(di Marisa Vidulli)
Marika ha già 26 anni,
insegna in una scuola media, ma non è fidanzata, eppure lo vorrebbe. Marika è
bellissima, ma come nella favola 'tutti
la vogliono e nessuno la piglia'.
C'è il collega insegnante di
arte e pittore di belle speranze, che insiste per farle il ritratto nel suo
studio, ma lei sa bene cosa in realtà vuole e si nega. Si sente zitella. In
quella cittadina sul lago dove abita sono gli anni '60 e a quell’ età tutte le
sue amiche sono già sposate o fidanzate, alcune già madri e nel suo cuore le
invidia. Un pomeriggio, proprio mentre si appresta a fare la pennichella, sua
inveterata abitudine, squilla il telefono, lo afferra di malavoglia perché
vorrebbe continuare a svestirsi per stendersi e ode una voce squillante che le
ordina, non invita, ma dà ordini:
“Dai, esci dal letargo.
Vestiti veloce che andiamo in montagna a Livigno! Lì potrai dormire quanto
vorrai mentre io e Checco sciamo. Dai, spicciati! Tra un quarto d'ora siamo da
te!”
È l'amica del cuore, il suo
alter ego, l'amica geniale, conosciuta a 13 anni, argento vivo allo stato puro
che da sempre la trascina nelle sue scorribande. Riesce sempre a convincerla e
poi quel weekend si presenta desolatamente vuoto, il sonno può aspettare,
l'idea è allettante, ma deve fare presto perché a Bella non piace aspettare.
Per fortuna che l'equipaggiamento da sci è a portata di mano, benedetta la sua
mamma, così ordinata, che le fa ancora la camera e le tiene in ordine i
vestiti! Tra uno sbuffo e l'altro l'indossa, un colpo di phon al ciuffo biondo,
un filo di trucco, poi afferra la sua one night bag sempre pronta per occasioni
di quel tipo: rapide incursioni in terre sconosciute. Ed ecco suonare il
clacson: è la sua amica col fidanzato, son già arrivati e l’aspettano al
cancello. Scende veloce i quattro piani di scale perché nella casa popolare
dove abita l'ascensore non c'è e via verso l'ignoto.
Marika non sa ancora che si
sta compiendo il suo destino, il disegno ha già preso forma e come dice il
filosofo Zecchi “per non farci cogliere impreparati dal destino bisogna fare
attenzione alle coincidenze che ci presenta”.
In montagna infatti
incontrerà il suo futuro marito, passeranno 53 anni di felicità, avranno due
figli stupendi e una lunga vita insieme. Ancora ora, dopo tanti anni, Marika
ringrazia Bella per averla buttata giù dal letto quel pomeriggio di tanti anni
prima.
Ah la vita! “Spesso si vive
come se fosse per sempre e ci si dimentica degli attimi” diceva Mel Brook,
l'attore comico in un suo famoso irresistibile film alle battute fulminanti.
Ecco quello era l'attimo da non perdere, per saltare in macchina e cantare
lungo il percorso brianzolo ridendo e scherzando. Bella ne sapeva una più del
diavolo di canzoni da osteria tipiche della montagna e Checco non era da meno.
Da poco tornato da militare, aveva conosciuto Bella e se ne era innamorato con
la foga dei suoi 22 anni, ricambiato da quella ragazza dall'argento vivo
addosso, che mentre una ne pensava mille ne metteva in atto.
L'estate precedente le due
amiche erano state a Londra per tre mesi come ospiti alla pari in una famiglia,
combinandone di tutti i colori. A un certo punto Bella aveva preso un aereo ed
era andata in Scozia con amici italiani ivi conosciuti; Marika l'aveva
accompagnata all'aeroporto e ancora sentiva la voce dell'amica che le gridava:
“scema, non sai cosa ti
perdi!”
No, questa volta la gita in
montagna e il week end non se li sarebbe persi, anche se non sciava, si sarebbe
abbronzata, lei bionda e vanitosissima, sapeva quanto le donasse l'abbronzatura
e facesse risaltare gli occhioni azzurri e le fattezze del viso da slava,
ereditate dalla madre triestina. Furono proprio quelle fattezze, quel viso
pulito e cesellato che colpirono il giovane uomo seduto accanto a lei sul campo
da sci, in una pausa tra una sciata e l'altra. Si era seduto sulla sdraio
accanto a lei e le aveva chiesto una sigaretta. Lei gliela aveva allungata con
fare altezzoso, non voleva sembrare una ragazza facile in attesa di esser
rimorchiata. Invece era proprio così: quel giovane bruno, alto, dagli occhi
verdi e l'accento genovese l'aveva colpita dritta al cuore, quindi decise che
lo avrebbe rimorchiato lei!
