di Tatiana Bertolini
Caterina II la Grande (1762 – 1796)
Caterina
II di Russia era nata nel 1729 in Germania, nel piccolo principato di
Anhalt-Zebst e le era stato dato il nome di Sofia. Il piccolo regno aveva
subito una forte influenza dalla cultura francese, la giovane fin da bambina
parlava correntemente il francese e in questa lingua aveva letto i principali
filosofi francesi di quel tempo.
Nel
1744 a soli quindici anni venne data in sposa a Pietro III e andò quindi a
vivere in quel lontano paese che agli occhi degli europei appariva barbarico e
sconfinato.
Sebbene
fosse riuscita ad instaurare un discreto rapporto con la zarina Elisabetta, la
sua posizione, per circa 15 anni fu piuttosto precaria poiché suo marito non la
poteva sopportare, ed ogni pretesto sarebbe stato buono per ripudiarla. Inoltre
la madre, che in un primo tempo l’aveva accompagnata, fu smascherata come
agente segreto di Federico il Grande di Prussia e quindi rimandata a casa.
Sposandosi con l’erede al trono la giovane Sofia aveva abbracciato la religione
ortodossa ed aveva cambiato nome in Caterina. Alla morte di Elisabetta era
salito al trono Pietro III ma, come già visto, la sua instabilità psichica
minacciava di trascinare la Russia in un baratro. Alcuni ufficiali della
guardia guidati da Grigorij Orlov e un gruppo di cosacchi, che era un corpo
militare alle dirette dipendenze dello zar, si sollevarono, dichiararono
decaduto Pietro III, che fu arrestato e incarcerato nella Fortezza di S. Pietro
e Paolo dove morì; Orlov propose di nominare Caterina zarina di tutte le
Russie, cosa che la donna ovviamente accettò. In realtà Orlov era l’amante di
Caterina e rimase per lunghi anni il suo favorito. Ad egli succedettero poi un
nobile polacco Poniatowski, che la zarina farà nominare re di Polonia, e il
generale Grigori Potëmkin.
Il
lungo regno di Caterina si presta a valutazioni contraddittorie. Essa voleva
ispirarsi a Pietro il Grande, fece diverse riforme ma nemmeno lei cancellò la
servitù della gleba. Ancora per tutto il Settecento a Pietroburgo, nella piazza
del mercato, era possibile vendere o acquistare servi della gleba, domestici o
cocchieri.
I
primi anni li trascorse con l’obbiettivo di farsi accettare pur essendo
straniera, poi nel 1766 istituì la commissione legislativa per la registrazione
e la codifica delle leggi ferma al 1649, ben prima della salita al trono di Pietro
I. Il nazak da lei emesso che istituiva questa commissione per quei tempi
appariva piuttosto liberare, essa nello scrivere quel documento si era ispirata
a Montesquieu e a Beccaria.
Trasformò
il monastero delle Vergini (Smolnij) in un educandato per le giovani nobili
che, in quanto donne, ricevevano una scarsissima educazione.
Infine
fece ampliare il Palazzo d’Inverno e, dopo aver acquisito tre importanti
collezioni pittoriche da altrettanti nobili decaduti che avevano bisogno di
denaro, uno di essi era il conte inglese Walpohle, diede avvio alla galleria –
museo dell’Hermitage uno dei più grandi al mondo.
L’impatto
di questa donna sulla città di Pietroburgo e sulla cultura russa fu notevole:
essa chiamò in Russia musicisti e architetti italiani quali Cimarosa e
Paisiello, Quarenghi e Rossi.
Favorì
la nascita e lo sviluppo del teatro di prosa a quel tempo inesistente.
Fino
alla fine del 1600 infatti l’egemonia culturale della chiesa ortodossa era
pesantissima. Erano ammesse solo le sacre rappresentazioni, unica eccezione era
il teatro dei burattini della tradizione georgiana.
Inaugurò
il corpo di ballo imperiale e la tradizione del balletto classico. Fece
costruire all’interno dell’Ermitage un piccolo teatro per le rappresentazioni
teatrali riservate alla corte
Il
teatro all’Hermitage
Ispirandosi
a questo monumento Puškin scrisse un piccolo poema intitolato “Il cavaliere di
bronzo” nel quale vi è il famoso omaggio che lo scrittore dedicò a
questa città
T’amo, creatura di Pietro,
Amo il tuo grande ed armonioso aspetto,
Il regale corso della Neva,
Delle sue rive il granito,
Delle tue cinte il rabesco di ghisa,
Delle tue notti malinconiche
Il diafano crepuscolo e lo splendore
illune,
Quando nella mia stanza
Scrivo, leggo senza lampada,
E sono chiare le dormenti moli
Delle strade deserte, e luminosa
Dell’Ammiragliato la cuspide,
E, alla notturna tenebra non concedendo
il passo
Nel dorato cielo,
L’una alba a dare il cambio all’altra
S’affretta, dando alla notte mezz’ora.
