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venerdì 25 settembre 2020

Storia di San Pietroburgo - Parte quarta

di Tatiana Bertolini 

Caterina II la Grande (1762 – 1796



Caterina II di Russia era nata nel 1729 in Germania, nel piccolo principato di Anhalt-Zebst e le era stato dato il nome di Sofia. Il piccolo regno aveva subito una forte influenza dalla cultura francese, la giovane fin da bambina parlava correntemente il francese e in questa lingua aveva letto i principali filosofi francesi di quel tempo.

Nel 1744 a soli quindici anni venne data in sposa a Pietro III e andò quindi a vivere in quel lontano paese che agli occhi degli europei appariva barbarico e sconfinato.



Sebbene fosse riuscita ad instaurare un discreto rapporto con la zarina Elisabetta, la sua posizione, per circa 15 anni fu piuttosto precaria poiché suo marito non la poteva sopportare, ed ogni pretesto sarebbe stato buono per ripudiarla. Inoltre la madre, che in un primo tempo l’aveva accompagnata, fu smascherata come agente segreto di Federico il Grande di Prussia e quindi rimandata a casa. Sposandosi con l’erede al trono la giovane Sofia aveva abbracciato la religione ortodossa ed aveva cambiato nome in Caterina. Alla morte di Elisabetta era salito al trono Pietro III ma, come già visto, la sua instabilità psichica minacciava di trascinare la Russia in un baratro. Alcuni ufficiali della guardia guidati da Grigorij Orlov e un gruppo di cosacchi, che era un corpo militare alle dirette dipendenze dello zar, si sollevarono, dichiararono decaduto Pietro III, che fu arrestato e incarcerato nella Fortezza di S. Pietro e Paolo dove morì; Orlov propose di nominare Caterina zarina di tutte le Russie, cosa che la donna ovviamente accettò. In realtà Orlov era l’amante di Caterina e rimase per lunghi anni il suo favorito. Ad egli succedettero poi un nobile polacco Poniatowski, che la zarina farà nominare re di Polonia, e il generale Grigori Potëmkin.

Il lungo regno di Caterina si presta a valutazioni contraddittorie. Essa voleva ispirarsi a Pietro il Grande, fece diverse riforme ma nemmeno lei cancellò la servitù della gleba. Ancora per tutto il Settecento a Pietroburgo, nella piazza del mercato, era possibile vendere o acquistare servi della gleba, domestici o cocchieri.

I primi anni li trascorse con l’obbiettivo di farsi accettare pur essendo straniera, poi nel 1766 istituì la commissione legislativa per la registrazione e la codifica delle leggi ferma al 1649, ben prima della salita al trono di Pietro I. Il nazak da lei emesso che istituiva questa commissione per quei tempi appariva piuttosto liberare, essa nello scrivere quel documento si era ispirata a Montesquieu e a Beccaria.

Trasformò il monastero delle Vergini (Smolnij) in un educandato per le giovani nobili che, in quanto donne, ricevevano una scarsissima educazione.

Infine fece ampliare il Palazzo d’Inverno e, dopo aver acquisito tre importanti collezioni pittoriche da altrettanti nobili decaduti che avevano bisogno di denaro, uno di essi era il conte inglese Walpohle, diede avvio alla galleria – museo dell’Hermitage uno dei più grandi al mondo.

L’impatto di questa donna sulla città di Pietroburgo e sulla cultura russa fu notevole: essa chiamò in Russia musicisti e architetti italiani quali Cimarosa e Paisiello, Quarenghi e Rossi.

Favorì la nascita e lo sviluppo del teatro di prosa a quel tempo inesistente.

Fino alla fine del 1600 infatti l’egemonia culturale della chiesa ortodossa era pesantissima. Erano ammesse solo le sacre rappresentazioni, unica eccezione era il teatro dei burattini della tradizione georgiana. 

