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venerdì 21 novembre 2014

Nolan & il genio


Di Vincenzo Zaccone

Il titolo suggerisce un'associazione mentale che forse in tanti, di primo acchito, sarebbero ben disposti ad accettare, quanto meno per questioni di modi di dire; tuttavia, non vuole essere un titolo facile o scontato, quanto una dichiarazione seria circa la genialità di cui il regista inglese si fa portatore.
 
Christopher Nolan

                                           
Il genio non sta tanto nell'essere capaci di effettuare chissà quale scoperta assurda o intuire qualcosa di sconcertante, quanto nel guardare a ciò che fa parte della vita quotidiana in maniera nuova, diversa dalla maggior parte delle persone o, quanto meno, di avere un'intuizione folgorante nel modo di scorgere le solite cose, da ribaltarne la prospettiva solita. Dunque la capacità di trovare in ciò che si osserva qualcosa che sfugge ai più, fintanto che i più definiscono una visione delle cose che rientra nella norma (che li accomuna per definizione). Ad esempio, il soggetto del famoso film The Others è la solita storia della casa infestata dai fantasmi, la genialità sta nello svolgere la storia dal punto di vista di quest'ultimi e svelarlo alla fine; lo stesso espediente è usato dell'altrettanto noto Shutter Island, ma antesignano e più brillante è stato il libro L'assassinio di Roger Ackroyd di Agatha Christie (ma lei di intuizioni geniali ne ha avute diverse!). E ancora, il genio di Steve Jobs è consistito nell'aver capito di poter portare nelle nostre tasche quello che fino ad allora era rimasto vincolato alle scrivanie, il PC: ha applicato al concetto di telefono tutto ciò che valeva per un mezzo già di ampio utilizzo. Quindi la genialità sta proprio nel reinventare l'ordinario, trasformandolo in straordinario. Christopher Nolan nei suoi film è sempre stato capace di offrirci questo: una prospettiva unica su aspetti del comune privi altrimenti di attrazione, trasformandoli in potenti idee sviluppate all'interno di una sceneggiatura solida, dominata mentalmente; ciò gli consente di analizzare di queste intuizioni le loro implicanze logiche. Ne ha sempre dato dimostrazione nei suoi film, da quelli di esordio fino ai più maturi: The Following, suo primo film in bianco e nero, è la semplice storia di un uomo londinese con la morbosità di seguire gli estranei per strada e ciò lo porterà a  trovarsi invischiato in una vita da thriller; poi è la volta del noto Insomnia, da cui addirittura Robert Westbrook trae un romanzo (in genere si sa che accade il contrario), del potentissimo Memento, basato su un racconto del fratello Jonathan, che ha ottenuto diversi premi per la sceneggiatura. A seguire, l'adattamento di un libro magistralmente ottenuto in un alternarsi di piani narrativi e temporali, dando vita a una pellicola dal fascino totalizzante: The Prestige. In questo caso la storia è già scritta, il romanzo di Christopher Priest, ma affatto secondaria è il fascino dei particolari e del narrazione che Nolan decide di mettere sullo schermo suddividendola nei tre atti nell'illusionismo: la promessa, la svolta e il prestigio. Non sono di secondaria importanza attori come David Bowie, Hugh Jackman, Scarlett Johansonn, Christian Bale, Michael Caine, le musiche di David Julyan e i titoli di coda che scivolano sulle note di Analyse di Thom Yorke. Non si può poi non considerare la rivoluzione compiuta nell'elaborazione del supereroe Batman, facendolo diventare un eroe moderno, lo fa “rientrare” nel corpo di Bruce Wayne, avvicinandolo al pubblico, e lo trasforma nell'eroe capace innanzitutto di combattere e vincere le trappole psicologiche della propria mente e grazie a questa vittoria riesce a diventare un riscatto per Gotham City. Eccelso è inoltre Inception, riconosciuto un capolavoro sia da un punto di vista concettuale che registico: la pellicola sviluppa un'intuizione potente, che diventa suggestione e viene sviluppata e costruita secondo gli imprevisti di un thriller psicologico dal risvolto drammatico e intimista. Costante del successo dei film di Nolan sono la collaborazione nell'intessitura della storia con il produttivo fratello Jonathan, l'individuazione di un punto di vista sui generis, lo sviluppo della trama in ogni sua sfaccettatura fattuale e psicologica, un montaggio della storia sincopato, con la capacità di amplificare l'effetto di curiosità, attesa e sorpresa intorno agli enigmi della vicenda, l'attingere al mondo della razionalità per costruire una trama ben strutturata e cementare il tutto insieme alle acuzie di un'indagine psicologica che arricchisce le storie di fascino per il pubblico. Il racconto di queste storie singolari diventa unico nelle sue modalità. Questi elementi hanno reso il cinema di Nolan un'opera di successo che (raramente si vede) si fonda su un contenuto ricercato e acuto.
 