(A.
Pûskin, Il
cavaliere di bronzo, trad. di T. Landolfi)
Le notti bianche
Architetti italiani a S. Pietroburgo
Ma
nella capitale dell’Impero Russo nel corso del XVIII secolo ne arrivarono
altri.
Allievo
di Vanvitelli arrivò in Russia nel 1752, e nel 1756, sotto la zarina
Elisabetta, fu nominato “architetto di corte”.
L’edifici
più famoso da lui edificato è il Palazzo di marmo (1768-1785), che al
tempo
di Caterina II diventerà la dimora dei suoi favoriti
Uno
di questi, il Conte Orlov, gli commissionò la costruzione del Castello di
Gatčina, una località fuori la capitale che divenne luogo di
villeggiatura. Alla morte di Orlov fu acquistato dalla zarina. In esso
l’artista italiano riuscì a combinare lo stile dei castelli medievali, e delle
residenze di caccia inglesi
Della chiesa dell’Ascensione (1769-1772) purtroppo è rimasto solo il campanile.
Un
altro suo lavoro fu la progettazione e l’inizio della costruzione della chiesa
di S. Isacco (1768), in seguito demolita.
Vincenzo Brenna (1741 – 1820). Dopo un soggiorno a
Varsavia egli giunse a Pietroburgo verso la fine del secolo, tra le sue opere
si ricorda l’ampliamento della Reggia di Pavlovsk, la residenza estiva dello
zar Paolo, e il Castello
degli ingegneri o Castello del granduca Michele
Il
progetto originario fu tracciato da Baženov ma Brenna ne seguì i lavori.
Giacomo
Quarenghi (1744 – 1817)
Di
origine bergamasca, portò in Russia uno stile neoclassico fortemente ispirato a
Palladio. Lavorò soprattutto sono Caterina II. Per lei progettò il Teatro di corte
Ermitage (1783 – 1787), che abbiamo già visto, La Banca di Stato (1783 – 1790)
L’Istituto per le fanciulle nobili edificato a lato del monastero (Smolnij) da cui prende il nome) (1806 – 1808)
E l’Accademia delle scienze (1783 – 1789)
Infine
le botteghe e case di mercanti, quali ad esempio quelle che costeggiano il canale
Fontanka.
L’importanza
di questo architetto è data dal fatto che con i suoi edifici, sia i grandi
palazzi sia le botteghe lungo i canali, seppe armonizzare lo stile della città,
dandogli un’impronta caratteristica ma che sapeva anche inglobare al suo
interno gli altri stili precedenti.
Caterina II
La
zarina era una donna molto determinata e del pari assai ambiziosa, al punto che
in alcuni momenti il suo comportamento apparve ai contemporanei addirittura spietato.
All’inizio
del suo regno, nel 1764, lo zar Ivan VI, il piccolo infante a suo tempo
esautorato da Elisabetta, e che ora aveva 24 anni, viveva nella fortezza di
Schlüssemburg dove era stato rinchiuso. Un complotto guidato da un giovane
ufficiale Vassilij Mironov, avrebbe avuto lo scopo di liberare il giovane e
metterlo sul trono al posto di Caterina II.
Il
giovane però, vissuto per tutto quel tempo in uno stato di assoluto isolamento
era diventato un minus habens, il colpo di mano fallì e Ivan VI, come da ordini
impartiti a suo tempo da attuare in caso di emergenza, fu ucciso. Lo stesso
Mironov fu messo a morte. Questo creò una impressione molto sfavorevole dal
momento che Elisabetta aveva abolito la pena di morte.
Un’altra
battaglia che la zarina dovette condurre fu la secolarizzazione delle terre che
erano state di proprietà della chiesa, operazione questa che suscitò la
ribellione del metropolita di Mosca Arsenio il quale fu poi processato,
sconsacrato e incarcerato.
Il
generale Potëmkin, invece ebbe un ruolo importantissimo nella seconda fase delle
decennali guerre contro la Turchia (1768-1792), alla fine di esse la Russia
conquistò in modo definitivo la penisola della Crimea, e arrivò addirittura a
minacciare Costantinopoli. Queste guerre furono combattute per terra e per
mare, la Russia ottenne la libera circolazione nel Mar Nero mentre parte della
sua flotta era ormeggiata nel porto di Sebastopoli. Il dominio della Russia si
estese anche ad Azov sull’omonimo mare fino a Rostov.
Un
ruolo fondamentale Caterina lo ebbe anche nella spartizione della Polonia sul
cui trono mise un ex favorito il conte Poniatowkij anche se questi regnò poi
per pochi anni.
