- (di Marco Moretti)
- Certo, lei potrebbe pensare al vino. So che è un esperto.
- - Non
dubiti; se permette darò io la notizia agli altri. Soliti inviti?
- - Certamente,
solo buongustai affezionati. Ma
inviterei anche il dottor Pinozzi.
- -Il
nuovo arrivato? Mi pare una persona schiva.
- -Un
motivo di più per averlo con noi; inoltre mi sembra un buongustaio. Se ne occupi
lei.
- -Certo.
Saranno tutti felici, dopo due anni di digiuno!
Trascorsa
una settimana, con leggero anticipo, i lavori edili in casa dell’avvocato
giunsero a conclusione; nell’aria si sparse l’eco dei preparativi dell’evento
atteso ben due anni. Letteralmente, nell’aria: il profumo dei sughi e dei
preparati delle due donne diffondeva piacevolmente nell’atrio e nelle scale del
palazzo stimolando menti e palati. Il viavai dei condòmini era giustificato dai
preparativi: l’allestimento nella sala dell’attico alla sommità della scala
’A’, l’acquisto dei vini e dei dessert, gli ultimi accordi sull’ora.
I
due giorni precedenti il pranzo Anna e Norma si erano segregate nei rispettivi
appartamenti, non aprivano la porta né rispondevano al telefono. In verità
qualcuno aveva notato che non erano risultate reperibili per tutta la
settimana; sicuramente impegnate nell’acquisto e nella preparazione degli
ingredienti. Merce di qualità, fornitori top-secret come le ricette: nulla di
scritto, erano scolpite nella mente.
Mario
stava rientrando da una passeggiata serale, prima di scambiare qualche colpo
con l’amico appeso al soffitto, quando nelle scale incrociò l’avvocato.
-
Buongiorno
Doc, le rammento l’appuntamento da Manetti per il pranzo di condominio.
-
Veramente
preferire evitare.
-
Non
le permetto di mancare: la signora Anna è stata perentoria, lei è un invitato
particolare della cuoca
Mario
scrollò le spalle, rischiavano di bloccarsi per il sudore che stava gelando, e
abbozzò rassegnato.
- -Ha
più incrociato la sua vicina?
- - No,
Avvocato. Ma a giudicare dal profumino mi pare che tutto giri al meglio.
- - Direi
di sì; piuttosto, cercavo Malfatti per definire i costi dei lavori a casa mia,
ha mandato lui i muratori. L’ha visto o sentito?
- - Non
amo intrattenere rapporti con amministratori, funzionari o generi simili.
- - Si
farà vivo, quando si tratta di riscuotere non perde un colpo.
- - Quando
sarà il pranzo e a che ora?
- -Tra
due giorni, domenica alle tredici in punto.
- - Metterò
la sveglia. Come posso contribuire?
- - Al
pranzo pensano le cuoche, io mi occupo dei vini: rossi, ovviamente, visto il
menù che non sarà certo vegetariano. La mia gastrite protesterà, ma farò il
sordo per una volta.
- - Prepari
anche dell’acqua, non bevo alcoolici.
- - Un
vero peccato, non sa che si perde.
- - Lo
so benissimo, mi creda. In quanto al menù, cosa ci aspetta?
- - Di
solito il piatto forte è la carne, in qualche versione: cruda, nel sugo,
arrosto, fritta e ogni altra forma venga
in mente alle cuoche. Non mancano mai
contorni adatti e dessert.
- - Vedrò
di tenermi leggero in questi giorni, a presto.
Venne
il gran giorno, una splendida domenica di metà aprile: dal terrazzo all’ultimo
piano di casa Manetti la vista abbracciava il golfo di Genova fino all’estremo
ponente, evocando immagini e profumi della Costa Azzurra. I padroni di casa
servirono all’aperto un aperitivo con stuzzichini , favorito dal sole tiepido:
tutti piluccavano, ma nessuno dei commensali osava guastare
l’appetito
al pensiero delle prelibatezze che attendevano. Mario, in compagnia
dell’immancabile
bicchiere
d’acqua, ammirò la sua città adottiva: una splendida donna non più nel fiore
degli anni, con un filo di trucco e un vestito sobrio. La immaginò alla fine di
una cena di classe, adagiata sulla riva del mare a godere il fresco dopo aver
tolto le scarpe eleganti, ma scomode, e massaggiare i piedi con la sabbia.
Un
applauso lo distolse dalla visione, il saluto alle cuoche giunte dalla cucina
senza un rumore: non grembiuli insozzati di sugo, ma abiti sobri ed eleganti,
scarpe con mezzo tacco e un filo di trucco. Anna e Norma si assomigliavano
nell’incedere e nell’espressione soddisfatta, non certo grazie all’età: la
prima poteva essere la madre o la zia dell’altra. All’occhio di Mario parve che
Norma avesse un ruolo subalterno: avanzava stando un passo indietro, imitava i
gesti di Anna e ne cercava la approvazione; ma forse era solo rispetto, o lo
stomaco che protestava con il cervello. Concluse che stava osservando due nonne
discrete e amabilmente concrete che salutavano il pubblico alla stregua di
attrici protagoniste di una rappresentazione: dopo l’ovazione si ritirarono
sorridendo dietro le quinte mentre tutti entrarono per accomodarsi a tavola.
Mario
era sempre più affamato, aveva ovviamente evitato gli aperitivi alcoolici e gli
stuzzichini non lo lusingavano: sedette accanto a Tesconi, cercando con gli
occhi grissini o pane, grandi assenti.
- - Mi
scusi se la inseguo, ma è l’unico con cui ho scambiato qualche parola oltre
alla signora Anna.
- - Nessuna
scusa, inoltre non ci sono donne interessanti da corteggiare e due chiacchiere
tra uomini aiuteranno il pranzo. Ha appetito?
- - Direi
una fame assurda: non ho fatto colazione e ho dato qualche pugno.
- - Una
discussione con qualcuno?
- - Il
mio coinquilino, - Mario lanciò l’amo – taciturno e solitario, non esce mai
dalla stanza, ma certe volte si merita le sventole che gli tiro.
- - Convive
con un simile attaccabrighe? Non l’ho mai incrociato, ha di certo orari
particolari.
In
attesa delle portate il gioco proseguì, parole asciutte e volto serio.
- - Non
vede mai la luce, non è un tipo socievole: nella vita ne ha prese troppe, forse
troppe volte e tanto da essersi ammosciato.
- - Mi
pare che sia un poco crudele con lui.
- - Se
non si lamenta significa che gli sta bene così.
Si
versò dell’acqua e bevve per non ridere in faccia a Tesconi, intento ad
osservarlo con aria indecisa tra
curiosità e timore. Dovette prevalere il secondo, visto il rapido cambio
di argomento.
- - Secondo
lei per quale motivo è stato invitato a pranzo?
- - Non
saprei, forse la cuoca ha visto che sono magro e si è impietosita.
Mario
riempì nuovamente il bicchiere e lo svuotò in un fiato.
- - Le
assicuro che lei è il primo nuovo commensale da molti anni a questa parte.