Inaugurò il corpo di ballo imperiale e la tradizione del balletto classico. Fece costruire all’interno dell’Ermitage un piccolo teatro per le rappresentazioni teatrali riservate alla corte

 

                 Il teatro all’Hermitage

 Fece erigere il famoso monumento equestre in bronzo a Pietro il Grande, dove lo zar, intento a domare un cavallo focoso, la Russia, schiaccia con le zampe dell’animale un serpente che rappresenta i nemici. Il tutto è poggiato su un blocco di marmo di Carelia che ricorda le onde del mar Baltico e la passione dello zar per il mare

  


Ispirandosi a questo monumento Puškin scrisse un piccolo poema intitolato “Il cavaliere di bronzo” nel quale vi è il famoso omaggio che lo scrittore dedicò a questa città

 

T’amo, creatura di Pietro,

Amo il tuo grande ed armonioso aspetto,

Il regale corso della Neva,

Delle sue rive il granito,

Delle tue cinte il rabesco di ghisa,

Delle tue notti malinconiche

Il diafano crepuscolo e lo splendore illune,

Quando nella mia stanza

Scrivo, leggo senza lampada,

E sono chiare le dormenti moli

Delle strade deserte, e luminosa

Dell’Ammiragliato la cuspide,

E, alla notturna tenebra non concedendo il passo

Nel dorato cielo,

L’una alba a dare il cambio all’altra

S’affretta, dando alla notte mezz’ora.

 

        (A. Pûskin, Il cavaliere di bronzo, trad. di T. Landolfi)

 

                 Le notti bianche

 

Architetti italiani a S. Pietroburgo

 Nel corso di questa breve storia abbiamo già incontrato un architetto di origine italiana anche se nato a Parigi: Bartolomeo Rastrelli (1700 – 1771)

Ma nella capitale dell’Impero Russo nel corso del XVIII secolo ne arrivarono altri.

 Antonio Rinaldi (1709-1794)

Allievo di Vanvitelli arrivò in Russia nel 1752, e nel 1756, sotto la zarina Elisabetta, fu nominato “architetto di corte”.

L’edifici più famoso da lui edificato è il Palazzo di marmo (1768-1785), che al

tempo di Caterina II diventerà la dimora dei suoi favoriti

 



 

 

 

 


 

Uno di questi, il Conte Orlov, gli commissionò la costruzione del Castello di Gatčina, una località fuori la capitale che divenne luogo di villeggiatura. Alla morte di Orlov fu acquistato dalla zarina. In esso l’artista italiano riuscì a combinare lo stile dei castelli medievali, e delle residenze di caccia inglesi

Della chiesa dell’Ascensione (1769-1772) purtroppo è rimasto solo il campanile.

Un altro suo lavoro fu la progettazione e l’inizio della costruzione della chiesa di S. Isacco (1768), in seguito demolita.


Questa chiesa fu poi terminata dall’architetto romano

Vincenzo Brenna (1741 – 1820). Dopo un soggiorno a Varsavia egli giunse a Pietroburgo verso la fine del secolo, tra le sue opere si ricorda l’ampliamento della Reggia di Pavlovsk, la residenza estiva dello zar Paolo, e il Castello degli ingegneri o Castello del granduca Michele                        

Il progetto originario fu tracciato da Baženov ma Brenna ne seguì i lavori.


Giacomo Quarenghi (1744 – 1817)

Di origine bergamasca, portò in Russia uno stile neoclassico fortemente ispirato a Palladio. Lavorò soprattutto sono Caterina II. Per lei progettò il Teatro di corte Ermitage (1783 – 1787), che abbiamo già visto, La Banca di Stato (1783 – 1790)

 


 

La Borsa dei Mercanti (1784- 1801)

L’Istituto per le fanciulle nobili edificato a lato del monastero (Smolnij) da cui prende il nome) (1806 – 1808)

 


E l’Accademia delle scienze (1783 – 1789)

 




Infine le botteghe e case di mercanti, quali ad esempio quelle che costeggiano il canale Fontanka.

L’importanza di questo architetto è data dal fatto che con i suoi edifici, sia i grandi palazzi sia le botteghe lungo i canali, seppe armonizzare lo stile della città, dandogli un’impronta caratteristica ma che sapeva anche inglobare al suo interno gli altri stili precedenti.

 

Caterina II 

 


Caterina II regnò 34 anni e durante questo periodo la Russia conobbe parecchi cambiamenti pur non mutando l’assetto sociale ancora semifeudale.

La zarina era una donna molto determinata e del pari assai ambiziosa, al punto che in alcuni momenti il suo comportamento apparve ai contemporanei addirittura spietato.

