Poichè ho appena saputo che Roberto Brivio non c'è più vorrei ricordarlo con un'intervista che gli avevo fatto anni fa
21
maggio 2014, era appena finita la presentazione del "compleanno" (20
anni) dell'Umanitaria quando mi
trovo dinanzi un vecchio (si fa per dire!) amico: ROBERTO BRIVIO. Non potevo lasciarmi scappare l'occasione di fargli
un'intervista, ma c'era troppa gente! Abbiamo deciso che ci saremmo rivisti a
breve per parlare dei suoi programmi. E così è stato.
«Roberto Brivio, 250 canzoni
depositate, utilizzate, edite, 11 libri pubblicati, collaborazioni con giornali
prestigiosi: oggi cosa fa bollire in
pentola uno dei fondatori de I Gufi, il quartetto che ha imperversato negli
anni 1964/1969 e nel 1981/82, dei quali non solo si ha memoria ma il ricordo è
talmente vivo che i tre superstiti sono ancora oggetto di attenzioni, di
richieste, di stima, di ossequio?»
Sto preparando l’estate 2014 alla
luce di Comuni che denunciano mancanza di soldi, di Enti che non rispondono
all’invio di progetti, di telefonate a vuoto, di viaggi inutili, di proposte
anche notevoli e culturalmente nuove inevase e non tenute in considerazione.
«E’ per via della crisi? »
In parte, ma soprattutto per il
malvezzo, credo tutto italiano di non rispondere se le lettere non sono
accompagnate dalla telefonata di amici, conoscenti, politici.
«E’ una bella accusa!»
Beh, non tutti. Alcuni, da me
sollecitati da telefonate e missive dicono finalmente “no”, chiudendo ogni
possibilità. E’ meglio così che tirare in lungo per far superare i periodi.
«In che senso?»
Prendiamo le proposte dell’estate.
Una notevole percentuale di destinatari non risponde, non si fa trovare, e le
segreterie chiedono il tuo numero di
telefono, indirizzo ecc. sostenendo che appena libero, il responsabile
provvederà direttamente ad un contatto. Non succede niente. A fine settembre
riesci in qualche modo a parlargli per sentirti dire che ormai l’estate è
finita. Caso di superamento del periodo.
«E’ un caso o sono in molti a
comportarsi così?»
In molti. Non solo Comuni, Enti, Associazioni,
Pro Loco, ecc. anche Ditte, Società, eventuali Sponsor. Una volta interpellati
a proposito hanno risposto che ricevono giornalmente centinaia di proposte e
che dovrebbero assumere personale per rispondere a tutti. Secondo me, vagliando
le proposte farebbero bene a leggere attentamente chi sono i mittenti.
«Parliamo di te.»
Stiamo parlando di me.
«D’accordo, ma vorremmo sapere
qualcosa sulla tua attività.»
Se vuole giocare le dico che in
questo momento la mia attività è quella di attesa
che succeda qualcosa. Sembra che a una certa età e senza protezioni tutto
sia fermo con attorno un mondo che va
avanti. Mentre aspetto mi muovo. Sto uscendo dalla vigliaccata dei titolari dei
Teatri di Villa Clerici…
«Come? Come?»
Non leggi i giornali? Ne hanno parlato
per mesi. Gestivo con Aldo Colonnello e Angelo Favro due Teatri all’aperto
annessi a una grande Villa del ‘700 in quel di Niguarda, con tanto di mandato,
1400 e 3250 posti, palcoscenici in muratura, chiaramente da allestire in tutto
e per tutto, e dopo due anni di attività in perdita pensando che ci saremmo
rifatti tra il terzo e il quarto, dieci
giorni prima del debutto con Traviata, parlo del Giugno 2013, la
Compagnia San Paolo, che nel frattempo aveva cambiato titolarità con una
Immobiliare, ha revocato il mandato, cancellandoci 42 spettacoli già contattati
e con contratti firmati. Siamo in causa.
«Perché,
queste gestioni?»
Non essendoci lavoro in offerta
cerco di crearmelo.
«E questa estate? Ci siamo
incontrati all’Umanitaria!»
Già. Ho fatto alcune proposte:
poesia, prosa, operette, un musical. Speriamo vengano accettate dal consiglio.
Lo sapremo tra pochi giorni. Se passeranno sarà una bella E…state all’Umanitaria.
«E per l’inverno?»
