Di Vincenzo Zaccone
Il titolo suggerisce un'associazione mentale che
forse in tanti, di primo acchito, sarebbero ben disposti ad accettare, quanto meno per
questioni di modi di dire; tuttavia, non vuole essere un titolo facile o
scontato, quanto una dichiarazione seria circa la genialità di cui il regista
inglese si fa portatore.
Il genio non sta tanto nell'essere capaci di
effettuare chissà quale scoperta assurda o intuire qualcosa di sconcertante,
quanto nel guardare a ciò che fa parte della vita quotidiana in maniera nuova,
diversa dalla maggior parte delle persone o, quanto meno, di avere
un'intuizione folgorante nel modo di scorgere le solite cose, da ribaltarne la
prospettiva solita. Dunque la capacità di trovare in ciò che si osserva
qualcosa che sfugge ai più, fintanto che i più definiscono una visione delle
cose che rientra nella norma (che li accomuna per definizione). Ad esempio, il
soggetto del famoso film The Others è la solita storia della casa
infestata dai fantasmi, la genialità sta nello svolgere la storia dal punto di
vista di quest'ultimi e svelarlo alla fine; lo stesso espediente è usato
dell'altrettanto noto Shutter Island, ma antesignano e più brillante è
stato il libro L'assassinio di Roger Ackroyd di Agatha Christie (ma lei
di intuizioni geniali ne ha avute diverse!). E ancora, il genio di Steve Jobs è
consistito nell'aver capito di poter portare nelle nostre tasche quello che
fino ad allora era rimasto vincolato alle scrivanie, il PC: ha applicato al concetto di telefono tutto ciò che valeva per
un mezzo già di ampio utilizzo. Quindi la genialità sta proprio nel reinventare
l'ordinario, trasformandolo in straordinario. Christopher Nolan nei suoi film è
sempre stato capace di offrirci questo: una prospettiva unica su aspetti del
comune privi altrimenti di attrazione, trasformandoli in potenti idee
sviluppate all'interno di una sceneggiatura solida, dominata mentalmente; ciò
gli consente di analizzare di queste intuizioni le loro implicanze logiche. Ne
ha sempre dato dimostrazione nei suoi film, da quelli di esordio fino ai più
maturi: The Following, suo primo film in
bianco e nero, è la semplice storia di un uomo londinese con la
morbosità di seguire gli estranei per strada e ciò lo porterà a trovarsi invischiato in una vita da thriller;
poi è la volta del noto Insomnia, da cui addirittura Robert Westbrook
trae un romanzo (in genere si sa che accade il contrario), del potentissimo
Memento, basato su un racconto del fratello Jonathan, che ha ottenuto diversi
premi per la sceneggiatura. A seguire, l'adattamento di un libro magistralmente
ottenuto in un alternarsi di piani narrativi e temporali, dando vita a una
pellicola dal fascino totalizzante: The Prestige. In questo
caso la storia è già scritta, il romanzo di Christopher Priest, ma affatto
secondaria è il fascino dei particolari e del narrazione che Nolan decide di
mettere sullo schermo suddividendola nei tre atti nell'illusionismo: la
promessa, la svolta e il prestigio. Non sono di secondaria importanza attori
come David Bowie, Hugh Jackman, Scarlett Johansonn, Christian Bale, Michael
Caine, le musiche di David Julyan e i titoli di coda che scivolano sulle note
di Analyse di Thom Yorke. Non si può poi non considerare la rivoluzione
compiuta nell'elaborazione del supereroe Batman, facendolo diventare un eroe
moderno, lo fa “rientrare” nel corpo di Bruce Wayne, avvicinandolo al pubblico,
e lo trasforma nell'eroe capace innanzitutto di combattere e vincere le
trappole psicologiche della propria mente e grazie a questa vittoria riesce a
diventare un riscatto per Gotham City. Eccelso è inoltre Inception,
riconosciuto un capolavoro sia da un punto di vista concettuale che registico:
la pellicola sviluppa un'intuizione potente, che diventa suggestione e viene
sviluppata e costruita secondo gli imprevisti di un thriller psicologico dal
risvolto drammatico e intimista. Costante del successo dei film di Nolan sono
la collaborazione nell'intessitura della storia con il produttivo fratello
Jonathan, l'individuazione di un punto di vista sui generis, lo sviluppo
della trama in ogni sua sfaccettatura fattuale e psicologica, un montaggio
della storia sincopato, con la capacità di amplificare l'effetto di curiosità,
attesa e sorpresa intorno agli enigmi della vicenda, l'attingere al mondo della
razionalità per costruire una trama ben strutturata e cementare il tutto
insieme alle acuzie di un'indagine psicologica che arricchisce le storie di fascino
per il pubblico. Il racconto di queste storie singolari diventa unico nelle sue
modalità. Questi elementi hanno reso il cinema di Nolan un'opera di successo
che (raramente si vede) si fonda su un contenuto ricercato e acuto.