Con mossa astuta, dopo
averlo salutato, si nascose dietro la cabina della funivia, da lì avrebbe
dovuto passare prima o poi per andare a mangiare. Dopo poco lo vide arrivare
con la sua macchina verde come i suoi occhi, uscì dal retro della cabina e
finse di essersi appena incamminata lungo la strada.
"Signorina vuole un
passaggio?” le chiese lui vedendola e sporgendosi dal finestrino con un sorriso
accattivante che Marika non avrebbe mai più dimenticato.
“Ma certamente” fu la sua
pronta risposta “l'albergo Cervo dove sono alloggiata è a soli 200 metri,
appena in fondo alla strada".
Cosa poteva mai capitarle?
In 200 metri e in pieno giorno, pensò sentendo le farfalle nello stomaco: era
già innamorata persa!
Quando scese, stando attenta
a non scivolare sul ghiaccio, lui la sorresse e con un gran sorriso le chiese
di rivederla: si diedero appuntamento per la sera stessa. Il mero contatto
della sua mano dalla presa vigorosa sul suo braccio, l'aveva lasciata senza
respiro! Non poteva che dire sì.
S'incontrarono come pattuito
quella sera alle 9 nella piazzuola antistante l'albergo, lui ingranò la marcia
della sua Alfa e per prima cosa le chiese se fosse ben coperta, aveva infatti
in serbo una sorpresa per lei, e che sorpresa! Si trattava di una gita in
slitta sulla neve lungo un percorso circostante il paese, ideato per i turisti.
Il vetturino fornì loro coperte di pelliccia molto calde, e ben presto
divennero caldi anche loro e scattò il primo bacio. Marika era una ragazza
molto seria, ma aveva compreso che ne valeva la pena e che al cuor non si
comanda. Fecero ritorno all'albergo dopo circa un'ora e lui le disse:
“allora ti aspetto domani
sui campi da sci e non dimenticare le sigarette!” aggiunse, facendole
l'occhiolino.
Chissà se aveva capito che
era stata Marika a tirare le fila del gioco, nascondendosi dietro la cabina e
poi attraversando all'improvviso la strada. Ad ogni modo la storia aveva retto
e l'indomani si rividero. Lei si rimise la maglia a righe multicolori della
mattina prima; non faceva freddo di giorno, appena il giorno prima, il 21
marzo, era iniziata la primavera. Si pettinò con cura e lo attese al solito
posto sulla sdraio. Lui era un provetto sciatore, lei una pigra incallita. Una
volta, anni addietro, Bella l'aveva convinta ad affittare scarponi e sci, ma
dopo aver attraversato solamente la hall dell'albergo così bardata, lei aveva
desistito esclamando:
“ma voi siete matti, gli
scarponi son pesanti e mi fan male, gli sci pure! Andate voi, io prendo il
sole!”
E quella mattina di
primavera, proprio il sole aveva preso nelle vesti di quel ragazzo stupendo con
cui fece quasi l'amore in macchina la sera stessa, ambedue incuranti dei gradi
sotto zero. Lui, previdente, aveva portato con sé una fiasca di whisky con cui
puliva vetri ghiacciati della macchina per poter guidare.
Fecero molto tardi. Al
ritorno l'albergo era già chiuso e pur suonando a lungo nessuno apriva, erano
le 3 di notte, che fare?
“Non ti preoccupare” disse
lui “ti porto da amiche mie di Genova che dormono in una stanza in affitto qui
vicino, poi domattina torni in albergo, stai tranquilla”.
Si, tranquilla un cavolo!
Appena entrò le ragazze recepirono il messaggio: si sentì un'intrusa, anche perché
una voce disse:
“ora quello là ci porta
anche le sue conquiste!”
Alla mattina alle 7 Marika
tolse il disturbo e scivolò fuori senza far rumore. Assonnata e infreddolita
prese il vialetto che portava all'albergo, impaurita dalle strade ancora
deserte e da un cane lupo che la seguiva, badando ai fatti suoi, probabilmente
in cerca di cibo. Fortunatamente scorse il portiere nel suo gabbiotto e gli
fece cenno di aprire. La porta girevole si aprì e finalmente Marika si sentì a
casa!
Da quel giorno, il 21 marzo
fu festeggiato dai due innamorati, ben presto sposati per 55 anni. La data del
matrimonio non era importante, quella del giorno in cui il destino li aveva
fatti incontrare sicuramente molto di più!
Siamo state condizionate, limitate, abusate, stuprate. Ogni donna ha
una storia da raccontare, ogni donna ha vissuto una storia di abuso, o di
sopruso, magari anche solo psicologico. Auguriamoci che le nuove generazioni
non debbano più vivere quello che abbiamo vissuto noi. Pensiamo che questo è
possibile; speriamo che tutte le lotte e tutti i sacrifici che le donne – e
alcuni uomini sensibili – hanno fatto per conquistare diritti sacrosanti non
vengano gettati; che non si torni indietro.”
Paola Turci cantautrice
italiana 1964
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