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domenica 30 maggio 2021

San Pietroburgo - parte nona

(di Tatiana Bertolini)

 La rivoluzione del 1905

La mattina del 22 gennaio del 1905, domenica, in tutta la Russia si svolsero imponenti manifestazioni di cittadini che chiedevano allo zar riforme, e migliori condizioni di vita.

A S. Pietroburgo una fiumana percorreva le vie del centro dirigendosi verso il Palazzo d’Inverno, alcuni di loro sollevavano ritratti dello zar, altri icone, alla testa del loro corteo si trovava il Pope G. Gapon un personaggio ambiguo il cui compito era quello di organizzare una sorta di sindacato giallo, in contrapposizione a quello già esistente anche se ancora clandestino.


La speranza dei manifestanti era quella che lo zar potesse accogliere una loro delegazione ed ascoltare le loro richieste.

Essi però non sapevano che non solo lo zar non era in città ma che dall’altra estremità della piazza fosse schierato l’esercito cui era stato dato ordine di sparare. Il tragico bilancio di quella giornata nella sola S. Pietroburgo fu di 130 morti e centinaia di feriti.

La stessa mattanza avvenne anche in altre città tra cui Mosca e Odessa.

Quello che lo zar e i suoi ministri non avevano compreso però era stato che con questo massacro gratuito di uomini e donne inermi e in fondo pacifici, avevano finito con l’alienarsi anche la fiducia e la speranza che i cittadini russi riponevano ancora nel Piccolo Padre come chiamavano essi lo zar.

 La repressione poliziesca era continuata sotto lo zar Nicola II con il ministro Pleve. Dai tempi dello zar Ivan il Terribile in Russia esisteva una sezione speciale prima nell’esercito e poi nella polizia dedicata alla repressione dei ribelli e, specie nell’800, dei movimenti rivoluzionari. Nell’800 fino a Nicola II si chiamava Terza Sezione, e aveva un organico di 50.000 uomini; essa fu abolita nel 1893, in realtà fu sostituita da un Reparto speciale per coordinare una campagna contro la sovversione detto Ochrana. Ma nonostante ciò nel 1904 un attentato uccise proprio il ministro Pleve.


All’indomani della domenica di sangue la reazione degli industriali chiese misure ancora più dure verso i dimostranti. Bisogna però ricordare che dal regno di Alessandro III in Russia erano continuamente procrastinati e quindi messi in atto i cosiddetti Regolamenti temporanei, ovvero leggi speciali per il mantenimento dell’ordine pubblico.

Ugualmente la risposta a queste uccisioni si fece sentire e la Russia fu attraversata da rivolte che dilagarono in tutto il paese, durante l’estate si ebbero nuovamente scioperi e sollevazioni contadine di massa.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Si verificarono anche, cosa assolutamente nuova, alcuni casi di ammu­tinamenti di soldati: il più famoso dei quali rimase quello dei marinai della Corazzata Potëmkin, che erano stati costretti a mangiare carne avariata. Il movimento culminò in un gigantesco sciopero che durò dal 20 al 30 ottobre, definito il migliore, meglio realizzato e più decisivo sciopero della storia. Lo scopo principale di questo sciopero non era una rivendicazione sindacale ma il porre fine all’autocrazia. Per coordinarlo proprio a S. Pietroburgo si organizzò un consiglio, o assemblea direttiva, termine che in russo si traduce con Soviet.

 Questa rivoluzione, che alcuni storici definiscono semplice rivolta, non produsse un cambiamento nell’ordine delle cose, Lenin non si mosse dall’esilio svizzero giudicando i tempi “non ancor maturi per una vera rivoluzione” ma lo zar, ancora nel marzo di quell’anno, fu costretto concedere un’assemblea parlamentare eletta dai cittadini.

Fino a quel momento infatti, le uniche elezioni che si svolgevano in Russia erano quelle amministrative; il nuovo parlamento, la Duma, si rivelerà un importante elemento per lo svolgimento dei fatti successivi.

Un’altra vittoria che ottennero i lavoratori fu il riconoscimento dei sindacati che fino a quel momento erano stati costretti alla clandestinità.

 La Prima Guerra Mondiale

 La Russia di inizio secolo

Il primo censimento nella storia della Russia imperiale era stato fatto nel 1897, era stata stimata una popolazione di 125 milioni di abitanti suddivisi in 146 fra popoli ed etnie.

