Ritratti
Si apre con “Ineluttabile – Mara e Piero” una nuova rubrica
intitolata “Ritratti” che proporrà una serie di racconti centrati
sulla coppia e sulle relazioni umane le cui vicende ed emozioni saranno, appunto, ritratte in
atmosfere sfumate tra il romantico, il giallo, il noir.
Mara era avida, e questa
non è un’accusa, ma soltanto una semplice constatazione. Non esisteva cosa,
persona o sentimento che non passasse sotto le forche caudine della sua
cupidigia e tutto veniva acquisito, triturato, annientato in base alla sua
disposizione d’animo e ai suoi programmi. Se qualcosa sfuggiva al suo istinto
predatorio immediatamente si risvegliava in lei la necessità di istruire una
sorta di processo per il recupero della perdita.
Piero era inetto, brutto a
dirsi ma era proprio un incapace, non c’era attività che riuscisse a svolgere
con un minimo d’interesse o continuità, vagava nel vuoto e, a chiacchiere, aspirava
a un falso mito anarchico assai confuso che lo faceva sentire esente dagli
obblighi comuni, personali e sociali, che rifiutava testardamente perché
considerati simbolo di un perbenismo ipocrita. Ogni tanto, di malavoglia, si
dedicava a lavoretti saltuari di tipo esecutivo che svolgeva al limite della
decenza, ma trovava sempre il modo di farsi licenziare e questa era la sua
certezza.
S’incontrarono per caso in
treno sulla tratta Milano – Bologna.
Mara notò in Piero una
trasandatezza al limite dell’incuria e la cosa le piacque. Si disse: - Questo me
lo sistemo io!
Lui notò in lei lo sguardo
vorace segno di una volontà che a lui mancava del tutto e pensò: - Energica e anche
attraente, perché no?
Già alla fine del viaggio
si erano scambiati i numeri di telefono e la sera dopo erano finiti a letto insieme
in un’esperienza gratificante che in accordo definirono “da urlo”. Lui aveva
esercitato nel sesso quella volontà che gli faceva difetto in tutto il resto e
lei aveva goduto della sua preda intuendo le sue doti in divenire.
Dopo tre mesi di frequentazione
irregolare, marcata da appuntamenti mancati e orari non rispettati da parte di
Piero, Mara decise che erano pronti per la convivenza: quando riuscivano a
vedersi, non importa dove, il sesso era sfrenato e appagante. Il resto non
contava per lei in quanto era molto assorbita dal suo lavoro di penalista in
uno studio del centro dove contava a breve di diventare socia e poi, naturalmente,
proprietaria nel giro di pochi anni.
Vedeva in Piero uno
stallone spiantato e anarcoide che aveva abboccato al suo amo e la intrigava
poter esercitare la sua possessività smisurata su un soggetto sfuggente e
inconcluso. Lo aveva già fatto con altri uomini che, dopo un breve rodaggio
erotico, aveva abbandonato al loro destino. Mara sapeva ben difendersi dai coinvolgimenti
sentimentali e rifuggiva da impegno e progettualità in tutto ciò che non
riguardasse la sfera lavorativa, ma Piero era un uomo al di fuori di tutti gli
schemi e lo considerò una nuova sfida.
Piero ovviamente non aveva
denaro, l’unica riserva che conservava gelosamente era costituita da tre buoni
postali lasciatigli dalla nonna per un valore totale di quindicimila euro. Mara
gli disse di lasciarli dov’erano, avrebbe provveduto lei alle spese di
allestimento della casa a patto che lui s’impegnasse a cercare un lavoro.
La vita insieme risultò
assai curiosa: due sere alla settimana lei si fermava a dormire nel suo ufficio
per completare gli studi delle cause difficili, un metodo che adottò anche
nella speranza di risvegliare in lui il sentimento di gelosia di cui era
totalmente privo. Di contro Piero, in accordo con Mara, ogni tanto spariva per
andare a fare il volontario nella comunità per il recupero dei
tossicodipendenti dove, cinque anni prima, era stato ricoverato per alcuni mesi.
Queste assenze non ebbero
lunga durata: Mara non poteva sopportare di perdere il controllo su Piero e
decise di rientrare a dormire a casa tutte le notti, inoltre volle diventare volontaria
nella comunità di Don Chino per non perdere mai di vista il suo uomo. Lui
accettò di buon grado, non era mai oppositivo, ma, come sempre, non mostrò un
grande entusiasmo.
