Consigliato a chi vuole riflettere su un tema importante sorridendo del mondo, dei suoi modi di vivere e delle assurde relazioni tra gli esseri umani.Consigliato a chi sa farsi le cento domande del libro perché sa fermarsi e pensare.
Questa è una divertente
commedia degli equivoci, un po’ bizzarra e surreale, dove i personaggi si
rincorrono senza mai trovarsi, dove il protagonista, di cui si è parlato fin
dalla prima riga, appare solo a pagina 229 come in una pièce teatrale, ma è
tutt’altro che comica come appare all’inizio, perché insinua nel lettore dubbi
e riflessioni sui ruoli figlio/genitore e sull’eterno e sul mai risolto
problema della conoscenza di se stessi e degli altri. Che non è poco.
Cento domande si rincorrono nel libro e invitano a pensare
anche se il sorriso rimane sempre sulle labbra perché l’autrice, con brillante
maestria, riesce a equilibrare i personaggi e gli elementi scenici, la serietà
dei temi e la leggerezza della narrazione.
E’ facile proiettarsi nei personaggi di questo romanzo: in Filippo “Fil” Cantirami, nella sua famiglia, padre, madre, sorella, zia Giu, negli amici…Chi si ritroverà nel figlio modello che per accontentare i genitori è un economista brillante…e per se stesso invece diventa prima pastore di pecore e poi pescatore, chi si ritroverà negli allucinati e sconvolti genitori o nella deliziosa zia, l’unica che veramente comprende le ragioni di Fil e lo ritrova dopo la scomparsa, o in Jeremy, alter ego per amicizia, ma anche per opportunismo…
Chi tra noi è riuscito a vivere pienamente la propria vita,
realizzando al meglio i propri desideri e le proprie inclinazioni senza essere
condizionato dai genitori e dalle loro aspettative, o dalla società che ritiene
giusti o sbagliati comportamenti codificati e scelte obbligate? Chi di noi
riesce a vivere se stesso per quello che è e non come gli altri vorrebbero che
fosse? E’ possibile vivere in modo autentico, libero? Come fare?
Fil aveva avuto un percorso scolastico brillante, una laurea
in Economia alla Bocconi, aveva vissuto secondo il modello genitoriale, era
partito per la autorevole London School of Economy per un master, aveva vinto
un altro master all’Università di Stanford, ma si era accorto di non riuscire a
reggere i ritmi stressanti e competitivi di una vita tracciata da altri per lui,
di non condividere i valori della sua famiglia –prestigio sociale, carriera, celebrità,
denaro – e di aspirare alla libertà di pensiero e di azione, in accordo con i
ritmi lenti della Natura, con spontaneità, andando contro la corrente di
frenesia e di falsità che pervade i rapporti umani.
“Suo padre sta
programmando la sua vita, ma è la vita di un altro…..Nessun genitore deve
volere il meglio per suo figlio: e sai perché? Perché non lo sa. Un genitore
non sa cos’è il meglio per suo figlio”.
Fil è uno che vuole
cambiare il mondo, e, da vero rivoluzionario, comincia da sé.
“Chi gli aveva sottratto
il tempo? Chi era stato? Perché non aveva protestato? Dov’era lui quando gli
facevano questo? Davvero possono passare anni, può passare tutta la giovinezza,
la nostra vita intera addirittura, senza che ci rendiamo conto? Può succedere
una cosa simile?”
“Ero appoggiato a un albero, fischiavo la mia
canzone…non c’è niente da fare, qui. Le pecore pascolano, le nuvole viaggiano,
viene mattina e poi arriva sera… Fil mi ha risposto: “Ecco”. Solo quella
parola, ma l’ha detta in un modo…Come uno che è arrivato dove voleva, e allora
si ferma, posa i bagagli, e tira il fiato: “Ecco”….Mi sembrava che fosse uscito
da qualche luogo chiuso per starsene finalmente all’aria. Non so, me lo dica
lei: era rimasto per tanto tempo al chiuso, Filippo?”
Recuperare il nostro Io, il luogo dello spirito, della
riflessione, della speculazione filosofica, che richiede solitudine,
concentrazione, lentezza, tempi vuoti.
