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lunedì 14 novembre 2022

Riflessioni 2

 di Mimma Zuffi 



Vi è mai successo di piangere sdraiati? Stesi sul letto, ad esempio, sul pavimento, dentro la vasca del bagno,

con il viso rivolto al soffitto?



Quando succede, per una legge fisica, gravitazionale, le lacrime, invece di cadere in basso, sulle gambe, sopra il pavimento, si spostano in direzione delle tempie, delle orecchie. Scivolano verso i pensieri che facciamo, e che cerchiamo di districare come una matassa, come i fili delle luci di Natale, carezzandoci i lati della fronte con le dita; e poi verso le orecchie, dove stanno le cose che sentiamo e le voci a cui scegliamo di non dare ascolto. 

Quelle lacrime sdraiate, che la posizione della testa mette a coricare, sono scosse elettriche, sono terremoti: spostano le zolle terrestri di certi convincimenti a senso unico, e ti obbligano a ridefinire la geografia dei fatti che credevi veri, invariabilmente giusti, fino a quel momento.

Sono trapani, le lacrime sdraiate, cacciaviti che bucano i muri per appenderci altre immagini, altri suoni.

Funzionano solo se le lasci fare, se le lasci scorrere - mentre passano sulle tempie, sulle orecchie - e poi mandandole a morire una morte asciutta a ridosso della superficie che sta sotto e ti sostiene. 
Nel tempo di quel passaggio, hanno scavato solchi che sono trincee in cui nasconderti, o feritoie fertili di sale in cui rinascere. 

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