Nel 1895 gli impianti con più di 1.000 operai erano il 31% del totale, (13% in Germania), nel 1907 la percentuale era salita al 39%, nel 1914 il 41% (il doppio della concentrazione di lavoratori nell’industria statunitense)

Nonostante ciò, nel 1900, solo l’1,28% della popolazione (1.700.000 abitanti) era impegnata nell’industria, questa percentuale salirà nel 1913, alla vigilia della Grande Guerra a 1,4% (2.300.000), e la maggior parte di essi era concentrata nelle città. Il ministro delle finanze Witte, volendo procedere con l’industrializ­zazione della Russia, aumentò la pressione fiscale sui contadini e ricorse al prestito delle banche estere per ottenere finanziamenti.

Questi lavoratori, provenienti dalle campagne, erano nel 1913 alfabetizzati per il 92% e ciò aveva comportato una maggiore presa di coscienza circa le loro condizioni e i loro diritti.

A S. Pietroburgo le fabbriche erano concentrate nel quartiere operaio di Vyborg, a nord rispetto alla Grande Neva, dove in origine era una piccola città fortezza espugnata da Pietro il Grande. Nel 1891 per la prima volta gli operai celebrarono la festa del I Maggio.

Nel maggio del 1896 e nel gennaio de 1897, 30.000 filatori e tessitori, che lavoravano nella capitale, scesero in sciopero e costrinsero il governo a passare dalle 13 ore al giorno a 10 ore e mezza. Questa lotta furono in grado di condurla per conto loro, appoggiandosi solamente al sindacato clandestino, ma senza aiuti da parte degli intellettuali e dei populisti.

Nel 1903 era stata approvata la legge che istituiva l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro.

Sotto Nicola II erano continuati i pogrom contro gli ebrei come le politiche di russificazione, in questo campo però lo zar commise un grave errore ovvero intraprese la russificazione del Granducato Autonomo di Finlandia.

Fu designato un governatore russo che impose numerose restrizioni, nel 1901 fu abolita la libertà di riunione, nel 1902 la sostituzione di funzionari finlandesi con altri russi; nel 1904 il governatore russo fu assassinato e anche la Finlandia passò con le forze di opposizione allo zar.



Dopo la rivoluzione del 1905 lo zar aveva permesso l’istituzione della Duma, che fu alloggiata a Palazzo Potëmkin, la quale però ebbe poteri molto limitati: ogni qualvolta essa si appre­stava a votare progetti di legge che lo zar riteneva pericolosi era sciolta d’imperio dallo stesso sovrano.

Le formazioni politiche alla vigilia della I Guerra mondiale erano:

- Unione di ottobre, ovvero fautori di una monarchia costituzionale

- Costituzionalisti democratici chiamati cadetti, una sorta di partito liberale

- Socialisti rivoluzionari, di ispirazione populista che rivolgevano la loro attenzione soprattutto verso i contadini.

- Socialisti democratici di ispirazione marxista.

 

La I Guerra Mondiale

 

La Russia zarista, alleata a quel tempo della Francia e della Gran Bretagna, era entrata in guerra spinta da diverse motivazioni. Il conflitto che era partito da un attentato a Sarajevo aveva fornito il pretesto di difendere la causa dei popoli slavi, ma soprattutto di combattere l’impero austroungarico con il quale aveva avuto già a che fare al tempo della guerra in Bulgaria. Ugualmente era necessario riaffermare la propria egemonia sull’Europa centrale, che le era contesa dall’impero germanico.


Infine, ma non ultima ragione, un ridimensionamento della Turchia, da sempre principale nemico, che ostacolava lo sbocco nel Mediterraneo ed era una costante minaccia alle sue frontiere.

Lo zar poi riteneva che una guerra possibilmente vittoriosa, avrebbe rinsaldato il suo potere.

In un primo tempo la Russia aveva ottenuto alcune vittorie contro la Germania, ma un esercito non adeguatamente preparato e male armato, soprattutto non motivato (le ragioni della guerra apparivano lontane ed incomprensibili alla popolazione e agli stessi soldati) già nel 1915 iniziò a rimediare sonore sconfitte.

Una voce si era levata però contro la guerra: quella dello Stareč Rasputin.

Quest’uomo aveva capito che, nelle condizioni in cui versava la Russia, un conflitto di quelle proporzioni avrebbe messo gravemente a rischio la stessa monarchia e se lo zar fosse crollato anche per lui non vi sarebbe stato scampo. La sua posizione rimase inascoltata ma sostenendo quella opinione aveva decretato la sua fine. 

(segue)




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