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sabato 17 ottobre 2020

Storia di San Pietroburgo - Parte quinta

 di Tania Bertolini

Le guerre Napoleoniche

 

 

Alessandro I in grand’ uniforme per

celebrare la vittoria su Napoleone I

 

 

- Eh bien, mon prince, Genès et Lucques ne sont plus que des apanages des proprietà, de la famille Bonaparte. Non je vous préviens que si vous me dite pas que nous avons la guerre, si vous vous permettez encore di pallier toutes les infamies, toutes les atrocité de cet Antichrist (ma parole j’y crois) je ne vous connais plus, vous n’êtes plus il mio fedele schiavo comme vous dites.

Su benvenuto, benvenuto. Je vois que je feu fait peur, sedete e raccontate.
Così diceva nel Luglio 1805 Anna Scherer, damigella di onore ed intima della imperatrice Maria Feodòrovna, accogliendo il principe Vassili, uomo importante e di alto grado, che era arrivato per primo suo ricevimento serale. Anna Scherer aveva tossito per parecchi giorni, aveva una grippe come essa diceva (grippe era allora una parola nuova usata di rado). Nei biglietti diramati la mattina, per mezzo di un cameriere in livrea rossa, era scritto a un modo per tutti: «Si vous n’avez rien de mieux á faire, M. le comte  (o mon Prince) e si la perspective de passer la soirée chez une pauvre malade ne vous effraye pas trop, je serai charmée de vous voir chez moi entre7 et 10heuresANNETTE SCRERER

 Quanto appena riportato è il celeberrimo incipit di Guerra e Pace, capo­lavoro della letteratura russa interamente dedicato alle guerre napoleoni­che.


Esso si apre in uno dei più esclusivi salotti di Pietroburgo, ma da subito il soggetto della conversazione è proprio l’Imperatore dei francesi, il Generale Bonaparte.

La città di S. Pietroburgo in realtà non risentì direttamente, come invece accadde per Mosca, delle guerre e dell’invasione napoleonica.

La Russia a quel tempo si era schierata a fianco dell’Austria e della Gran Bretagna contro gli eserciti francesi.

La prima battaglia, nella quale fu impegnata assieme all’alleata Austria, fu ad Austerlitz il 2 dicembre 1805 dove rimediò una sonora sconfitta. L’Austria non poté che ritirarsi dal conflitto, anche se invano tentò poi con un’altra battaglia di rovesciare le sorti della guerra e dovette quindi scendere a patti con Napoleone (questi sposerà poi per procura nel 1810 la figlia dell’imperatore di Vienna Maria Luigia).

L’imperatore aveva dapprima chiesto la mano alla sorella dello Zar ma la corte aveva opposto un netto rifiuto.

La Russia si alleò quindi con la Prussia; quest’ultima subì però a sua volta due sonore sconfitte a Jena e a Auerstädt, mentre i russi furono sconfitti a Friedland. Gli accordi di Tilsit nel luglio del 1807 se da una parte ridussero la Prussia ad una provincia senza alcun potere, dall’altra diedero alla Russia un ruolo di stato egemone dell’est Europa e quindi inevitabilmente un futuro obbiettivo da annientare da parte di Napoleone.

Dopo l’accordo di Tilsit, l’anno successivo nel 1808, i russi rinnovarono un accordo ad Erfurt ma questa strana alleanza non poté durare a lungo.

Ciò che maggiormente pesava all’impero zarista era il blocco continentale nei confronti della Gran Bretagna che penalizzava moltissimo la sua economia. Se da una parte favoriva la manifattura russa, specie nel tessile, dall’altra bloccando le esportazioni penalizzava la classe dei proprietari terrieri. A partire dal 1810 il blocco continentale iniziò ad essere disatteso, era il pretesto che Napoleone aspettava per dichiarare guerra alla Russia e invadere quel paese. Intanto Napoleone aveva costretto all’alleanza contro la Russia i suoi ex nemici tra cui l’Austria e la Prussia, e nel giugno del 1812, con un esercito di 420.000 uomini varcò le frontiere di quel paese. Successivamente se ne aggiunsero altri e il loro numero arrivò a 600.000. I russi misero in campo un esercito di soli 120.000 uomini diviso in due nuclei autonomi guidati dal principe Michail Barclay de Tolly e dal principe Pëtr Bragation.

