di Valentina Leoni
Il console inglese Geoffrey Firmin
trascina una miserabile esistenza di alcolista in un remoto angolo del Messico,
stretto tra due vulcani che incombono sul villaggio dove il protagonista vive
in una villa in rovina, ufficialmente sollevato dal suo incarico per la rottura
dei rapporti diplomatici tra Gran Bretagna e Messico; un giorno riceve la
visita della ex moglie, della quale è ancora innamorato nonostante conosca la
sua infedeltà, e del fratello, entrambi intenzionati a scuoterlo dal suo
distruttivo torpore. Il libro racconta una sola, lunga, interminabile giornata
della vita dei tre, quando decidono di fare una gita alle pendici di uno dei
due vulcani.
Romanzo dal fascino ipnotico, animato da
un palpabile senso di disperazione, Sotto il Vulcano si basa
prevalentemente sulle psicologie dei personaggi, lasciando che da esse si
intuisca la trama principale: Geoffrey Firmin è un uomo oppresso dai sensi di
colpa a causa di un episodio della sua giovinezza e dalla nostalgia per i suoi
trascorsi da marinaio, sentimenti che si trasformano nei suoi personali demoni,
incarnati dall’alcolismo; il fratello Hugh è idealista e animato da fieri
sentimenti rivoluzionari, ma del tutto privo di senso pratico; Yvonne, creatura
istintuale e terrena, è incapace di seguire il marito lungo il suo sentiero di
dolore.
L’intreccio vero e proprio è misero e anche difficile da seguire attraverso il delirio alcolico del protagonista, che racconta la sua avventura “sotto il vulcano” in modo simile a quello con cui Dante raccontava la sua discesa nei gironi infernali; solo che ai personaggi di Lowry mancano sia una guida, sia la fede nel Paradiso alla fine delle tribolazioni. La prosa sontuosa e ricca dello scrittore inglese racconta anche una voglia di fuga, un desiderio di avventure e la malinconia del rimpianto, il tutto condensato in un caos letterario che in più occasioni si può essere tentati di abbandonare per l’oggettiva asprezza del cammino narrativo.
Se però si tiene duro e in qualche modo ci si orienta tra suggestioni cinematografiche, musicali (il jazz delle origini appariva altrettanto caotico ai primi ascoltatori) e rimandi letterari a Conrad, Melville e altri, il romanzo mostra una sua unità, specialmente se lo si legge come allegoria politica: i vulcani che incombono sul villaggio hanno una sinistra aura di ineluttabilità e rimandano al clima di angoscia e preoccupazione che precedette lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il cui spettro è sovente evocato dalle parole di Hugh, da poco tornato dalla sua esperienza in Spagna, mentre la perenne ubriachezza di Geoffrey è emblema della follia che pervade il mondo e presto trasformerà la Terra da eden a deserto, come accaduto nel giardino della villa del Console, invaso da sterpaglie e rovi.
Lo stile e la concezione letteraria di Malcom Lowry affondano le radici nel modernismo che vede come principale riferimento l’Ulisse di Joyce, e diversi sono i punti di contatto tra i due romanzi: l’ambientazione in una sola giornata, la dilatazione del tempo narrativo, la narrazione spezzata e il suo fluire attraverso gli stati d’animo.
Il romanzo di Lowry, benché meno noto al grande pubblico, è uno dei massimi capolavori della letteratura inglese del XX secolo, ma la sua lettura è oggettivamente impegnativa e da consigliare esclusivamente a chi abbia una solida esperienza con testi complessi e sia armato di pazienza e impegno.
(pubblicato con l'autorizzazione di www.incrokroci.it)
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