di Marisa Vidulli
“La morte è la curva della
strada, morire è solo non essere visto”
Ferdinando Pessoa
La notizia della sua morte la colse impreparata o forse no, perché Grazia quasi se lo sentiva. Quella Pasqua Grazia aveva inviato gli auguri a Nina chiedendole come stesse dopo l'impianto avvenuto 5 anni addietro di quella maledetta o benedetta valvola cardiaca che aveva salvato il suo cuore che 'faceva le bizze', così diceva la sua psicoterapeuta e amica quando ne parlava.
Ora Nina era in pensione e non
esercitava più all'ospedale, dava solo consulenze private così non si stancava
troppo. Aveva infatti scoperto a soli 53 anni di avere un difetto al cuore e
doveva riguardarsi, poi eventualmente, o quasi sicuramente, sottoporsi
all'intervento per l'inserimento di un pacemaker.
Negli ultimi anni le due
donne si incontravano saltuariamente in un piccolo caffè francese in una delle
piazze più belle della città. A volte se Nina non poteva venire per i suoi
numerosi impegni, Grazia le lasciava un libro o dei dolci, che poi il
proprietario le avrebbe consegnato appena l'avesse vista. Abitava infatti nelle
vicinanze, nei carruggi della città vecchia, al quarto piano di un palazzo
antico e diceva sempre che dalla sua casa nei vicoli godeva del panorama della
cupola della chiesa di San Lorenzo, un gioiello tra i più belli della città,
dove, anni addietro, aveva scelto di vivere dopo aver vinto il concorso per
psicologia.
Era piemontese di nascita,
ma il mare era la sua grande passione: ottima nuotatrice ricordava spesso una
sua spericolata impresa nei mari del sud, dove l'aveva sorpresa la risacca
dell'oceano e aveva avuto paura di morire per la difficoltà di uscirne! Sarebbe
stata più prudente la prossima volta e giù una risata che lasciava intendere il
contrario. Grazia l'aveva sempre ammirata per la sua vitalità e la grande gioia
di vivere, l'aveva anche fatta conoscere a suo marito a cui era subito apparsa
simpatica; 'tanto era bruna' pensava Grazia, che era sempre stata gelosissima
del suo bel marito, ben sapendo che lui preferiva le bionde, e in quanto al
seno prosperoso anche lei non era da meno, ma soprattutto sapeva che il marito
era del tipo 'perché mangiare un hamburger quando ho una bistecca a casa che mi
aspetta', celeberrima battuta di Paul Newman nel film “Lassù qualcuno mi ama”.
Seduti al tavolino del caffè
francese, sorseggiando un aperitivo i tre avevano dissertato a lungo, poi Nina
li aveva dovuti salutare perché al pomeriggio, erano già quasi le 13, aveva un
impegno con un amico, che settimanalmente accompagnava al cinema, essendo lui
in sedia a rotelle a causa di una malattia degenerativa... capito la Nina? La
sua natura di aiutare i malati non veniva mai meno e reputava Alfredo un suo
grande amico, solo più sfortunato di tanti altri. Avrebbe spinto la sua sedia
da invalido, con la naturalezza con cui una madre spinge un passeggino.
Grazia e Nina si erano
conosciute anni prima, tanti anni prima, forse 30, quando Grazia aveva avuto un
aneurisma cranico, operato brillantemente, che non aveva fortunatamente
lasciato strascichi a parte una depressione bipolare ricorrente. Allora erano
iniziate le sedute con Nina all'ospedale dove svolgeva con grande entusiasmo ed
estrema competenza il suo lavoro, aveva il dono di entrare in empatia con i
suoi pazienti e tutti, nessuno escluso, l'adoravano. Raccontava ridendo che
quando qualcuno le diceva “ma che vita di merda che fai in mezzo ai malati!”,
lei rispondeva a tono: “ma ce l'avrai tu una vita di merda, la mia è perfetta!”
Era una donna solare di una
bellezza sconvolgente, da togliere il fiato, tacchi alti, abiti avvolgenti
sotto il camice sempre aperto su quella quinta di reggiseno di cui madre natura
la aveva dotata.
Che strano, pensava Grazia,
mentre i ricordi di quelle sedute le si affollavano alla mente, le parole di
Nina erano scolpite nella sua memoria ed erano quelle che l'avevano salvata
durante quei 20 anni di terapia a cadenza settimanale, ma non sempre, visto che
Nina era molto impegnata con i suoi pazienti oncologici di cui parlava con
grande affetto. Quindi spesso l'appuntamento veniva rimandato e Grazia ci
restava male, le mancava la stampella per andare avanti, le diceva nella seduta
seguente, al che spesso si sentiva rispondere: “ho dovuto rimandare per tenere
la mano a una mia paziente che ci stava lasciando” detto con una naturalezza
che lasciava senza fiato, ma non era sempre così.
Come dimenticare le risate
che si facevano durante i colloqui, alternate ai pianti disperati di Grazia, ma
Nina riusciva sempre a farla poi sorridere raccontandole storie vissute con i
suoi malati; in ciò era maestra e così facendo la distoglieva dalla sua di
storia con altre più grandi e più dolorose.
Inoltre la sua vasta cultura
che spaziava dalla pittura alla letteratura e ogni aspetto dello scibile umano
affascinava Grazia: Nina sapeva tutto e questo lato della sua personalità
incontrava la sensibilità della paziente perché ambedue avevano il gusto del
bello. Da rapporto dottore-paziente il loro era diventato anche un'amicizia
sincera, per questo ora il dolore di Grazia era così tagliente.
Si ricordava che a suo tempo
Nina le aveva recitato la poesia di Fernando Pessoa sulla morte, aveva una
memoria prodigiosa e una dizione perfetta; incantava quando parlava.
La poesia era questa:
“La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.
La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.”
Ecco ora Nina era nella
stanza accanto, Grazia poteva smettere di piangere, solo ricordare e pregare,
anche se Nina non era strettamente credente, o lo era a suo modo, certamente il
buon Dio non avrebbe fatto distinzioni.
Questa novella è veramente toccante, fa bene al cuore :)
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