Le stesse caratteristiche si trovano rinnovate
anche nel suo ultimo Interstellar, uscito al cinema il 6 novembre e destinato a essere altisonante. Nolan
cambia genere, siamo in quello fantascientifico di 2001: Odissea nello
spazio di Kubrick (non mancano diverse citazioni), quello dell'intelligenza
artificiale di A.I. di Spielberg; la trama rivisita il topos
dell'umanità prossima al baratro dell'estinzione, quello della missione
spaziale eroica destinata a trovare ad anni luce di distanza la salvezza, la
promessa di un padre alla figlia sul suo ritorno a casa. Ma a dispetto dei
retaggi, il film non è catastrofista, non diventa l'altare dell'eroe che
ritorna trionfante, né che sacrifica se stesso per il risultato: il film
viaggia tra le bassezze del pianeta Terra e dell'umanità, per ripercorrere i
meandri di un universo reinventato sulle
teorie del fisico Kip Thorne, per poi giungere all'esasperazione dell'atmosfera
tensiva come in un film di avventura e poi da lì riuscire attraverso un'acuta
suggestione mentale a reintrecciare le fila della trama in una sua soluzione
che si rifà a qualcosa di molto lontano dall'astrofisica e dalla matematica: la
filosofia orientale.
La pellicola inizia in un'atmosfera di catastrofe
atipica: un mondo che finisce senza panico, senza eventi cataclismatici, ma
respira (verbo usato impropriamente) l'accettazione di un destino che ormai
sembra segnato da generazioni, quello di un pianeta incapace di continuare ad
accogliere i propri abitanti e dar loro i frutti della terra. Pertanto nulla è
capace di crescere ancora, se non il granoturco, mentre tempeste di sabbia
improvvise obbligano gli uomini a indossare le maschere antigas; si è smesso di
dedicarsi alla tecnica e alla scienza per tornare a fare gli agricoltori. La
scena è incentrata sulla fattoria di Cooper (Matthew McConaughey), ex
astronauta, rimasto vedovo e ritornato a fare l'agricoltore per occuparsi del
futuro dell'umanità e dei suoi due figli Tom (Timothée Chalamet) e Murphy
(Mackenzie Foy). Il nome dato alla piccola non è casuale, ma cita quello della
nota legge, che dai genitori della bambina viene interpretata come “tutto ciò
che è possibile che accada, accadrà”, privo della sua accezione negativa. Nomen
omen, si sa, e così la figlia di Cooper giocherà un ruolo chiave in ciò che
accadrà nella storia. Con loro vive anche il nonno materno.
Cooper e i suoi figli |
Proprio la bambina si lamenta della presenza di
fantasmi nella sua camera, accusa strani eventi che accadono nella stanza e di
libri che cadono improvvisamente dagli scaffali. Il padre capisce che gli
inspiegati movimenti sono dovuti ad alterazioni gravitazionali e riesce a
decodificare un messaggio inviato da quelle forze misteriose, ottenendo così
delle coordinate geografiche: vi troverà una base segreta della NASA. Viene
così a conoscenza della preparazione di una missione per raggiungere un
wormhole (cunicolo spazio-temporale, detto anche Ponte di Einstein-Rosen)
comparso nei dintorni di Saturno, da cui andare alla scoperta di nuovi pianeti
e capire quale di questi sia colonizzabile. Così il vigoroso Cooper decidere di
occuparsi del destino dei propri figli in una modalità a lui più congeniale e,
pur cosciente del rischio concreto del non ritorno, alla fine parte. La scena
del distacco dalla figlia è lunga, poetica, profetica: Murph implora piangente
il padre di non farlo perché ha ricevuto un nuovo messaggio dai fantasmi della
camera che dice “Resta”,
ma lui le promette che tornerà da lei. Da questo momento si passa alla fase di
esplorazione del cosmo, con i requisiti del caso: ibernazione dell'equipaggio,
robot che collaborano alla missione, immagini dell'astronave immersa nel buio
di un universo silenzioso con la Terra sullo sfondo. Il viaggio occuperà la
restante parte del film, i pianeti vengono esplorati, diverse tematiche vengono
toccate: la meschinità dell'uomo che diventa in ogni occasione homini lupus,
la continua tensione verso gli affetti lasciati sulla Terra, la paura
costante di non tornare o di non trovare più vivi i propri cari. Si accenna a
due tematiche che poi saranno determinati per la soluzione di tutto: la
relatività del tempo e l'amore, indicato come “la sola cosa che trascende il tempo e lo spazio”
dice Anne Hathaway. Beh, per un film alla cui sceneggiatura ha contribuito
anche il fisico Thorne, è un'affermazione ardita o, quanto meno, imprevista.
