a cura di Sandra Romanelli
Gualtiero Marchesi
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Gualtiero
Marchesi, uno tra i più famosi maestri di cucina al mondo, è morto il
26/12/2017 nella sua casa a Milano. Aveva 87 anni.
Considerato il
primo innovatore della cucina italiana, è
stato anche il primo italiano a ottenere le tre stelle dalla Guida Michelin nel
1986 e l'unico a restituirle, nel 2008, per una contestazione riguardo al
sistema di attribuzione dei punteggi.
Nel giugno 2006
aveva fondato a New York la “Italian Culinary Academy”.
Tra i suoi
allievi che oggi riscuotono un grande successo nel campo della ristorazione
ricordiamo: Carlo Cracco, Davide Oldani, Andrea Berton, Ernst Knam, Lucia
Pavin.
Gualtiero Marchesi con alcuni dei suoi allievi più famosi:
Andrea Berton, Davide Oldani, Carlo Cracco
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Presenti al
funerale, per porgergli l'estremo saluto, tra i grandi della ristorazione,
Igino Massari, maestro di pasticceria, che ha dichiarato: “...Non pensava
solo alla cucina, pensava al bello, al buono, pensava all'estetica come
un'essenza di vita” e Antonino Cannavacciuolo: “Mi ha dato tanta
passione, la voglia di fare sempre bene, lo spirito vincente, il gioco...”
Davide Oldani
ricorda “di non averlo sentito mai urlare in cucina con i ragazzi” e
dichiara: “Il suo insegnamento più grande? L'eleganza nel gusto.”
Ho conosciuto
Gualtiero Marchesi nel 2010, in occasione della Mostra itinerante nelle sale
viscontee del Castello Sforzesco. Tale mostra gli fu dedicata dal Comune di
Milano per il suo ottantesimo compleanno.
In
seguito, lo incontrai nel caffè-bistrot
del suo Ristorante, a ridosso del Teatro alla Scala, il Marchesino.
Gualtiero Marchesi davanti al ristorante il Marchesino |
In quella
circostanza gli sottoposi l'articolo che avevo preparato per lui ed egli mi
pregò "gentilmente" di sostituire subito la parola chef, poiché
riteneva quel termine portatore di molteplici significati e lui desiderava essere
definito solo e più semplicemente: cuoco.
Fu un incontro
molto gradevole, con una persona veramente gentile che, a eccezione di quel
particolare, apprezzò quanto avevo scritto e mi diede l'ok per la pubblicazione
online dell'intervista che oggi desidero riportare in suo onore per intero, su
Sognaparole Magazine, per ricordare la
persona e la sua alta professionalità.
GUALTIERO
MARCHESI
E LA GRANDE CUCINA
ITALIANA”
È
questo il titolo della mostra organizzata al Castello Sforzesco in
occasione dell’ottantesimo compleanno del grande Cuoco italiano.
Obiettivo della mostra non è solo mostrare, ma anche coinvolgere,
emozionare; il mio obiettivo è riuscire a intervistare un uomo considerato il
“più grande” nel suo campo.
In attesa del suo arrivo, mi aggiro nelle
Sale Viscontee; alle pareti si possono osservare le foto degli eccellenti
piatti realizzati da Marchesi: esse ricordano sculture e pitture già note o
possibili creazioni da realizzare; il gusto del cibo si indovina dal piacere
della vista.
Mentre cammino in questi ampi spazi, mi
sento immersa in un mondo di raffinatezze, di eleganza e di delicatezze e provo
immediatamente il desiderio di gustare il “Raviolo aperto” o il “Riso
oro e zafferano” o ancora, il suo famoso “Savarin di rane”.
Ma ecco che il Maestro arriva. Oggi è lui
stesso ad accompagnare i visitatori nel percorso della mostra per
spiegare, con dovizia di particolari, la
composizione e la realizzazione di ogni piatto.
Mi presento a lui nella mia veste di
intervistatrice e subito mi prega di trascrivere un motto da lui coniato pochi
giorni prima, in occasione di una manifestazione tenutasi a Laigueglia:“La
cucina della verità, ovvero della forma, quindi della materia. La festa è
finita. Giustizia è fatta.”
Dalle sue parole si evince che vuole
valorizzare la “Cucina della verità”.
Oggi, secondo il Maestro, spesso si
distrugge ciò che si sta cucinando, introducendo ingredienti inutili e
riducendo a pezzi la materia prima, che è la sola che deve dare forza e
sostanza al piatto.