- -Siete
una specie di club o vi riunite per celebrare qualcosa?
- - Decidono
Anna e Norma quando è giunto il momento del pranzo, non si tratta di un
anniversario o un qualche tipo di festa.
- -Quindi
non c’è una cadenza regolare?
- - Direi
di no: l’ultimo è stato ben due anni fa, in precedenza ricordo altre tre
occasioni e tutte a intervalli variabili.
- - C’è
stata comunque una prima volta.
- - Non
potrei dimenticarlo, dieci anni fa: se n’era appena andata mia moglie.
Eravamo
al solito punto, anche su un pranzo in allegria aleggiava un cattivo ricordo o
una grande assenza: visi allegri e cristalli con vini pregiati si mutavano in
maschere per coprire volti sofferenti e bicchieri tristemente vuoti. Come le
vite che Mario incrociava e deviava dal loro percorso: in sala
operatoria
sconfiggeva mostri e bestie affamate di carne umana, ma anche là fuori il suo
“senso per i guai” (definizione coniata
da un amico giornalista, con cui condivideva poche gioie e molti dolori) lo
portava su sentieri scivolosi. Sorrise: sedeva accanto a un vedovo settantenne
come tanti e questi era in compagnia di
coetanei che condividevano uno stabile in cui avevano versato lacrime, ma anche
fatto parecchie risate e scambiato chiacchiere. L’avvocato aveva davanti a sé un bicchiere colmo di rosso e si
preparava a un pranzo atteso ben due anni:
la nota stonata era lui, cavaliere solitario, con il lavoro da Don Chisciotte
o, come diceva qualcuno, da crociato. Colui che parlava ad un sacco da pugile,
mentre lo tempestava di pugni: quelli con cui aveva pestato un uomo che lo
accusava di un delitto orrendo. Quelli che sperava di non usare ancora, ma che
teneva pronti per colpire un mostro o un orco che si aggirasse per strada o
vivesse in famiglia.
- - Signore
e signori, la prima portata!
Federico
Manetti, sessantasei anni e ingegnere in pensione, riportò Pinozzi sul pianeta:
Anna e Norma fecero ingresso nella sala accolte da religioso silenzio. Ciascuna spingeva un
carrello con teglie di lasagne fumanti: l’aroma liberò i tentacoli tra i
commensali afferrandoli alla gola con voluttà. Il bacio di un’amante
appassionata prima del sesso.
- -Lasagne
al forno con besciamella e ragù.- Anna illustrò il piatto aprendo le braccia a
ventaglio.
A
questo punto Johnny Winter disse la sua, a tutto volume, dalla tasca della
giacca di Mario: agli invitati le note della suoneria suonarono come una
bestemmia ad alta voce durante un rito solenne. Un’ occhiata di disappunto
sfuggì perfino ad Anna che iniziò senza altri indugi la distribuzione.
- - Non
me ne vogliano le signore e i più anziani, ma la prima porzione va al dottor
Pinozzi, in occasione del suo primo pranzo condominiale.
Porse
il piatto fumante a Mario, mentre l’albino texano continuava a suonare un
assolo di chitarra. Rosso in volto quanto il condimento delle lasagne, il
medico si alzò.
- - Sono
mortificato, è l’ospedale. Non mi mollano neanche la domenica.
Uscì
dalla sala nell’indifferenza dei commensali, con i loro sensi sensi dedicati
soltanto alle lasagne; Anna continuò impassibile a riempire i piatti, lasciando
per ultimi il suo e quello della compagna di cucina.
- - Si
rinnova un rito, - alzando il bicchiere – vi auguro di gustare il prodotto della
piacevole fatica mia e dell’ amica Norma.
Il
tintinnio dei bicchieri fu rapidamente sostituito da un silenzio degno di una
veglia per pochi interminabili minuti; Mario, rientrando, osservò rapito quella
sorta di comunione pagana. Anna e Norma, le sacerdotesse, assaporavano ogni
boccone ammirando compiaciute l’assortita compagnia.
- - Ehm,
- tossì con timidezza – purtroppo vi devo lasciare. Un’ urgenza mi chiama.
- - Da
avvocato la avverto che per la sua fuga ci sarà una pena da scontare.
- -Cercherò
di farmene una ragione.
- -Niente
di grave, non siamo aguzzini: perderà solo un gran menu.
- - Non
si preoccupi, - intervenne Anna – le metto da parte qualcosa. I miei piatti
sono ottimi anche riscaldati.
- -Sempre
che avanzi abbastanza cibo per riempire un piatto! – rise Manetti.
- - Ce
n’è in abbondanza, non abbiamo lesinato con gli ingredienti. Mi spiace solo che
dovrà attendere la prossima occasione per assaggiare queste delizie appena
cucinate.
- - Ho
imparato che per le cose belle difficilmente ci sono seconde occasioni, vi auguro
una buona giornata.
Mario
uscì lanciando con gli occhi un’ultima vana richiesta di un tozzo di pane: i
commensali si dedicarono al bis del primo piatto e attesero con ansia le
portate successive, non prima di avere ascoltato un elogio da parte di Tesconi.
- Alle
nostre due cuoche, ringraziandole, con preghiera di non farci attendere altri
due lunghi anni! – l’avvocato, residente anziano, si congratulò con le artiste
dei fornelli.
- - Adesso
il pasticcio di carne e le polpette, una novità! – L’allegria di Anna era
contagiosa, strappò una risata e un altro brindisi. Le mani armate di posate
pensarono al resto.
Dopo
i dessert e il caffè l’ozio della beatitudine si impadronì di corpi e menti;
solo l’Avvocato insistette sull’assenza di Malfatti. Anna sentì il dovere di
intervenire.
- -Le
manca così tanto, quel rompiscatole?
- - Non
sia così severa, è pur sempre il nostro Amministratore.
- -Da
oltre due anni e sarebbe ora di cambiare; che ne pensano gli altri?
Sui
volti appesantiti dal cibo nessuna reazione: anche i presenti non adoravano Malfatti.
- - Un
silenzio eloquente, – disse Anna –
cercheremo un sostituto.
La
festa si trascinò per un paio d’ore tra
tentativi di ballo e conversazione; dopo i saluti di rito Norma e Anna si
recarono nell’appartamento di quest’ultima per il meritato riposo. Secondo
consuetudine il lavoro sporco, lavare piatti e stoviglie oltre a rassettare,
spettava ai padroni di casa e agli altri commensali.
Il
lavoro in sala operatoria si rivelò più impegnativo del previsto e la domenica
di sole fu inghiottita da una serata di stanchezza e fame. Quella vera, non la
smania che coglieva Mario Pinozzi in occasione degli incontri con il bastardo
di turno: non amava certi appuntamenti, ma capitava e questa era la sola cosa
di cui prendere atto. Comunque la routine non faceva per lui, nel lavoro e
nella vita, sin dal risveglio: ogni mattina era il rinnovo di un parto
difficile, il trauma della luce e dei rumori, il freddo della doccia e il
calore del caffè, prima poppata da un seno stanco. Il film proseguiva con
pranzi e cene spesso in piedi o improvvisati, un piatto di pasta o una pizza.