Di fatto, parecchi anni passano, solo per gli
abitanti della Terra, Murph diventa adulta, nonché un fisico che collabora con
la NASA, cerca di partecipare dalla Terra a quella missione per permettere che
il padre torni. La storia diventa piena di imprevisti, nella migliore
tradizione dei film di avventura nello Spazio, alla fine i risvolti della
vicenda saranno imprevedibili e Nolan riesce a mettere insieme la storia da un
punto di vista pratico, teorico, trovando un anello di congiunzione, non solo
di risoluzione, che reintreccia i vari passaggi della trama per approdare,
attraverso un ritmo che diventa sempre più sincopato, a una storia circolare...
Buone le prove d'attore, anche se Matthew
McConaughey ritorna un po' alle sue solite espressioni, Anne Hathaway non fa la
differenza, Matt Damon e Michael Caine hanno poche possibilità di mostrare
quello che sanno fare. Grandiosa la piccola Murph (Mackenzie Foy) e l'adulta
Jessica Chastain. La fotografia è sempre degna del marchio Nolan e gli effetti
speciali (resi disponibili da un budget interstellare anch'esso) sono
grandiosi, tanto da esser serviti al fisico Kip Thorne a vedere ottimamente
rappresentato ciò che aveva teorizzato con i suoi studi.
Gargantua: il buco nero |
Il film, c'è anche da dire, non manca di difetti:
molte cose a rigor di logica traballano (anche nella sceneggiatura), i nuovi
mondi, i pianeti mostrati sul grande schermo e ciò che succede all'interno del
buco nero, non stanno in piedi né da un punto di vista logico, né fisico.
Tuttavia, bisogna non essere faziosi per considerare che questi elementi di
razionalità debbano avere un peso maggiore della poesia, della fascinazione,
dei mille spunti e rimandi che Nolan con questa storia insinua. Nonché
l'allenamento mentale che in questi tempi ipnoinducenti scarseggia in tutte le
forme artistiche (tanto più nella settima arte): dall'Eureka urlato da Murphy,
al nome della protagonista stesso, al buco nero battezzato Gargantua, alle
teorie di fisica che sono il film stesso, alla poesia con cui il professor
Brand ricorda di arrabbiarsi contro lo spegnersi della luce ("Do not go gentle into that good night" di Dylan Thomas), a quella con cui vengono intrise
le immagini in alcuni passaggi, al finale in cui si suggerisce che tutto quel
mondo cerebrale è tenuto insieme dalla legge per cui l'amore governa l'universo
(ricorda per caso qualche canzone di un autore italiano?), in quanto energia
che rimane tale e quale in ogni sistema di riferimento. Concetto lontano dalla
“filosofia” occidentale.
Bellissimo articolo!!
RispondiEliminaGrazie mille, Luca! :)
EliminaE' una RECENSIONE bellissima, acuta, scritta bene. Doppi complimenti.
RispondiEliminaFederico
Complimenti graditissimi! grazie per questo commento, Federico
EliminaVincenzo Zaccone: un "marchio" di garanzia! Bravo!
RispondiEliminaMario
Addirittura un marchio di garanzia?! Spero allora di non tradire la fiducia che mi concedi. Grazie, Mario! :)
Eliminaquesta tua recensione mi ha fatto venir voglia di andare a vederlo, anche se non amo il genere. Complimenti per saper suscitare interesse in chi ti legge.
RispondiEliminaTeresita
Teresita, contento di averti coinvolto.. Vai a vederlo al cinema e apprezzerai di sicuro! Un saluto e grazie per avermi scritto
EliminaNon ho parole. Sai cogliere nel segno. A quando il tuo prossimo articolo?
RispondiEliminaGiorgio
Grazie, Giorgio! io c provo ;) prox articolo sarà sull'isola di delos.. sarà più "peso" di questo, ma spero riuscirà a interessare ugualmente. continua a seguirci
Eliminaun saluto
Leggo i tuoi pezzi da quando ho scoperto questa interessante rivista. Sono sempre molto interessanti, e soprattutto non banali.
RispondiEliminaGianfranco
Grazie, Gianfranco! continua a seguire noi di Sognaparole: cercheremo sempre di darti spunti interessanti.
Eliminaa presto
Evviva sognaparole e Vincenzo per quanto sapete trasmettere. Continuate su questa strada!
RispondiEliminaMarinella
un'altra fan della rivista! sono contento. fai un giro sul nostro magazine tutti i giorni, troverai sempre qualcosa di nuovo da leggere :)
EliminaGrazie di avermi scritto, Marinella
Con mio sommo piacere ho visto che stai rimontando la classifica dei più letti. Ti auguro di arrivare primo. Le tue recensioni non sono dei riassunti ma delle vere analisi. Così deve essere fatto.
RispondiEliminaViola
Viola, grazie mille per la considerazione! continua a seguirci con entusiasmo.
RispondiEliminaUn saluto