Mara e Piero non avevano
molto da dirsi, frequentavano amici di ambienti diversi e avevano interessi ben
distinti, ma lei si accorse giorno dopo giorno di non potere fare a meno della
sua presenza che per lo più era caratterizzata da amplessi vertiginosi e da
grandi mangiate di pasta al forno, l’unico piatto che Piero sapeva cucinare,
accompagnate da abbondanti bevute di vino rigorosamente rosso.
Presto Mara cominciò a
notare nelle scarse serate trascorse in compagnia di amici comuni che Piero,
tendenzialmente introverso e musone, diventava più allegro e ciarliero
soprattutto in presenza di donne attraenti e, in particolare, di una certa
Elisa che si definiva “single di ritorno” dopo un burrascoso divorzio. La
presenza della donna risvegliava in Mara una gelosia rabbiosa, non tanto per il
suo comportamento chiaramente provocante, quanto per come lui si lasciava
adescare, senza nessuna remora, di fronte a tutti. Pareva quasi che l’uomo si compiacesse
di esibire il suo corteggiamento nei confronti dell’intrusa e quando a fine
serata Mara, dopo qualche tentativo di chiarimento, esplodeva in una furiosa scenata
di gelosia, Piero si mostrava stupito, dicendo di non capirne le ragioni e si
ritirava offeso in un mutismo impenetrabile. Le notti e i silenzi diventarono
pesanti e a un certo punto Mara capì che così non poteva andare avanti, l’incertezza
l’angosciava ed era consapevole che la loro vita insieme sarebbe stata sempre
più difficile, ma Piero le era diventato necessario come una droga e si
intestardì a voler mantenere ad ogni costo questa relazione squilibrata.
Pensò che, forse, l’unico
modo per poterlo trattenere a sé fosse dargli un figlio. Un figlio è per sempre
e avrebbe portato quella stabilità che era sempre mancata - questo frullava
nella mente disturbata di Mara che non sentiva minimamente il bisogno della
maternità ma decise di sacrificarsi, visto che il lavoro andava a gonfie vele e
la pulsione incontrollata di dominare l’uomo aveva la priorità su tutto.
Dopo tre mesi annunciò a
Piero la lieta notizia.
L’uomo parve moderatamente
contento e non si tirò indietro, ma chiarì subito che la loro vita non avrebbe
dovuto subire cambiamenti circa il regime di libertà reciproca che fino a quel
momento si erano concessi.
Quando nacque Jacopo ci fu
un brevissimo periodo di tenerezza e forse anche di rinata passione, ma i
limiti imposti dalla presenza del bambino fecero affiorare dissapori su come
educarlo e sullo stile di vita da adottare.
Lei cercava con molta
fatica di dare un minimo di rigore al ritmo quotidiano: pappe, sonno,
passeggiate. Lui, incosciente, era perduto più che mai nel mito del buon
selvaggio e disfaceva tutto ciò che lei cercava di costruire per cui la
convivenza si trasformò in un inferno. Gli scontri erano continui, cominciarono
le rotture di piatti e partirono i primi spintoni e schiaffi.
Fu così che Mara cambiò completamente
e scoprì dentro di sé un profondo istinto materno: il sentimento di protezione
nei confronti del piccolo Jacopo la rese forte e le fece prendere le prime distanze
dal legame morboso che la vincolava a Piero. La donna decise di convogliare tutte
le sue energie nel tentativo di sollevarsi dal pantano che imprigionava lei e
il bambino, l’uomo ormai era accessorio nella loro relazione scellerata,
alimentava continui litigi e spariva tra urla e strepiti per ricomparire senza nessuna
spiegazione dopo alcuni giorni.