Soltanto con un bicchiere di coca o acqua, ovvio.
- - Non
ci annoiamo di certo la domenica, - disse Jorge, il braccio destro di Mario e
infermiere di fiducia – che palle lo
stadio o il pranzetto a casa.
- - Sai
quanto odio il calcio, - ghignò il medico, mentre infilzava la pizza – ma oggi penso di essermi perso una mangiata
coi fiocchi.
- - In
compagnia di una bella donna?
- - Esatto,
la cuoca è veramente una bella persona.
- -Ahi,
qui si parla di cuoca e non di invitata.
- - L’invitato
ero io con una decina di altre persone, in cucina la mia vicina di casa e una
sua cara amica.
- - Potremmo
combinare una cenetta in quattro, ma niente fornelli. Conosco un posticino…
- -Anna
e Norma saranno felici, ma sono molto esigenti.
Jorge
si alzò e illustrò la propria figura con ampi gesti delle mani.
- - Ti
sembro da gettare? Di certo tu dovrai vestire un po’ più elegante, ma si può
fare.
- -Direi
di si, - Mario singhiozzò per il ridere – metterò il mio unico vestito come per
le cene con mia madre. Io parlavo di
gusto per il buon cibo, in coppia le due signore superano il secolo di parecchi
anni.
- - Sei
senza speranza, io almeno posso bere altro vino per consolarmi!
Rientrato
nello stabile, dopo un lungo giro in scooter e a piedi per godere dell’aria
aperta, Mario salì le scale verso l’appartamento. Sorrise nel vedere
materializzato un ricordo accanto alla porta: due piatti, con i gemelli sopra
di loro a coprire il cibo, avvolti in un canovaccio. Raccolse il dono di Anna
come faceva con il pranzo che la nonna gli lasciava quando tornava da scuola, i
genitori impegnati al lavoro: ascoltò il ricordo dei pranzi solitari prima
dello studio, la cena e il racconto del
padre, di come le sue sculture nascevano da un blocco bianco e grezzo. La madre
che sparecchiava
e,
in disparte, rassettava serena dopo una giornata al telaio. Infilò la chiave
nella toppa e armeggiò imprecando per aprire, mentre con la sinistra teneva a
fatica il prezioso scrigno; infine entrò e resistette alla tentazione di
annusare gli aromi, depose il tutto in sala, si gettò vestito sul letto cedendo
senza lottare all’abbraccio del sonno.
- - Buongiorno
signora Anna, non l’avevo sentita: – disse Mario, il mattino seguente, alla
figura materializzata accanto a lui mentre armeggiava per chiudere la porta di
casa. Urgeva l’aiuto di un fabbro - stamani siamo entrambi degli sfaticati.
- - Ce
lo siamo meritati, io ai fornelli e lei con i suoi bisturi! A che ora è
rientrato?
- -Tardi,
oltre la mezzanotte. Grazie per la confezione di cibo.
- -Ero
già a nanna da parecchio: ha assaggiato qualcosa? – gli occhi tradivano
speranza.
- - La
tentazione c’era, ma sono praticamente svenuto. E non credo siano cose adatte
alla colazione.
Le
parole scivolarono su una lastra gelata e la replica non contribuì a riscaldare
l’ambiente.
-
Il
mio cibo merita un poco di considerazione: le consiglio di gustarlo a pranzo,
prendendosi il tempo necessario. Buona giornata.
Rapida
e silenziosa nel comparire lo fu altrettanto nello sparire, salvo per il rumore
della porta sbattuta che risuonò nel ventre del palazzo.
All’uscita
dello stabile Mario si imbatté nell’onnipresente Tesconi, con la rassicurante
dotazione di abito impeccabile e sorriso smagliante. Trasformato in espressione
di moderato fastidio dopo i saluti.
- - Spiacente
di dirglielo, ma ieri ha perduto un’ occasione.
- - Forse
anche qualcos’altro? La mia vicina di casa mi è parsa irascibile, poco fa.
- - Strano,
ieri tutto è filato liscio. Era solo dispiaciuta della sua fuga.
- -Se
c’era una pena perché sono scappato l’ho scontata ieri sera in pizzeria, lo
giuro.
- -Ora
che ci penso…mi è parsa anche infastidita da una cosa, ma può essere un’
impressione.
- -Qualcuno
non ha gradito una delle portate?
- - Non
scherziamo, sarebbe impossibile: ho solo accennato alla irreperibilità di
Malfatti e lei mi ha stoppato dicendo che la cosa non sembrava preoccupare gli
altri. E quindi non divevo pensarci.
-
In
effetti non mi è parso il tipo che si faccia adorare.
- - Certo,
ma non voglio stressarla oltre, solo un’ultima cosa. Dopo il pranzo, come
prevedevo, lo stomaco si sta vendicando: cosa mi consiglia?
- -Passi
da me quando vuole, non ho cibo o vini, ma caffè e medicine non mancano.
- - A
presto allora, grazie.
I due si
salutarono, Mario caracollò verso lo scooter e
recuperò il casco dal bauletto. Prima di indossarlo afferrò lo
smartphone e scorse la rubrica: dopo una
lieve esitazione premette con il
pollice.
- -Ciao, non sei impegnato a ricucire corpi martoriati?
- - Detta
così mi fai sentire come il dottor Frankenstein.
- - Non hai i riccioli biondi e il tuo infermiere non ha
gli occhi che guardano in direzioni diverse.
- - Come
te la passi con la macchina da scrivere?
- - Niente da fare, senza bisturi in mano sei un
disastro. Da parecchi anni qualunque giornalista utilizza il PC, hai idea di
cosa sia?
- - Certo,
ma stiamo parlando di giornalisti e io non ne conosco uno!
- - Ti salva la distanza, se non fossi a Milano…
- - Ti
rammento che sono un pugile, caro Munnacci.
-
A me risulta che il tuo sparring partner sia solo un
grande incassatore. Ma basta con i complimenti, che ti serve?
- - Voglio
conoscere meglio due mie vicine di casa.
- -Cerca su un sito di incontri o rivolgiti a
un’agenzia matrimoniale, magari sono iscritte.
- -Non
essere idiota, mi interessa solo sapere chi sono e che vita fanno.
- - Rivolgiti al nostro caro amico Commissario Moruzzi.
- - Sei
davvero stronzo, chi ti ha detto che ci sia di mezzo una grana?
- - Tu ne annusi il profumo, come un topo col cacio.
- -Che
palle, sono due tipe particolari e mi incuriosiscono. Tutto qui.
- -Okay, come si chiamano?
- -Vado
a leggere sul citofono e ti mando un SMS. E allego pure un terzo nome.
- - Povero chirurgo, sei veramente di un altro pianeta.
Chiama quando arrivi tra noi: qui Terra,
chiudiamo la comunicazione.
