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domenica 3 novembre 2019

SULPICIA La prima poetessa latina



 a cura di Sandra Romanelli
         

Sulpicia
di Pietro di Francesco degli Orioli (Siena1458-1496)
(The Walters Art Museum, Baltimora). 


Sulpicia, (I secolo a. C.) è stata la prima e unica poetessa romana dell'età classica della quale si siano conservati dei componimenti.
Poiché nella produzione letteraria latina compaiono esclusivamente autori maschili,  si è sempre ritenuto che alle donne non fosse concesso di leggere e scrivere, ma in realtà non fu così per tutte. Nella storia della letteratura latina sono comunque assai scarse le figure di donne colte; è conosciuta una sola poetessa di elegie, vissuta nell'età di Augusto, Sulpicia.



Alla donna il silenzio reca grazia” aveva scritto Sofocle e i romani condividevano quest' opinione: tacere, per i romani, come per i greci era una virtù, un dovere delle donne.
 Non a caso, a Roma, ogni anno veniva celebrata Tacita Muta, la dea del Silenzio, con un rito propiziatorio che aveva lo scopo di ottenere la protezione di Tacita e chiudere bocca alle maldicenze. I romani ritenevano che il dono della “parola” (di cui andavano molto fieri gli oratori e i maestri di eloquenza per dimostrare le loro tesi in pubblico e nella lotta politica), non era una qualità femminile, in quanto, secondo loro, per leggerezza, la donna non faceva buon uso della parola.
Oltre a Tacita -rappresentata con un dito sulla bocca- un'altra divinità romana costretta al silenzio era Angerona, simbolo della discrezione e dell'obbedienza

 
Statua dedicata ad Angerona -Vienna
La dea romana Tacita Muta Museo nazionale di Varsavia
Anonimo











     







                                          

  
Diversamente, Aius Locutius, impersonava il dio della Parola, l'uomo capace di esprimersi, di comunicare il proprio pensiero e al quale si poteva dare credito. 
Sulpicia visse verso la fine del I sec. a C., l'epoca di Augusto, definita aurea o classica, periodo di massimo splendore della letteratura latina. Augusto, infatti, amava circondarsi di poeti e letterati favorendo le lettere e le arti.
La giovane poetessa era figlia di Servio Sulpicio Rufo, oratore, e di Valeria, sorella di Marco Valerio Messalla Corvino, in gioventù compagno di studi ad Atene di Cicerone, in seguito, tribuno militare (combattè a Filippi con Bruto e Cassio e il poeta Orazio). Egli, oltre alla sua partecipazione alla vita pubblica, unì un grande interesse per le lettere e le arti. Fu lui stesso un letterato e princeps senatus; fondò un gruppo, noto come il circolo di Messalla, di cui fecero parte Tibullo, Lìgdamo e il giovane Ovidio.
Messalla divenne tutore di Sulpicia ancora fanciulla e fu così che lei, grazie allo zio, potè frequentare un ambiente di intellettuali, favorevole a sviluppare le sue capacità poetiche. Scrisse poesie d'amore, le uniche scritte da una donna e giunte fino a noi, solamente perché inserite nel “Corpus Tibullianum”.
La prima poesia è una dichiarazione d'amore, sentimento che la giovane non vuole nascondere.

III 13 - È giunto amore
È giunto amore finalmente. Nasconderlo
sarebbe vergogna assai più grave che svelarlo.
Commossa dai miei versi, ispirati dalle Muse,
Venere lo portò a me,
tra le mie braccia compì la sua promessa.
I miei peccati li narri chi si dirà non ebbe i suoi.
Io quasi non vorrei neppure scriverli:
prima di lui temo li legga un altro.
Ma giova aver peccato. Mi disturba
atteggiare il mio volto alla virtù.
Si dirà che son degna di lui, e lui di me.

È per Cerinto che batte il suo cuore, ma ora che si prepara a festeggiare il suo compleanno, lo zio Messalla vuol condurla fuori Roma, in campagna, dove non potrà trascorrere il suo tempo con lui.

III 14 Un compleanno orribile
Ecco un orribile compleanno, che dovrò trascorrere  tristemente

senza Cerinto, nel tedio della campagna.

Vi è qualcosa di più amabile della città? Può forse essere più adatta a una fanciulla

la campagna e il fiume gelido  che scorre nell’agro Aretino?

Suvvia Messalla, non preoccuparti per me.

Non sempre, parente mio, sono tempestivi i viaggi.

Anche se non posso scegliere mi conduci via,

io lascio qui anima e sentimenti.


Ma passato l'incubo del viaggio, Sulpicia potrà festeggiare il suo dies natalis con l'amato Cerinto.

III 15 Pericolo scongiurato
Lo sai che il triste viaggio è scongiurato
per la tua fanciulla? Potrà passare a Roma il compleanno.
Celebriamolo tutti, questo giorno,
che ora, forse, ti giunge inaspettato.

Sulpicia teme il tradimento del suo amato con una prostituta. “Abbi a cuore la toga di una sgualdrina” dice. Nell'antica Roma la toga la indossavano solo gli uomini, le prostitute e le schiave. Le altre donne indossavano la stola.

III 16 Tradimento
Mi piace tutto quanto ti permetti senza darti cura di me
eviterò così di cadere in fallo all'improvviso come una stolta.
Abbi pure a cuore la toga di una sgualdrina,
col suo paniere appesantito,
più di Sulpicia, figlia di Servio.
Ma c'è chi si preoccupa di me, soprattutto s'addolora
che al letto di un uomo ignobile mi conceda.

La giovane è malata e teme che  lui non ne soffra. Vorrebbe  guarire ma non è certa dell'amore di Cerinto.