L’esercito francese però comprendeva solo un esiguo numero di veterani, e i soli polacchi erano motivati poiché combattevano per l’indipendenza del loro paese. Nel frattempo, a seguito dell’arrivo dei soldati impiegati fino a quel momento sul fronte turco, anche la parte russa aumentò l’organico. In un primo tempo i russi subirono delle sconfitte a Smolensk e a Borodino. Questa fu una delle battaglie più sanguinose della storia fino a quel momento. I russi persero 42.000 soldati su 112.000, i francesi 58.000 si 133.000. In questa battaglia morì il principe Bragation.

A quel punto Kutuzov decise di ritirarsi a sud ovest di Mosca ed attuare una strategia che al tempo gli valse anche delle critiche, ma il generale godeva della fiducia dell’imperatore Alessandro. Sarebbe infatti arrivato il grande inverso russo con temperature rigidissime inferiori di molto allo zero. La vastissima pianura russa ghiacciata si sarebbe rivelata una immensa trappola.

Intanto Napoleone aveva occupato Mosca, che era rimasta in un certo senso, la seconda capitale dell’impero. I nobili e chi aveva potuto era fuggito, secondo alcuni storici lo stesso governatore e comandante della città, conte Fëdor Rostopčin avrebbe dato ordine di incendiarla, a quel tempo infatti la maggior parte delle costruzioni era ancora in legno.

Napoleone intanto si era installato al Cremlino ed aveva usato le sue cattedrali come stalle per i suoi cavalli.

L’imperatore Alessandro da Pietrobur­go si rifiutò di arrivare ad un armisti­zio, fin quando un solo soldato francese fosse rimasto sul terreno russo. Napoleone isolato senza otte­nere nulla dal suo nemico, decise di riti­rar­si e la ritirata, iniziata il 19 ottobre, come previsto da Kutuzov, si trasformò in una rotta. Kutuzon evitò la grande battaglia ma continuò a molestarli lungo tutto il percorso, unitamente alle squadre cosacche e a bande di contadini resistenti. A fine novembre al passaggio della Beresina i francesi riuscirono a sfuggire alla cattura solo grazie ad un errore di un comandante russo, ma questo rimase ugualmente uno dei momenti più drammatici della Campagna di Russia. Di 600.000 uomini solo 40.000 furono quelli che riuscirono a tornare a casa.

        Il passaggio della Beresina

 Per celebrare questa grande vittoria, e la fine di una guerra, chiamata dai russi Guerra Patriottica, che era stata terribile anche per i popolo russo, a Pietroburgo furono eretti alcuni monumenti tutti prospicienti la piazza del Palazzo d’inverno.

 


                   La colonna di Alessandro I in granito rosa

 


Il doppio arco di trionfo costruito da un altro architetto italiano Carlo Rossi

 



I gruppo in bronzo raffigurante la sestiga con la vittoria alata in bronzo è invece opera degli scultori Demut-Malinovskij e S. Pimenov.

Ai lati dell’arco, sempre progettato da Rossi, si estendono le due ali dell’ex Palazzo di Stato maggiore (1819-1832)

 

 


  

 

 

 

Uno  scorcio dell'ex Palazzo di Stato Maggiore



La città sotto Alessandro I

 



Oltre agli edifici commemorativi della Guerra patriottica che abbiamo visto

ricordiamo un altro edifico costruito nel primo decennio del 1800: la cattedrale di Nostra Signora di Kazan che si affaccia su un lato del Prospekt Nievskij, mentre l’abside costeggia il canale Griboedov

Essa è in stile neoclassico anche se si ispira, specie nel porticato, alla basilica di S. Pietro.

L’architetto è il russo Vorochinin; si tratta di una chiesa a croce latina, cosa questa abbastanza originale essendo le chiese ortodosse in prevalenza a croce greca. Un omaggio all’arte italiana lo troviamo nel portale bronzeo dell’ingresso i cui bassorilievi richiamano la famosa porta del Paradiso del Ghiberti nel battistero di Firenze.

