Intervista e recensione a cura di
Sandra Romanelli
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Dillo a papà - Editore: Ass. Cult. TraccePerLaMeta |
La storia è reale, assicura l'autrice, ma ha attraversato il tempo colorata di
leggenda. Oggi, a pensarci, appare tramata di sogni d'amore e di malvagità
inconcepibili, conclusa nel sangue e funestata dal dolore immeritato e dalla
morte precoce di chi l'ha vissuta, e, vivendola, ha rivelato al mondo il buio
che si può celare anche nell'anima più candidamente nata alla luce, se
stravolta da circostanze e persone indecenti.
Siamo agli inizi del Novecento. Maria
Maddalena nasce in una famiglia appartenente alla piccola nobiltà di provincia,
composta solo da maschi (maschio anche Giovanni Fioravante, suo gemello).
La madre muore dopo averli dati alla luce. La piccola Maria cresce senza
l'amore e il sostegno di una figura femminile e, diversamente dai fratelli, è
buona, generosa d'animo e bellissima. Come la madre è bionda, dalla pelle
chiarissima ma, dai suoi occhi verde smeraldo, traspare una sensibilità
eccessiva.
Ha solo sedici anni quando il padre
le comunica che deve sposarsi e i suoi sogni adolescenziali si frantumano
quando si trova davanti al futuro marito: un uomo di
almeno venticinque anni più vecchio di lei, dall'aspetto brutale e dal fare
arrogante.
Fin dall'inizio la storia ci mostra
una trama terribile e, per la protagonista,
il matrimonio diventa una gabbia.
Già dalla prima notte di nozze la
giovane si rende conto che quell'essere rozzo e tronfio, abituato a donne
prezzolate, grossolane e obbedienti, non ha alcun riguardo dei pudori del
suo corpo innocente e consuma lo stupro con una violenza bestiale e inaudita.
-Cominciamo dal titolo “Dillo a papà”. Sembra una frase rassicurante, invece denota
l'inganno di un padre rude e anaffettivo. È così?
DILLO A PAPÀ sembra un titolo
rassicurante ma è espressione dell'inganno più stomachevole, quello del padre
verso la figlia già costretta a un matrimonio infame. Mentre le si rivolge con
finto affetto e con un'espressione mistificatoria, il padre, creatura
assolutamente anaffettiva, cerca di sapere il nome
di chi ha ucciso il genero per poterlo punire adeguatamente e, quel che è più
grave -approfittando della cecità della figlia, causata peraltro dal malvagio
marito- di spingerla a confessarsi mandante dell'omicidio, in modo da far
subire anche a lei una pena significativa.
-Lei ci mostra un quadro sconvolgente
dei primi anni del Novecento, dove le donne non avevano alcun diritto legale,
solo doveri (vittime solitarie, incomprese e
quindi impotenti); ma era veramente così?
Sì, le donne, soprattutto quelle di
buona famiglia, erano obbligate a subire le prepotenze dei padri, dei fratelli,
del marito, che, in genere, veniva scelto per la sua posizione sociale, mentre
l'età non aveva alcuna importanza né alcuna corrispondenza con l'età della
ragazza. A questa s'insegnava a suonare uno strumento musicale, a ricamare, a
comandare alle domestiche. Il suo ruolo, infatti, era quello di una brava
massaia di lusso o /e di una fattrice di figli robusti, molto raramente di
un'intellettuale. Ma ciò capitava solo alle zitelle.
-Perché i comportamenti maschili,
anche quelli decisamente criminali, erano accettati passivamente dalle donne,
comprese quelle di cultura e di rango più elevato, come la sua protagonista?
Le donne, da parte loro, accettavano
la loro situazione e la volontà paterna, come una condanna cui non era lecito sfuggire; così come, in
genere, accettavano la condotta dei mariti, anche se fedifraghi o malvagi.
- Le figure positive maschili, in
questo romanzo, si trasformano inevitabilmente, adeguandosi, come Giovanni
Fioravante, al modello dei fratelli (povero vaso di terracotta costretto
a muoversi tra tanti vasi di ferro), oppure diventano, alla fine,
“perdenti”, come Guglielmo. Perché?
È vero, anche se il comportamento
maschile dipende dalla bontà o dalla debolezza dei personaggi. Giovanni, per
esempio, è un debole e si adegua al modello del padre e dei fratelli, almeno
finché rimane loro sottomesso.
Guglielmo, invece, nato dalla parte sbagliata, pur andando in carcere per colpa
di don Federico e decidendo in seguito di morire per non continuare a subire la
violenza degli altri detenuti, è infelice ma non perdente, perchè in tutte le
occasioni sceglie di agire, non di essere sottoposto alla volontà di altri.
- A pagina 77 c'è una riflessione di
Maria, che riguarda il marito: io sono prigioniera della sua
cattiveria e della sua inaudita violenza; ma anche lui, in certo qual modo, è
vittima di un'ossessione punitiva.
Lei pensa che il confine tra vittima
e carnefice sia sottile?
Quel confine è davvero sottile:
nessuno, in nessuna condizione, è vittima di un altro se non gli permette di usarle
violenza. Se ci si riflette bene, anche i cattivi sfogano sulle donne il loro
malessere perché sono vittime di un'ossessione punitiva. Quindi, per quanto
diversamente, sono infelici anche loro.
La ringrazio per le sue risposte
precise ed esaustive.
Nel libro di Carla Spinella ho
trovato la descrizione di situazioni scabrose, fatti violenti decisamente
insopportabili e inammissibili, dignità femminile calpestata, presentate con un linguaggio
elegante, pulito, raffinato.
Non c'è mai un fondo al pozzo del
male che può esercitare un malvagio su una creatura indifesa.
