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giovedì 20 luglio 2023

Armando Rocchi, il Prefetto del Duce a Perugia, di Stefano Fabei

(di Mimma Zuffi)

Futura Libri, Perugia 2023, 700 pp. € 32,00.


 Armando Rocchi, il Prefetto del Duce a Perugia. Storia di un soldato dalla Grande guerra alla Repubblica Sociale Italiana” si intitola il libro di Stefano Fabei pubblicato dall’editrice Futura Libri. L’importanza del volume, come si deduce dal titolo, consiste non soltanto nel fatto di essere la biografia dell’uomo chiamato da Mussolini a ricoprire tra l’ottobre 1943 e il giugno 1944 la carica di Capo della Provincia, ma anche la prima, puntuale, ricostruzione storica delle vicende della RSI in gran parte dell’Umbria.

L’autore del corposo saggio (700 pagine, con una ricca e in gran parte inedita documentazione fotografica, € 32,00) da alcuni giorni in libreria, nella prima parte del testo racconta il percorso esistenziale di quest’uomo “nato per servire la Patria da soldato”. 



Appena maggiorenne, dopo aver volontariamente partecipato come sottotenente dell’arma di cavalleria, al Primo conflitto mondiale, nel corso del quale  fu gravemente ferito al volto e non solo, Rocchi aderì al fascismo da posizioni monarchiche. Inquadrato nei ranghi della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, partecipò alla guerra civile in Spagna con il grado di seniore (maggiore) dal 1937 al 1939. Tra il 1941 e il 1943 comandò nel teatro operativo del Montenegro e della Dalmazia meridionale il CII battaglione Camicie Nere perugine, facente parte – con il CVIII battaglione CCNN e la 108ª compagnia mitraglieri anconetani – della 108ª Legione d’assalto “Stamura”. Sulla base delle memorie prodotte da Rocchi a scopo difensivo processuale, e dei documenti conservati presso gli Archivi di Stato di Perugia e di Firenze, quello dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e l’Archivio Centrale dello Stato, Fabei ricostruisce questa prima parte della vita militare durante la quale il comandante legionario ricevette molteplici encomi e riconoscimenti per il valore sempre dimostrato, l’attaccamento ai propri uomini che lo rispettavano per il coraggio e lo spirito di sacrificio riconosciutigli con le medaglie di bronzo e d’argento. Forse anche perché troppo motivato politicamente alla lotta, Rocchi subì tuttavia rimproveri e punizioni, fra cui una per avere testualmente dichiarato: «Noi siamo ammirati dei tedeschi e dei giapponesi, ma più ancora del soldato italiano, vittima innocente e cosciente della pregressa asinità e disonestà del nostro alto Stato Maggiore».

La seconda, e ben più consistente, parte del libro è dedicata al Rocchi della RSI, nominato da Mussolini Capo della provincia di Perugia con il benestare dei tedeschi che lo apprezzavano conoscendone i precedenti militari. A questo punto le vicende del protagonista s’intrecciano indissolubilmente con quelle della repubblica cui aderì nonostante i suoi sentimenti filosabaudi e perché indignato, più che dal tradimento monarchico del 25 luglio 1943, dallo sfacelo determinato l’8 settembre dall’armistizio. Nel ruolo di Prefetto s’impegnò al massimo nel controllo del territorio, a contrastare diserzione e renitenza alla leva, nella lotta antipartigiana, collaborando non sempre facilmente con gli alleati germanici. Oltre al salvataggio degli ebrei, che fu prima di tutto opera sua e del questore Scaminaci (rinviamo a proposito al saggio di Fabei intitolato Il prefetto Rocchi e il salvataggio degli ebrei. Perugia - Isola Maggiore sul Trasimeno 1943-1944, Mursia, Milano 2022: volume presentato dal magistrato e Consigliere di Stato Giuseppe Severini e introdotto da Franco Cardini) – episodio indicativo di come non tutti i fascisti fossero razzisti e antisemiti, e impresa di cui si sono arbitrariamente arrogati il merito nel corso dei decenni alcuni “partigiani” dell’ultimo minuto, in realtà giovani “guardie repubblichine” addette alla vigilanza degli ebrei stessi – Fabei racconta l’attività del Prefetto in Umbria, in certi momenti particolarmente duro con gli “imboscati”, in altri clemente con quanti accettavano di rientrare nella “legalità” dello Stato fascista. Talvolta fu costretto a confrontarsi oltre che con i tedeschi, con l’intransigenza dei “camerati duri e puri” della Federazione fascista repubblicana. Malgrado l’attribuzione, diretta o indiretta, a lui di molti dolorosi episodi, che non avrebbe potuto comunque evitare, o dei quali fu costretto a rispondere in quanto Prefetto, scopriamo che a Rocchi si deve anche il salvataggio degli intellettuali antifascisti presenti a Perugia e preservati dalla cattura e dall’internamento allo scopo di evitare la “guerra civile”. Uomo d’ordine deciso a controllare tutto, per scongiurare quest’ultima cercò addirittura di dialogare e raggiungere accordi con alcuni comandanti partigiani come Ernesto Melis, Toso (Svetozar Lakovic) e Bora (Bodgan Pesic).