Nel giardino di fronte vero il Prospekt vi sono le statue del generale Kutuzov e del generale De Tolly, lungo il colonnato troviamo le statue in bronzo del principe Vladimiro*, di Alessandro Nevskij, degli apostoli Andrea e Giovanni Battista.

Dopo il 1812 divenne il monumento della vittoria e al suo interno erano esposti i trofei della guerra contro Napoleone.

A destra dell’ingresso si trovano la tomba e il busto del generale Kutuzov.

Le 56 colonne che sorreggono le volte attorno alla cupola sono di marmo rosa di Finlandia.

Dal 1932 al 1991 questa chiesa fu adibita a Museo delle religioni ed erano ivi esposti innumerevoli documenti e reperti delle religioni del mondo e che hanno accompagnato la storia dell’uomo.

 

Interno della chiesa,

sulla destra la porta che separa i fedeli dall’officiante

Nelle vele sottostanti la cupola i quattro evangelisti


                                 La cupola vista dall’interno


* Principe Vladimir il Santo, sovrano dell’antico Principato di Kiev, all’origine della storia della Russia


Nicola I (1525-1855) Prima Parte


La piazza in cui troneggia il già ricordato Cavaliere di Bronzo è denominata Piazza dei Decabristi. Fino al 1925 essa era la Piazza del Senato poiché su di essa si affaccia un doppio edificio che ospitava da un lato il Senato e dall’altro il Sinodo.

Ma chi furono questi Decabristi?

La rivolta dei decabristi

L’ultimo decennio del regno di Alessandro I segnò un’involuzione ed un arretramento rispetto alle speranze che si erano avute all’inizio. Primo mi­ni­­­­­­­stro effettivo divenne l’ex ministro della difesa, il generale Aleksei Arakčeev, il quale tentò di applicare anche all’ordinamento sociale la disciplina militare. Le seppur timide riforme ipotizzate nei primi anni dall’imperatore non furono poi attuate, lo stesso zar pareva aver perso interesse per gli affari interni e accettava acriticamente le decisioni sempre più autoritarie del suo ministro.

Si arrivò addirittura all’epurazione di alcune università e a considerare il granduca Nicola, fratello dello zar, un libero pensatore.

Fra gli ufficiali dell’esercito e dei reggimenti d’élite, originari di famiglie aristocratiche che avevano ricevuto un’ottima educazione, iniziò a manifestarsi un certo malcontento, soprattutto da parte di coloro che, per combattere Napoleone, erano usciti dai confini della Russia ed avevano vissuto ad esempio a Parigi. Erano cioè entrati in contatto con la nuova società borghese-liberale che in quel paese aveva fatto la rivoluzione. In sostanza erano dei liberali, seguaci dell’Illuminismo, che avrebbero voluto che anche in Russia si attuassero delle riforme in modo da poter permettere uno sviluppo diverso e più aperto della loro società.

Esso era però un gruppo chiuso che aveva come sostenitori solo alcuni intellettuali tra cui Puškin e Griboedov. La classe media che avrebbe dovuto seguirli perché da queste riforme ne avrebbe tratto vantaggi, in realtà non si interessò alla cosa dando prova di arretratezza.

Il movimento aveva due centri: al nord Pietroburgo, al sud Tul’čin. Al nord il gruppo era privo di una guida e non ottenne grandi risultati. Al sud il generale Pestel’ riuscì a reclutare nuovi aderenti tra i quali alcuni compo­nenti della Società degli slavi riuniti e un gruppo indipendentista polacco.

