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domenica 28 aprile 2019

Green book - Guida per viaggiatori di colore



Di Annalisa Petrella
 

Fu l’afroamericano Victor Hugo Green, ex impiegato delle poste di Harlem, che pubblicò per trent’anni, a partire dal 1936, The Negro Travelers’ Green Book,
una guida indispensabile per gli automobilisti neri che si mettevano in viaggio. Il Green book segnalava motel, ristoranti, distributori di benzina e servizi dove gli afroamericani potevano sostare senza rischi. Venne pubblicato fino al 1966, due anni dopo la promulgazione del Civil Rights Act di John Fitzgerald Kennedy, che dichiarò illegale la segregazione razziale.

A partire dall’edizione del 1949 l’editore puntualmente scriveva: “Verrà un giorno, in qualche tempo di un vicino futuro, in cui questa guida non sarà più pubblicata. Quando avremo pari opportunità e diritti negli Stati Uniti. Sarà un grande giorno quello in cui sospenderemo questa pubblicazione per poi poter andare dove vogliamo, senza imbarazzo. Ma fino a quel momento continueremo a pubblicare queste informazioni per aiutarvi, ogni anno.”


 Nel film “Green book”, celebrato nel febbraio scorso al Dolby Theatre di Los Angeles con l’Oscar come miglior film, la guida “Green book” diventa il compagno di viaggio dei due protagonisti Tony e Donald, interpretati in maniera talentuosa dagli attori Viggo Mortensen e Mahershala Ali. Il film ricorda le pellicole degli anni Cinquanta ed è un classico per tutti, di ottima fattura, godibilissimo, rassicurante e sfacciatamente mainstream, girato da Peter Farrelly sulla bellissima sceneggiatura originale, anch’essa premiata con l’Oscar, scritta da lui con Brian Hayes Curry e Nick Vallelonga, nella realtà figlio di Tony Vallelonga, il protagonista italoamericano.
Tony, italoamericano, bianco, rozzo, con la sigaretta sempre in bocca, al volante di una splendida Cadillac turchese - modello Sedan DeVilles, la terza protagonista del film - è stato ingaggiato come autista tuttofare per un viaggio di otto settimane attraverso gli Stati Uniti del sud America da Doc Donald Shirley, nero, colto, raffinato, pianista di grande fama, per una serie di concerti. Siamo nel 1962, lo sfondo in cui si muovono è accattivante per le ambientazioni, gli abiti e la musica eccellente, ma raccapricciante per il razzismo con il quale fanno i conti lungo i loro spostamenti in Tennessee, Louisiana, Mississippi, Georgia. Negli Stati del sud il retaggio di una mentalità fortemente razzista faceva applicare, a dispetto della dignità umana, le Leggi Jim Crow sul segregazionismo razziale in tutti i servizi pubblici come scuole, trasporti, ristoranti, hotel, bagni pubblici, esercizi commerciali. La regola prevedeva proibizioni, divieti, pestaggi e pene pesantissime per i neri che le trasgredivano.   Martin Luther King, inseguendo il suo sogno, l’indimenticabile: - I have a dream! -  continuava a lottare per la parità e proprio per questo sarebbe stato assassinato sei anni dopo.
Le soste vengono scelte consultando il Green Book e le disavventure con le quali devono fare i conti sono descritte toccando tutti i registri della sensibilità umana. I due personaggi sono totalmente opposti e lungo il percorso l’artista e l’uomo di strada si studiano, si scontrano, gradualmente imparano a conoscersi e a rispettarsi attraverso le esperienze, le ipocrisie, i pregiudizi e la discriminazione imperversante.  Certo, i contrasti tra i due sono forti: Tony Vallelonga, detto Tony Lip,- lip sta per labbro, parola facile, cito alla lettera il film “Tony spara stronzate”,- è italoamericano, figlio di immigrati siciliani, abita nel Bronx con la famiglia a cui è legato moltissimo ed è circondato da una masnada di parenti che mantengono il dialetto d’origine e le abitudini del loro paese. Fa il buttafuori al Copacabana, uno dei locali più frequentati di New York,