La
giornata di Mario, iniziata con un placido cabotaggio lungo la costa, divenne
una navigazione a bordo di un bastimento a vele spiegate. Si alzò un vento di
tempesta che lo spinse lontano dal porto, il suo tranquillo appartamento
disadorno e caotico appariva lontano anni luce: gli elementi manifestarono la loro
furia verso la sera e non si placarono sino al mattino successivo. Il rientro
in rada fu precluso per molte ore, acqua e cibo scarseggiavano, l’equipaggio
perdeva le forze. Infine tornò il sereno e il nostromo scambiò due chiacchiere
calme con il capitano.
- - Un’altra
notte e una mattina come queste e muoio, o mi licenzio. – Jorge, la voce
affranta.
- - Non
dire cazzate è la nostra droga e ci tiene vivi: ieri sera si trattava di un
disastro e non potevo certo rimandare gli interventi in programma stamani.
Pazienza se l’ultimo è stato così tosto.
- -Ma
viaggiamo intorno ai cinquanta e il motore si surriscalda con poco.
- -Cerca
qualcuno che abbassi la temperatura.
Jorge
sfoderò un ghigno da joker.
- - Pensa
tu al raffreddamento ad acqua, io posso viaggiare ancora veloce.
- -In
questo modo il tragitto diventa di breve durata.
- - Nessuna
compagna di viaggio si è mai lamentata.
- - Solo
per pietà, credi a un esperto. – Mario sorrise.
- -Vero,
ma negli ultimi tempi il buon Pinozzi si è dedicato solo alla teoria.
Brusco
calo della temperatura e pausa gelata.
- -Scusami,
sono proprio un bastardo.
- -Non
offendere quella santa di tua madre; scuse accettate, a patto che offri il
pranzo.
- -Ti
faccio presente che sono quasi le sedici.
-
E
con ciò? Non ho intenzione di aspettare l’ora del tè!
Divorata
l’alternativa pomeridiana alla pizza serale, nelle vesti di farinata calda e
frittelle di baccalà fredde con il contenuto di una caffettiera bollente, Mario
sprofondò sulla poltrona sformata dello studio. Aprì le notizie inviate da Bruto Munnacci, l’amico giornalista di
Milano.
Oggetto:
persone misteriose
Premesso che con questa ricerca il tuo
debito con me ha raggiunto interessi da usura, non credo che leggerai
storie interessanti. Mi sembrano solo tre
grandi sfigati: le foto che ho visto non sono aggiornate, ma farebbero
la loro porca figura in una rubrica di
cuori solitari.
Bruto
:-)
Allegato 1.
Anna Busca, nata a Cagliari settant’anni
fa. Figlia di un ufficiale di Marina e una casalinga, trasferiti a Genova
quando lei aveva dieci anni e dove muore la madre, cinque anni dopo, per una
malattia incurabile. La ragazza si diploma e diventa maestra, insegnando tutta
la vita nelle scuole elementari. Il padre termina la corsa in un ospizio per
vecchi dementi, lei non si sposa e sembra fosse considerata un’insegnate
severa, ma giusta e preparata.
Allegato 2.
Norma Blingheri, nata a Como cinquantatre
anni or sono da famiglia di ristoratori. Finisce nella tua città adottiva ventidue anni dopo il matrimonio con un
impiegato carrierista dell’Ansaldo. Due anni dopo ha un figlio autistico che
muore a tre anni per un incidente domestico. Il marito l’ ha piantata in asso
dopo il lutto.
Allegato 3.
Nando avvocato Tesconi, l’unico Genovese
del terzetto con settantadue primavere all’attivo. Vita ordinaria e lavoro da
civilista, senza lode e senza infamia, con
ottimo reddito. Nessuno figlio, abbandonato dalla moglie dieci anni or
sono: gli ha lasciato una lettera con le spiegazioni.
Allegato 4.
Foto di un pianeta che appare, a chi
provenga dalle profondità dell’Universo, colorato di blu e verde nonché dotato
di un satellite. È popolato da miliardi di bipedi litigiosi che quando trovano
un loro simile piacente lo corteggiano a scopo di accoppiamento. Ti consiglio
di visitarlo e di familiarizzare con questa simpatica usanza.
Aveva
visto giusto in merito a Norma: era molto più giovane di Anna e vissuto metà
della sua esistenza in solitudine o in compagnia di rimpianti e rimorsi. In
quanto a Tesconi pensava semplicemente che fosse vedovo, ma vivesse la
condizione con dignità.
In
fondo cos’ha maggior peso?
I
fallimenti o le strade mai percorse?
La
solitudine è una maledizione o solo una scusa per non affrontare nel quotidiano
combattimenti e sfide?
Ognuno
dei tre portava una maschera rassicurante che copriva un volto deturpato da
tristezza e rancore?
Rammentò
la corsa che era stata la propria vita fino al presente, una destinazione dopo
l’altra fermandosi solo per il rifornimento e i controlli dell’ auto. Sfogliò
lo scarno album dei passeggeri con cui aveva condiviso chilometri, le donne con cui si era mescolato
per giorni o mesi per tornare a essere l’ingrediente indigesto che non avrebbe
permesso la riuscita della ricetta neppure al migliore dei cuochi.
Le
esistenze dei tre vicini di casa erano copie sbiadite della sua: il vuoto in un appartamento, un quotidiano
ascolto dei propri passi, sospiri, lamenti e gioie che si mescolano a quelli di
radio e TV.
Sorrise
pensando all’allegato 4 della e-mail e masticò amaro realizzando come, nello
stabile in cui viveva, avesse
trovato affinità solo con tre animali
solitari. Certo Anna e Tesconi erano cavalli di
razza,
ma che sapeva realmente del loro pedigree?
Chi
era veramente Norma e cosa la legava alla vicina di casa?
L’entusiasmo
dell’avvocato per il pranzo di condominio era solo un’occasione per condividere
tre solitudini?
Per
quale motivo Anna l’aveva invitato, pur conoscendolo da breve tempo?
Munnacci
aveva formulato la diagnosi e anche Jorge, pur privo di tatto, aveva messo il
dito nella piaga: stava gareggiando in un rally senza avere accanto un
navigatore, guidava a vista.
Ma
fino adesso era andata bene così, c’era ancora tempo per affrontare le curve
con il piede sul freno. Restava solo una domanda:
per
quale motivo…?
Per
quale moti…
Per
quale mo…
- - Per
quale motivo non dormi a casa tua come le persone normali?
- -Bb…buon
giorno, Jorge. Caffè, subito, doppio. – la bocca ruvida, parole di sabbia.
- -Hai
bisogno di una donna a casa, non sono il tuo cameriere.
- -Non
mi serve una cameriera.
-
Lo
ripeto, sei senza speranza. E non farti illusioni, se mai cambiassi sponda non
saresti il mio tipo.
Collo
e numerose articolazioni gridavano insulti nella lingua muta del corpo, la
giusta rimostranza verso il proprietario che aveva parcheggiato scomodo per
troppe ore.
- -Bevi
il caffè e vai a casa, oggi non hai interventi.
- - Si
mamma, però voglio anche una brioche.
