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giovedì 20 febbraio 2020

Ivanhoe, di Sir Walter Scott - il libro e il film


di Mimma Zuffi

L’OPERA LETTERARIA


Nato a Edimburgo nel 1771, sir Walter Scott ebbe l’infanzia angustiata dalla poliomielite, malattia che lo rese claudicante e ne condizionò l’adolescenza. Diventa avvocato, ma si dedica alla scrittura a tempo pieno e, con la pubblicazione di Ivanhoe (1819), si conferma iniziatore del romanzo storico come genere letterario. La narrazione si basa su eventi quotidiani che si sviluppano sullo sfondo dell’Inghilterra medievale, ricostruita con documentatissimo rigore.
IVANHOE è un libro che anche se potrebbe essere considerato prolisso per un lettore del Ventunesimo secolo, abituato solo alla descrizione di particolari stati d'animo, è  denso di azione, personaggi, descrizioni pittoriche. In Ivanhoe non esiste l'introspezione, se non in un vago cenno all'ultimo paragrafo dell'ultimo capitolo perché il suo autore si perde in descrizioni di paesaggi, notevoli a dire il vero, che hanno il potere di evocare l'Inghilterra del XII secolo, e dei costumi, nel vero senso della parola.


Al momento della sua pubblicazione il libro riscosse un grande successo che, con alti e bassi, si è fatto sentire ancora qualche tempo fa, tanto da trarne un film. Purtroppo è uno di quei libri che vengono scarniti all’osso e propinati in lettura all’infanzia – come del resto succede per buona parte della produzione inglese dell’Ottocento. Chi non ha letto “Davide Copperfield” o “Orgoglio e Pregiudizio”?. Questo fatto previene un po’ il lettore che si accosta alla produzione di quell’epoca che annovera nomi notevoli.
Walter Scott in “Ivanhoe” ha saputo fondere armoniosamente la storia, la fantasia – sua propria di scrittore – e le stories of old romance, per trarne un racconto abbastanza piacevole. Dico “abbastanza” perché, come ho già detto, lo stile non si avvicina al nostro gusto: prolisso nelle descrizioni, ampolloso in certi spazi temporali, pur non mancando punte di lirismo in alcuni aspetti. Nell’insieme, cercando di prendere un po’ in giro il libro, si potrebbe dire che sembra fatto su misura per una riduzione cinematografica o televisiva al punto che  Walter Scott sarebbe potuto essere un buon sceneggiatore: i costumi sono descritti nel dettaglio tanto da poterli quasi vedere, i castelli sono talmente ben descritti che se una fantomatica macchina del tempo dovesse farci piombare tra quelle mura sapremmo benissimo ritrovare il cammino.
A parte queste note, si può dire a occhi chiusi che il romanzo fa parte del filone ottocentesco per quel suo modo particolare di trattare la materia. È quindi chiaro l’intento dell’autore di condurci per mano attraverso le spire della vicenda. O meglio, sembra un burattinaio che muove le sue marionette (interpreti e pubblico) a suo piacimento
Vorrei far presente due fatti che vengono trattati da Walter Scott come se fosse un veggente: il problema irlandese e quello ebraico. Il primo riguarda re Giovanni, per cui “instead of receiving their salutations with courtesy, John and his petulant attendants could on resist the temptation of pulling the long beards of the Irish chief… - a conduct which, as might have been expected, was highly resented by these insulted dignitaries, and produced fatal consequences to the English domination in Ireland”. Logicamente  tutto quello che è successo in Irlanda non può essere imputato a questo gesto scanzonato di un principe reggente, ma viene fuori – soprattutto grazie alla leggenda – l’antica ruggine esistente tra questi due popoli. Per quanto riguarda il secondo problema, già dalle prime battute con cui siamo messi di fronte all’ebreo Isaac, avvertiamo una notevole avversione di Sassoni e Normanni di fronte agli appartenenti a questo popolo. Infatti, a un certo punto, capitolo XXIV, Isaac dice questa chiara frase: “ towards one of her oppressed race”. Anche se in Ivanhoe  non arriviamo alla crudeltà degli Anni Quaranta, forse Isaac non viene torturato come successe con gli Ebrei durante l’ultima Guerra Mondiale? Non fu forse Rebecca oggetto di cupidigia come molte donne giudee?
In questo romanzo si ripropongono i temi ben noti nell’ Ottocento inglese: il buono viene premiato, il cattivo muore, quelli che si amano si sposano e….vissero felici e contenti. Rowena e Ivanhoe si sposano, ma Rebecca che, in fondo, è sempre stata in primo piano, lascia la merry England per tornare tra la sua gente. È la solita storia dell’ebreo errante che tra gli altri viene sempre considerato a dog o a bitch e che, per trovare la pace, deve stare solo con i suoi simili. Come allora, la storia recente ci offre un triste quadro della precarietà ebraica.

