(di Mimma Zuffi)
DIETRO LE QUINTE
RISCHI DA STUNTMAN
L’INCENDIO SPENTO DA UN BACIO
L’INCONFONDIBILE TIMBRO
Nei giorni in cui la Callas
stava provando Tosca al Covent
Garden, un’ elegante signora con tanto di blasone nobiliare si presentò al
portiere del teatro e gli chiese di poter ammirare la cantante in scena. Le bastava
una sbirciatina, disse.
L’usciere ovviamente
rifiutò. Cocciuta, la dama chiese di poter ascoltare almeno per un istante la
voce della Divina attraverso lo spioncino alle spalle del portiere. Stavolta
l’inserviente acconsentì e la dama accostò l’orecchio alla finestrella.
Nessuno dei due poteva sapere
che la cantante quel giorno era costretta a letto da un fastidioso raffreddore.
Per rimediare all’emergenza, aiuto
regista John Copley ne aveva preso il posto sul palcoscenico e, imitando
con un grossolano falsetto l’emissione
sopranile, provava con l’orchestra i movimenti scenici di Floria Tosca.
Proprio un istante dopo che
l’usciere ebbe aperto lo spioncino, Copley lasciò partire uno strillo
spaventevole, da film di Hitchcock più che da opera lirica. “Aah!”, mormorò
estasiata la dama volgendosi all’usciere – The unmistakable voice !” (Che voce
inconfondibile!) e filò a raccontare
alle amiche le mirabilia vocali della Callas.
FARE SCARPIA
Non c’è alcun bisogno di
agitarsi a destra e a manca: fermo! Il terrore si esprime con maggior efficacia
attraverso l’assoluta immobilità che attraversa uno o sfoggio di azione
scenica. Quanto a me, Scarpia, dopo aver concluso il duro interrogatorio del
sagrestano, me ne vado in giro senza fretta per la chiesa, calmo ma autorevole,
facendo svolazzare la cappa di seta, quasi un uccellaccio di malaugurio, ma
sempre elegante. Ho l’aria e i gesti di una persona schizzinosa, che non tocca
nulla per non essere profanato, tengo la voce sotto controllo, il che crea un
efficace contrasto quando la lascio vibrare all’arrivo di Tosca. La voce si
addolcisce allora, e il viso è sorridente mentre con passo elegante, ritmato
dalla musica, le vado incontro per offrirle l’acqua santa.
Tito
Gobbi, “La mia vita”,
Rusconi,
Milano, 1985
ITALIANI - ETERNI BURLONI
I grandi teatri di repertorio, dove tutti i santi giorni il sipario si alza per lo spettacolo, da anni hanno smesso di dare opere in traduzione. non più dunque produzioni di Carmen cantate in inglese o della Forza del destino trasformata in una tedesca Macht des Schicksals, ma solo produzioni originali in francese e in italiano.opere italiane questi teatri ingaggiano compagnie di artisti di madrelingua italiana. se lo spettacolo cade in un periodo morto della stagione, vengono scritturati, per risparmiare, cantanti con un nome ancora di richiamo ma di fatto fuori carriera nel nostro paese per raggiunti limiti di età. All'Opera di Stato di Vienna questa circostanza è abbastanza frequente durante i mesi estivi, quando la platea è piena di turisti, asiatici perlopiù, di scarsa competenza operistica. Le compagnie di canto si rendono conto di prodursi di fronte a un pubblico incapace di apprezzare qualsiasi finezza esecutiva e combattono la frustrazione artistica che ne deriva prendendosi gioco, d buoni italiani, degli ignari spettatori. Si ricorda una Tosca a Vienna che presentava come Scarpia un baritono italiano molto noto negli anni'50 e '60 e, fra i comprimari (Sagrestano, Spoletta, ecc.) alcune vecchie volpi volpi nostrane di quei ruoli. Durante i recitativi quella Tosca ferragostana e sudaticci sfociò in palcoscenico un vero e proprio torneo di frizzi . Nel primo atto quando Tosca esce piangendo da Sant'Andrea in cerca del suo amante, lo sfortunato Cavaradossi, Scarpia ordina a Spoletta di farla pedinare dicendo:"Tre sbirri, una carrozza...Presto!": Fra la beata indifferenza degli spettatori, quella volta Scarpia passò a Spoletta un'ordinazione da cameriere: "Tre birre, una scamorza... Presto!".
Divertente e interessante!
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