Mario
schivò con inattesa prontezza lo zoccolo di gomma lanciato da Jorge, si alzò e
scimmiottò un attacco con una serie di ganci.
- -Stai
calmo, ci manca solo che ti fai male. Messaggio ricevuto, arriva la colazione.
Dopo avere alzato la glicemia e ripreso il
completo controllo con la realtà, Pinozzi lasciò libero un dubbio.
- - Perché
si vive una vita in solitudine?
- -Non
saprei, - rise Jorge – difficilmente mi sveglio in un letto vuoto.
- -Okay
Casanova, torna in te e rispondi.
- -Per
sfortuna o per scelta.
- -Bianco
o nero, quindi? Non credi ci siano altre sfumature?
- - Credo
che se resti solo o tu non stai bene con gli altri…
-
…o
loro non stanno bene con te. Grazie del caffè
Jorge, ci vediamo domani.
- -Dove
vai così di corsa?
- -A
tentare di capire cosa spinge tre solitudini a incontrarsi.
La
giornata chiara, la brezza e le ventiquattr’ore in apnea: il termine mancante
dell’equazione era lui, l’incognita che sballava i calcoli del matematico più
abile. Così fece, stanco e impresentabile, guidando lo scooter sino a Nervi in
trattoria per combattere una lotta impari con fritto misto e vino bianco.
Giunto
a casa fu accolto da un aroma nauseabondo, misto di acido e dolciastro, ben
noto al naso di ogni chirurgo.
- - Idiota!
– si complimentò ad alta voce – Le leccornie di Anna sono ancora qui da qualche
parte, non certo nel frigorifero.
Affiancò
alla prima altre diagnosi psichiatriche poco lusinghiere e seguì l’olezzo come un cane da
Tartufo,
ma no, sarebbe stato troppo facile. Chiuse gli
occhi imitando un cieco
e raccolse la
sfida lanciata dall’involucro con il cibo: dopo alcuni passi a mani tese
sollevò le palpebre per esaminare il punto di atterraggio. Aveva inciampato
nell’unico tappeto e il tavolo lo accolse con un abbraccio ruvido e duro, i
piatti in frantumi sul pavimento dentro
il canovaccio che si tingeva di scuro. La mummia è finita in pezzi, merita la giusta sepoltura.
Con
un fazzoletto su bocca e naso Mario si apprestò, inginocchiato al pari di un
archeologo, a recuperare i resti del pranzo che Tesconi aveva definito sublime.
Nelle orecchie le parole di Anna suonavano stonate: non conosceva il giusto
tempo da dedicare a quelle che erano state leccornie, al momento l’istinto
consigliava di affrettarsi. Indossati i guanti di gomma (intonsi, visto che
lavava solo tazzine da caffè) recuperò il melting pot a base di carne, lasagne,
polpette e…non lo gettò.
Solo
in seguito riuscì a capire cosa lo trattenne dall’aprire la pattumiera e lo
convinse ad una autopsia culinaria su quell’abbondanza di lasagne e polpette, con una minoranza di carpaccio. Di
questo conservò un paio di fette, che separò da frattaglie e intingoli; tolse
la mascherina improvvisata, corse in bagno e vomitò. Decise che sarebbe stato
saggio rimandare la chiacchierata con Anna, Norma e Tesconi a tempi più
propizi.
L’occasione
giunse due giorni dopo, in tarda serata, quando venne strappato dall’abbraccio
del divano, sullo sfondo la vita delle zebre nel Serengeti.
- - È
finito il programma?
I
quadrupedi a strisce lo fissarono perplessi, per poi partire al galoppo
spaventati da un trillo insistente.
- - Il
campanello…chi è che rompe a quest’ora?
Frase
pro-forma visto che non aveva orologio o sveglia a portata di mano.
- - Arrivo,
solo un secondo.
Impiegò
un minuto esatto per recuperare occhiali, ciabatte infradito e senso
dell’orientamento per giungere ad aprire la porta.
- - Possiamo
entrare, dottor Pinozzi? – il viso di Anna, pallido, ma sorridente.
- - Lei
e…?
- - La
mia amica Norma, - allungò il braccio e trascinò la compagna di cucina nel
campo visivo di Mario – dobbiamo chiederle una cosa. Le dispiace?
- - Assolutamente
no, – accese le luci facendo cenno di
seguirlo – entrate e chiudete voi.
Faccio strada.
Il
legno che sbatteva lo rassicurò mentre accendeva le luci e guidava le due verso
la sala.
- - Vi
offrirei qualcosa, ma nella dispensa e nel mobile bar regna la desolazione.
- - Grazie
lo stesso, mi sono permessa io di portare del dolce; – disse Anna – non l’avevo messo nell’altra
confezione.
- - A
proposito, dovrà aspettare per il canovaccio: l’ho sporcato e non ho avuto
tempo di lavarlo. – pausa con imbarazzo – Anche i piatti…ecco, non sono in
buone condizioni.
- -Dia
pure a me, penso io a tutto. Manetti e Tesconi non mi hanno permesso neanche di
sparecchiare, dopo il pranzo.
Mario
si recò in cucina e, nascosto da una parete, armeggiò nella spazzatura ancora
da gettare: liberò piatti e canovaccio dai residui di cibo rancidi e, vincendo
la nausea, li passò sotto l’acqua calda. Con la coda tra le gambe e le orecchie
abbassate restituì l’involto umido e
deforme ad una impassibile Anna.
- - Visto
che non ha neanche assaggiato lasagne e carpaccio – sibilò la donna – confido
vorrà
fare onore al dolce.
- - Come
sa che non ho mangiato il suo cibo?
- - Una
cuoca deve avere occhio, gusto e buon naso: anche uno sguattero raffreddato
coglierebbe la puzza di carne marcia!
- -Non
cerco scuse, lo ammetto, ma ho passato tre giorni infernali: non ho mangiato a
casa da sabato e a causa della stanchezza ho lasciato le sue leccornie fuori
dal frigorifero.
- - Si
farà perdonare con il dessert, allora.
- -Perché
no, cosa mi ha portato di buono?
- -Meringata
al cioccolato.
Puro
veleno al quadrato: l’allergia al cacao di Mario, dissimulata sotto falso nome
e con varie scuse per rifiutare anche un solo quadretto di cioccolato.
Semplicemente nessuno capiva quanto la tentazione di bambini e anziani, la
delizia di uomini e donne, l’avversario di mamme e dietologi fosse per lui un
nemico letale: fu la nonna, che gli preparava con cura pranzo e merenda, ad
assistere alla crisi respiratoria del bambino dopo una cioccolata calda in
tazza. Le grida disperate e il medico vicino di casa allontanarono il giorno
del funerale, che ora faceva timidamente capolino dal calendario.
- - Non
vorrei sembrare scortese, - Mario sillabò la frase – ma non posso mangiare
cioccolato…
- - Facciamola
finita, questo stronzo mi ha davvero stancato. Hai capito che non mangerà la
torta come non ha neanche assaggiato il resto?