Dicono che nei Teatri i giochi sono
già fatti. Manderò comunque al più presto tre proposte: uno spettacolo dal
titolo LE CANZONI DE I GUFI, ed è detto tutto; DA VIENNA A BROADWAY ovvero
L’Operetta… praticamente un Musical, e anche qui c’è poco da dire perché il
titolo rivela a sufficienza il contenuto; VISITE DI CORTESIA, una commedia di
Elisabetta Marinelli e Daniela Zeffiro dal respiro comico tipo le pièces di
Neil Simon, il movimento di Rumori Fuori Scena, ma autenticamente italiana. A
questo lavoro unirò in Ottobre un aggiornato “Non so non ho visto se c’ero
dormivo” di Luigi Lunari.
«Beh! Ne hai di carne al fuoco.»
Già. Girerò come facevano le vecchie
compagnie, con tre o quattro lavori. Ricostituirò, se tutto andrà come dovrebbe
andare, il marchio “Teatro del Popolo”,
tanto caro all’Umanitaria. Pensi che nel 1959/60 appena uscito dall’Accademia
del Filodrammatici ho presentato assieme a Laura Efrikian e Romano Battaglia
una serie di concerti Jazz con a capo il batterista Gill Cuppini, in tante vecchie osterie di
Milano, appunto per l’Umanitaria.
«E per quanto riguarda i dischi?»
E’ un po’ che non pubblico CD. Gli
ultimi, dopo aver realizzato con la EMI, ora assorbita dalla Universal, in 7
album l’intero repertorio de I Gufi (12 CD),
ho dato alla Map la concessione di 3 CD: Operetta, Canzoni milanesi, Canti
popolari del lavoro e di
protesta. Restano in cantiere 48 Canti
Goliardici registrati presso la Riverrecord, 12 canzoni scritte sugli Incidenti
del lavoro che provocano le Morti Bianche, registrate presso lo studio di Paolo
Gennai, anche compositore delle stesse. E i master di pezzi singoli come
“Corinne” canzone commerciale inedita e “Ciao Ciao Ciao” sulla moda di
triplicare e quadruplicare il saluto italo-cinese nelle telefonate. Mi sono dedicato invece ai libri.
«Ne hai scritti undici.»
Scritti e pubblicati. Nell’ordine: I Canti Goliardici 1 e 2- Canzoni sporche
all’osteria – Meglio bastardi che mai dal diario di un cane – Il Libro delle parolacce – Cabaret di merda –
Malalcoolia, storie di bianchi, rossi e spiritosi – Il romanzo della Vedova Allegra
– Non truffateci se potete - El Gran liber di Parolasc (nuova edizione) –
Attenti al Gufo, adess ve la cunti mi. Di prossima uscita “Milano in faccia”
con le caricature anni 60/70/80 di Bruno Prosdocimi – Un Gufo alla corte del
Tecoppa ovvero Le storie di Piero Mazzarella.
Di cosa dico quando faccio uno
spettacolo: storie contornate da momenti di vissuto teatrale. In cinquantacinque
anni di Teatro ne ho raccolti di aneddoti! Credevo che il maggior supporto del
libro fossero le barzellette che racconto come fossero elzeviri, invece vedo un
pubblico affascinato dagli avvenimenti che hanno caratterizzato la mia carriera.
Faccio nomi e cognomi di personaggi
collocandoli negli anni che ho consumato vivendo per il Teatro. Come nello spettacolo, del quale il libro ha
mantenuto il ritmo incalzante senza un attimo di respiro, à boute de soufle per
dirla alla francese, si ride ad ogni capoverso.
Un amaro flop teatrale cominciato al
Mazda Palace, continuato allo Smeraldo, ora supermercato di lusso con molti
ristoranti interni, al Nuovo di Torino,
al Teatro delle Celebrazioni di Bologna e poi interrotto nel suo tour perché il
pubblico era formato solo dagli studenti sopravvissuti della mia generazione e
non dai giovani universitari che non
conoscevano e ai quali non interessavano i famosi Canti della Goliardia; le
canzoni più parolacciate della musica leggera. Uno spettacolo giudicato da
Tonino Nediani, drammaturgo e critico, incontrato alla Casa di Riposo per
artisti di Bologna, come il più civile degli ultimi cinquant'anni.
«Parolacciate?»
Grotteschi, parodie, calembour musicali,
con parole sconce sul sesso e i suoi derivati. Il titolo era quello dell’Inno
Universitario “Di Canti di Gioia”, il sottotitolo “ Pene al pene”, per far
capire che non c’erano censure volontarie, parole in sostituzione, doppi sensi.
«In milanese?»
No, no. In puro italiano. La cultura
milanese non c’entra. Il repertorio goliardico è a respiro nazionale.
«Un tempo, quando cantavi e recitavi
con I Gufi, ti soprannominavano “Il
Cantamacabro”. Come mai?»
Scrivevo soprattutto canzoni aventi
come protagonisti i cimiteri, i becchini, le bare, i funerali. Erano e sono tuttora macabre.