è incolto, grossolano, mena le mani con facilità e con ottimi risultati, è un divoratore di cibo al limite della resistenza e se la intende con le gang mafiose in auge nel Bronx. La proposta di lavoro di Donald lo lascia di stucco, non avrebbe mai ipotizzato di dover lavorare per un uomo di colore, seppur ricco. Tony non è scevro da pregiudizi e da una sorta di razzismo serpeggiante, ma accetta l’incarico per denaro.   Donald Shirley, uomo elegante, raffinato e di grande cultura, eccezionale pianista jazz formatosi sulla musica classica, è ricco, abita in una casa lussuosa a Manhattan sopra la Carnagie Hall con un cameriere personale in livrea, ma è ammalato di solitudine, soltanto la musica gli offre piacere, la sua eccellenza nell’arte non gli risparmia le sofferenze della discriminazione razziale: dopo i concerti, dove viene acclamato dai bianchi che
lo invitano a suonare nei luoghi più esclusivi, deve immediatamente rientrare negli spazi angusti riservati alle persone  di colore e vivere una degradazione avvilente e inaccettabile. E’ nero, ma per cultura, successo e denaro interiormente è bianco per cui vive in una costante contraddizione e non ha mai un luogo dove sentirsi accettato né di qua né di là.  La vicenda si 
basa su una storia vera tradotta in una sceneggiatura vivace e bilanciatissima nello scambio irresistibile di battute fra i due personaggi, così diversi, ma proprio per questo complementari. Mentre il paesaggio scorre fuori dal finestrino continuando a mutare tra deserto, boschi, città, paesi, campi e case di ricchi proprietari terrieri, i due imparano a comprendersi nel profondo, la strada diventa vita e sentimento e il viaggio perde la sua connotazione geografica diventando la metafora di una crescita personale dell’uno insieme con l’altro.

Pur affrontando tematiche anche dolorose, la visione del film è improntata a una grande leggerezza e fa bene al cuore e alla mente, ci si indigna, ci si arrabbia, ci si emoziona e si ride, si ride di gusto.
Peter Farrelly ha confezionato con tocco artigianale un film nel quale l’umorismo scoppia potente, ma è sempre controllato a dovere, e l’andatura cadenzata della sceneggiatura da buddy movie on the road con la sua prevedibilità è attraversata da sprazzi brillanti di intelligenza e comicità.

I due attori protagonisti sanno guidare efficacemente la messa in scena e l’andamento crescente delle situazioni via via sempre più coinvolgenti, le indirizzano e vi imprimono un senso che trascende i singoli fatti. 
Mahershala Ali con la sua sobrietà ed eleganza è perfetto nella parte, sa dare anima all’uomo irrigidito dalle regole sociali, intimidito dalla contraddittoria percezione di sé alla ricerca di una legittimazione e di una tenerezza negata. Meritatissimo l’Oscar attribuitogli come miglior attore non protagonista.
Va sottolineata tuttavia la capacità interpretativa di Viggo Mortensen che fa risaltare nelle scene sfumature e dettagli che soltanto le sue espressioni riescono ad esprimere. Il suo personaggio, un uomo semplice, ignorante, razzista, ma di buon cuore, la notte di Natale rientra a casa trasformato dopo il lungo viaggio nel sud: è diventato amico di un uomo di colore.





8 commenti:

  1. Belli film e recensione

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  2. Contro il razzismo sempre

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  3. Brava, è così attuale

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  4. Bella recensione per riflettere su pregiudizio e ingiustizia.

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  5. Ottima recensione, Anna Lisa. Il film è davvero godibilissimo, con attori strepitosi. Mortensen è eccezionale nella gestualità- come sottolinei tu- e il risultato è stupefacente. Abbiamo bisogno di film come questi!

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  6. Come sempre le tue recensioni sono godibilissime. Per me che ho già visto il film, questa recensione è un piacevole approfondimento e completamento di questo bel film. Lucrezia

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