Norma
lo fissava con aria di sfida, occhi sottili e mascella serrata: nella destra un
piccolo arnese metallico che ricordava una pompa per bicicletta, corta. Non
serviva essere James Bond per capire che la mite cuoca della scala “A”
stava impugnando una pistola con
silenziatore.
- -È
carica? – il medico, sorridendo.
- -Proviamo?
Non fa rumore, ma da questa distanza ti passa da parte a parte.
Anna
recuperò il ruolo di conduttrice dello spettacolo, prese la torta e si diresse
in cucina. Con un cenno del capo indicò all’ ostaggio e alla cuoca in armi di
seguirli.
- - Devo
alzare le mani?
- -Non
fare il cretino e siediti al tavolo.
- -Bene,
ma voglio sapere una cosa: chi comanda qui, l’allieva o l’insegnante?
Norma
abbozzò un sorriso mentre Anna scuoteva il capo, sconsolata.
- - Che
pretendi da un medico, chirurgo estetico poi: due più due deve fare quattro,
tutti i pezzi al loro posto. – Norma parlò senza abbassare l’arma di un
centimetro.
- - Questa
storia dell’estetica comincia a stancarmi: cerco solo di restituire il sorriso a chi l’ha perso,
questo è il genere di bellezza per cui combatto. Madri tristi per la
malformazione del figlio, persone deformate da interventi tristemente
necessari, ragazzi che non possono fare sport…
- - Smettila
di fare il martire, è il tuo lavoro e lo fai come un impiegato timbra le carte
o un barman prepara un cocktail. – Norma non mollava.
- - Mia
madre faceva la sarta in fabbrica e mio padre lo scultore: trasformavano
materia grezza in qualcosa di bello e di utile, al corpo e all’anima. Mi illudo
di fare qualcosa di simile, potete
considerarmi uno che levighi una statua guastata dal maltempo o un altro che
sistemi un vestito troppo stretto. E’ un lavoro e solo su questo ha ragione,
Norma: ma ogni successo mi regala qualcosa come i fallimenti me la tolgono.
- - Abbiamo
una vittima! – fu il turno di Anna – Ma che ne sa il buon dottore, osannato da
madri e ragazzi, del fallimento?
Dal telefono di
Mario la chitarra grida il solito
blues per qualche secondo, inascoltata, sino a
rassegnarsi
e smettere.
- - Qui
nessun vuole essere osannato o pregato: un “grazie di averci provato” non
compensa una sconfitta. Ho sempre pensato che un problema non si deve
affrontare, ma risolvere: ciò richiede energie e non mi lascia troppo tempo
libero, il prezzo che pago è alto e combatto da solo. Osservate casa mia e non
osate parlare ancora di fallimento o solitudine, si tratta solo di accettare il
prezzo di una scelta.
L’arma
restava salda in mano a Norma, Anna prese a circumnavigare il tavolo. E
continuò.
- - Mario
ha parlato di scelta, ma quando altri scelgono per te? Se le persone che ami
soffrono e muoiono per merito di chi pensa solo a se stesso?
- -Succede
spesso, ma è la vita: pensi ai soldati, alle vittime del terrorismo…
- -Basta
lezioni! Ho fatto la maestra per una vita e di una cosa sono certa: un esempio
vale più di mille parole.
- -A
chi devo essere di esempio? Ai vicini di casa o a chi troverà il mio cadavere?
- -Stai
comodo e senti due storie, anzi tre. – una breve pausa, poi rivolta a Norma –
Parlo io o preferisci raccontare tu?
- - Conosci
i fatti meglio di me, io tengo d’occhio il grande chirurgo.
Anna
sedette sul tavolo, le mani sotto le cosce, le gambe che presero a dondolare
piano.
- - Mia
madre morì quando avevo quindici anni, un’ età stupenda per una donna che
cresceva: città nuova, amicizie e scoperte, i primi baci. Perché se ne andò? Non poteva vivere in un luogo che
non amava e aspettare che il marito tornasse la sera a cena per dividere con
lui pochi grammi di tempo di fronte alla TV. Decise di fuggire in un mondo che
la rendeva più serena, ancora più sola, ma senza frustrazioni.
- - La
depressione si poteva curare anche anni fa, - Mario, medico per un attimo – con le terapie giuste…
- -Silenzio
e ascolta. – l’indice davanti alle labbra - Da allora ho imparato a cucinare,
dopo i compiti, preparavo cenette deliziose al mio amato padre. Studiavo cucina
e chimica, aggiungendo giorno dopo giorno qualche grammo di sostanza che non lo
avrebbe stroncato. L’ho spedito pian
piano in un mondo che spero fosse più desolato di quello di mamma: e lì è morto,
solo e idiota come meritava.
- - Capisco,
sei stata giudice e carnefice: ma dimmi, ciò ti ha restituito la madre persa?
Non sei stata comunque sola con Anna fino a oggi?
Le
gambe si fermarono pochi secondi, poi ripresero il dondolio.
- - Non
ero sola, crescevo dei bambini insegnando loro la vita: fui tra le prime a
realizzare uscite in orario di lezione, senza genitori e insieme ad altre
classi. Nel pomeriggio mi offrivo per dare lezione ai meno dotati e miglioravo
le mia abilità in cucina.
- - Un
quadretto da romanzo d’appendice, scusate la battuta, la maestrina che cerca di
redimersi con il lavoro.
- - NON
DOVEVO REDIMERE NULLA! Ho solo punito chi ha ucciso mia madre; ma con me
abbiamo finito, ti racconto di Norma.
- -Brava,
sono proprio curioso di sapere che ci fa Bonnie senza il suo Clyde.
- - Sarcasmo
da quattro soldi, pensi davvero di poterlo fare? Credi sia un gioco? Taci e
seguimi: chiaro che ci unisse il destino deciso da altri, io un padre e lei un
marito. Non puoi sapere che il bambino di Norma, un pomeriggio che stava in
casa con il padre, ebbe un incidente e morì: colpa del maledetto marito. In
pochi anni le aveva strappato libertà e
figlio, doveva pagare e così è stato. Un mese dopo il funerale preparai
dei biscotti drogati e, dopo un tè, ci liberammo di lui nella vasca da bagno.
Con l’aiuto di qualche tanica di acido. Simulare una sua fuga è stato un gioco
da ragazze.
Mario
non replicò: se al primo racconto i muscoli restarono muti, adesso iniziavano a
mormorare e temeva alzassero la voce. Questa volta i mostri avevano sembianze
femminili, ma la sua “fame” non avrebbe fatto distinzioni: strinse i pugni e
respirò profondamente cercando di placarla. Osservò Norma e gli parve di notare
un sorrisetto di compiacimento, sul volto finora impassibile: una intuizione
saettò nell’oscurità dei suoi pensieri.
- - Un
bambino doppiamente sfortunato.- disse lui con tono beffardo.
- - Non
insultare quel poveretto, che vuoi dire?
- -Chiedilo
alla tua amica con la pistola, non siete culo e camicia?
Anna,
immobile, rivolse a Norma uno sguardo interrogativo, tra il curioso e lo stupito. Nell’attesa della risposta il
telefono di Mario tentò ancora di dire la sua, col tono di un SMS in arrivo.