Ogni
parola è scelta con cura e fotografa, senza sbavature, una realtà
altamente drammatica.
L'autrice, ancor prima di essere
scrittrice è poetessa, e questo traspare in ogni pagina
del romanzo, non solo per la poesia, dedicata a Maria in carcere, inserita a pagina 134:
Sorridi, bella, al giorno
che radioso esplode.
Dove ti portano
i malinconici mugugni?
Sono sfregi al prezioso
avorio, corruccio e dolore
ai preziosi smeraldi;
e impoverisce il bianco
sorriso il digrignare aspro
di perle scheggiate.
Con pudore pittosto coltiva
l'ultimo sprazzo vitale
sì timorosa del giudizio
severo, ma decisa a entrare
nell'onda che avanza
e accarezza chi osa;
e poi s'impatta con forza
sulla roccia che attende,
suggestiva e paziente;
e in mille frammenti si scinde,
mai più ricomposta
eppure felice per sempre.
ma anche per le descrizioni
poetiche dei personaggi:
Avanzava come se danzasse sul terreno
battuto, tenendo con la mano destra, difesa dal guanto, un vezzoso ombrellino
da sole e con l'altra un lembo del prezioso vestito all'ultima moda...
...l'ovale incorniciato da una massa
nera e lucente come l'ebano e sostenuto da un collo lungo e sinuoso, di
un'eleganza vista solo nei cigni. (Carolina, a pagina 44)
o per quelle della natura:
Il sole strappava gioiosi scintillii
all'erba rugiadosa, che, ancora vestita del bagliore delle stelle, stendeva un
manto splendente sul prato davanti alla casa. (pagina 168)
È poesia anche l'attesa della
morte di Maria: “purché possa pietrificarsi nel nulla questo corpo
straziato” e la descrizione della morte stessa: “con un sospiro
di gioia profonda passò la linea di confine ...e, ormai pacificata, se ne volò
verso dimensioni perfette che avrebbero placato la sua anima offesa”.(pagine162-163)
Carla Spinella, già docente di ruolo
di Italiano e Latino nei Licei, insegna da dieci anni Scrittura Creativa. Nel
decennio '70/'80 ha pubblicato una raccolta di poesie e numerose liriche su
riviste letterarie e raccolte antologiche.
Tra le più recenti pubblicazioni Eva
Ostinata (La Vita Felice ed.2011), Il canto dell'assenza (Leonida
editore 2013), Di nuovo in volo ( 1°Premio “Antonia Pozzi” -La Vita
Felice ed. 2014), una silloge di poesie in grecocalabro: Kùe tin
fonìmmu (traduz. Ascolta la
mia voce - ed. Apodiàfazzi, 2015- testi in grecanico con traduzione italiana).
Quest'anno
ha ottenuto il 1°Premio “Mosino 2017” con un altro testo in
grecanico: O iglio den vasilègghi acomì (traduz. Il sole non tramonta
ancora- ed. Apodiàfazzi).
Negli anni 2012-2017 l'autrice ha
ottenuto trentasette premi di vario livello (per la poesia edita e inedita), tra cui quattro alla carriera. È presente in ventuno
raccolte antologiche con numerose liriche.
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ll libro di poesia “Eva ostinata” ha vinto il primo premio F. Kafka 2012 |
Della poesia di Carla Spinella hanno
scritto vari autori, tra cui: Luciano Aguzzi, Carlo Annoni, Giorgio Bàrberi
Squarotti, ed è stato pubblicato il volume (inizialmente Atti di un convegno) La
poesia di Carla Spinella dalla Calabria greca all'Europa a cura di Giovanni
Carmelo Giuseppe e Carmelo Nucera (Reggio Calabria Laruffa editore 2014).
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Copertina di Fatti speciali di gente comune |
Nel marzo del 2016 è stato pubblicato
Fatti speciali di gente comune (La Vita Felice) raccolta di racconti
concatenati tra di loro, quasi a formare un romanzo, prima opera in prosa.
Ottima intervista e accurata analisi dei punti salienti del romanzo: brava,Sandra!
RispondiEliminaGrazie Mariele! Sandra
RispondiEliminaOttima intervista e recensione del romanzo. Ho letto con piacere la sua analisi, cara Sandra, e mi ha suscitato il desiderio di leggere il libro. Grazie!
RispondiEliminaGianna
Grazie a lei, gentile Gianna. Saluti.
RispondiEliminaSandra
Mi ha incuriosito il libro. Penso che lo leggerò. Grazie Sandra.
RispondiEliminaGraziella
Bene! Mi fa piacere perché è una storia toccante che non lascia indifferenti.
RispondiEliminaSandra
L'argomento dell'intervista è serio e non se ne parla mai abbastanza.
RispondiEliminaLaura
L'argomento dell'intervista è serio e non se ne parla mai abbastanza.
RispondiEliminaLaura
Grazie Laura, è vero. A presto!
RispondiEliminaSandra
Mi emoziona davvero tanto questo interessante argomento perché ancora maledettamente attuale in molte realtà. Grazie.
RispondiEliminaGabriella T.
Purtroppo le notizie che sentiamo ogni giorno ce lo confermano . Per questo è importante parlarne. Grazie a te.
RispondiEliminaSandra
Bella e acuta intervista; illuminante su ciò che l'autrice ha voluto evidenziare della condizione femminile dell'epoca e tragicamente attuale. Mi è piaciuta la riflessione riguardo all'ossessione punitiva nell'uomo, che si risolve nella sua condanna. Grazie Sandra.
RispondiEliminaAnna
La condizione femminile è un argomento che tocca le corde di ogni persona sensibile ed è meritevole di approfondimento e discussione. Mille grazie, Anna.
RispondiEliminaSandra