Caterina
introdusse anche l’obbligo della vaccinazione contro il vaiolo, di recente
scoperta, e per convincere i russi riottosi, presenti anche a corte e non solo
fra i contadini, si fece vaccinare pubblicamente lei stessa.
Il figlio Paolo non fu da lei molto considerato mentre si preoccupò personalmente dell’educazione del nipote Alessandro verso il quale nutriva molte speranze.
Padiglione di Cameron
Il nipote si dimostrò infatti fin da subito un
giovane attento e intelligente.
La
vicenda però che mise realmente in pericolo questo lungo regno fu la rivolta di
Pugacëv al seguito della quale la zarina mise mano ad una riorganizzazione e
ammodernamento dell’assetto amministrativo dell’impero.
Pugacëv
era un semplice cosacco del Don, veterano di guerra che alla fine aveva
disertato facendo proprie le lamentele dei cosacchi degli Urali capeggiandone
la rivolta contro le autorità locali nell’autunno del 1773. La sua si trasformò
ben presto in lotta sociale che rivendicava miglioramenti alle terribili
condizioni in cui vivevano milioni di servi della gleba. Ad esso si unirono
quindi servi della gleba, minatori, Vecchi Credenti, Bašchiri, tatari. La
rivolta partita dal fiume Ural si era estesa verso il Volga. Ben pochi
funzionari, impauriti da una cosa che non si era mai vista in tali dimensioni,
tentarono una resistenza.
Pugacëv
si faceva chiamare Pietro III sostenendo essere il marito esautorato da
Caterina fuggito dalla fortezza ma che in realtà a suo tempo era morto.
Si
ripeté anche in questo caso la riesumazione ideale di un soggetto defunto come
era stato per il falso Dimitri al
tempo di Boris Godunov.
La
rivolta fu poi sconfitta, a fatica, dall’esercito. Pugacëv, tradito dai suoi,
fu consegnato alla zarina quindi messo a morte in una piazza a Mosca.
Puškin
narrò queste vicende nel celebre romanzo La figlia del capitano di cui riportiamo
ora due brevi estratti.
Capitolo VI
Il moto di Pugacëv
“Una sera (si era
al principio di ottobre del 1773) io stavo in casa solo, ascoltando ‘urlo del
vento autunnale e guardando dalla finestra le nuvole che passavano correndo
accanto alla luna. Vennero a chiamarmi a nome del comandante. Mi avviai subito.
…….Il comandante mi salutò con aria preoccupata. Chiuse la porta, fece sedere
tutti, all’infuori del sottoufficiale che stava alla porta, trasse di tasca una
carta e ci disse:
“Signori
ufficiali, una notizia importante! Ascoltate quello che scrive il generale.”
Qui
inforcò gli occhiali e lesse quanto segue:
Al
signor comandante della fortezza di Belogorsk capitano Mironov.
IN VIA RISERVATA
“Con
la presente vi informo che un evaso di prigione, cosacco del Don e scismatico
Pugačëv, commettendo l’imperdonabile insolenza di assumere il nome del defunto
imperatore Pietro III, ha raccolto una banda di malfattori, ha suscitato una
ribellione nei villaggi del Jaik e ha già preso e devastato alcune fortezze,
perpetrando ovunque saccheggi ed assassini. Pertanto, al ricevimento della
presente, voi, signor capitano, dovrete prendere immediatamente i provvedimenti
del caso per respingere il nominato malfattore e impostore, e se possibile,
anche per annientarlo del tutto, se si rivolgerà contro la fortezza affidata
alle vostre cure”.
“Prendere i provvedimenti
del caso!” disse il comandante, togliendosi gli occhiali e piegando la carta.
“Senti è presto detto….”
L’ultima scena del libro invece si svolge proprio nel parco di
Csarskoe Selo
Capitolo XIV Il Giudizio
“Il
giorno dopo la mattina presto, Mar’ja Ivanovna si svegliò, si vestì e andò alla
chetichella nel giardino. Era una splendida mattinata, il sole illuminava le
cime dei tigli, già ingialliti dal fresco alito dell’autunno. Il vasto lago
luccicava immobile. I cigni, che si erano destati, notavano gravemente fuori
dagli arbusti che ombreggiavano la riva. Mar’ja Ivanovna camminava lungo il bel
prato dove da poco era stato collocato il monumento in onore delle recenti
vittorie del conte Pëter Aleksandrovič Rumjancev. Ad un tratto un cagnolino
bianco di razza inglese si mise ad abbaiare e le corse incontro. Mar’ja
Ivanovna si spaurì e si fermò. In questo stesso momento risuonò una piacevole
voce femminile: “Non temete, non morde.”…..
Paolo I (1796-1801)
La
sua personalità inoltre, frustrata dall’atteggiamento della madre, che non si
era mai curata di lui, e probabilmente simile per certi aspetti a quella del
padre, rivelò da subito un meschino tiranno assillato dall’idea di poter essere
vittima di un complotto e finire come Pietro III.
