Appunti sparsi di viaggio di Marina Fichera
Il mio lungo viaggio continua su un treno
notturno che in circa undici ore ci porta a Petrozavodsk, sul lago Onega, da
dove partiremo per visitare l’isola di Kizhi.
Man mano che rotoliamo verso Sud il clima
migliora. A Petrozavodsk, una piacevole cittadina affacciata sul lago, il sole
splende alto in un cielo azzurro e limpido. Finalmente, anche se ancora non è
molto caldo - è l’11 agosto e sono in giro “solo” con un pile... - ci siamo
scrollati di dosso la fredda sensazione di inverno
fuori stagione che abbiamo vissuto nella prima settimana del nostro
viaggio.
Tramonto a Petrozavodsk (foto di Marina Fichera) |
Il
lago Onega, tanto grande da sembrare un piccolo
mare – è il secondo lago più grande della piattaforma continentale europea
- racchiude tra verdi sponde e acque di un profondo blu un vero gioiellino, patrimonio
dell’Unesco: l’isola di Kizhi.
Raggiungiamo Kizhi in meno di un’ora e
mezza a bordo di un moderno aliscafo sul quale ci servono un veloce pranzo:
tramezzini, cetrioli crudi, una mela, un succo e dell’acqua, quanto basta per
toglierci la fame e assaporare l’efficienza dei servizi turistici locali.
Dal momento dell’attracco potremo
trascorrere sulla piccola isola solo quattro ore, per poi reimbarcarci. La
ferrea organizzazione delle visite permette di gestire i flussi di turisti e di
preservare al meglio il delicato patrimonio artistico e architettonico del
luogo.
L’isola di Kizhi (foto di Marina Fichera) |
Siamo davvero fortunati: la chiesa della
Trasfigurazione, trentaquattro metri di legno intarsiato senza neanche un
chiodo metallico, è appena tornata al suo antico splendore dopo lunghi lavori
di restauro, durante i quali le cupole sono state smontate e il corpo
dell’edificio ingabbiato.
Resto incantata a guardare questo magnifico
capolavoro dell’arte lignea, con le ventidue cupole che risplendono solenni ed eleganti
al freddo sole nordico.
L’intera isola è un museo a cielo aperto:
le costruzioni lignee presenti - chiese,
case, mulini - sono originali del XVII e
XVIII secolo, e molte vi sono state portate dalle zone circostanti per
preservarne la bellezza.
La chiesa della Trasfigurazione sull’isola di Kizhi (foto di Marina Fichera) |
San Pietroburgo è la più italiana delle città russe, buona parte
dei suoi magnifici palazzi infatti sono stati progettati nel ’700 da architetti
italiani. Una città voluta da Pietro il Grande a somiglianza di Venezia e
Amsterdam, costruita in un luogo quasi impossibile, con un clima pessimo e che,
al tempo stesso, è magnifica, ammaliante ma anche fragile e complessa.
La cattedrale della Resurrezione a San Pietroburgo (foto di Marina Fichera) |
Ammirare il palazzo dell’Ermitage della
riva opposta del fiume Neva è quasi come essere dentro un dipinto del
Canaletto.
Il palazzo dell’Ermitage dal fiume Neva (foto di Marina Fichera) |
La
visita al famoso museo, ospitato in meravigliosi palazzi stracolmi di
capolavori di ogni epoca, è un’esperienza dalle emozioni contrastanti. Dire che
il museo è preso d’assalto dai turisti è quasi un eufemismo. A parte la nuova
ala che visitiamo la mattina, non appena viene aperta, il resto del museo è
straripante in ogni dove di turisti, in particolare cinesi, spagnoli e
italiani. Centinaia, migliaia di persone si ammassano in ogni sala, ogni
corridoio, davanti alle opere d’arte o alla porta dei bagni. Una situazione
irritante che purtroppo ci fa godere della bellezza del luogo solo in parte.
Credo che anche qui dovrebbero contingentare gli ingressi e la permanenza, perchè
tutto questo finirà per danneggiare il museo e le sue inestimabili collezioni.
Folla all’Ermitage (foto di Marina Fichera) |
Esco
stremata da oltre sette ore di visita al museo e mi stacco per qualche ora dal
gruppo. Ho infatti appuntamento con Andrey, che non vedo da quasi trent’anni.
Andrey è un artista russo che, nel lontano 1989 - quando ancora esisteva
l’Unione Sovietica e la città si chiamava Leningrado - grazie a uno scambio
culturale con l’istituto d’arte in cui studiava mio fratello, fu nostro ospite
per un mese. Prima di internet non era così facile conoscere realtà lontane, e l’incontro
ci permise di venire a contatto con un mondo al tempo davvero molto diverso. Da
allora ci siamo sempre tenuti in contatto, prima via lettera e poi via social e
smartphone. Ritrovo Andrey che mi presenta la simpatica moglie Anna, e notiamo
subito che sia io sia lui abbiamo ormai i capelli bianchi ma i nostri sguardi
sono sempre gli stessi, colmi di curiosità e interesse per il mondo.