III 17 Che importa guarire?
Hai veramente a cuore, Cerinto, la fanciulla amata,
ora che la febbre tormenta il mio corpo ammalato?
Ah, se non pensassi che anche tu lo vuoi
io non potrei sconfiggere il mio male.
Che m'importa guarire se tu puoi
sopportare i miei mali con animo indifferente?
                                      
Molti si sono chiesti chi fosse Cerinto, ma non è dato saperlo con certezza. Forse era di una classe sociale inferiore rispetto a quella di Sulpicia; non a caso, nell'elegia III 16, lei si definisce Servi filia Sulpicia. Era, di certo,  una donna emancipata per l'epoca ed in più, grazie alla protezione di Messalla, lo zio tutore, e alla fortuna di frequentare un ambiente di letterati,  poté scrivere e far giungere i suoi scritti, in tal modo, fino a noi.
I versi di quest'ultima elegia ci rivelano l'ardente amore di una giovane fanciulla che non dubita, anzi è certa della sua bruciante passione per  l'innamorato e per  questo si rimprovera di non aver  avuto il coraggio di mostrargli quanto sia forte e intenso il sentimento che nutriva per lui.

III 18 L'errore
Luce mia, possa io non essere più la tua bruciante passione,
come credo d'esser stata nei giorni da poco passati,
se in tutta la mia giovinezza mai ho commesso un errore così sciocco,
del quale, lo confesso, mi sia maggiormente pentita,
più di quello d'averti lasciato solo la notte scorsa,
per volerti nascondere il desiderio che ho di te.

Le prime notizie con gradevoli commenti riguardanti questa giovane poetessa ci vengono dal filologo tedesco, traduttore  e bibliotecario, Christian Gottlob Heyne (1729-1813), che nel 1755 pubblicò il Corpus Tibullianum.
La definì dolcissima fanciulla, bellissime e soavissime le sue elegie.
Altri studiosi, invece, avevano attribuito allo stesso Tibullo queste sei Elegie inserite nel Corpus Tibullianum, preferendo supporre l'omosessualità dell'autore.
Negli anni Novanta, la  riscoperta di Sulpicia ci è pervenuta da Carol Merriam, americano, professore con specializzazione in lingua e letteratura latina, che nel 1991 pubblicò un articolo riguardante la poetessa romana.
Oggi, grazie alle ricerche di Heyne e Merriam, possiamo apprezzare la voce di Sulpicia, giunta fino a noi, fatto eccezionale per una donna romana dell'età classica.




Curiosità: La Donna Romana ai tempi di Augusto

È importante ricordare il cambiamento nella condizione femminile che avvenne sotto la dominazione imperiale. Augusto emanò nuove leggi che limitavano il potere dei mariti sui beni delle mogli e le donne romane cominciarono a godere di diritti e privilegi assolutamente impensabili fino ad allora.
- La prima trasformazione avvenne con il matrimonio: la donna cessava di trasferirsi nella famiglia del marito, in stato di assoluta sottomissione. I matrimoni non erano più sottoposti a complessi riti nuziali, ma era sufficiente che gli sposi decidessero di vivere insieme con l'intenzione di essere marito e moglie (maritalis affectio). Se la convivenza veniva meno il matrimonio poteva essere sciolto. In questo caso era consentito anche alla donna di divorziare, mentre prima era solo l'uomo che poteva ripudiare.
Il matrimonio, anticamente cum manu (per manu s'intendeva l'autorità),  prevedeva i massimi poteri del marito sulla moglie, compreso quello di ucciderla in caso di adulterio,  o se avesse bevuto vino; diventa sine manu: la donna acquista più diritti e la potestà maritale avrà un peso meno eccessivo sulla vita della moglie.
Nel matrimonio cum manu tutti i beni della moglie passavano nel patrimonio del marito; in quello sine manu si poteva ritrovare una specie di separazione dei beni: solo la dote entrava nel patrimonio del marito, il resto dei beni non  inseriti nella dote rimanevano di sua proprietà o, in alcuni casi,  nel suo peculium. Il peculium prevedeva il godimento e l'amministrazione di tali beni, pur non avendone la proprietà.
La donna ottiene lo status di sui iuris, una conquista molto importante per l'epoca, ma non raggiungerà mai lo status dell'uomo, soprattutto per quanto riguarda i figli: la patria potestas o la tutela dei minori, dopo la morte del padre, saranno sempre poteri attribuiti solo in linea maschile.


Ragazza che scrive, affresco romano


In quel periodo, i cambiamenti positivi verso la condizione femminile, permisero però alle donne grandi incredibili conquiste. Vi furono donne letterate come Sulpicia, donne  che intrapresero la professione medica e più tardi apparvero anche donne avvocato.
Chiaramente gli antichi Romani, salvo rare eccezioni, non vedevano l'emancipazione femminile con benevolenza; gli scritti di Giovenale, poeta satirico latino (55/60-135 circa d.C., ne danno conferma (VI Satira contro le donne). 
Dopo la caduta dell'Impero Romano e con l'avvento del Cristianesimo la donna perse comunque i diritti acquisiti in età imperiale, soprattutto la facoltà di divorziare e di sottrarsi all'autorità maritale.

Riferimenti Bibliografici
Tibullo Elegie – Oscar Mondadori
Elegie - Albio Tibullo e gli autori del “Corpus Tibullianum”- Zanichelli editore
Eva Cantarella - Passato prossimo – Donne romane da Tacita  a Sulpicia – ed. Feltrinelli
Francesca Cenerini - La donna romana. Modelli e realtà -  ed. Il Mulino



















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