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lunedì 8 gennaio 2018

Antonio e Cleopatra

di Giovanna Rotondo Stuart



Avevo letto tempo fa che era stata ritrovata la tomba di Antonio e Cleopatra. Non c’era nessun riferimento scientifico alla scoperta, diceva solo che sotto le rovine di un tempio dedicato a Iside, affacciato sul Mediterraneo, sotto le rocce, a venti metri di profondità il radar aveva rilevato la presenza di tre stanze. La notizia era stata data da un gruppo di archeologi della Repubblica Dominicana. Mah! La scoperta non è più stata confermata né smentita. La storia dice che Antonio e Cleopatra si suicidarono a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro e non si sa dove furono sepolti.


Cleopatra VII, ultima discendente della dinastia tolemaica era diventata regina d’Egitto dopo alterne vicende. Era una donna intelligente, colta e scaltra oltreché bella: si era sempre occupata di politica e tramato per il potere, aveva anche molti nemici! Le sue vicende con Giulio Cesare, generale e console romano prima, e Marco Antonio dopo, avevano segnato la storia di Roma. Dopo la morte di Giulio Cesare, da cui aveva avuto un figlio, Cesarione, Cleopatra aveva sposato Marco Antonio. Marco Antonio aveva combattuto a lungo al fianco di Cesare ed era egli stesso diventato generale dell’esercito romano ed eletto console di Roma. Cleopatra e Antonio avevano avuto tre figli: i gemelli Selene e Helios  e Tolomeo. Con il passar del tempo Marco Antonio si era stabilito ad Alessandria e aveva deciso di assegnare le varie provincie da lui conquistate, con l’aiuto degli Egiziani, ai suoi figli. La politica di Marco Antonio e Cleopatra allarmò Roma che vide il suo predominio messo in discussione e decise di porre fine alle loro ambizioni,  dando mandato ad Ottaviano di risolvere la questione. Era chiaro che la battaglia finale per la lotta al potere avrebbe visto  Marco Antonio e Ottaviano l’uno contro l’altro! Cleopatra decise di non affidarsi alla sorte e, in segreto, architettò un piano di fuga per  la sua famiglia, nel caso di una sconfitta. Antonio non aveva dubbi sulla loro vittoria ma Cleopatra voleva essere sicura di avere un’altra soluzione: era troppo orgogliosa per rischiare di diventare la schiava del vincitore e sfilare dileggiata, per le strade di Roma dietro al suo carro. Piuttosto sarebbe morta! E anche Antonio! Allontanò Selene, Helios, Tolmeo e Cesarione  in una casa lontana nel Peloponneso con i suoi servi più fedeli e li sostituì, con altri giovinetti che abbigliò e fece servire come i suoi figli. Aveva educato la sua schiava più bella, Patra, a comportarsi come se fosse Lei  e a comparire in pubblico al suo posto. Cleopatra era venerata come una Dea, l’incarnazione terrena di Iside. I suoi servi e schiavi si sarebbero sacrificati per Lei senza batter ciglio:
“Se subiremo una disfatta ti lascerai pungere dall’aspide: tutti devono credere che sia io a morire. Indosserai i miei vestiti, ti comporterai come se fossi la Regina. Dovrai aspettare qualche giorno. Ti avvertirò quando sarà il momento. Avrai il coraggio?
“E’ un onore che non merito. Qualsiasi cosa mia sovrana.
Tra gli schiavi di Antonio ce n’era uno bello e aitante e dal portamento orgoglioso come il suo padrone:
 “Proteggerai il tuo Signore con la tua vita”?
“Ne sarò onorato. La mia vita gli appartiene, mia Sovrana”.
“Sii la sua ombra e quando giungerà il tempo indosserai i suoi abiti. Nessuno dovrà farti prigioniero né farlo prigioniero.  Deve morire per tua mano e non per mano di altri”.
Lo schiavo s’inginocchio e baciò il vestito di Cleopatra:
“Non sono degno di tanto onore” proclamò commosso.
Restava da definire il come e il quando e non  era semplice, non per lei ma per Antonio. Antonio non sarebbe mai fuggito,  né si sarebbe nascosto, lei doveva costringerlo  con l’inganno. Doveva trovare uno stratagemma per avere Antonio vicino a sé durante la battaglia. Non dovevano dividersi:
“Mio amato, quando il momento verrà, non dovrai mai separarti da me. Uniti saremo imbattibili. Seguimi sempre e non chiederti perché. Prometti!”.
Tale era il potere di Cleopatra su Antonio che egli promise di buon grado senza porle  domande.
E venne il giorno temuto e agognato della resa dei conti con Roma. Era il due settembre del 31 a.c. ad Azio, promontorio della Grecia, all’imbocco del golfo di Arta. La flotta navale Egiziana e Romana guidato da Antonio e Cleopatra da una parte e la flotta Romana dall’altra con a capo Ottaviano,  schierate l’una contro l’altra, si preparavano alla battaglia.  Cleopatra era a capo di una sessantina di navi egizie. Antonio guidava lo stesso numero di imbarcazioni romane. Ottaviano era affiancato da Agrippa ritenuto il miglior generale del tempo. Costui aveva inventato un arnese, tipo tronco,  con un gancio alla fine,  che veniva catapultato sulla fiancata delle navi nemiche, le agganciava e le abbordava.  Fu usato per la prima volta in occasione della battaglia di Azio. I romani di Antonio combatterono valorosamente tutto il giorno finché all’inizio del pomeriggio si aprì un varco nel mezzo dello sbarramento avversario,  la nave di Cleopatra, veloce, s’inserì in quel varco seguita dalle altre imbarcazioni fedeli alla regina che, inspiegabilmente, fuggì. Antonio allibito, ma memore della sua promessa,  corse all’inseguimento di Cleopatra lasciando i suoi che continuarono a combattere increduli e rabbiosi per il suo abbandono. Quando la nave di Cleopatra si trovò lontano dalla scena e dalla vista delle navi in guerra, si fermò ad attendere quella di Antonio. Antonio e il suo schiavo salirono a bordo e, insieme alla Regina    e alla sua schiava, si ritirarono  per un tempo brevissimo. Non  si sa che cosa si dissero. Poco dopo Antonio, seguito  da  Cleopatra ritornò sulla sua nave. La veloce nave egizia con a bordo i due schiavi  si allontanò indisturbata e scomparve all’orizzonte. La battaglia fu vinta da Ottaviano. La storia dice che Cleopatra si suicidò ad Alessandria e Antonio seguì il suo esempio alcuni giorni dopo o viceversa. Tuttavia è possibile supporre che Antonio e Cleopatra, in incognito,  raggiunsero i loro figli in terre lontane e vissero senza potere ma, si spera,  felici e  contenti per  lunghi anni. Gli sfortunati  giovinetti portati a Roma, e fatti sfilare dietro al carro dei vincitori, non erano Cesarione, Selene, Helios e Tolomeo, ma piccoli schiavi, figli di schiavi.





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