( Mimma Zuffi)
L’alba. Lo stadio sembra, dall’alto, la costruzione di un bimbo sulla sabbia, poi sono atterrita dalla grande ferita sulla montagna. Sulla dorsale si vedono colorarsi di rosa le case di un villaggio; alle spalle, giù sulla riva del mare, con tinte più dorate, un altro agglomerato di case, anch’esse vuote, scendo, cercando con occhi cauti di cogliere un segno di vita. Dove corre l’acqua sorgiva e s’abbeverava un gregge di capre dalle corna tortili e dal pelo nero che luccicava nella luce mattutina, zone di pascolo anche nei tempi antichi, non vedo anima viva. Allora cammino sotto gli abeti: le loro pigne, ritte come le candele d’un albero di Natal, stillano lacrime di resina che le fanno sembrare d’argento. L’aria di montagna è una resurrezione, ma solo per me.