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venerdì 22 gennaio 2021

Intervista a ROBERTO BRIVIO

Poichè ho appena saputo che Roberto Brivio non c'è più vorrei ricordarlo con un'intervista che gli avevo fatto anni fa

di Mimma Zuffi


21 maggio 2014, era appena finita la presentazione del "compleanno" (20 anni) dell'Umanitaria quando mi trovo dinanzi un vecchio (si fa per dire!) amico: ROBERTO BRIVIO. Non potevo lasciarmi scappare l'occasione di fargli un'intervista, ma c'era troppa gente! Abbiamo deciso che ci saremmo rivisti a breve per parlare dei suoi programmi. E così è stato.
Ecco a voi il nostro "botta e risposta":







«Roberto Brivio, 250 canzoni depositate, utilizzate, edite, 11 libri pubblicati, collaborazioni con giornali prestigiosi: oggi  cosa fa bollire in pentola uno dei fondatori de I Gufi, il quartetto che ha imperversato negli anni 1964/1969 e nel 1981/82, dei quali non solo si ha memoria ma il ricordo è talmente vivo che i tre superstiti sono ancora oggetto di attenzioni, di richieste, di  stima, di  ossequio?»
Sto preparando l’estate 2014 alla luce di Comuni che denunciano mancanza di soldi, di Enti che non rispondono all’invio di progetti, di telefonate a vuoto, di viaggi inutili, di proposte anche notevoli e culturalmente nuove inevase e non tenute in considerazione.

«E’ per via della crisi? »
In parte, ma soprattutto per il malvezzo, credo tutto italiano di non rispondere se le lettere non sono accompagnate dalla telefonata di amici, conoscenti, politici.

«E’ una bella accusa!»
Beh, non tutti. Alcuni, da me sollecitati da telefonate e missive dicono finalmente “no”, chiudendo ogni possibilità. E’ meglio così che tirare in lungo per far superare i periodi.

«In che senso?»
Prendiamo le proposte dell’estate. Una notevole percentuale di destinatari non risponde, non si fa trovare, e le segreterie  chiedono il tuo numero di telefono, indirizzo ecc. sostenendo che appena libero, il responsabile provvederà direttamente ad un contatto. Non succede niente. A fine settembre riesci in qualche modo a parlargli per sentirti dire che ormai l’estate è finita. Caso di superamento del periodo.

«E’ un caso o sono in molti a comportarsi così?»
In molti. Non solo Comuni, Enti, Associazioni, Pro Loco, ecc. anche Ditte, Società, eventuali Sponsor. Una volta interpellati a proposito hanno risposto che ricevono giornalmente centinaia di proposte e che dovrebbero assumere personale per rispondere a tutti. Secondo me, vagliando le proposte farebbero bene a leggere attentamente chi sono i mittenti.

«Parliamo di te.»
Stiamo parlando di me.

«D’accordo, ma vorremmo sapere qualcosa sulla tua attività.»
Se vuole giocare le dico che in questo momento la mia attività è quella di attesa che succeda qualcosa. Sembra che a una certa età e senza protezioni tutto sia fermo con attorno  un mondo che va avanti. Mentre aspetto mi muovo. Sto uscendo dalla vigliaccata dei titolari dei Teatri di Villa Clerici…

«Come? Come?»
Non leggi i giornali? Ne hanno parlato per mesi. Gestivo con Aldo Colonnello e Angelo Favro due Teatri all’aperto annessi a una grande Villa del ‘700 in quel di Niguarda, con tanto di mandato, 1400 e 3250 posti, palcoscenici in muratura, chiaramente da allestire in tutto e per tutto, e dopo due anni di attività in perdita pensando che ci saremmo rifatti tra il terzo e il quarto, dieci  giorni prima del debutto con Traviata, parlo del Giugno 2013, la Compagnia San Paolo, che nel frattempo aveva cambiato titolarità con una Immobiliare, ha revocato il mandato, cancellandoci 42 spettacoli già contattati e con contratti firmati. Siamo in causa.

«Perché, queste gestioni?»
Non essendoci lavoro in offerta cerco di crearmelo.

«E questa estate? Ci siamo incontrati all’Umanitaria!»
Già. Ho fatto alcune proposte: poesia, prosa, operette, un musical. Speriamo vengano accettate dal consiglio. Lo sapremo tra pochi giorni. Se passeranno sarà una bella E…state all’Umanitaria.