Quando restava sola col
bambino Mara finalmente tirava un sospiro di sollievo e gradualmente arrivò a
maturare la piena consapevolezza del disprezzo totale che provava per l’uomo
che aveva così fortemente voluto, mise così a punto un piano ben definito per
raccogliere prove contro di lui e liberarsene. Cominciò a farlo pedinare e,
anche se all’inizio non fu facile perché lui era abile nel depistare
l’investigatore, in breve si scoprì che nei giorni in cui era assente da casa
si spostava stabilmente in periferia nella casa di Elisa. Quando Mara glielo
rinfacciò e gli intimò di andarsene dal loro appartamento - che del resto era
pagato da lei - lui si limitò a negare con un sorriso insolente e, prendendo
Jacopo in braccio, l’accusò di essere retriva, mitomane e ossessiva anche con
il figlio. Se ne sarebbe andato, sì, ma solo con il bambino.
Non fu facile per Mara mantenere
il controllo in quel momento, ma, temendo il peggio, riprese il bimbo in
braccio, si spostò in cucina e gli diede la pappa, imponendosi
una calma indispensabile per elaborare con lucidità una via d’uscita da quel vicolo
cieco. Purtroppo le scarse amicizie che aveva erano superficiali e lei, caratterialmente,
non si fidava di nessuno, qualcuno in passato le aveva fatto intendere con
vaghe allusioni che Piero appariva inaffidabile, ma era troppo orgogliosa per aprire
la sua anima ad altri e chiedere aiuto.
Si rinchiuse sempre di più
in se stessa fingendo una normalità che era ben lungi dal provare. Impeccabile
e vincente in ufficio, affettuosa e protettiva col bambino, prudente e
distaccata nei rari momenti in cui Piero appariva in casa all’improvviso. In
quelle ore interminabili lei si sentiva braccata, lo temeva sempre di più perché
era alterato, aveva ripreso a bere e forse a fare uso di sostanze eccitanti, e
sapeva tenerla sotto scacco con le sue minacce che le impedivano di fare i
passi adeguati con la giustizia: Mara non si riconosceva più, aveva perduto la
capacità di reagire per la paura che Jacopo ne pagasse le conseguenze, quella storia
maledetta l’aveva disarticolata e resa fragile.
Un giorno incontrò per
strada Elisa in evidente stato di gravidanza e non ne fu sorpresa, quel che
vide era solo una conferma, decise così di punto in bianco di affrontarla: ebbe
l’inaspettata sorpresa di conoscere una donna pacata che le raccontò con
sincerità il suo amore deluso per Piero, un uomo che definì bugiardo,
approfittatore e violento, e le confidò anche tutto il peso e le conseguenze dei
suoi sogni infranti. Tra loro era finita da tempo. Mara si rispecchiò con
orrore negli occhi di Elisa e ammirò la sua franchezza sostenuta da una forza
interiore e un equilibrio che a lei mancavano. Elisa, dopo il parto, si sarebbe
trasferita nella città dei suoi genitori, che l’avrebbero aiutata col figlio e
lì - disse con le lacrime agli occhi - avrebbe tentato di ricominciare da capo.
L’incontro fu deflagrante:
Mara si chiese dove fosse finita la propria dignità, il rispetto di sé, il
dovere di tutela del figlio, il senso di giustizia che perseguiva ogni giorno
per gli altri e non applicava alla propria vita. Si accorse di odiare Piero come non aveva
odiato mai e scoprì che il sentimento era così profondo e conclamato che segnava
la fine di un suo modo di essere, l’uomo non era altro che un emerito bastardo
e lei ne era stata la complice. Rivide tutto il loro passato insieme e si
vergognò di se stessa: la loro storia non era mai stata sfiorata da un briciolo
d’amore, l’egoismo li aveva condotti a costruire un apparato mostruoso basato
sul ricatto e sulla sopraffazione e l’unica salvezza sarebbe stata chiudere
tutto.
Ma come poteva agire,
ora?
Si sentì completamente
sola e impotente, minacciata da un irresponsabile che voleva portarle via il
bambino. Brancolava nel buio, a momenti ipotizzava di denunciarlo, ma sapeva di
non avere garanzie sulla salvezza del figlio e questo non lo poteva accettare.
Si prese del tempo per cercare altre soluzioni, ma si scopriva sempre più disarmata,
il nemico, perché ormai lui per lei era tale, si muoveva su piani abnormi e
imprevedibili.
Gli sguardi insolenti da padrone, le mani
pesanti che sanno come non lasciare traccia, gli insulti volgari quando mi
salta addosso che mi tolgono il coraggio di agire…vorrei sparire, annullarmi…se
non fosse per Jacopo.