Locandina del film, uscito il 6 novembre
                          
Le stesse caratteristiche si trovano rinnovate anche nel suo ultimo Interstellar, uscito al cinema il 6 novembre e destinato a essere altisonante. Nolan cambia genere, siamo in quello fantascientifico di 2001: Odissea nello spazio di Kubrick (non mancano diverse citazioni), quello dell'intelligenza artificiale di A.I. di Spielberg; la trama rivisita il topos dell'umanità prossima al baratro dell'estinzione, quello della missione spaziale eroica destinata a trovare ad anni luce di distanza la salvezza, la promessa di un padre alla figlia sul suo ritorno a casa. Ma a dispetto dei retaggi, il film non è catastrofista, non diventa l'altare dell'eroe che ritorna trionfante, né che sacrifica se stesso per il risultato: il film viaggia tra le bassezze del pianeta Terra e dell'umanità, per ripercorrere i meandri  di un universo reinventato sulle teorie del fisico Kip Thorne, per poi giungere all'esasperazione dell'atmosfera tensiva come in un film di avventura e poi da lì riuscire attraverso un'acuta suggestione mentale a reintrecciare le fila della trama in una sua soluzione che si rifà a qualcosa di molto lontano dall'astrofisica e dalla matematica: la filosofia orientale.
La pellicola inizia in un'atmosfera di catastrofe atipica: un mondo che finisce senza panico, senza eventi cataclismatici, ma respira (verbo usato impropriamente) l'accettazione di un destino che ormai sembra segnato da generazioni, quello di un pianeta incapace di continuare ad accogliere i propri abitanti e dar loro i frutti della terra. Pertanto nulla è capace di crescere ancora, se non il granoturco, mentre tempeste di sabbia improvvise obbligano gli uomini a indossare le maschere antigas; si è smesso di dedicarsi alla tecnica e alla scienza per tornare a fare gli agricoltori. La scena è incentrata sulla fattoria di Cooper (Matthew McConaughey), ex astronauta, rimasto vedovo e ritornato a fare l'agricoltore per occuparsi del futuro dell'umanità e dei suoi due figli Tom (Timothée Chalamet) e Murphy (Mackenzie Foy). Il nome dato alla piccola non è casuale, ma cita quello della nota legge, che dai genitori della bambina viene interpretata come “tutto ciò che è possibile che accada, accadrà”, privo della sua accezione negativa. Nomen omen, si sa, e così la figlia di Cooper giocherà un ruolo chiave in ciò che accadrà nella storia. Con loro vive anche il nonno materno.

Cooper e i suoi figli
                                        
Proprio la bambina si lamenta della presenza di fantasmi nella sua camera, accusa strani eventi che accadono nella stanza e di libri che cadono improvvisamente dagli scaffali. Il padre capisce che gli inspiegati movimenti sono dovuti ad alterazioni gravitazionali e riesce a decodificare un messaggio inviato da quelle forze misteriose, ottenendo così delle coordinate geografiche: vi troverà una base segreta della NASA. Viene così a conoscenza della preparazione di una missione per raggiungere un wormhole (cunicolo spazio-temporale, detto anche Ponte di Einstein-Rosen) comparso nei dintorni di Saturno, da cui andare alla scoperta di nuovi pianeti e capire quale di questi sia colonizzabile. Così il vigoroso Cooper decidere di occuparsi del destino dei propri figli in una modalità a lui più congeniale e, pur cosciente del rischio concreto del non ritorno, alla fine parte. La scena del distacco dalla figlia è lunga, poetica, profetica: Murph implora piangente il padre di non farlo perché ha ricevuto un nuovo messaggio dai fantasmi della camera che dice “Resta”, ma lui le promette che tornerà da lei. Da questo momento si passa alla fase di esplorazione del cosmo, con i requisiti del caso: ibernazione dell'equipaggio, robot che collaborano alla missione, immagini dell'astronave immersa nel buio di un universo silenzioso con la Terra sullo sfondo. Il viaggio occuperà la restante parte del film, i pianeti vengono esplorati, diverse tematiche vengono toccate: la meschinità dell'uomo che diventa in ogni occasione homini lupus, la continua tensione verso gli affetti lasciati sulla Terra, la paura costante di non tornare o di non trovare più vivi i propri cari. Si accenna a due tematiche che poi saranno determinati per la soluzione di tutto: la relatività del tempo e l'amore, indicato come “la sola cosa che trascende il tempo e lo spazio” dice Anne Hathaway. Beh, per un film alla cui sceneggiatura ha contribuito anche il fisico Thorne, è un'affermazione ardita o, quanto meno, imprevista.
Di fatto, parecchi anni passano, solo per gli abitanti della Terra, Murph diventa adulta, nonché un fisico che collabora con la NASA, cerca di partecipare dalla Terra a quella missione per permettere che il padre torni. La storia diventa piena di imprevisti, nella migliore tradizione dei film di avventura nello Spazio, alla fine i risvolti della vicenda saranno imprevedibili e Nolan riesce a mettere insieme la storia da un punto di vista pratico, teorico, trovando un anello di congiunzione, non solo di risoluzione, che reintreccia i vari passaggi della trama per approdare, attraverso un ritmo che diventa sempre più sincopato, a una storia circolare...
Buone le prove d'attore, anche se Matthew McConaughey ritorna un po' alle sue solite espressioni, Anne Hathaway non fa la differenza, Matt Damon e Michael Caine hanno poche possibilità di mostrare quello che sanno fare. Grandiosa la piccola Murph (Mackenzie Foy) e l'adulta Jessica Chastain. La fotografia è sempre degna del marchio Nolan e gli effetti speciali (resi disponibili da un budget interstellare anch'esso) sono grandiosi, tanto da esser serviti al fisico Kip Thorne a vedere ottimamente rappresentato ciò che aveva teorizzato con i suoi studi.