«E per l’inverno?»
Dicono che nei Teatri i giochi sono già fatti. Manderò comunque al più presto tre proposte: uno spettacolo dal titolo LE CANZONI DE I GUFI, ed è detto tutto; DA VIENNA A BROADWAY ovvero L’Operetta… praticamente un Musical, e anche qui c’è poco da dire perché il titolo rivela a sufficienza il contenuto; VISITE DI CORTESIA, una commedia di Elisabetta Marinelli e Daniela Zeffiro dal respiro comico tipo le pièces di Neil Simon, il movimento di Rumori Fuori Scena, ma autenticamente italiana. A questo lavoro unirò in Ottobre un aggiornato “Non so non ho visto se c’ero dormivo” di Luigi Lunari.

«Beh! Ne hai di carne al fuoco.»
Già. Girerò come facevano le vecchie compagnie, con tre o quattro lavori. Ricostituirò, se tutto andrà come dovrebbe andare, il marchio “Teatro del Popolo”, tanto caro all’Umanitaria. Pensi che nel 1959/60 appena uscito dall’Accademia del Filodrammatici ho presentato assieme a Laura Efrikian e Romano Battaglia una serie di concerti Jazz con a capo il batterista  Gill Cuppini, in tante vecchie osterie di Milano, appunto per l’Umanitaria.

«E per quanto riguarda i dischi?»
E’ un po’ che non pubblico CD. Gli ultimi, dopo aver realizzato con la EMI, ora assorbita dalla Universal, in 7 album l’intero repertorio de I Gufi (12 CD),  ho dato alla Map la concessione di 3 CD: Operetta, Canzoni milanesi, Canti popolari del lavoro e di protesta. Restano in cantiere 48 Canti Goliardici registrati presso la Riverrecord, 12 canzoni scritte sugli Incidenti del lavoro che provocano le Morti Bianche, registrate presso lo studio di Paolo Gennai, anche compositore delle stesse. E i master di pezzi singoli come “Corinne” canzone commerciale inedita e “Ciao Ciao Ciao” sulla moda di triplicare e quadruplicare il saluto italo-cinese nelle telefonate.  Mi sono dedicato invece ai libri.

«Ne hai scritti undici.»
Scritti e pubblicati. Nell’ordine:  I Canti Goliardici 1 e 2- Canzoni sporche all’osteria – Meglio bastardi che mai dal diario di un cane –  Il Libro delle parolacce – Cabaret di merda – Malalcoolia, storie di bianchi, rossi e spiritosi – Il romanzo della Vedova Allegra – Non  truffateci se potete -  El Gran liber di Parolasc (nuova edizione) – Attenti al Gufo, adess ve la cunti mi. Di prossima uscita “Milano in faccia” con le caricature anni 60/70/80 di Bruno Prosdocimi – Un Gufo alla corte del Tecoppa ovvero Le storie di Piero Mazzarella.

«Di cosa parla il tuo ultimo libro “Attenti al Gufo”?»
Di cosa dico quando faccio uno spettacolo: storie contornate da momenti di vissuto teatrale. In cinquantacinque anni di Teatro ne ho raccolti di aneddoti! Credevo che il maggior supporto del libro fossero le barzellette che racconto come fossero elzeviri, invece vedo un pubblico affascinato dagli avvenimenti che hanno caratterizzato la mia carriera. Faccio nomi e cognomi di personaggi  collocandoli negli anni che ho consumato vivendo per il Teatro.  Come nello spettacolo, del quale il libro ha mantenuto il ritmo incalzante senza un attimo di respiro, à boute de soufle per dirla alla francese, si ride ad ogni capoverso.

«Puoi dire ai nostri lettori cosa sono “I canti goliardici”?»
Un amaro flop teatrale cominciato al Mazda Palace, continuato allo Smeraldo, ora supermercato di lusso con molti ristoranti  interni, al Nuovo di Torino, al Teatro delle Celebrazioni di Bologna e poi interrotto nel suo tour perché il pubblico era formato solo dagli studenti sopravvissuti della mia generazione e non dai giovani  universitari che non conoscevano e ai quali non interessavano i famosi Canti della Goliardia; le canzoni più parolacciate della musica leggera. Uno spettacolo giudicato da Tonino Nediani, drammaturgo e critico, incontrato alla Casa di Riposo per artisti di Bologna, come il più civile degli ultimi cinquant'anni. 

«Parolacciate?»
Grotteschi, parodie, calembour musicali, con parole sconce sul sesso e i suoi derivati. Il titolo era quello dell’Inno Universitario “Di Canti di Gioia”, il sottotitolo “ Pene al pene”, per far capire che non c’erano censure volontarie, parole in sostituzione, doppi sensi.

«In milanese?»
No, no. In puro italiano. La cultura milanese non c’entra. Il repertorio goliardico è a respiro nazionale.