All’inizio del suo regno, nel 1764, lo zar Ivan VI, il piccolo infante a suo tempo esautorato da Elisabetta, e che ora aveva 24 anni, viveva nella fortezza di Schlüssemburg dove era stato rinchiuso. Un complotto guidato da un giovane ufficiale Vassilij Mironov, avrebbe avuto lo scopo di liberare il giovane e metterlo sul trono al posto di Caterina II.

Il giovane però, vissuto per tutto quel tempo in uno stato di assoluto isolamento era diventato un minus habens, il colpo di mano fallì e Ivan VI, come da ordini impartiti a suo tempo da attuare in caso di emergenza, fu ucciso. Lo stesso Mironov fu messo a morte. Questo creò una impressione molto sfavorevole dal momento che Elisabetta aveva abolito la pena di morte.

Un’altra battaglia che la zarina dovette condurre fu la secolarizzazione delle terre che erano state di proprietà della chiesa, operazione questa che suscitò la ribellione del metropolita di Mosca Arsenio il quale fu poi processato, sconsacrato e incarcerato.

Il generale Potëmkin, invece ebbe un ruolo importantissimo nella seconda fase delle decennali guerre contro la Turchia (1768-1792), alla fine di esse la Russia conquistò in modo definitivo la penisola della Crimea, e arrivò addirittura a minacciare Costantinopoli. Queste guerre furono combattute per terra e per mare, la Russia ottenne la libera circolazione nel Mar Nero mentre parte della sua flotta era ormeggiata nel porto di Sebastopoli. Il dominio della Russia si estese anche ad Azov sull’omonimo mare fino a Rostov.

Un ruolo fondamentale Caterina lo ebbe anche nella spartizione della Polonia sul cui trono mise un ex favorito il conte Poniatowkij anche se questi regnò poi per pochi anni.

Caterina introdusse anche l’obbligo della vaccinazione contro il vaiolo, di recente scoperta, e per convincere i russi riottosi, presenti anche a corte e non solo fra i contadini, si fece vaccinare pubblicamente lei stessa.


Come abbiamo già visto sotto il suo regno la capitale aumentò il suo fasto grazie soprattutto alle opere di Quarenghi. Essa affidò anche ad altri architetti specifici incarichi come la risistemazione del palazzo di Elisabetta a Csarskoe Selo dove incaricò l’architetto inglese Charles Cameron. Egli disegnò progetti di ispirazione neoclassica –palladiana, riammodernò in tal senso un’ala del palazzo ed edificò gli appartamenti abitati da Caterina che non amava lo stile rococò di chi l’aveva preceduta e lo paragonava alla panna montata. Cameron progettò anche un padiglione esterno.

Il figlio Paolo non fu da lei molto considerato mentre si preoccupò personalmente dell’educazione del nipote Alessandro verso il quale nutriva molte speranze.                                     


                                            Padiglione di Cameron

 Il nipote si dimostrò infatti fin da subito un giovane attento e intelligente.

La vicenda però che mise realmente in pericolo questo lungo regno fu la rivolta di Pugacëv al seguito della quale la zarina mise mano ad una riorganizzazione e ammodernamento dell’assetto amministrativo dell’impero.

Pugacëv era un semplice cosacco del Don, veterano di guerra che alla fine aveva disertato facendo proprie le lamentele dei cosacchi degli Urali capeggiandone la rivolta contro le autorità locali nell’autunno del 1773. La sua si trasformò ben presto in lotta sociale che rivendicava miglioramenti alle terribili condizioni in cui vivevano milioni di servi della gleba. Ad esso si unirono quindi servi della gleba, minatori, Vecchi Credenti, Bašchiri, tatari. La rivolta partita dal fiume Ural si era estesa verso il Volga. Ben pochi funzionari, impauriti da una cosa che non si era mai vista in tali dimensioni, tentarono una resistenza.

Pugacëv si faceva chiamare Pietro III sostenendo essere il marito esautorato da Caterina fuggito dalla fortezza ma che in realtà a suo tempo era morto.

Si ripeté anche in questo caso la riesumazione ideale di un soggetto defunto come era stato per il falso Dimitri al tempo di Boris Godunov.