Gargantua: il buco nero

                                    

Il film, c'è anche da dire, non manca di difetti: molte cose a rigor di logica traballano (anche nella sceneggiatura), i nuovi mondi, i pianeti mostrati sul grande schermo e ciò che succede all'interno del buco nero, non stanno in piedi né da un punto di vista logico, né fisico. Tuttavia, bisogna non essere faziosi per considerare che questi elementi di razionalità debbano avere un peso maggiore della poesia, della fascinazione, dei mille spunti e rimandi che Nolan con questa storia insinua. Nonché l'allenamento mentale che in questi tempi ipnoinducenti scarseggia in tutte le forme artistiche (tanto più nella settima arte): dall'Eureka urlato da Murphy, al nome della protagonista stesso, al buco nero battezzato Gargantua, alle teorie di fisica che sono il film stesso, alla poesia con cui il professor Brand ricorda di arrabbiarsi contro lo spegnersi della luce ("Do not go gentle into that good night" di Dylan Thomas), a quella con cui vengono intrise le immagini in alcuni passaggi, al finale in cui si suggerisce che tutto quel mondo cerebrale è tenuto insieme dalla legge per cui l'amore governa l'universo (ricorda per caso qualche canzone di un autore italiano?), in quanto energia che rimane tale e quale in ogni sistema di riferimento. Concetto lontano dalla “filosofia” occidentale.

16 commenti:

  1. E' una RECENSIONE bellissima, acuta, scritta bene. Doppi complimenti.
    Federico

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    1. Complimenti graditissimi! grazie per questo commento, Federico

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  2. Vincenzo Zaccone: un "marchio" di garanzia! Bravo!
    Mario

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    1. Addirittura un marchio di garanzia?! Spero allora di non tradire la fiducia che mi concedi. Grazie, Mario! :)

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  3. questa tua recensione mi ha fatto venir voglia di andare a vederlo, anche se non amo il genere. Complimenti per saper suscitare interesse in chi ti legge.
    Teresita

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    1. Teresita, contento di averti coinvolto.. Vai a vederlo al cinema e apprezzerai di sicuro! Un saluto e grazie per avermi scritto

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  4. Non ho parole. Sai cogliere nel segno. A quando il tuo prossimo articolo?
    Giorgio

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    1. Grazie, Giorgio! io c provo ;) prox articolo sarà sull'isola di delos.. sarà più "peso" di questo, ma spero riuscirà a interessare ugualmente. continua a seguirci
      un saluto

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  5. Leggo i tuoi pezzi da quando ho scoperto questa interessante rivista. Sono sempre molto interessanti, e soprattutto non banali.
    Gianfranco

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    1. Grazie, Gianfranco! continua a seguire noi di Sognaparole: cercheremo sempre di darti spunti interessanti.
      a presto

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  6. Evviva sognaparole e Vincenzo per quanto sapete trasmettere. Continuate su questa strada!
    Marinella

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    1. un'altra fan della rivista! sono contento. fai un giro sul nostro magazine tutti i giorni, troverai sempre qualcosa di nuovo da leggere :)
      Grazie di avermi scritto, Marinella

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  7. Con mio sommo piacere ho visto che stai rimontando la classifica dei più letti. Ti auguro di arrivare primo. Le tue recensioni non sono dei riassunti ma delle vere analisi. Così deve essere fatto.
    Viola

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  8. Viola, grazie mille per la considerazione! continua a seguirci con entusiasmo.
    Un saluto

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