di Giovanna Rotondo Stuart
“Una tazza di tè” pensò, ancora quasi
dormendo. “Mi alzo e mi faccio una bella tazza di tè nero, nero e forte”. Era
il suo primo desiderio al mattino appena sveglia e, di solito, subito dopo
saltava giù dal letto, ancor prima di aprire gli occhi, per andare a mettere il
bollitore sul fuoco. Un piacere irrinunciabile da molti anni e il modo migliore
per iniziare la giornata.
La sensazione di un impedimento la
trattenne. Un impedimento dapprima quasi impercettibile, ma che aumentò
sensibilmente dopo alcuni istanti. Si concentrò per capire quale fosse la causa
del suo malessere. La colpì quello strano silenzio che la circondava, un’
assenza totale di suoni familiari: i fruscii dei gatti, lo scricchiolio del
parquet, l’abbaiare lontano dei cani… nulla! Regnava un silenzio totale,
pesante. Era disorientata, avvertiva qualcosa di non familiare, di estraneo,
intorno a sé. Non sentiva sulla pelle il lenzuolo in cui si avvolgeva sempre
mentre dormiva… non c’era! Era sdraiata supina, in una posizione molto
composta, lei che si muoveva nel letto come se stesse nuotando. Tentò di
muoversi piano… le sembrò che le mancasse lo spazio; cerco di fare un respiro
profondo… annaspò per la presenza di un odore sconosciuto; un odore che le fece
trattenere il respiro. L’ansia la sconvolse! Non aveva ancora aperto gli occhi,
continuava a tenerli chiusi per la paura. Voleva muovere una mano per toccare
il vuoto, ma era come paralizzata. Rimase immobile, cercando di controllare
quel groviglio di tensioni, doveva rilassarsi: “Non lasciarti prendere dal panico” si disse “sii brava,
rilassati, non è nulla, è solo un brutto sogno, un incubo”. L’attesa diventava
intollerabile. “Devo fare qualcosa” mormorò infine tra sé e sé. Tuttavia non
sapeva che cosa, la terrorizzava scoprire di essere in una bara, morta eppure
viva, pur non osando neanche pensarlo quel timore era inconsciamente radicato
dentro di lei. Faceva parte dei racconti della sua infanzia, quando, intorno al
fuoco, lei ascoltava, bambina, la sua nonna e la sua bisnonna narrare storie
macabre di fatti accaduti metà di qua e metà di là, lasciandole lo sgomento
dell’ignoto. “Devo fare qualcosa” si ripeté decisa, non posso stare qui
terrorizzata per l’eternità: devo aprire gli occhi. Li strinse e, con immensa
fatica, li aprì.
Una donna, con indosso un indumento
verde, era china su di lei e la guardava. “Sono venuta a prenderla”. le disse e
aggiunse. “E’ tutto finito”. “Una tazza di tè” le sussurrò lei, quasi
implorandola. “Vorrei bere una tazza di tè nero, nero e forte, per favore”.
“Non si preoccupi” le rispose la donna
con voce gentile “fra non molto potrà berlo”.
E si mise a spingere il lettino.
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