La rivolta fu poi sconfitta, a fatica, dall’esercito. Pugacëv, tradito dai suoi, fu consegnato alla zarina quindi messo a morte in una piazza a Mosca.

Puškin narrò queste vicende nel celebre romanzo La figlia del capitano di cui riportiamo ora due brevi estratti.

 

Capitolo VI                     Il moto di Pugacëv

 

Una sera (si era al principio di ottobre del 1773) io stavo in casa solo, ascoltando ‘urlo del vento autunnale e guardando dalla finestra le nuvole che passavano correndo accanto alla luna. Vennero a chiamarmi a nome del comandante. Mi avviai subito. …….Il comandante mi salutò con aria preoccupata. Chiuse la porta, fece sedere tutti, all’infuori del sottoufficiale che stava alla porta, trasse di tasca una carta e ci disse:

“Signori ufficiali, una notizia importante! Ascoltate quello che scrive il generale.”

Qui inforcò gli occhiali e lesse quanto segue:

Al signor comandante della fortezza di Belogorsk capitano Mironov.

                                                                          IN VIA RISERVATA

Con la presente vi informo che un evaso di prigione, cosacco del Don e scismatico Pugačëv, commettendo l’imperdonabile insolenza di assumere il nome del defunto imperatore Pietro III, ha raccolto una banda di malfattori, ha suscitato una ribellione nei villaggi del Jaik e ha già preso e devastato alcune fortezze, perpetrando ovunque saccheggi ed assassini. Pertanto, al ricevimento della presente, voi, signor capitano, dovrete prendere immediatamente i provvedimenti del caso per respingere il nominato malfattore e impostore, e se possibile, anche per annientarlo del tutto, se si rivolgerà contro la fortezza affidata alle vostre cure”.

Prendere i provvedimenti del caso!” disse il comandante, togliendosi gli occhiali e piegando la carta. “Senti è presto detto….”

 

 

L’ultima scena del libro invece si svolge proprio nel parco di Csarskoe Selo

 

Capitolo XIV                          Il Giudizio

 

Il giorno dopo la mattina presto, Mar’ja Ivanovna si svegliò, si vestì e andò alla chetichella nel giardino. Era una splendida mattinata, il sole illuminava le cime dei tigli, già ingialliti dal fresco alito dell’autunno. Il vasto lago luccicava immobile. I cigni, che si erano destati, notavano gravemente fuori dagli arbusti che ombreggiavano la riva. Mar’ja Ivanovna camminava lungo il bel prato dove da poco era stato collocato il monumento in onore delle recenti vittorie del conte Pëter Aleksandrovič Rumjancev. Ad un tratto un cagnolino bianco di razza inglese si mise ad abbaiare e le corse incontro. Mar’ja Ivanovna si spaurì e si fermò. In questo stesso momento risuonò una piacevole voce femminile: “Non temete, non morde.”…..



Paolo I (1796-1801)



Tenuto lontano dal potere e dalle decisioni che concernevano la sua gestione, appena divenuto zar alla morte della madre, fece di tutto per azzerare la sua politica e mutare le decisioni che erano state prese da Caterina II.

La sua personalità inoltre, frustrata dall’atteggiamento della madre, che non si era mai curata di lui, e probabilmente simile per certi aspetti a quella del padre, rivelò da subito un meschino tiranno assillato dall’idea di poter essere vittima di un complotto e finire come Pietro III.

Egli non abitò all’Hermitage ma, fattosi costruire un castello dotato di ambienti, camminamenti e sistemi di sicurezza che avrebbero dovuto proteggerlo vi si trasferì e visse per il suo breve regno.

  


                                   
      

       Castello di Paolo I oggi detto degli Ingegneri sede del museo statale di storia russa

 


  

La madre gli aveva regalato una tenuta che prese nome da lui, Pavlovsk, dove egli fece erigere la sua residenza estiva.

  Cambiò le divise dell’esercito e le sue riviste militari imperiali erano fonte di terrore per i settori dell’esercito che ne erano interessati. Liberò tutti coloro che erano stati incarcerati da Caterina, compresi intellettuali e liberali e il capo della rivolta polacca Kościuszko. Ma incarcerò a sua volta coloro che riteneva non graditi e pericolosi.