«Un tempo, quando cantavi e recitavi con I Gufi, ti soprannominavano  “Il Cantamacabro”.  Come mai?»
Scrivevo soprattutto canzoni aventi come protagonisti i cimiteri, i becchini, le bare, i funerali.  Erano e sono tuttora macabre.


«Quando nasce l’idea di proporre canzoni di questo tipo?»
Nel ’60. Questo genere mancava. Era terreno fertile per ironizzare un mondo che viveva sul “morto”, da lì nasceva lo spunto per questo tipo di “cimiterial song”.

«I titoli? E dove si trovano?»
Clikki in You tube, I Gufi a colori, e trova le canzoni. I titoli? Vorrei tanto, Quando sarò, A contentely bechine story, Cimitero raccapriccing, Cipressi e Bitume, la Ballata del piazzista di bare, Scheletri, Fa caldo, Obitorio, Funeral Show, Cimitero is the wonderful thing, un rag time che ha come inizio “Al cimitero è bello andar con la ragazza per la mano a passeggiar”…

«Sono sempre state accettate?»
In genere sì, salvo qualche rara eccezione come una volta a Chianciano, locale pieno zeppo, ne abbiamo fatte sei di fila, la gente usciva boccheggiando con la mano che comprimeva il fegato.  Le ho cantate anche all’interno del Monumentale di Milano in una manifestazione appropriata.

«Come ti sei ispirato?»
Ho fatto la prima…Vorrei tanto, suicidarmi… e poi le altre sono venute di conseguenza, complice Ario Albertarelli  musicista e rumorista della Pagot Film, compositore di quasi tutte le musiche.

«Hai fatto molta televisione?»
Non tanta. I Gufi non erano sempre ben visti nei programmi di varietà. Solo nelle trasmissioni giornalistiche.

«E nelle TV private?»
Abbiamo stravolto le audiences della Domenica sera con le quaranta puntate di “Meglio Gufi che mai”. In assoluto il pubblico di tutta Italia vedeva noi che per la pubblicità avevamo reinventato il Carosello facendolo alla nostra maniera. Io su Antenna 3 ho presentato venti puntate de “Lo Squizzofrenico”, trasmissione avveniristica arrivata terza nella classifica globale di un settimanale che dava primi i Gufi, secondi Ric E Gian, terzo Roberto Brivio. Poi ancora sulla stessa emittente Il Parapiglio e La Festa.

«Adesso ?»
Dopo aver presentato proposte per il contenuto di cinque faldoni, realizzato dei numeri zero non visti dai soloni TV, neanche quelli della Svizzera italiana, ho gettato la spugna. Scrivo, a detta dei dirigenti, cose troppo intelligenti. Dico bene, con dizione perfetta, faccio ridere senza pronunciare parolacce, ho una vena umoristica che potrebbe dare fastidio e qualcuno ha paura che lo spiazzi. Perciò non vado bene neanche a fare l’ospite o l’opinionista.

«Come sono i rapporti con Patruno e Svampa?»
Ci rispettiamo, ogni tanto ci frequentiamo, ci telefoniamo, ci scambiamo gli auguri. Qualcuno vorrebbe ci rimettessimo assieme senza contare che magari siamo passati di moda, che ci hanno copiato troppo per essere di nuovo originali. Quest’anno, per festeggiare il 50mo dalla nascita del gruppo, un impresario ci aveva scritturato per dodici serate: Nazionale a Milano, Pergola a Firenze, Alfieri di Torino, Duse di Bologna, Sistina di Roma, Politeama di Napoli, e via dicendo. Nanni è stato male. Non s‘è potuto dar corso alla prima e di conseguenza alle repliche.

«Dicono che la comicità vostra sia stata ereditata dagli artisti che si esibiscono a Zelig, a Colorado. Cosa ne pensi?»
Mah! Zelig e Colorado sono i prodotti dei tempi. Gli artisti, quasi tutti monologhisti uguali. Riempiono le sale. Potenza della televisione. Niente di culturale, di impegnato. Comunque risate che a volte non capisco.
Molti gruppi o ex gruppi di un tempo dichiarano che si sono messi insieme dopo aver visto noi. Di certo non i single. Noi e molti altri siamo arrivati a Teatro dopo una sana gavetta. Adesso no. Ci arrivano in un giorno televisivo. Il nostro pubblico dice che come negli anni '60/'70 non ce n’è. Il pubblico di oggi, tra vent'anni, dirà le stesse cose.

«Tu nasci nel 1938 a Milano.»
Sì. A Porta Venezia. Da bambino andavo all’Oratorio di San Gregorio dove organizzavo recite e provavo l’ebbrezza del palcoscenico per le prime volte. Ricordo i Teatri dove mi portava mio padre: alla Combattenti di via Tadino, al Pace e al Novecento dove facevano il varietà.

