(di Mimma Zuffi)
L’ACETO
Cenni
storici
L’aceto ha storia antica
quanto il vino, trattandosi di una sua trasformazione. La sua nascita si
colloca, dunque, nella preistoria, in data non ancora accertata.
È perciò del tutto naturale trovarlo nelle civiltà dei popoli mediterranei produttori di vino. Ebbe due funzioni: ottimo insaporitore e buon dissetante. Come vari altri alimenti, ebbe applicazioni rituali e fu circondato di significati simbolici. I popoli delle prime civiltà, per esempio, ne mettevano una coppa in tavola affinché i commensali vi potessero intingere il pane in segno di buon auspicio. Alla frase biblica: “E Booz disse a Ruth: quando sarà l’ora vieni qua e intingi il tuo boccone nell’aceto”, si possono così accostare quel vaso greco detto oxybaphon e quella coppa romana nota come acetabulum che avevano uguale funzione.
Piaceva, poi, molto. Gli Ateniesi per esempio, giunsero a chiamarlo dolcezza. E ugual cosa fece Plinio il vecchio. Furono ancora i Greci a dare gran sviluppo alla produzione di aceti aromatici, i cui ingredienti andavano dal pepe al miele e a ogni altra cosa reputata idonea ai gusti del tempo.
Presso i Romani originò la
categoria dei cibi detta, appunto, acetaria.
in pratica, verdure e legumi conditi con aceto e sale, e senz’olio. fu poi protagonista
di molte salse, come lasciò scritto Marco Gavio Apicio, nonché ingrediente di
non poche preparazioni.
In unione ad acqua, diede
vita alla posca, una sorta di vinello
acido molto dissetante. A tale scopo, così come per ragioni igieniche e poi di
più agevole trasporto rispetto al vino, entrò nella ragione alimentare
militare.
Uguale, se non maggiore,
importanza ebbe nel medioevo e nei secoli che seguirono. Le sue virtù lo fecero
persino protagonista di un popolarissimo prodotto medicinale: l’aceto dei
quattro ladri o sette, secondo le versioni. Gli si attribuiva la proprietà di
tener lontane la peste e altre malattie infettive.
Raramente lo si usava allo
stato naturale. Castor Durante da Gualdo, medico di Sisto V ne “Il tesoro della
sanità” nel 1565, ricordava che “il migliore è quello fatto di ottimo vino e
che dentro ci siano le rose e sia vecchio “. Aggiungeva: ”Se non si pigli mai a
digiuno, si usi moderatamene e non sia troppo agro e si faccia bollir seco
l’uva passa, ovvero si faccia bollir anisi e seme di petrosello e di finocchio,
che così si leva ogni sua malizia, e finalmente vi si aggiunga un poco di
zuccaro”.
Analoghe combinazioni sono
proposte, quasi un secolo dopo, da Vincenzo Tanara ne “ l’Economia del
cittadini in villa”. Aggiunge, poi, che “si fanno dell’aceto diversi addobbi,
salse marinate, come si dirà…rende altresì gustosa ogni vivanda, eccita
l’appetito, e perciò pare che senza aceto, mediante l’insalata, non si possi
cominciar la cena, et ogni frutto, sì come ogni carne, nell’aceto e sale si
consrva”.
I tempi moderni non
cancellarono tali ultramillenarie tradizioni. Si limitarono a semplificarle e
razionalizzarle.
Tutt’oggi si producono
eccellenti aceti di vino aromatizzati con i petali di rose oppure facendo uso
di lamponi, per non parlare di dragoncello o altre erbe aromatiche.
Inutile dire che anche la
tecnica di produzione ha compiuto progressi quanto mai rilevanti, così che
l’aceto continua ad essere protagonista a pieno titolo di moltissime
preparazioni di pressoché ogni cucina del mondo.
Che
cos’è l’aceto
Secondo la legislazione
italiana l’aceto o agro è il prodotto derivante dalla fermentazione acetica di
liquidi alcolici di origine agricola ati al consumo alimentare.
La stessa legge precisa che
deve presentare un’acidità totale, espressa in acido acetico, compresa tra i 6
e i 12 grammi per millilitri 100, una quantità di alcol etilico non superiore all’1,5
per cento in volume, c’è tuttavia una deroga che eleva tale limite al 4 per
cento per gli aceti di vino o da frutta; eventuali altre sostanze o elementi
nelle misure di volta in volta fissate dai ministeri dell’Agricoltura e della
Sanità.
Ne emerge quindi, chiaramente
che oltre al tradizionale aceto di vino la legislazione consente oggi anche la
produzione di aceti ottenuti da liquidi alcolici di origine agricola, in
pratica larga parte della frutta molto ricca di zuccheri, come i fichi, nonché
prodotti anch’essi ricchi di zuccheri come il miele.
Sul piano industriale, i
metodi sono anche qui numerosi e, ovviamente, piuttosto complessi sia per
ragioni di qualità organolettiche, in primo luogo il colore e il sapore.
Tra i metodi più diffusi si
può ricordare il metodo ad aerazione forzata o acetificazione sommersa. Inizia con
la diluzione del vino con acqua entro un apposito serbatoio, l’aggiunta di una
coltura di acetobatteri e l’immissione di aria. Ha quindi luogo la
fermentazione acetica, controllata dal punto di vista termico.
Le bottiglie dell’aceto
destinato al consumo diretto sono sigillate con l’apposito contrassegno di
stato.
Come ingrediente lo si trova
in diverse salse classiche, nella preparazione della senape, nei tipici piatti
all’aceto come il pollo, in non poche ricette sia di verdure sia di carni. Ha il
suo trionfo nell’agrodolce, dove impera da oltre un paio di millenni.
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