Mutò la legge di successione al trono stabilendo anche in Russia la legge del maggiorasco ossia della primogenitura maschile. Estese la servitù della gleba anche alle nuove terre da poco sottomesse alla sua corona, ovvero le regioni meridionali chiamate la Nuova Russia. I beneficiari di questi nuovi possedimenti erano quasi tutte persone vicine alla corona. Nel 1787 emise un editto in cui proclamava che i contadini avrebbero dovuto lavorare tre giorni per il loro padrone tre giorni per loro stessi e santificare la domenica. Tentò in ogni modo di ostacolare la cosiddetta piccola nobiltà che fu sostituita dalla burocrazia nell’amministrazione delle provincie.

In politica estera spesso si lasciava guidare dall’istinto o dalle ripicche. Ritenendo non essere stato appoggiato a sufficienza dagli Inglesi cambiò improvvisamente sponda e si alleò con la Francia storica nemica della Russia.

Nel 1801 una congiura di palazzo, nonostante tutti gli accorgimenti che aveva preso, lo spodestò e l’uccise. Il capo della congiura fu il conte Pëtr Pahlen governatore militare di Pietroburgo mentre il figlio Alessandro se non acconsentì direttamente, non fece nulla per opporsi.

In seguito dirà che la morte di suo padre non era prevista dal piano e si era trattato più che altro di un incidente.

A posteriori si può certo affermare che la salita al trono di Alessandro I fu una vera fortuna per il suo paese

Alessandro I (1801-1825)

 Alla morte del padre e a soli 23 anni, Alexander Pavlovic Romanov divenne zar di tutte le Russie.



Egli aveva ricevuto un’eccellente educazione sia sotto il profilo culturale (sua nonna lo aveva affidato ad un istitutore svizzero di idee liberali seguace dei Philosopes illuministi francesi) che sotto quello militare.

Ma la sua personalità rimase una delle più sfuggenti ed enigmatiche del suo tempo. Da piccolo aveva sofferto dell’odio tra suo padre e la nonna Zarina, che peraltro aveva pensato di nominarlo erede diretto se non fosse morta all’improvviso.

Opportunista, ambiguo, una sfinge, questi i pareri sul suo conto.

Durante il suo regno la Russia ampliò ulteriormente i confini inglobando l’attuale Georgia: questo causò sia una guerra con la Persia, che alla fine dovette cedere all’Impero anche il Daghestan e l’Azerbaigian, che una guerra con la Turchia che fu sconfitta e a sua volta perse la Bessarabia oltre ai principati di Moldavia e della Valacchia inglobati anch’essi nell’Impero Russo.

Il generale che guidò queste battaglie fu Kutuzov a suo tempo aiutante di Potëmkin e grande rivale di Napoleone.

Sotto Alessandro I si completò anche la conquista dell’Alaska e fu posi­zionato un fortilizio nel nord della California detto Port Ross.

Sul piano sociale egli lasciò immutata la condizione dei servi della gleba la cui liberazione avrebbe inciso negativamente soprattutto nei confronti della piccola nobiltà. Diede nuovamente anche a questa classe e ai non nobili la possibilità di acquistare terre, e chiese al ministro Speranskij una carta costituzionale, ma in seguito non ebbe la forza di farla accogliere dal Senato, da lui stesso ripristinato, e promulgarla benché fosse un progetto che lasciava inalterate le classi e le loro posizioni di subordine all’interno della società. Sotto il suo regno la capitale si arricchì di altri monumenti legati alla celebrazione della vittoria su Napoleone, ma della grande epopea napoleonica parleremo in seguito

Il suo regno comportò due periodi di maggior apertura 1801-1805 e 1807-1812 seguiti in entrambi i casi da guerre con la Francia.

Aleassandro I morì piuttosto giovane a 48 anni e anche la sua morte fu avvolta da leggende.

Negli ultimi tempi infatti era stato molto attirato dal misticismo religioso ed aveva espresso il desiderio di farsi monaco.

Alla sua morte il medico di corte si rifiutò di stendere il certificato di decesso, si ipotizzò quindi che lo zar si sarebbe suicidato.

Secondo altri storici si sarebbe ritirato in un eremo in Siberia sotto le spoglie del pio Fëdor Kuzmič.

 



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