Non ebbe altra scelta, suo malgrado, e un po’
le dispiacque perché si era formata sulla legalità, ma, una volta deciso, non
ebbe tentennamenti. Stilò con cura due scritti, una memoria e una lettera, e riesumò
da un cassetto dimenticato una piccola Browning che era stata di suo padre e
che non aveva mai alienato. Tutte le sere, per diversi mesi, usciva dallo
studio e correva al poligono per esercitarsi; non fu difficile imparare, anzi
scoprì che il tiro a segno le infondeva un senso di pace e sicurezza. A casa la
notte abbracciava suo figlio e vegliava.
Quando nacque la bambina
di Elisa le fece recapitare un braccialino d’oro rosa che portava inciso il suo
nome “Mara”, era uno dei suoi gioielli di bambina, e sul biglietto
d’accompagnamento scrisse: “La forza della solidarietà femminile illumini il
tuo cammino. Un’amica della mamma.”
Rimase imperturbabile quando
l’arrestarono e li seguì senza proferire verbo, unico gesto fu quello di
indicare al suo socio incredulo, subito accorso, la lettera indirizzata al
giudice del Tribunale dei Minori nella quale disponeva che Jacopo venisse
affidato a Elisa.
Fulminante e incisivo, mi è piaciuto molto. Angela
RispondiEliminaGrazie.
EliminaAnnalisa
Mi ha colpito lo stile dinamico e affilato del racconto che in poche pagine concentra una storia dura.
RispondiEliminaLa ringrazio.
EliminaAnnalisa
Le donne sono fantastiche anche nel male. Eugenia
RispondiEliminaConfermo. Grazie.
EliminaAnnalisa
Un vero noir a tinte fosche Giorgio
RispondiEliminaQuesto era l'intento. Grazie.
EliminaAnnalisa
Il racconto riflette la realtà contemporanea priva di valori affettivi duraturi. Molto forte. R.D.
RispondiEliminaLa mia fonte di ispirazione è la realtà. Grazie.
EliminaAnnalisa
Coinvolgente, ritmo serrato. U.
RispondiEliminaGrazie. Annalisa
EliminaBellissimo e inatteso il finale! Giulia
RispondiEliminaLa ringrazio.
EliminaAnnalisa
Complimenti si legge tutto d'un fiato. Il racconto è molto incisivo nella descrizione dei personaggi, peraltro molto attuali nelle loro diverse e contrastanti tipologie che hanno però in comune una certa fragilità. Lucrezia
RispondiEliminaCara Lucrezia, ti ringrazio.
EliminaAnnalisa
Duro, terribile e molto ben scritto. Bellissima e appropriata anche l'immagine di Magritte. Non mi è ancora passata la tachicardia, ma aspetto con curiosità, e una certa apprensione, il prossimo racconto. Vittorio
RispondiEliminaHo scelto con cura l'immagine. Sto lavorando al prossimo racconto...Grazie.
EliminaAnnalisa
Duro, terribile e molto ben scritto. Bellissima e appropriata anche l'immagine di Magritte. Non mi è ancora passata la tachicardia, ma aspetto con curiosità, e una certa apprensione, il prossimo racconto. Vittorio
RispondiEliminaAttuale, crudo, affilato nella scrittura incisiva. Al prossimo ritratto.
RispondiEliminaComplimenti.
Miriam
Ti ringrazio, cara Miriam. A presto.
EliminaAnnalisa
L'amore può essere sano o mal/sano.
RispondiEliminaQuesto racconto mette in evidenza il bisogno e la difficoltà di equilibrio!
Molto teso e piacevole nella lettura.complimenti.CV
Sano/malsano, equilibrio: le parole chiave. Grazie.
EliminaAnnalisa
Ineluttabilmente...bello! P.L.
RispondiEliminaLa ringrazio.
EliminaAnnalisa
Incisivo e tagliente con un finale a sorpresa! Brava Annalisa!
RispondiEliminaLudmilla
Grazie.
RispondiEliminaAnnalisa
Mi ha molto preso la forte solidarietà tra le donne. R.E.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaÈ un sentimento che sostiene e infonde coraggio. Annalisa
RispondiEliminaBen scritto e coinvolgente!
RispondiEliminaGrazie!
RispondiEliminaAnnalisa