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domenica 13 dicembre 2020

IL FIGLIO DELL'IDRAULICO

di Giovanni De Pedro


 Wrammm...

-Allacciate le cinture di sicurezza e restate al vostro posto. Grazie. - disse la voce tremolante della hostess.

Tutti gli occupanti dell'aereo rimasero colpiti da questo strano annuncio poiché il tempo esterno era ottimo e non vi erano turbolenze.


Io e Angela, mia moglie, eseguimmo alla lettera gli ordini impartiti finché sentimmo un botto stile Capodanno sul motore alla destra del velivolo e la  fine del rumore del medesimo.

Tutti i passeggeri, pallidi e con gli occhi sbarrati, si guardarono intorno con espressioni inquiete e inquisitorie. Hostess e stewards cominciarono a correre avanti e indietro per il corridoio, preoccupati, noi continuammo a guardarci sempre più impauriti.

Finché un annuncio fece calare un silenzio sepolcrale.

-E' il comandante che vi parla, siamo spiacenti per l'inconveniente, ma a causa di uno stormo di uccelli migratori abbiamo un motore fuori uso, pensiamo di riuscire a risolvere il problema in volo o saremo costretti ad un atterraggio di emergenza all'aeroporto di Palermo. Vi chiediamo il massimo della calma e della collaborazione, tutto procederà nel migliore dei modi. Vi terremo aggiornati. Grazie. -

Tutti guardarono i visi a destra e a sinistra, anche noi guardammo in giro sino ad incrociare gli sguardi impauriti degli altri passeggeri.

A quel punto mi sentii in dovere di tranquillizzare Angela.

- Non preoccuparti andrà tutto bene – dissi una frase che tante volte avevo sentito e criticato nei film, e ora mi trovavo a dirla. Che cosa strana !

Angela mi guardò in maniera inusuale e mi disse:

- Guido, potrebbero essere i nostri ultimi momenti -

- Non dire sciocchezze, abbiamo passato una bellissima vacanza sul Nilo per il nostro venticinquesimo anniversario e torneremo a casa! – ribadii

- Lasciami parlare,è già difficile per me,non complicarmi ulteriormente le cose -

La osservavo stupito, mi sorprendeva quel suo modo di parlare.

- Allora, continua - le dissi.

- Ventitré anni fa te ne andasti  in Arabia, per assicurare i pozzi di petrolio. La tua assenza durò circa sei mesi. Nel frattempo sorse  un problema con il lavandino della cucina. Mi vidi costretta a chiamare l’idraulico.  Arrivò un bel ragazzo di sedici anni che, mentre lo riparava, continuava  a lanciarmi sguardi languidi. Finito il suo lavoro lo pagai e lui cominciò a farmi profferte, comprendimi avevo venticinque anni ed ero sola per tanto tempo. Quando iniziò a baciarmi e sfiorarmi, cedetti- disse Angela.

Non credevo a quelle parole, che uscivano con tanta liberazione, sentivo crollare trent'anni d'amore, passione e fiducia mentre guardavo quel viso lungo, amico, quei capelli corti e corvini, grazie alle tinte, quei grandi occhi castani diventavano improvvisamente enigmatici e sconosciuti. Lei continuò il discorso:

- Dopo due settimane andai a fare l'inseminazione artificiale, così come eravamo d'accordo, il dottore dopo le analisi mi disse che non c'era bisogno di farlo perché ero incinta. Tornai a casa e mi arrovellavo per capire cosa dovessi fare, spaventata e allibita. -

Continuò con il suo discorso mentre i pensieri mi si confondevano. Spaventato e allibito lo ero anch'io, in poco tempo ero cornuto, ma soprattutto quel figlio cercato ad ogni costo, amato, allevato e cresciuto, una grande ragione per vivere, non era mio.

- Così – continuò – decisi di dirti che avevo fatto l'inseminazione -

Ma non era finita lì!

- Inoltre – continuò –un paio d'anni fa, Luca mi ha rivelato di essere gay, me lo disse perché si è innamorato di un uomo di età maggiore della sua e non sapendo se andare avanti mi chiese un consiglio. Gli dissi che se fosse   profondamente innamorato, e lo è, di non farsi domande e continuare. -

Quest'ultima rivelazione mi lasciò quasi indifferente, non importava, gli volevo bene a prescindere, poi almeno in questo non avevo colpe, visto che alla fine non era sangue del mio seme, del resto mi tenevo stretto alla sedia senza emettere suoni, in attesa di altre rivelazioni.

Avevo dimenticato tutti i problemi dell'aereo, quasi non m'importasse di morire in quell'istante, il cielo mi era già crollato addosso.

Ma il rombo di un motore in ripresa e la voce del comandante che annunciò la fortunata soluzione dell'avaria mi risvegliò da quella ipnosi comatosa in cui ero caduto.

Cominciai a pensare se fosse meglio così, o forse sarebbe stato meglio morire.

Certo che quando all'annuncio Angela mi strinse forte la mano e mi baciò, la guardai con occhi diversi e quasi stizzito da quel gesto come se l'avesse fatto un'estranea e non la donna con cui avevo condiviso più di metà della mia esistenza.