Fabei studia i suddetti fatti e molti altri, andando a fondo nella ricerca della verità e mettendo a confronto fonti e testimonianze delle parti contrapposte sui momenti più tragici di quei mesi. Ricostruisce pagine di storia che la vulgata ha piegato a interpretazioni faziose, come ad esempio il rastrellamento condotto nell’area tra Ripalvella e Doglio, frazione di Monte Castello di Vibio, in cui il 6 marzo 1944 venne fucilato Pietro Mariotti, e l’operazione di polizia per catturare i partigiani asserragliatisi nella Villa Santinelli di San Pietro a Monte, frazione di Città di Castello il 27 marzo 1944. L’autore racconta inoltre i drammatici fatti verificatisi, pochi giorni prima dell’arrivo degli inglesi, a Montebuono di Magione, dove alcuni contadini esasperati dalle razzie tedesche e convinti a fare gli eroi da propagandisti comunisti senza scrupoli furono mandati ad attaccare con roncole, forconi e vecchie armi da fuoco, i tedeschi in ritirata provocando deliberatamente un massacro l’8 giugno 1944, come narrato nei suoi diari da Publio Trento Bartoccioni, primo Sindaco di Magione dopo la Liberazione eletto tra l’altro da un Consiglio comunale dominato dal PSIUP e dal PCI il 31 marzo 1946. Coinvolgente, infine, anche la vicenda dell’affascinante Marion Keller, detenuta a Perugia per spionaggio fin dal 1940 e liberata da Rocchi che non ne fece la propria amante come allora favoleggiato, ma la inviò nella zona di Pietralunga, al confine umbro-marchigiano, per raccogliere informazioni sulle bande di partigiani che la fucilarono come spia.  

Anche come Commissario straordinario del governo per l’Emilia e la Romagna Rocchi cercò di controllare quel vasto territorio straziato da una guerra civile condotta senza esclusione di colpi da entrambe le parti contrapposte e animata da una Resistenza qui molto più organizzata e supportata dagli Alleati avanzanti che i comunisti, afferma l’autore, alimentavano con determinazione e azioni terroristiche per gettare le premesse per l’instaurazione di un regime totalitario di tipo stalinista. Uomo super partes, cercò ancora laddove possibile di non infierire mettendosi continuamente in contrasto sia con il Partito fascista di Pavolini e le sue Brigate nere sia con la Guardia nazionale repubblicana, oltre che con i tedeschi sempre più costretti alla ritirata e preoccupati dall’imminente sconfitta e dalle prevedibili vendette. Rocchi nell’aprile del 1945 si consegnò ai partigiani. Affrontò poi con dignità i processi del dopoguerra, non rinnegando le sue scelte, non chiedendo sconti di pena, non mostrandosi mai pentito delle proprie azioni. In sintesi, ci troviamo di fronte alla biografia di un uomo senza dubbio molto duro, ma anche estremamente coerente e forte di una onestà riconosciutagli sempre e prima di tutto dagli antifascisti.

Il valore del saggio, avvincente in certe parti anche per la modalità narrativa romanzesca, è confermato dalla presentazione di Alberto Stramaccioni, docente di storia contemporanea presso l’Università per Stranieri di Perugia e presidente dell’Istituto per la Storia dell’Umbria Contemporanea, e dalla prefazione di Leonardo Varasano, giornalista pubblicista, dottore di ricerca, collaboratore universitario e assessore alla Cultura del Comune di Perugia: uomini politicamente appartenenti a schieramenti diversi ma accomunati da una concezione della storia il cui obiettivo, prescindendo dalle legittime posizioni di ciascuno, deve avvicinarsi il più possibile alla verità, oltre ogni vulgata e ogni retorica ormai fuori del tempo.

 

 

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