«Brivio è un cognome lombardo. Quali sono le tue origini?»
Papà era di Lomagna trasferito con la famiglia a Villasanta, mamma di Morsano al Tagliamento in provincia di Udine una volta, di Pordenone ora. Lombardia e Friuli. Parlo correntemente i due dialetti, e li scrivo.

«Canzoni in friulano?»    
Me none” (mia nonna) “Di là da l’aghe” (oltre il Tagliamento) “ Il terremott” (il terremotto) “ La glisiute”
(la chiesina) “Bombis tal Tiliment” (bombe nel Tagliamento) “La sdrinsule” (l’altalena); non le ho mai incise.
Sono lì, nel cassetto.

«Brivio gestore di Teatri. Come mai?»
Il primo è stato nel 1960. Si chiamava Il Teatro del Corso e stava in pieno centro sotto il Bar delle 3 Gazzelle. Repertorio importato dagli Off Broadway. Poi Il Refettorio negli anni ’70, dopo lo scioglimento de I Gufi, poi un Brivio Tenda con l’Operetta, indi il Cristallo nel quale ho scritturato per primo in Italia The Rocky Horror Show, l’Art Mondial Cabaret, il Teatro Ariberto, il Teatro La Scala della Vita, i Teatri di Villa Clerici e adesso… non lo dico per scaramanzia. Perché? Nessuno mi offriva posti-lavoro e io me li creavo.

«E Brivio in Operetta?»
A seguito di una scrittura stagionale dell’impresario Bruno Berri. Ero il comico, con Enzo Garinei. Soubrette Laura Belli. Maestro, regista Carlo Rizzo, ex spalla di Macario. Debutto a Montecatini con "La Vedova Allegra", "Cin Ci La",  "La principessa della Czardas". Grandi successi. Sono consacrato Comico. A metà tournée per una malattia di Berri mi trovo  a dover rilevare la compagnia. Coinvolgo mia moglie Grazia Maria Raimondi e la faccio diventare soubrette di successo. La Compagnia si chiama Città di Milano. Vado avanti così per quindici anni circa. Le mie regie danno ai testi un’impronta ironica che prima non usavano, oltre alla critica di un mondo dorato, a letture socio-politiche e messe in scena stilizzate.

«Programmi futuri?»
Vivere, invecchiare senza esagerazioni, realizzare continue idee,  stare il più possibile con i miei nipotini (Andrea,nove anni; Angelica, sei anni; Maria Vittoria, tre anni), dirigere tre commedie, produrne quattro, fare un programma TV di successo, girare un docufilm su MI per l’Expo, registrare almeno quattro CD,   pubblicare i due libri già pronti, e metterne in cantiere altri due, realizzare due musical. Fare inoltre una lavorativa vecchiaia con Grazia Maria Raimondi (moglie e partner) e serena con i figli (Fabrizio, Matteo, Federika, attrice in netta salita) e congiunti (Elena e Massimiliano), senza dimenticare i rispettivi sorella e fratello: Maria e Gianfranco. E’ chiedere troppo? No?  Allora aggiungiamo anche  consuoceri e amici  personali. E che God ce  la mandi sempre good.




8 commenti:

  1. Bella intervista a un uomo eccezionale!
    Federica

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  2. Fa malinconia vedere che personaggi di valore vengano accantonati perchè troppo intelligenti o per età: il "giovanilismo",assai di moda, fa perdere occasioni artistiche preziose. C'è di buono che Brivio non demorde, viene da una scuola dura che non teme confronti. Bravo!
    Annalisa

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  3. Vero e grande artista che sa cogliere tutti gli aspetti della vita. Bravo Roberto Brivio. E complimenti a chi a voluto fare l'intervista. I progetti del grande Brivio sono veramente esaltanti.
    Federico.

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  4. Poche parole, solo dire a Roberto Brivio che è sempre bravo, bravo...e porta sempre avanti i tuoi progetti.
    Lucia

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    1. Bella intervista, Non me l'aspettavo. Complimen ti a Mimma Zuffi. Quasi quasi mi monto la testa, Grazie. Roberto Brivio.

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  5. Se l'intervista è bella, devo dire grazie all'intervistato!
    Mimma

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  6. i Gufi? Mai conosciuti (purtroppo) di persona. però sono amici miei carissimi da quando avevo 14 anni.Mi hanno divertito. emozionato. aiutato a crescere in un modo che mi piace. mi hanno insegnato la leggerezza. E scusate se è poco. L'intervista a Roberto Brivio è bellissima.
    enzo ciaccio
    7 settembre 2015

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