«Quando nasce l’idea di proporre
canzoni di questo tipo?»
Nel ’60. Questo genere mancava. Era
terreno fertile per ironizzare un mondo che viveva sul “morto”, da lì nasceva
lo spunto per questo tipo di “cimiterial song”.
«I titoli? E dove si trovano?»
Clikki in You tube, I Gufi a colori,
e trova le canzoni. I titoli? Vorrei tanto, Quando sarò, A contentely bechine
story, Cimitero raccapriccing, Cipressi e Bitume, la Ballata del piazzista di
bare, Scheletri, Fa caldo, Obitorio, Funeral Show, Cimitero is the wonderful
thing, un rag time che ha come inizio “Al cimitero è bello andar con la ragazza
per la mano a passeggiar”…
«Sono sempre state accettate?»
In genere sì, salvo qualche rara
eccezione come una volta a Chianciano, locale pieno zeppo, ne abbiamo fatte sei
di fila, la gente usciva boccheggiando con la mano che comprimeva il fegato. Le ho cantate anche all’interno del
Monumentale di Milano in una manifestazione appropriata.
«Come ti sei ispirato?»
Ho fatto la prima…Vorrei tanto, suicidarmi…
e poi le altre sono venute di conseguenza, complice Ario Albertarelli musicista e rumorista della Pagot Film,
compositore di quasi tutte le musiche.
«Hai fatto molta televisione?»
Non tanta. I Gufi non erano sempre
ben visti nei programmi di varietà. Solo nelle trasmissioni giornalistiche.
«E nelle TV private?»
Abbiamo stravolto le audiences della
Domenica sera con le quaranta puntate di “Meglio Gufi che mai”. In assoluto il
pubblico di tutta Italia vedeva noi che per la pubblicità avevamo reinventato
il Carosello facendolo alla nostra maniera. Io su Antenna 3 ho presentato venti
puntate de “Lo Squizzofrenico”, trasmissione avveniristica arrivata terza nella
classifica globale di un settimanale che dava primi i Gufi, secondi Ric E Gian,
terzo Roberto Brivio. Poi ancora sulla stessa emittente Il Parapiglio e La
Festa.
«Adesso ?»
Dopo aver presentato proposte per il
contenuto di cinque faldoni, realizzato dei numeri zero non visti dai soloni
TV, neanche quelli della Svizzera italiana, ho gettato la spugna.
Scrivo, a detta dei dirigenti, cose troppo intelligenti. Dico bene, con dizione
perfetta, faccio ridere senza pronunciare parolacce, ho una vena umoristica che
potrebbe dare fastidio e qualcuno ha paura che lo spiazzi. Perciò non vado bene
neanche a fare l’ospite o l’opinionista.
«Come sono i rapporti con Patruno e
Svampa?»
Ci rispettiamo, ogni tanto ci
frequentiamo, ci telefoniamo, ci scambiamo gli auguri. Qualcuno vorrebbe ci
rimettessimo assieme senza contare che magari siamo passati di moda, che ci
hanno copiato troppo per essere di nuovo originali. Quest’anno, per festeggiare
il 50mo dalla nascita del gruppo, un impresario ci aveva scritturato per dodici
serate: Nazionale a Milano, Pergola a Firenze, Alfieri di Torino, Duse di
Bologna, Sistina di Roma, Politeama di Napoli, e via dicendo. Nanni è stato
male. Non s‘è potuto dar corso alla prima e di conseguenza alle repliche.
«Dicono che la comicità vostra sia stata
ereditata dagli artisti che si esibiscono a Zelig, a Colorado. Cosa ne pensi?»
Mah! Zelig e Colorado sono i
prodotti dei tempi. Gli artisti, quasi tutti monologhisti uguali. Riempiono le
sale. Potenza della televisione. Niente di culturale, di impegnato. Comunque
risate che a volte non capisco.
Molti gruppi o ex gruppi di un tempo
dichiarano che si sono messi insieme dopo aver visto noi. Di certo non i
single. Noi e molti altri siamo arrivati a Teatro dopo una sana gavetta. Adesso
no. Ci arrivano in un giorno televisivo. Il nostro pubblico dice che come negli
anni '60/'70 non ce n’è. Il pubblico di oggi, tra vent'anni, dirà le stesse
cose.
«Tu nasci nel 1938 a Milano.»
Sì. A Porta Venezia. Da bambino
andavo all’Oratorio di San Gregorio dove organizzavo recite e provavo l’ebbrezza
del palcoscenico per le prime volte. Ricordo i Teatri dove mi portava mio
padre: alla Combattenti di via Tadino, al Pace e al Novecento dove facevano il
varietà.