Alla morte di Alessandro si aprì una crisi dinastica. Il sovrano infatti era morto senza figli né nipoti, secondo le nuove regole successorie al suo posto sarebbe dovuto andare il fratello maggiore granduca Costantino. Ma questi aveva sposato nel 1820 un’aristocratica polacca, non di sangue reale, rinunciando ai suoi diritti al trono. Toccava quindi al terzogenito Nicola, come da un editto del 1822 sottoscritto dallo stesso zar. Questo però era un editto segreto di cui pochi ne erano a conoscenza. Nemmeno i due fratelli. Morto lo zar dunque Costantino, che era il supremo comandante dell’esercito polacco e il regno di Polonia giurarono fedeltà a Nicola. Ma egli, la capitale e l’esercito giurarono a loro volta fedeltà a Costantino. Venuto a conoscenza del decreto segreto di Alessandro, Nicola non cambiò idea poiché questo atto non era stato reso pubblico durante il regno del precedente zar e inoltre era contrario alle norme successorie stabilite da Paolo. Lo stesso granduca era anche sottoposto a pressioni da parte di coloro che avrebbero voluto sul trono Costantino già dalla morte di Paolo, al posto di Alessandro che era il secondogenito. Solo dopo la pubblica e definitiva decisione inequivocabile da parte di Costantino di rinuncia al trono Nicola rese pubblico il documento di suo padre e accettò la corona. Il 26 dicembre 1925 (14 dicembre secondo il vecchio calendario) i reggimenti della guardia di Pietroburgo avrebbero dovuto giurare nuovamente dopo breve tempo e questa volta a Nicola. Le unità militari della capitale insorsero e tentarono di spingere gli altri soldati all’ammutinamento per difendere i legittimi interessi di Costantino, contro le pretese di Nicola visto come un usurpatore. E poiché in russo dicembre si dice Dekabr questi insorti furono chiamati Decabristi. Nella Piazza del Senato si riunirono 3000 ribelli, che si fronteggiarono fino a sera con l’esercito fedele allo zar. Senza una guida i rivoltosi non si decisero a fare fuoco, dapprima lo zar voleva evitare un massacro ma verso sera ordinò ai suoi di sparare e furono uccisi una settantina di soldati. Pestel’ e altri capi furono messi a morte. Puškin fu mandato al confino e Nicola divenuto zar si apprestò a comandare con metodi polizieschi.

Durante il suo regno furono quasi terminati i lavori della Cattedrale di S. Isacco

 Iniziata nel 1818 fu terminata nel 1858. Il progetto era dell’architetto francese August Montferrand. Essa fu costruita dove prima si trovava un’altra chiesa anch’essa dedicata a questo santo, edificata sotto Caterina II dagli architetti Rinaldi e Brenna. In origine, sempre in questo luogo, era stata eretta un’altra precedente chiesa dedicata a questo santo che era festeggiato nel giorno in cui era nato Pietro il Grande. I materiali della chiesa edificata sotto Caterina però non andarono distrutti ma furono riutilizzati per la nuova costruzione. Stante il suolo paludoso della città e le dimensioni enormi della nuova chiesa fu necessario l’utilizzo di oltre 24.000 pali di pino incatramato (11.000 ancora della chiesa precedente, 13.000 posti ex novo).

Questo lavoro unitamente alla base delle fondazioni richiese 10 anni. Fu però necessario lo smantellamento di tutta la precedente struttura per evitare i continui cedimenti.

Lo stile richiama: la cattedrale di S. Paolo a Londra nella cupola sorretta da un colonnato, il Pantheon della sua struttura quadrata e nel colonnato prospicente e S. Pietro nel colonnato davanti la facciata. La cupola è circondata da 4 campanili, tutte le cupole sono dorate e per compiere questa operazione sono stati impiegati oltre 100 kg d’oro.

All’interno si alternano mosaici alle pareti e pitture nella cupola.

La cattedrale può contenere fino a 14.000 persone ed è priva, come tutte le chiese ortodosse, di sedie o panche poiché queste funzioni si ascoltano in piedi.

Il rivestimento comprende 14 tipi di marmo, e molte varietà di pietre dure. La chiesa è stata definita un “Museo di mineralogia”. Lo stato profuse le spese per la costruzione della chiesa più importante della città, e il costo finale superò di quasi 10 volte quello del Palazzo d’inverno.


 

 


 

 

 

Cattedrale di S. Isacco: interno

 

 

 

 

 

 

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