Egli
non abitò all’Hermitage ma, fattosi costruire un castello dotato di ambienti,
camminamenti e sistemi di sicurezza che avrebbero dovuto proteggerlo vi si
trasferì e visse per il suo breve regno.
Castello di Paolo I oggi detto degli Ingegneri sede del museo statale di storia russa
La
madre gli aveva regalato una tenuta che prese nome da lui, Pavlovsk, dove egli
fece erigere la sua residenza estiva.
Mutò
la legge di successione al trono stabilendo anche in Russia la legge del
maggiorasco ossia della primogenitura maschile. Estese la servitù della gleba
anche alle nuove terre da poco sottomesse alla sua corona, ovvero le regioni
meridionali chiamate la Nuova Russia. I beneficiari di questi nuovi
possedimenti erano quasi tutte persone vicine alla corona. Nel 1787 emise un
editto in cui proclamava che i contadini avrebbero dovuto lavorare tre giorni
per il loro padrone tre giorni per loro stessi e santificare la domenica. Tentò
in ogni modo di ostacolare la cosiddetta piccola nobiltà che fu sostituita
dalla burocrazia nell’amministrazione delle provincie.
In
politica estera spesso si lasciava guidare dall’istinto o dalle ripicche.
Ritenendo non essere stato appoggiato a sufficienza dagli Inglesi cambiò
improvvisamente sponda e si alleò con la Francia storica nemica della Russia.
Nel
1801 una congiura di palazzo, nonostante tutti gli accorgimenti che aveva
preso, lo spodestò e l’uccise. Il capo della congiura fu il conte Pëtr Pahlen
governatore militare di Pietroburgo mentre il figlio Alessandro se non
acconsentì direttamente, non fece nulla per opporsi.
In
seguito dirà che la morte di suo padre non era prevista dal piano e si era
trattato più che altro di un incidente.
A
posteriori si può certo affermare che la salita al trono di Alessandro I fu una
vera fortuna per il suo paese
Alessandro I (1801-1825)
Egli
aveva ricevuto un’eccellente educazione sia sotto il profilo culturale (sua
nonna lo aveva affidato ad un istitutore svizzero di idee liberali seguace dei
Philosopes illuministi francesi) che sotto quello militare.
Ma
la sua personalità rimase una delle più sfuggenti ed enigmatiche del suo tempo.
Da piccolo aveva sofferto dell’odio tra suo padre e la nonna Zarina, che
peraltro aveva pensato di nominarlo erede diretto se non fosse morta
all’improvviso.
Opportunista,
ambiguo, una sfinge, questi i pareri sul suo conto.
Durante
il suo regno la Russia ampliò ulteriormente i confini inglobando l’attuale
Georgia: questo causò sia una guerra con la Persia, che alla fine dovette
cedere all’Impero anche il Daghestan e l’Azerbaigian, che una guerra con la
Turchia che fu sconfitta e a sua volta perse la Bessarabia oltre ai principati
di Moldavia e della Valacchia inglobati anch’essi nell’Impero Russo.
Il
generale che guidò queste battaglie fu Kutuzov a suo tempo aiutante di Potëmkin
e grande rivale di Napoleone.
Sotto
Alessandro I si completò anche la conquista dell’Alaska e fu posizionato un
fortilizio nel nord della California detto Port Ross.
Sul
piano sociale egli lasciò immutata la condizione dei servi della gleba la cui
liberazione avrebbe inciso negativamente soprattutto nei confronti della
piccola nobiltà. Diede nuovamente anche a questa classe e ai non nobili la
possibilità di acquistare terre, e chiese al ministro Speranskij una carta
costituzionale, ma in seguito non ebbe la forza di farla accogliere dal Senato,
da lui stesso ripristinato, e promulgarla benché fosse un progetto che lasciava
inalterate le classi e le loro posizioni di subordine all’interno della
società. Sotto il suo regno la capitale si arricchì di altri monumenti legati
alla celebrazione della vittoria su Napoleone, ma della grande epopea
napoleonica parleremo in seguito
Il
suo regno comportò due periodi di maggior apertura 1801-1805 e 1807-1812 seguiti
in entrambi i casi da guerre con la Francia.
Aleassandro
I morì piuttosto giovane a 48 anni e anche la sua morte fu avvolta da leggende.
Negli
ultimi tempi infatti era stato molto attirato dal misticismo religioso ed aveva
espresso il desiderio di farsi monaco.
Alla
sua morte il medico di corte si rifiutò di stendere il certificato di decesso,
si ipotizzò quindi che lo zar si sarebbe suicidato.
Secondo
altri storici si sarebbe ritirato in un eremo in Siberia sotto le spoglie del
pio Fëdor Kuzmič.
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