«Brivio è un cognome lombardo. Quali
sono le tue origini?»
Papà era di Lomagna trasferito con
la famiglia a Villasanta, mamma di Morsano al Tagliamento in provincia di Udine
una volta, di Pordenone ora. Lombardia e Friuli. Parlo correntemente i due
dialetti, e li scrivo.
«Canzoni in friulano?»
“Me none” (mia nonna) “Di là da l’aghe”
(oltre il Tagliamento) “ Il terremott” (il terremotto) “ La glisiute”
(la chiesina) “Bombis tal Tiliment”
(bombe nel Tagliamento) “La sdrinsule” (l’altalena); non le ho mai incise.
Sono lì, nel cassetto.
«Brivio gestore di Teatri. Come mai?»
Il primo è stato nel 1960. Si
chiamava Il Teatro
del Corso e stava in pieno centro sotto
il Bar delle 3 Gazzelle. Repertorio importato dagli Off Broadway. Poi Il
Refettorio negli anni ’70, dopo lo
scioglimento de I Gufi, poi un Brivio Tenda con l’Operetta, indi il Cristallo nel quale ho scritturato per primo in Italia The Rocky Horror Show, l’Art
Mondial Cabaret, il Teatro Ariberto, il Teatro La Scala della Vita, i Teatri di Villa Clerici e adesso… non lo dico per scaramanzia.
Perché? Nessuno mi offriva posti-lavoro e io me li creavo.
«E Brivio in Operetta?»
A seguito di una scrittura
stagionale dell’impresario Bruno Berri. Ero il comico, con Enzo Garinei.
Soubrette Laura Belli. Maestro, regista Carlo Rizzo, ex spalla di Macario.
Debutto a Montecatini con "La Vedova Allegra", "Cin Ci La", "La principessa della Czardas".
Grandi successi. Sono consacrato Comico. A metà tournée per una malattia di
Berri mi trovo a dover rilevare la
compagnia. Coinvolgo mia moglie Grazia Maria Raimondi e la faccio diventare
soubrette di successo. La Compagnia si chiama Città di Milano. Vado avanti così
per quindici anni circa. Le mie regie danno ai testi un’impronta ironica che
prima non usavano, oltre alla critica di un mondo dorato, a letture
socio-politiche e messe in scena stilizzate.
«Programmi futuri?»
Vivere, invecchiare senza
esagerazioni, realizzare continue idee,
stare il più possibile con i miei nipotini (Andrea,nove anni; Angelica,
sei anni; Maria Vittoria, tre anni), dirigere tre commedie, produrne quattro,
fare un programma TV di successo, girare un docufilm su MI per l’Expo,
registrare almeno quattro CD, pubblicare i due libri già pronti, e metterne
in cantiere altri due, realizzare due musical. Fare inoltre una lavorativa
vecchiaia con Grazia Maria Raimondi (moglie e partner) e serena con i figli
(Fabrizio, Matteo, Federika, attrice in netta salita) e congiunti (Elena e
Massimiliano), senza dimenticare i rispettivi sorella e fratello: Maria e
Gianfranco. E’ chiedere troppo? No?
Allora aggiungiamo anche
consuoceri e amici personali. E
che God ce
la mandi sempre good.
Bella intervista a un uomo eccezionale!
RispondiEliminaFederica
Fa malinconia vedere che personaggi di valore vengano accantonati perchè troppo intelligenti o per età: il "giovanilismo",assai di moda, fa perdere occasioni artistiche preziose. C'è di buono che Brivio non demorde, viene da una scuola dura che non teme confronti. Bravo!
RispondiEliminaAnnalisa
Vero e grande artista che sa cogliere tutti gli aspetti della vita. Bravo Roberto Brivio. E complimenti a chi a voluto fare l'intervista. I progetti del grande Brivio sono veramente esaltanti.
RispondiEliminaFederico.
Poche parole, solo dire a Roberto Brivio che è sempre bravo, bravo...e porta sempre avanti i tuoi progetti.
RispondiEliminaLucia
Bella intervista, Non me l'aspettavo. Complimen ti a Mimma Zuffi. Quasi quasi mi monto la testa, Grazie. Roberto Brivio.
EliminaSe l'intervista è bella, devo dire grazie all'intervistato!
RispondiEliminaMimma
i Gufi? Mai conosciuti (purtroppo) di persona. però sono amici miei carissimi da quando avevo 14 anni.Mi hanno divertito. emozionato. aiutato a crescere in un modo che mi piace. mi hanno insegnato la leggerezza. E scusate se è poco. L'intervista a Roberto Brivio è bellissima.
RispondiEliminaenzo ciaccio
7 settembre 2015
Great post, thank you
RispondiElimina