- - Il
bambino stava in casa con Ruggero: – Norma, spostò la pistola nell’altra mano.
Si asciugò la destra sulla gonna. – non
stava bene. Io ero uscita per fare la spesa e…
- -Mi
avevi detto che il bastardo si era addormentato e il piccolo era caduto arrampicandosi su un mobile:
tuo marito aveva preso un giorno di ferie.
- -Che
cosa cambia, era comunque responsabile.
- -Cambia
eccome! Io ricorderei per filo e per segno ogni dettaglio di un giorno come
quello.
Mario
si diede una pacca virtuale sulla spalla, il ghiaccio di Anna sembrava
incrinarsi. Proseguì nella sfida.
- - Il
bambino doveva essere controllato ogni momento della giornata.
- -Taci
bastardo. – Norma sollevò l’arma.
- -Che
significa, te lo chiedo un ‘ultima volta – Anna si parò davanti a Norma.
I
muscoli erano pronti, l’istinto del pugile si era destato: la situazione era
favorevole, Anna tra lui e l’arma.
Attese, saltellava sul ring prima di sferrare l’uno-due.
- - Massimo
era autistico, facevamo una vita impossibile: uno tra me e Ruggero non poteva
mai perderlo di vista. Ero esaurita, lui aveva una crisi, mio marito riposava
in camera. L’ho spinto con tutta la forza che avevo, è volato all’indietro
battendo la testa forte. Troppo forte. Fu una liberazione.
- -È
stato un incidente, perché mi hai raccontato l’altra versione?
- - Avevo
intuito qualcosa del tuo passato e mi sono sfogata con te. Quando ti sei
confidata ho accettato di buon grado la proposta di punire Ruggero.
La
scena si congela per secondi senza fine, anche la fame di Mario stenta a
spingerlo: la botta è forte, l’adrenalina refluisce, i pugni si aprono. Una
nuova voce, bassa e incerta, sblocca lo stallo.
- -Ho
appena chiamato la Polizia, posi l’arma e non peggiori la situazione.
- -Ci
mancava solo l’avvocato! – rise Norma e
si scostò veloce dal gruppetto. – Si metta vicino a loro, e non faccia l’eroe.
Che ci fa qui?
- - La
gastrite mi dà il tormento e sono sceso per chiedere un medicinale: la porta
era socchiusa, son entrato e ho sentito. Tra poco arriveranno le volanti.
Anna
ghignò soddisfatta.
- -Come
le ha chiamate, con segnali di fumo? È in pigiama e non vedo tasche con
telefoni cellulari.
- -Vuole
ucciderci tutti? Come se la caverà con i cadaveri? Qualcuno farà delle domande…forse pensa di
farci sparire?
- - Niente
arringhe , non siamo in tribunale. In quanto a fare sparire i morti forse non
ha capito abbastanza, anzi nulla. Vero
amica cuoca?
- - Non
così ti prego, avevamo stretto un patto – Anna, con occhi imploranti.
- -Caro
avvocatuncolo, quando è “sparita” tua moglie, lo ricordi?
-
Fin
troppo bene, mi ha lasciato dieci anni fa. Conservo quella maledetta lettera in
cui mi spiega le sue motivazioni, mi è sempre parsa una lezioncina di cui non
la facevo capace.
- - Fuocherello,
ci stiamo avvicinando. Se non sbaglio la signora non aveva un fisico da
modella, giusto?
- -No…non
capisco che c’entra tutto questo.
Il
ghigno di Norma divenne una risata, Anna sedette, mani sulle ginocchia ad
accogliere il volto. Mario avvertì in bocca un gusto amaro e nausea: la stessa
di quando stava gettando il cibo di Anna, mentre conservava la porzione di
carpaccio. Due fette parecchio spesse e troppo scure.
- -Ricorda
il menù del primo pranzo di condominio, dieci anni or sono?
- -Mma…ma,
che significa dopo tutti questi anni.
- - Era
proprio la prima volta, le carni non erano giovani e per giunta grasse: io e
Anna faticammo per ricavarne un pasto decente. L’ossobuco, poi, con quelle
nervature: l’abbiamo dovuto trattare come fosse selvaggina.
Il
medico sentì le arterie pulsare e pompare adrenalina ai muscoli, ossigeno a
cervello e cuore: gli ingranaggi erano
pronti.
- - Cosa
avete servito poi, trippa o pasta al ragù? – esplose – E nelle altre occasioni
arrosto o cotolette? L’amministratore è finito in ravioli o in carpaccio come
l’operaio che lavorava in casa del qui presente Tesconi?
L’avvocato
sgranò gli occhi, Norma spostò la pistola verso i tre bersagli, Anna liberò un
pianto sommesso, Mario strinse i pugni fino a sbiancare le nocche.
Norma
alzò la sinistra, Tesconi incrociò le
braccia sul volto.
Mario
lasciò andare il destro.
L’arma
emise due gemiti sordi seguiti da un altro prolungato, che mutò in un rantolo
scuro.
Il
pugno di Mario andò a bersaglio con Norma, il suono di mandibola in frantumi,
che volò nel corridoio.
Un
tappeto scarlatto si allargò sotto il corpo di Anna, riversa sul pavimento.
- - Ci
penso io, avvocato, mi prenda un asciugamano e chiami un’ ambulanza: per la
Polizia non c’è fretta.
La stoffa ripiegata a tamponare l’addome si
fece scura e umida, le mani di Anna a cercare le sue.
- - Se
spreca tempo con me è un chirurgo delle cause perse.
- -Sta
arrivando l’ambulanza.
- -È
tardi, conosco Tesconi e non avrà ancora digitato il 118. Come ha scoperto
tutto?
- - Un’
intuizione mentre gettavo il pasto che mi ha regalato: ho pensato che non avevo
mai visto un carpaccio del genere, ma
avevo già visto un muscolo simile.
L’operaio, giusto?
- -Troppo
curioso, appassionato di giardinaggio per giunta. – una breve pausa, il tempo
di un sospiro – Faceva domande su fiori e piante, chiedeva consigli sul
fertilizzante.
Mario
premette forte sulla ferita, il medico e il pugile, pietà e fame si spingevano
l’una con l’altra.
- - Due
divinità che decidevano chi doveva vivere e chi morire: avete tracciato una
linea e chi la superava veniva eliminato. Nessun appello, ma i criteri?
Chiunque non fosse devoto alla propria compagna o ficcasse il naso nei vostri
santuari diventava un capro espiatorio?
- -Chiunque
alimentasse tristezza o solitudine, chi rompesse un patto, chi tradisse o
mentisse.
- -Che
mi dice di Norma, non l’ha ingannata per coprire un suo tragico errore? In un
sol colpo si è tolta due pesi.
- -Questo
mi fa soffrire più del proiettile. Fingeva…che io fossi una guida per lei…mi ha
solo usato.
-
Perché
i pranzi di condominio? Che macabro rituale mettevate in scena?
Il
respiro si fece frequente e le parole della donna uscirono leggere.
