(di Mimma Zuffi)
Futura Libri, Perugia 2023, 700 pp. € 32,00.“Armando Rocchi, il Prefetto del Duce a Perugia. Storia di un soldato dalla Grande guerra alla Repubblica Sociale Italiana” si intitola il libro di Stefano Fabei pubblicato dall’editrice Futura Libri. L’importanza del volume, come si deduce dal titolo, consiste non soltanto nel fatto di essere la biografia dell’uomo chiamato da Mussolini a ricoprire tra l’ottobre 1943 e il giugno 1944 la carica di Capo della Provincia, ma anche la prima, puntuale, ricostruzione storica delle vicende della RSI in gran parte dell’Umbria.
L’autore del corposo saggio (700 pagine, con una ricca e in gran parte inedita documentazione fotografica, € 32,00) da alcuni giorni in libreria, nella prima parte del testo racconta il percorso esistenziale di quest’uomo “nato per servire la Patria da soldato”.
Appena maggiorenne, dopo aver volontariamente partecipato come sottotenente
dell’arma di cavalleria, al Primo conflitto mondiale, nel corso del quale fu
gravemente ferito al volto e non solo, Rocchi aderì al fascismo da posizioni
monarchiche. Inquadrato nei ranghi della Milizia volontaria per la sicurezza
nazionale, partecipò alla guerra civile in Spagna con il grado di seniore
(maggiore) dal 1937 al 1939. Tra il 1941 e il 1943 comandò nel teatro operativo
del Montenegro e della Dalmazia meridionale il CII battaglione Camicie Nere
perugine, facente parte – con il CVIII battaglione CCNN e la 108ª compagnia
mitraglieri anconetani – della 108ª Legione d’assalto “Stamura”. Sulla base
delle memorie prodotte da Rocchi a scopo difensivo processuale, e dei documenti
conservati presso gli Archivi di Stato di Perugia e di Firenze, quello
dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e l’Archivio Centrale
dello Stato, Fabei ricostruisce questa prima parte della vita militare durante
la quale il comandante legionario ricevette molteplici encomi e riconoscimenti
per il valore sempre dimostrato, l’attaccamento ai propri uomini che lo
rispettavano per il coraggio e lo spirito di sacrificio riconosciutigli con le
medaglie di bronzo e d’argento. Forse anche perché troppo motivato politicamente
alla lotta, Rocchi subì tuttavia rimproveri e punizioni, fra cui una per avere
testualmente dichiarato: «Noi siamo ammirati dei tedeschi e dei giapponesi, ma
più ancora del soldato italiano, vittima innocente e cosciente della pregressa
asinità e disonestà del nostro alto Stato Maggiore».
La seconda, e ben più
consistente, parte del libro è dedicata al Rocchi della RSI, nominato da
Mussolini Capo della provincia di Perugia con il benestare dei tedeschi che lo apprezzavano
conoscendone i precedenti militari. A questo punto le vicende del protagonista
s’intrecciano indissolubilmente con quelle della repubblica cui aderì nonostante
i suoi sentimenti filosabaudi e perché indignato, più che dal tradimento
monarchico del 25 luglio 1943, dallo sfacelo determinato l’8 settembre dall’armistizio.
Nel ruolo di Prefetto s’impegnò al massimo nel controllo del territorio, a contrastare
diserzione e renitenza alla leva, nella lotta antipartigiana, collaborando non
sempre facilmente con gli alleati germanici. Oltre al salvataggio degli ebrei, che
fu prima di tutto opera sua e del questore Scaminaci (rinviamo a proposito al
saggio di Fabei intitolato Il prefetto Rocchi e il salvataggio degli ebrei.
Perugia - Isola Maggiore sul Trasimeno 1943-1944, Mursia, Milano 2022:
volume presentato dal magistrato e Consigliere di Stato Giuseppe Severini e
introdotto da Franco Cardini) – episodio indicativo di come non tutti i
fascisti fossero razzisti e antisemiti, e impresa di cui si sono arbitrariamente
arrogati il merito nel corso dei decenni alcuni “partigiani” dell’ultimo minuto,
in realtà giovani “guardie repubblichine” addette alla vigilanza degli ebrei
stessi – Fabei racconta l’attività del Prefetto in Umbria, in certi momenti particolarmente
duro con gli “imboscati”, in altri clemente con quanti accettavano di rientrare
nella “legalità” dello Stato fascista. Talvolta fu costretto a confrontarsi
oltre che con i tedeschi, con l’intransigenza dei “camerati duri e puri” della
Federazione fascista repubblicana. Malgrado l’attribuzione, diretta o
indiretta, a lui di molti dolorosi episodi, che non avrebbe potuto comunque
evitare, o dei quali fu costretto a rispondere in quanto Prefetto, scopriamo
che a Rocchi si deve anche il salvataggio degli intellettuali antifascisti presenti
a Perugia e preservati dalla cattura e dall’internamento allo scopo di evitare
la “guerra civile”. Uomo d’ordine deciso a controllare tutto, per scongiurare quest’ultima
cercò addirittura di dialogare e raggiungere accordi con alcuni comandanti
partigiani come Ernesto Melis, Toso (Svetozar Lakovic) e Bora (Bodgan Pesic).