Dopo aver mangiato in un fantastico
ristorante georgiano mi portano con la loro macchina a fare un giro della città
alla scoperta dei quartieri a nord del fiume, luoghi colmi di fascino e poco
conosciuti dai turisti. Ma l’esperienza più bella è la visita al loro studio
d’arte, in un enorme palazzo grigio in stile stalinista, costruito nel 1939 e
da allora sempre adibito a ospitare artisti e i loro studi. Entro in un
ambiente soppalcato, con un enorme finestrone che si affaccia sul fiume al
tramonto, pieno di bellissimi quadri, colori, vetri artistici, attrezzatura di
ogni tipo, legno, strumenti musicali, mozziconi di sigarette... É tutto molto
affascinante e Anna e Andrey sono due magnifici ospiti. Grazie amici, spero non
passino altri trent’anni al prossimo incontro.
Sono
trascorse ormai due settimane dalla nostra partenza, siamo agli sgoccioli del
viaggio e, con un ultimo treno notturno super accessoriato lasciamo la città di
Pietro il Grande alla volta della capitale, Mosca.
Il caldo umido della metropoli ci coglie
impreparati, è proprio vero che non siamo mai contenti!
Alloggiamo
in un hotel molto particolare, il Cosmos, uno dei più grandi in Europa. Il
complesso, costruito nel 1979 in occasione dei giochi olimpici di Mosca
dell’anno successivo, ha ben 1.777 stanze per una capacità di oltre 3.000
persone. Al suo interno ristoranti, centri estetici, night club, negozi di
souvenir, farmacie, una sala colazione enorme, e una reception che alla mattina
alle otto è più affollata della Stazione Centrale negli orari di punta ma che
comunque riesce a gestire tutto con efficienza.
L’hotel Cosmos (foto di Marina Fichera) |
Mosca è una città incredibile, sempre in
bilico tra il kitsch e la bellezza, piena di palazzi dalle architetture ardite
e di angoli romantici, ma anche di strade ricoperte di lustrini e chilometri di
luci colorate come fosse Natale.
Le architetture moscovite (foto di Marina Fichera) |
Strada di Mosca (foto di Marina Fichera) |
Dopo una doverosa visita ai siti più
turistici della città, tra cui il Cremlino, con le sue chiese di una bellezza inaudita,
partiamo per un giro a piedi nei luoghi del romanzo di Michail Bulgakov “Il
Maestro e Margherita”. Visitiamo il bel parco in cui si svolgono le prime
pagine del libro, la casa museo sulla via Sadovaja, e alcuni quartieri liberty
dall’intrigante fascino retrò. Sono una delle poche persone nel gruppo che non
ha letto il libro, e quindi purtroppo non riesco a godere pienamente della
visita. Leggerlo al mio rientro è stato altrettanto interessante, anche se devo
ammettere che il rapporto tra me e la letteratura russa è di distaccata stima.
Una delle chiese del Cremlino a Mosca (foto di Marina Fichera) |
Chi,
come me, è un abbonato annuale ai
mezzi pubblici, sa che a Milano la metropolitana ha il solo scopo di far
spostare la gente da una parte all’altra della città, senza alcun fronzolo non
necessario. Ma non sempre la metropolitana è solo questo, e Mosca è una delle
città con alcune delle fermate della metro più belle del pianeta. Alcune
stazioni sono dei veri capolavori a oltre centi metri sotto terra – le scale
mobili per arrivare dall’ingresso ai binari impiegano spesso oltre un minuto e
mezzo, misurato! – con statue, vetrate liberty, lampadari di cristallo, stucchi.
Noi turisti ci fermiamo ad ammirare e fotografare. Ogni stazione è diversa
dall’altra, come la scenografia di tante commedie di cui ormai i pendolari
moscoviti, che passano veloci con le cuffiette nelle orecchie e lo smartphone
in mano, conoscono la trama.
Una delle stazioni della metropolitana moscovita (foto di Marina Fichera) |
Il nostro lungo viaggio termina con
un’ottima cena in un ristorante ucraino. La cucina russa, che erroneamente
immaginavo limitata e non buona, è una delle varie cose su cui mi sono
ricreduta. Anche se non mangio carne sono riuscita sempre a cibarmi bene, con
pesce e tantissime verdure.
So già che prima o poi tornerò, la Grande Madre Russia, pur con tutte le
sue contraddizioni, è un paese troppo vasto e ricco di storia e arte per
visitarlo solo una volta, do svidaniya!
Si impara a conoscere la gente giocando a
scacchi e viaggiando.
Proverbio
russo
Complimenti Marina, bella descrizione e altrettanto belle foto. Curioso il tuo incontro con Andrey e la moglie. Speriamo di poter presto riprendere a viaggiare.
RispondiEliminaun abbraccio
Patrizia
Grazie Patrizia!
EliminaE si, speriamo di riprendere a viaggiare presto, ma per ora potremmo usare questo tempo dilatato per viaggiare "in noi"
Ciao
Marina