(a cura di Mimma Zuffi)
«La mia decisione migliore in assoluto? Deludere mio padre»
All’interno della ricca cornice di eventi del Taobuk,
David Garrett racconta di sé presentando il suo libro autobiografico Se
solo sapeste
di Marielena Greco
Violinista e compositore, David Garrett si è cimentato anche
nella scrittura. E a Taobuk il musicista ha sorpreso il pubblico, nel corso di
un incontro inserito nel fitto programma del Taormina Book Festival,
presentando in anteprima la sua prima autobiografia, “Se solo sapeste”, edita
in Italia da Baldini + Castoldi.
Durante il dialogo con Eleonora Lombardo, de La Repubblica, David
Garrett – nome d’arte per David Christian Bongartz, artista tedesco
naturalizzato statunitense – si mette a nudo con estrema ironia, analizzando
alcune delle principali tematiche contenute nel suo libro: il racconto della
sua infanzia, il rapporto con i genitori, il prezzo del successo e l’avvicinamento
al crossover.
L’occasione per la stesura nasce dal periodo pandemico che,
come dice lo stesso Garrett «mi ha dato la possibilità di gettare
il mio sguardo indietro e scrivere, scrivere proprio con tanta passione quelli
che sono stati i miei tanti viaggi, i miei tanti spettacoli». La
pandemia gli ha offerto quel tempo da dedicare a sé stesso che i tempi frenetici
del lavoro non gli avevano più concesso.
«Non dovevo occuparmi di contratti. Non dovevo fare
programmi di nessun genere. Non avevo più il jetlag, perché non stavo
viaggiando. Quindi era la prima volta da diciassette anni a quella parte che io
trascorrevo così tanto tempo a casa mia. Ad un certo punto però mi sono detto:
Che cosa devo fare? Come devo impiegare questo tempo?», e così confessa di aver
deciso di fare una cosa che avrebbe sempre voluto fare, scrivere un libro.
I tempi erano maturi, aveva il tempo a disposizione e anche
la «giusta
distanza, non solo fisica, ma anche psicologica» dalle esperienze che voleva
raccontare.
Nel libro, infatti, non si raccontano unicamente divertenti aneddoti
di viaggio, ma anche la devozione che l’arte richiede nella vita di un artista
e di come sia necessario sacrificarsi, superare il dolore ed essere
costantemente motivati. L’obiettivo era «sviscerare da ogni punto di vista
quella che è la musica», anche dalla prospettiva dell’artista e della sua vita.
Così David Garrett racconta delle sfide che da musicista ha
dovuto affrontare durante l’apprendimento, la disciplina necessaria, il
sacrificio di una vita in cui bisogna «essere assolutamente costante e andare
a suonare tutti i giorni, indipendentemente dal fatto che tu abbia il mal di
testa o che non faccia progressi con la musica».
Insomma, l’importanza dell’impegno e della dedizione che gli
sono costate caro soprattutto durante la sua infanzia perché «quando
un bimbo di nove-dieci anni si ritrova ad avere talento viene immediatamente
definito bambino prodigio e questa è un po' una lama a doppio taglio perché si
parla di genio e non di un semplice bambino che ha talento e quindi dovrebbe
essere aiutato e non portato a rinunciare alla propria infanzia».
David Garrett è figlio di un commerciante di violini e di
una ballerina statunitense, vive quindi sin da subito immerso in un ambiente
molto legato alla musica e alla creatività. Da qui anche il rapporto complicato
e conflittuale con i genitori che rappresentano per lui una realtà
caratterizzata da delle aspettative molto alte con cui fare i conti.
Il padre riprendeva ogni sua esibizione e durante i viaggi
di ritorno in auto riproduceva più volte l’esibizione per analizzarne i punti
critici e così, con due cuffie per isolare i rumori esterni. «Veniva
fatta l'autopsia della mia musica» spiega. Eppure, questo è stato il
primo insegnamento che ha ricevuto perché «se si sopravvive a una cosa di
questo genere, nient'altro al mondo ti farà vacillare – racconta -. Nemmeno il
peggior critico che scrive le peggiori cose di te su qualsiasi giornale. Niente
sarà mai tremendo come le critiche che ti muove tuo padre».
Dalla madre riceve un altro degli insegnamenti fondamentali
per la sua carriera: «È la mente che ha il controllo delle cose», del
nostro corpo e della nostra stanchezza. Ma nonostante questo possa apparire
dall’esterno tremendo da vivere per un bambino, lui, ormai distante da quei
momenti e dopo aver fatto propri questi insegnamenti, ammette come senza tutto
questo non sarebbe mai riuscito a essere un musicista bravo quanto lo è oggi.
Un altro punto fondamentale della sua biografia e della sua
carriera è rappresentato dall’approdo al crossover. Garrett racconta di come
alla base di tutta la sua musica ci sia sempre stata la musica classica e lo
studio di essa, fino ai diciotto anni non ha fatto altro. D’altro canto, ha
però sempre amato la sperimentazione, nonostante a casa sua non fosse ammessa. Così
appena lasciata casa ha tentato di fare più esperienze possibili, purché
fossero cose nuove.
«Quando io ho iniziato a darmi al cross-over cercavo un
parallelo con i giovani – racconta -. Volevo riuscire a mettermi in sintonia
con loro, cercare un modo di esprimermi che fosse più contemporaneo, sempre
però sulla base di una tradizione». Al centro di tutte le esibizioni
rimane la musica classica, ma anche il tentativo di potersi finalmente
divertire, di sentirsi libero, facendo ciò che più gli piace: esibirsi.
Il pubblico è accorso numerosissimo per l’incontro con il
musicista e la piazza gremita di gente rappresenta la conferma non solo del suo
successo, ma anche di come, dopo aver costruito con lo studio delle solide basi
per la sua musica, l’essere andato ‘contro’ quel genitore che avrebbe voluto
per lui un futuro da classicista sia stata la scelta più coerente per i tempi e
per la sua carriera.
articolo di Marielena Greco su UnictMagazine”
foto di Mariaelena Greco
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