- - In
alcune tribù, a torto chiamate selvagge, i guerrieri mangiano gli avversari
uccisi o i propri avi: si tratta di rispetto verso il nemico e conservazione
della famiglia, oltre la morte.
- -I
due amministratori e il marito di Norma? Solo spariti o cosa?
- -Il
predecessore di Malfatti e parte di Ruggero furono due…belle feste; per
l’ultimo amministratore è stata sufficiente la minaccia di un…controllo dei
conti bancari. Doveva avere la co…scienza sporca, vista la fuga.
- -E
anche parecchi soldi. Infine la moglie dell’avvocato, che ha fatto di male?
- - Quella
fu un’ idea di Norma: la definì…una balena che pensava solo a spendere denaro
in vestiti e pasticceria…mentre il marito si ammazzava di lavoro.
Le
mani di Mario, chino accanto ad Anna, erano umide e appiccicose come il
pavimento. Premette con maggior forza. Tornò Tesconi che brandiva il
telefonino come un sasso e lo scagliò
contro Norma, colpendola al volto. Nessun lamento, solo le grida di Mario.
- -Cosa
crede di fare, non pensa abbia pagato a caro prezzo i suoi errori?
- - Quali
errori? Abbiamo due mostri che uccidevano e mangiavano chi attraversava loro la
strada, alla stregua di un insetto; amavo mia moglie con i suoi difetti, non
avevamo figli e lei riempiva le giornate a modo suo, mentre io lavoravo. Chi ha
dato loro il diritto?!
Una
smorfia di Anna, Mario mosse il capo in segno di diniego, Tesconi fuggì in
bagno. Il cellulare del medico si fece ancora sentire, il tono di arrivo di un
SMS.
- -Tranquilla,
fra poco arrivano i soccorsi.
- -Troppo
tardi…caro il mio Mario non c’è tempo. La torta…gettala, come hai fatto con il
resto del mio cibo.
- - Perché
anche io, cosa vi ho fatto?
- - Sei
stato invitato all’ultimo…pranzo da me: - le parole faticavano ad uscire – mi
piaceva come assistevi mentre cucinavo, senza giudicare o dare consigli idioti.
Vedevo un uomo che affrontava…la vita e il lavoro con leggerezza, ogni giorno.
Avevi la mia stima.
- - E
non immaginava lontanamente cosa avrebbe mangiato.
- - Quello
fu il problema: te ne andasti senza assaggiare nulla, nelle nostre menti malate
avevi rifiutato...il nostro rispetto. Eri…una copia degli altri quattro…poveri
sfigati, come dite oggi.
- - Né
divinità né carnefici, solo due donne deboli che fingevano di avere nuova forza
alleandosi contro nemici inesistenti,
alibi per vostri guai. Questo siete diventate.
Sulla
soglia comparve Tesconi, livido e scosso da brividi si accovacciò e prese a
singhiozzare. Le sirene squarciarono l’aria con un pianto scuro e senza
lacrime; Mario lasciò la pressione, pulì le mani sui vestiti e chiuse gli occhi
di Anna.
Ancora
un risveglio con ossa e muscoli che gridavano vendetta: allungò un braccio, poi
l’altro. Con fare timido i piedi sondarono il pavimento: freddo, liscio,
asettico. Come in tutti gli ospedali: Mario dormiva nello studio da quando
l’appartamento era sotto sequestro. Dalla telefonata all’amico Commissario di
Milano, Moruzzi, cui chiedeva di sollecitare la pratica con i colleghi
genovesi, erano trascorsi quattro giorni.
- -Buongiorno!
– Jorge entrò trionfante con cappuccino e brioche.
- -Come
cazzo fai a essere così allegro alle sette del mattino?
- -Passo
la notte in compagnia di una femmina, una bella doccia e rinasco.
- -Dormendo
in un vero letto!
- -Ti
ho offerto la mia camera degli ospiti.
-
Dovrei
stare sveglio ad ascoltare le tue performance? No grazie; passami la colazione,
piuttosto.
- -Posso
farti una domanda pesante?
- -Dimmi.
– laconico, alle prese con la colazione.
- -Come
ti sentirai ogni volta che avrai davanti una bistecca o della pasta al ragù?
- - Bene,
a patto che non beva del vino. In compenso il resto degli invitati al pranzo
frequenta lo psicoterapeuta o si impasticca ed è diventato vegano.
- - Sei
un cinico bastardo, lo sai?
Il
ghigno di Mario fece spazio ad uno sguardo malinconico.
- -Non
ho mangiato nulla e mi è andata di lusso, i turni massacranti mi hanno salvato
la pelle.
- -Che
vuoi dire?
- -Il
mio cibo era avvelenato, sarei morto nel sonno.
- -Come
lo sai?
- -Me
l’ha confessato Anna, comunque avevo tenuto parte del sugo e di quella specie
di carpaccio, li ho portati in laboratorio e dal patologo. Quintali di tossina
botulinica e DNA umano: dal laboratorio mi hanno telefonato mentre ero sotto
tiro della pistola e il patologo mi ha inviato un SMS, poco dopo.
- -Due
pazze suonate.
- - Solo
due comparse che cercavano un ruolo da protagoniste: il pubblico inconsapevole
dei loro spettacoli era formato dagli invitati ai pranzi. Il pasto era una
celebrazione delle vittorie sui loro avversari: mi sono salvato solo perché
trascorro più tempo qui che a casa.
- -Quindi
vietato brontolare se lavorerai troppo nei prossimi giorni.
- -Mi
sono mai lamentato? L’unica vera sciagura qua dentro è la tua compagnia.
- -Le
disavventure non ti rendono certo meno stronzo.
- -No,
ma lasciano una cicatrice in più. E dove non si vedono fanno più male.
- - Basta
chiacchiere ora, hai mangiato abbastanza e ti aspetta il torneo quotidiano:
armatura e cavallo sono pronti.
Wow...resto basita. Il Buon Pinozzi se le va a cercare. Complimenti, noir di spessore.
RispondiEliminaBuongiorno a tutti e grazie della lettura. Di conclude con questo pranzo particolare la trilogia di racconti che Mimma Zuffi ha ospitato sul magazine. Per me è stato un onore e spero di avervi coinvolto in storie di una persona comune, o quasi, come amo definirla. Come me e voi, giusto? Ritengo che gli eroi non siano quelli dei fumetti o i vincitori della Champions, tanto meno i politici rampanti. Sono gli uomini che non sanno essere solo maschi e le donne che non rinunciano a essere femmine. O una ragazza che piange disperata perché è morto il suo cagnolino.Per tutto ciò ho scelto un protagonista reale con guai immaginari. O quasi.
RispondiEliminaA breve uscirà su Amazon.it la raccolta con altri due racconti sotto il titolo "Il senso di Mario per i guai" in ebook e cartaceo. Sarò onorato se lo vorrete leggere, oltre al romanzo dove tutto è iniziato "Gemelli diversi - Occhi dal passato" per in ebook su Amazon.it.
Grazie ai lettori e a Mimma!
Marco Moretti