(a cura di Mimma Zuffi)
Un grande e misterioso graffito emerge
durante i restauri in una delle celle più nascoste dei Pozzi di Palazzo
Ducale. Rappresenta una “sacra conversazione” secondo i moduli della
pittura veneziana tra quattro e cinquecento. Chi ne è l’autore? Come
ha potuto realizzare un capolavoro di quelle dimensioni e di quella
qualità nel buio di una reclusione durissima e in condizioni di
vita impensabili? Lentamente si dipana la storia vera di un inedito
intreccio artistico e storico. Ne è protagonista un piccolo pittore di
Conegliano, catturato e imprigionato per eresia nel 1549.
Nuovamente catturato vent’anni dopo e condannato a morte, sarà bruciato nella piazza di Conegliano all’inizio del 1568. Sullo sfondo lo scontro insanabile tra Giovanni Della Casa, il famoso autore del Galateo, nunzio papale a Venezia e Pier Paolo Vergerio, vescovo di Capodistria, che abbraccerà la riforma luterana e sarà costretto a trovare rifugio in Svizzera. Tra artisti e letterati, grandi dame e monsignori; tra fughe precipitose e libri proibiti, dispute teologiche e controversie sulla lingua, le disperate rime di Gaspara Stampa e i roghi dell’Inquisizione, si consuma tra Venezia e le colline di Conegliano uno dei periodi più tormentati e vivaci della cultura rinascimentale, prima del grande gelo della Controriforma.
Giandomenico Romanelli, vive a Venezia. Dal 1979 è direttore
dei Musei civici di Venezia, quindi direttore dei Beni e attività culturali del
Comune di Venezia e, dalla creazione nel 2008 fino al 2011, della Fondazione
dei Musei civici. Socio effettivo dell'Istituto Veneto di scienze lettere e
arti, è presidente del Comitato scientifico del Castello del Buonconsiglio e
dei musei provinciali di Trento ed è membro del Comitato scientifico del Centro
Palladio di Vicenza (CISA). Attualmente insegna Storia dell'urbanistica
e della città a Ca' Foscari ed è vice presidente dell'associazione Chorus.
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