di Bortolo Uberti
Tra le Città invisibili di
Italo Calvino, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, ce n’è
una che sempre mi affascina particolarmente ed è Tecla. L’incantato viaggiatore
Marco Polo racconta all’imperatore Kublai Khan il fascino di una città in
perenne costruzione. La città, di suo, è praticamente invisibile perché
nascosta da impalcature, armature metalliche, scale, tralicci, ponti sospesi, tele
di sacco. Gli abitanti lavorano indefessamente “perché non cominci la
distruzione”. Se, infatti, smettessero di lavorare, tutto, ma proprio
tutto, comincerebbe ad “andare in pezzi”, “non soltanto la città”.
Il viaggiatore s’interroga ed interroga quegli abitanti indaffarati: “Che
senso ha il vostro costruire? Qual è il fine d'una città in costruzione se non
una città? Dov'è il piano che seguite, il progetto?”. La risposta si fa
attendere fin quando non “scende la notte sul cantiere. È una notte
stellata. «Ecco il progetto», dicono”.