Fabei studia i suddetti fatti
e molti altri, andando a fondo nella ricerca della verità e mettendo a
confronto fonti e testimonianze delle parti contrapposte sui momenti più
tragici di quei mesi. Ricostruisce pagine di storia che la vulgata ha piegato a
interpretazioni faziose, come ad esempio il rastrellamento condotto nell’area
tra Ripalvella e Doglio, frazione di Monte Castello di Vibio, in cui il 6 marzo
1944 venne fucilato Pietro Mariotti, e l’operazione di polizia per catturare i
partigiani asserragliatisi nella Villa Santinelli di San Pietro a Monte,
frazione di Città di Castello il 27 marzo 1944. L’autore racconta inoltre i drammatici
fatti verificatisi, pochi giorni prima dell’arrivo degli inglesi, a Montebuono
di Magione, dove alcuni contadini esasperati dalle razzie tedesche e convinti a
fare gli eroi da propagandisti comunisti senza scrupoli furono mandati ad
attaccare con roncole, forconi e vecchie armi da fuoco, i tedeschi in ritirata provocando
deliberatamente un massacro l’8 giugno 1944, come narrato nei suoi diari da
Publio Trento Bartoccioni, primo Sindaco di Magione dopo la Liberazione eletto
tra l’altro da un Consiglio comunale dominato dal PSIUP e dal PCI il 31 marzo
1946. Coinvolgente, infine, anche la vicenda dell’affascinante Marion Keller,
detenuta a Perugia per spionaggio fin dal 1940 e liberata da Rocchi che non ne
fece la propria amante come allora favoleggiato, ma la inviò nella zona di
Pietralunga, al confine umbro-marchigiano, per raccogliere informazioni sulle
bande di partigiani che la fucilarono come spia.
Anche come Commissario
straordinario del governo per l’Emilia e la Romagna Rocchi cercò di controllare
quel vasto territorio straziato da una guerra civile condotta senza esclusione
di colpi da entrambe le parti contrapposte e animata da una Resistenza qui molto
più organizzata e supportata dagli Alleati avanzanti che i comunisti, afferma
l’autore, alimentavano con determinazione e azioni terroristiche per gettare le
premesse per l’instaurazione di un regime totalitario di tipo stalinista. Uomo super
partes, cercò ancora laddove possibile di non infierire mettendosi
continuamente in contrasto sia con il Partito fascista di Pavolini e le sue Brigate
nere sia con la Guardia nazionale repubblicana, oltre che con i tedeschi sempre
più costretti alla ritirata e preoccupati dall’imminente sconfitta e dalle
prevedibili vendette. Rocchi nell’aprile del 1945 si consegnò ai partigiani.
Affrontò poi con dignità i processi del dopoguerra, non rinnegando le sue
scelte, non chiedendo sconti di pena, non mostrandosi mai pentito delle proprie
azioni. In sintesi, ci troviamo di fronte alla biografia di un uomo senza
dubbio molto duro, ma anche estremamente coerente e forte di una onestà
riconosciutagli sempre e prima di tutto dagli antifascisti.
Il valore del saggio,
avvincente in certe parti anche per la modalità narrativa romanzesca, è
confermato dalla presentazione di Alberto Stramaccioni, docente di storia
contemporanea presso l’Università per Stranieri di Perugia e presidente
dell’Istituto per la Storia dell’Umbria Contemporanea, e dalla prefazione di
Leonardo Varasano, giornalista pubblicista, dottore di ricerca, collaboratore
universitario e assessore alla Cultura del Comune di Perugia: uomini
politicamente appartenenti a schieramenti diversi ma accomunati da una
concezione della storia il cui obiettivo, prescindendo dalle legittime
posizioni di ciascuno, deve avvicinarsi il più possibile alla verità, oltre
ogni vulgata e ogni retorica ormai fuori del tempo.
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