I miei pensieri iniziarono a girarmi in testa, ero arrivato a cinquant'anni pensando di avere una vita perfetta.

Una moglie che mi amava, so che lo faceva ancora, più o meno fedelissima, un figlio che non era mio, almeno come natura, il quale non si fidava di confidarsi con me e che mi negava anche il fatto di avere la fortuna di vedere dei nipoti girare per casa, togliendomi un futuro, una continuità alla famiglia e al mio cognome.

Quel mondo fatato era svanito in un attimo, dovevo fare i conti con la realtà.

Mi restava solo una cosa, affrontare il tutto con la mia solita intelligenza e correttezza.

Arrivati a Linate tutti iniziarono a scendere con molta tranquillità, dopo lo spavento, tutti tranne me.

Scendemmo sulla pista verso l'autobus che ci avrebbe portato all' aerostazione, mentre il tepore primaverile cominciava a scaldare l'aria. Ah che bello!

Lasciai sbrigare ad Angela la prassi del cercare i nostri bagagli sul nastro, stando in disparte, assorto, dietro lei e avanzando solo nell'attimo opportuno per prenderli, incrociando il suo sguardo allegro e rispondendo con un sorrisino di circostanza.

Splendida e misteriosa, scrutava il tappeto alla ricerca della sua valigia color lilla, che le avevo regalato per questo viaggio, per il nostro venticinquesimo anniversario di matrimonio, sapevo che adorava quella tinta e ne era stata entusiasta.

Camminando verso l'uscita mi tornava in mente la frase di una canzone di Lucio Battisti: “ E siccome è facile incontrarsi anche in una grande città, cerca di evitare certi posti che frequento e che conosci anche tu. “

Come potevo evitare il contatto con Angela visto che abitavamo sotto lo stesso tetto? La tristezza si allontanò quando vidi Luca aldilà della barriera sorridere e agitare la mano in segno di saluto.

In auto, sulla strada verso casa, cominciammo a raccontare il viaggio a Luca che, curioso come sempre, ci travolse di domande.

Mentre io e Angela facevamo una bella doccia rilassante, Luca cucinò una cena succulenta, piena di manicaretti come solo lui sapeva fare.

Dopo aver consumato gustandoci le deliziose portate, mentre Angela sparecchiava la tavola, io e Luca ci sedemmo sul divano e tra un sorso e l'altro di Porto, lo guardai negli occhi, afferrai le sue mani stringendole alle mie e gli dissi: - Senti Luca, sono tuo padre e ti ho sempre voluto bene e vorrei che tu non mi nasconda niente, perché sarò sempre al tuo fianco e qualsiasi scelta farai o fai nella vita, avrai sempre il mio appoggio. -

Era normale che il suo sguardo diventasse interrogativo e, girando la testa verso Angela, la vide annuire.

- Okay, mamma te lo ha detto. Io non so perché ma non è stata una mia scelta, mi sono sentito attratto dagli uomini senza saperne il motivo, forse per natura, per un incrocio di cromosomi, non so perché. Comunque ho cercato di viverla in maniera serena, sperando di trovare una persona che mi entrasse nel cuore e provare vero amore e non sesso occasionale, oggi l'ho trovato anche se ho dei dubbi perché ….

Interrompendolo, le spiegai che Angela mi aveva raccontato tutto e che mi era dispiaciuto solo che lui non si fosse confidato con me

-Invitalo a cena, così possiamo conoscerlo – dissi mentre Angela mi si avvicinò, venendo a sedersi sul bracciolo del divano e baciandomi sulla testa calva. - Quanti anni ha? E lavora? - continuai.

- Ha trentanove anni, sedici più di me ed è socio in un magazzino per la vendita di ricambi elettrici e idraulici. -

- Bene, mi sembra una brava persona, decidi tu quando invitarlo. Io pensavo sabato sera -

- Perfetto – disse Luca, con Angela che sfoderava, come sempre, enormi sorrisi di soddisfazione.                                   

Arrivò il fatidico sabato sera e Luca, provetto cuoco, decise di preparare tutto da solo, dall'antipasto al dolce.

Alle otto, puntualissimo, suonò il campanello. Angela entrò in fibrillazione e urlò: -Chi va ad aprire? Sto finendo di mettermi la collana. -

Luca rispose dalla cucina: - Non posso, ho tutto sui fornelli e in forno, non vorrei rovinare la cena. -

Io, dal bagno, dissi: - Sto finendo di asciugarmi e sono nudo. -

Rassegnata, ma senza lamentarsi, Angela si diresse alla porta e la aprì; svenne.

L'invitato si chinò verso di lei e le disse: -Signora...Luca, tua mamma è svenuta.-

Accorremmo subito in suo soccorso, senza capire il perché di quel malore.

Angela non aveva dimenticato quegli occhi azzurri e nonostante il passare degli anni, la fisionomia non era cambiata e Angela l'aveva subito riconosciuto.

L'idraulico era tornato!

 


 

2 commenti:

  1. La fantasia ed il gioco non mancano mai all'autore. Complimenti

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    1. Grazie. Vedo che hai compreso la mia personalità. Giovanni.

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