiente e tardiva.

Intanto in Russia si stavano affermando nuove idee politiche. Bakunin aveva posto le basi del pensiero anarchico, e una nuova teorica quella del nichilismo si stava facendo strada specie fra i giovani. Non mancava naturalmente anche la corrente slavofila che si esplicava nel rifiuto dell’uso della lingua francese e con un abbigliamento russo e non di taglio occidentale come si vedeva a corte.

In politica estera fu completata la conquista del Caucaso e dell’Asia centrale. S. Pietroburgo si arricchì del già ricordato Teatro Marinskij dedicato alla sorella dello zar


 


 

* il nome dell’amministratore

** Tolstoj - Guerra e pace

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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