di Giovanna Rotondo Stuart
Avevo letto tempo fa che era stata
ritrovata la tomba di Antonio e Cleopatra. Non c’era nessun riferimento
scientifico alla scoperta, diceva solo che sotto le rovine di un tempio dedicato
a Iside, affacciato sul Mediterraneo, sotto le rocce, a venti metri di
profondità il radar aveva rilevato la presenza di tre stanze. La notizia era
stata data da un gruppo di archeologi della Repubblica Dominicana. Mah! La
scoperta non è più stata confermata né smentita. La storia dice che Antonio e
Cleopatra si suicidarono a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro e non si
sa dove furono sepolti.
Cleopatra VII, ultima discendente della
dinastia tolemaica era diventata regina d’Egitto dopo alterne vicende. Era una
donna intelligente, colta e scaltra oltreché bella: si era sempre occupata di
politica e tramato per il potere, aveva anche molti nemici! Le sue vicende con
Giulio Cesare, generale e console romano prima, e Marco Antonio dopo, avevano segnato
la storia di Roma. Dopo la morte di Giulio Cesare, da cui aveva avuto un
figlio, Cesarione, Cleopatra aveva sposato Marco Antonio. Marco Antonio aveva
combattuto a lungo al fianco di Cesare ed era egli stesso diventato generale
dell’esercito romano ed eletto console di Roma. Cleopatra e Antonio avevano
avuto tre figli: i gemelli Selene e Helios
e Tolomeo. Con il passar del tempo Marco Antonio si era stabilito ad
Alessandria e aveva deciso di assegnare le varie provincie da lui conquistate,
con l’aiuto degli Egiziani, ai suoi figli. La politica di Marco Antonio e
Cleopatra allarmò Roma che vide il suo predominio messo in discussione e decise
di porre fine alle loro ambizioni, dando
mandato ad Ottaviano di risolvere la questione. Era chiaro che la battaglia
finale per la lotta al potere avrebbe visto
Marco Antonio e Ottaviano l’uno contro l’altro! Cleopatra decise di non
affidarsi alla sorte e, in segreto, architettò un piano di fuga per la sua famiglia, nel caso di una sconfitta.
Antonio non aveva dubbi sulla loro vittoria ma Cleopatra voleva essere sicura
di avere un’altra soluzione: era troppo orgogliosa per rischiare di diventare
la schiava del vincitore e sfilare dileggiata, per le strade di Roma dietro al
suo carro. Piuttosto sarebbe morta! E anche Antonio! Allontanò Selene, Helios,
Tolmeo e Cesarione in una casa lontana
nel Peloponneso con i suoi servi più fedeli e li sostituì, con altri giovinetti
che abbigliò e fece servire come i suoi figli. Aveva educato la sua schiava più
bella, Patra, a comportarsi come se fosse Lei
e a comparire in pubblico al suo posto. Cleopatra era venerata come una
Dea, l’incarnazione terrena di Iside. I suoi servi e schiavi si sarebbero
sacrificati per Lei senza batter ciglio:
“Se subiremo una disfatta ti lascerai pungere
dall’aspide: tutti devono credere che sia io a morire. Indosserai i miei
vestiti, ti comporterai come se fossi la Regina. Dovrai aspettare qualche
giorno. Ti avvertirò quando sarà il momento. Avrai il coraggio?
“E’ un onore che non merito. Qualsiasi cosa
mia sovrana.
Tra gli schiavi di Antonio ce n’era uno
bello e aitante e dal portamento orgoglioso come il suo padrone:
“Proteggerai il tuo Signore con la tua vita”?
“Ne sarò onorato. La mia vita gli
appartiene, mia Sovrana”.
“Sii la sua ombra e quando giungerà il
tempo indosserai i suoi abiti. Nessuno dovrà farti prigioniero né farlo
prigioniero. Deve morire per tua mano e
non per mano di altri”.
Lo schiavo s’inginocchio e baciò il
vestito di Cleopatra:
“Non sono degno di tanto onore” proclamò
commosso.
Restava da definire il come e il quando e
non era semplice, non per lei ma per
Antonio. Antonio non sarebbe mai fuggito,
né si sarebbe nascosto, lei doveva costringerlo con l’inganno. Doveva trovare uno stratagemma
per avere Antonio vicino a sé durante la battaglia. Non dovevano dividersi:
“Mio amato, quando il momento verrà, non
dovrai mai separarti da me. Uniti saremo imbattibili. Seguimi sempre e non
chiederti perché. Prometti!”.
Tale era il potere di Cleopatra su
Antonio che egli promise di buon grado senza porle domande.
E venne il giorno temuto e agognato della
resa dei conti con Roma. Era il due settembre del 31 a.c. ad Azio, promontorio
della Grecia, all’imbocco del golfo di Arta. La flotta navale Egiziana e Romana
guidato da Antonio e Cleopatra da una parte e la flotta Romana dall’altra con a
capo Ottaviano, schierate l’una contro
l’altra, si preparavano alla battaglia.
Cleopatra era a capo di una sessantina di navi egizie. Antonio guidava
lo stesso numero di imbarcazioni romane. Ottaviano era affiancato da Agrippa
ritenuto il miglior generale del tempo. Costui aveva inventato un arnese, tipo
tronco, con un gancio alla fine, che veniva catapultato sulla fiancata delle
navi nemiche, le agganciava e le abbordava.
Fu usato per la prima volta in occasione della battaglia di Azio. I
romani di Antonio combatterono valorosamente tutto il giorno finché all’inizio
del pomeriggio si aprì un varco nel mezzo dello sbarramento avversario, la nave di Cleopatra, veloce, s’inserì in
quel varco seguita dalle altre imbarcazioni fedeli alla regina che,
inspiegabilmente, fuggì. Antonio allibito, ma memore della sua promessa, corse all’inseguimento di Cleopatra lasciando
i suoi che continuarono a combattere increduli e rabbiosi per il suo abbandono.
Quando la nave di Cleopatra si trovò lontano dalla scena e dalla vista delle
navi in guerra, si fermò ad attendere quella di Antonio. Antonio e il suo
schiavo salirono a bordo e, insieme alla Regina e alla sua schiava, si ritirarono per un tempo brevissimo. Non si sa che cosa si dissero. Poco dopo Antonio,
seguito da Cleopatra ritornò sulla sua nave. La veloce
nave egizia con a bordo i due schiavi si
allontanò indisturbata e scomparve all’orizzonte. La battaglia fu vinta da
Ottaviano. La storia dice che Cleopatra si suicidò ad Alessandria e Antonio
seguì il suo esempio alcuni giorni dopo o viceversa. Tuttavia è possibile
supporre che Antonio e Cleopatra, in incognito,
raggiunsero i loro figli in terre lontane e vissero senza potere ma, si
spera, felici e contenti per
lunghi anni. Gli sfortunati
giovinetti portati a Roma, e fatti sfilare dietro al carro dei
vincitori, non erano Cesarione, Selene, Helios e Tolomeo, ma piccoli schiavi,
figli di schiavi.
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