Detto questo, dopo averci spiegato le sue
origini come figlio di albergatori meneghini e le sue esperienze di lavoro
giovanile in Francia, i nostri passi ci
conducono davanti alle numerose foto di
piatti-scultura.
Mi sorprende un piatto di verdure molto
gustoso: la “Ratatouille”. Chissà
perché, ma davanti a esso si prova un
fascino strano, forse è quello ammaliante dei colori.
- Io la preparo con melanzane, peperoni,
zucchine e pomodori- afferma il Maestro; e comprendi allora che ciò
che ti affascina è l’accostamento pittorico dei rossi, verdi e gialli,
magicamente adagiati sul bianco del piatto, come su di una tela. Un piatto che
esprime forza, vitalità e gusto.
Gualtiero Marchesi |
Una sorta di sinfonia timbrica- aggiunge Marchesi;
e per chiarire meglio il concetto si affretta a spiegare che la “Cucina
Timbrica” si identifica con quella moderna che tende a far risaltare
la voce dei singoli ingredienti, per offrirli alla degustazione senza
confonderli, nel rigoroso rispetto organolettico di ciascuno. Mediante la
scomposizione, la cucina timbrica crea sensazioni differenti ed ogni singolo
componente del piatto viene riconosciuto e goduto.
- Diversa è la “Cucina Tonale”-
prosegue il Maestro -, poiché essa
mescola e fonde i sapori dei vari ingredienti, per creare un amalgama dove ogni
componente si unisce al resto, per ottenere un unico sapore, come accade in un’
orchestra sinfonica, attraverso le partiture dei diversi strumenti.
La ricetta è come uno spartito: bisogna saperla
interpretare.
Questo continuo riferimento alla musica mi
fa intendere che è un appassionato di tale arte. Glielo domando.
- Mia moglie è una pianista; la conobbi
quando decisi di prendere lezioni di piano. Allora non sapevo che questa
passione ci avrebbe uniti per sempre. Oggi la famiglia Marchesi riunisce cinque
generazioni di musicisti, rinnovando una tradizione che risale all’Ottocento.
Ora ci troviamo davanti un piatto che
diverte le signore presenti. Mi soffermo anch’io ad osservare con compiaciuta
meraviglia: è una “Rosa” fatta con sottili e avvolgenti petali di
prosciutto crudo sui quali un abile cuoco (o pittore?) ha fatto piovere la
rugiada di numerose sferette di melone, simili a perle aranciate.
E che dire del famoso “Dripping di
pesce”? E’un’esplosione di cromatismo gastronomico, dedicato a Jackson
Pollok del quale Marchesi è un vero estimatore, in cui calamaretti e telline
sgusciate sono immersi in un lago di maionese liquida gialla, punteggiata da
quella verde alla clorofilla, da gocce di salsa di pomodoro e spruzzi di salsa
al nero di seppia. Tali ingredienti,
semplici e naturali, si compongono su di un piatto quadrato che diventa opera
artistica.
Questa ricetta che a un inesperto
intenditore potrebbe sembrare elaborata, riconduce invece ad alcuni
intendimenti fondamentali del Maestro: la “riscoperta della semplicità”
e la “concezione dell’eleganza nella
presentazione dei piatti, con l’aggiunta dell’esaltazione del colore”.
Tuttavia sono tanti, forse troppi i piatti,
che hanno attirato la mia attenzione, ne citerò alcuni: “l’Uovo al
Burri”, il “Filetto Rossini”, la “ Seppia al nero” e il “Risotto
mantecato al profumo di tartufi”, quest’ultimo ispirato al
celebre pittore Hsiao Chin.
Ora provo a chiedere:
- Maestro, qual è la sua ricetta
preferita?- Risponde senza esitazione:
- La più vecchia: “Spaghetti alla
milanese”. Sicuramente oggi nessuno se la ricorda. È una ricetta molto
semplice fatta con burro, limone, prezzemolo e grana grattugiato.
A questo punto Marchesi ci mostra una
tavola elegantemente apparecchiata per passare poi alla presentazione dei suoi
strumenti di lavoro.
Alla fine di questo piacevole incontro
posso asserire che la cucina di Gualtiero Marchesi rispecchia in pieno ciò che disse l’Artusi: “La
cucina di per sé è scienza” e il Maestro aggiunge:
-Sta al cuoco farla diventare arte.
Castello Sforzesco di Milano, luogo dove si svolse
la mostra dedicata a Gualtiero Marchesi
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A qualche anno di distanza dall'intervista, rimane un bel ricordo, ben fatto, al grande Maestro di cucina.
RispondiEliminaGianfranco
Grazie, Gianfranco.
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