(a cura di Mimma Zuffi)
In una nuova, impeccabile traduzione
italiana ritorna finalmente in libreria, dopo più di settant'anni, un grande
romanzo: Il sale della
terra (1935) di Józef Wittlin,
cui valse la candidatura al Nobel e un immediato riconoscimento
internazionale.
La notizia dello
scoppio della Prima guerra mondiale giunge a una piccola stazione della Galizia
orientale, dove Piotr Niewiadomski, analfabeta quarantenne di etnia
hutzul, lavora come uomo di fatica. Richiamato alle armi, lo spaesato
campagnolo si trova ad affrontare un percorso dal carattere iniziatico che
lo conduce alla sua guarnigione in Ungheria e che si conclude con
l’addestramento militare, durante il quale Niewiadomski scopre l’unica legge
che regola la vita delle reclute al campo, ovvero la paura e di
conseguenza la sottomissione alla subordinazione che trasforma gli uomini in
automi.
Il sale della terra racconta una Prima guerra mondiale la cui
atrocità non consiste nelle scene di battaglia, nello spargimento di
sangue e nella massa di cadaveri straziati, bensì nel lento e pianificato
omicidio perpetrato sulle anime di migliaia d'ignoti soldati. Tramite
l’ironica sacralizzazione e la smitizzazione della guerra e dell’esercito
austro-ungarico, il romanzo - unica opera letteraria in prosa di Józef Wittlin
- offre uno spaccato stilisticamente raffinato e amaramente satirico della
crisi della cultura europea nei primi decenni del Novecento.
Józef Wittlin (Dmytrów, 1896-New York,
1976), raggiunge i vertici della popolarità in Polonia e della notorietà in
Europa con il romanzo Il sale della terra (1935). Alla vigilia della seconda
guerra mondiale è costretto a emigrare, perché ebreo, negli Stati Uniti, dove
vivrà tra difficoltà economiche e problemi di salute; nella Repubblica Popolare
Polacca si troverà all’indice per più di un trentennio, fino alla completa
riscoperta avvenuta in questo secolo
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