Scrittore molto prolifico, profondo conoscitore della Scozia e delle sue tradizioni, Scott morì ad Abbotsford nel 1832.



IL FILM

Il valoroso cavaliere sassone Wilfred di Ivanhoe (interpretato da Robert Taylor) torna dalla terza Crociata per cercare re Riccardo Cuor di Leone. Ivanhoe , infatti, non crede alla notizia della morte del sovrano e teme che, in realtà, si trovi rinchiuso in qualche castello. Dopo aver vagabondato a lungo per l’Europa, scopre che Riccardo è prigioniero di Leopoldo d’Austria che, per la sua liberazione, pretende il pagamento di 150.000 pezzi d’argento. Rientrato in Inghilterra per procurarsi l’ingente somma, Ivanhoe deve affrontare i cavalieri normanni fedeli al principe Giovanni, fratello del re e usurpatore del trono, che tenta con ogni mezzo di impedire il pagamento del riscatto. Incoraggiato dalla dolce lady Rowena (Joan Fontaine), aiutato dalla giudea Rebecca (Elizabeth Taylor) e grazie al coraggio di Locksley e dei suoi compagni, dopo aver affrontato gravi pericoli Ivanhoe riuscirà a creare le condizioni per il ritorno in patria di re Riccardo.
Tre candidature all’Oscar (miglior film, miglior colonna sonora e miglior fotografia) per uno dei campioni del box office 1952. Ivanhoe , solido e coloratissimo adattamento di un classico della letteratura storica, fu realizzato dall’hollywoodiana Metro-Goldwyn-Mayer in Gran Bretagna per rendere più credibili gli scenari. Il film ricrea con vivacità i momenti migliori del cinema d’avventura: duelli, tornei e un entusiasmante attacco al castello portato dagli arcieri di Robin Hood, che qui (ma anche nel romanzo) è chiamato Locksley, uno dei nomi usati dal leggendario eroe.


LUOGHI KOLOSSAL

Lo sfondo storico nel quale è ambientato Ivanhoe è quello dell’Inghilterra del XII secolo e del contrasto tra i dominatori normanni e la popolazione sassone. In particolare i dieci anni (1189-1199) del regno di Riccardo I, detto Cuor di Leone. Per la verità il monarca trascorse in patria meno di un anno, impegnandosi dapprima nelle Crociate e poi nella riconquista dei territori perduti durante la sua assenza. La vicenda, che propone anche il personaggio di Robin Hood, nascosto sotto il nome di Locksley, prende le mosse dal patriottismo di Ivanhoe che contrasta Giovanni Senzaterra, fratello usurpatore di Riccardo. Lo scenario geografico che fa da cornice al romanzo è “sceneggiato” con precisione dallo stesso Walter Scott: “In quella parte dell’Inghilterra che è bagnata dal fiume Don, si estendeva nei tempi antichi una grandissima foresta che copriva la maggior parte delle belle colline e vallate situate fra Sheffield e la ridente città di Doncaster. I resti di questa vasta foresta si possono ancora vedere nelle residenze patrizie di Wentworth, di Warncliffe Park e nelle vicinanze di Rotherham. Qui si aggirava un tempo il mitico drago di Wantley; qui furono combattute molte delle più furibonde battaglie durante la guerra civile delle Due Rose, e qui ancora nei tempi andati erano di casa quelle bande  di coraggiosi fuorilegge le cui gesta sono diventate tanto popolari nelle ballate inglesi.



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