Avete sorriso? È una situazione che per il mondo di oggi è
ridicola, o assurda: non sarebbero d’accordo i filosofi dell’antica Grecia, o
tutti quelli che hanno capito dov’è l’essenza dell’essere e non del fare, della
pace, della serenità. Come Fil
Trovare il significato dell’esistenza senza andare a cercare
freneticamente qualcosa senza mai trovare nulla, sempre in corsa, senza pensare
a niente. Riempire i vuoti dell’esistenza la frenesia, la velocità,
dimenticando le relazioni profonde, in un delirio del fare senza mai pensare. Le
cose invisibili non possono essere misurate e calcolate, quindi il nostro mondo
le considera un niente. E le ignora. O le nega.
“Non so niente di te”… se non quello che appari in
superficie, la tua maschera, quello che vuoi che gli altri pensino di te, cento
facce, cento maschere….potremmo dirlo tutti noi nei riguardi di quelli che ci
circondano. Le eccezioni sono rare, perché la nostra vita sociale, così
frettolosa e superficiale, difficilmente ci dà la possibilità di approfondire
la conoscenza dell’altro e dei suoi bisogni. E con quanti filtri davanti agli
occhi vediamo gli altri? Così diventa difficile anche capire i nostri figli,
penetrare nel loro mondo interiore ed educarli, come intendevano gli antichi, “educere”, condurli fuori, trovare in
loro le capacità e le risorse, farli nascere alla vita secondo le loro
aspirazioni e le loro inclinazioni, senza caricarli del peso insopportabile
delle nostre aspettative, dei nostri sogni, delle nostre frustrazioni,
impedendo loro di trovare la propria strada, ingabbiandoli invece di agevolarli,
incatenandoli ai nostri modelli.
La stravagante situazione con cui comincia il romanzo
introduce alla cento domande a cui bisogna dare una risposta: cosa sta
succedendo a Filippo? Dov’è sparito? Che segreti nasconde? Chi è veramente?
Spasmodiche domande dei genitori che si rendono conto che il
figlio non ha mai davvero parlato con loro, non aveva mai espresso pensieri e
desideri…era colpa loro? Eppure lo amavano: ”Come se l’amore fosse conoscenza… in genere è il contrario: l’amore
offusca ogni chiarezza. Non capiamo mai bene coloro che amiamo, proprio perché
li amiamo”. Così i genitori di Fil “cercavano
di comprendere che vita aveva scelto, e perché, e cosa c’era mai che non andava
nella vita che invece aveva rifiutato. Si sforzavano, molto”
I genitori annichiliti si ritrovano a non sapere più niente
di quel figlio perfetto che ha stravolto l’immagine che avevano di lui.
Filippo, simbolo della crisi del nostro modo di vivere, cerca in modo un po’
stralunato e stravagante nuovi percorsi, nuovi ritmi, nuovi pensieri e valori
su cui costruire, da sé, la propria esistenza.
Prima comincia a ritirarsi dal mondo, poi fugge, poi
sparisce…è il suo modo di cercare la via, che poi trova.
”Si è preso questa
libertà pazzesca di fermarsi e di respirare…poi ricomincia a camminare…cammina
e basta….libero di essere chi è, e felice soprattutto di non esserlo ancora….Per
arrivare a quel niente ci è voluto così tanto. E’ un attimo. Ma è l’attimo in
cui lui è esattamente dove vuole essere e fa esattamente quel che vuol fare”.
In qualche paragrafo del libro l’autrice si lancia in
valutazioni del momento storico che stiamo vivendo, la crisi economica
cominciata nel 2008, e propone lo stesso Filippo Cantirami come l’economista
che prospetta la soluzione mondiale:
sono parti un po’ goffe e del tutto superflue che non aggiungono nulla di necessario. Ma sono solo paragrafi, per il resto il libro è
davvero interessante, divertente, in una parola semplice: bellissimo.
Paola Mastrocola (Torino, 1956)
insegna lettere in un liceo scientifico. Fino al 1999 ha pubblicato poesie e
saggi sulla letteratura del Trecento e Cinquecento. Dal 2000, ha pubblicato da
Guanda, mentre l’ultimo libro “Non so niente di te” è uscito presso Einaudi.
Opere:
Facebook in the rain e la narice del coniglio 2014
Non so niente di te 2013
Togliamo il disturbo 2011
La felicita' del galleggiante 2010
Piu' lontana della luna 2007
Che animale sei? 2005
Una
barca nel bosco 2004 - Premio Campiello, Premio Alassio Centolibri
La
scuola raccontata al mio cane 2004
Palline di pane
2001 -finalista Premio Strega
La gallina volante 2000 - Premio Calvino, Premio selezione Campiello, Premio Donna
Scrittrice Rapallo-Carige
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