(Di Tatiana Bertolini)
I teatri
Diversi
sono i teatri esistenti a Pietroburgo, la maggior parte di essi costruita nella
prima metà dell’800.
Oltre
a quello dell’Ermitage di Giacomo Quarenghi, che si era ispirato al Teatro
Olimpico di Vicenza opera di Palladio, abbiamo altri teatri tutti in stile
neoclassico tipico del XIX secolo.
La
facciata è ornata da un colonnato di sei colonne corinzie, e coronata da un
gruppo bronzeo di Pinevov raffigurante la biga di Apollo.
Questo è un teatro di prosa e
dopo la rivoluzione fu dedicato a Puškin.
L’interno
è caratterizzato da velluti rossi e fregi in legno e stucco dorati.
Un altro teatro è il Mihailovski o Mussorgskij, fu fondato da Nicola I nel 1833, esso era riservato alle compagnie di teatro straniere in specie quelle francesi. Durante il restauro del Marinskij nel 2003 ospitò il teatro d’opera.
L’autore è un architetto russo
Aleksandr Pavlovič Brijusov, l’interno è decorato da fregi in argento
Il
più celebre però e senz’altro il Teatro
Marinskij edificato a metà dell’800. Dedicato a Maria Aleksandrovna, moglie
di Alessandro II, fu progettato da Alberto Cavos; terminato nel 1859 venne
inaugurato l’anno successivo con l’opera di Glinka Ivan Suzanin, una vita per lo zar, denominato Teatro imperiale fu da sempre la sede del teatro d’opera e del
balletto.
In
esso hanno visto la luce celebri opere come Boris
Godunov e balletti quali La Bella
Addormentata.
Nicola I Seconda parte
Genero
di Federico Guglielmo III e cognato di Federico Guglielmo IV di Prussia, fece
della Russia, all’indomani del Congresso di Vienna, un baluardo della reazione
assieme alla Prussia e all’Austria.
Questo
comportò però complicazioni nella politica estera: durante la guerra di
indipendenza greca, pur appoggiando in teoria i greci ortodossi e considerando
la Turchia suo nemico, era terrorizzato dai cambiamenti che ne sarebbero sorti,
così pure nei confronti del Belgio, ribellatosi all’Olanda: riconobbe la sua
indipendenza solo dopo alcuni anni. E si comportò in modo tutt’altro che
diplomatico verso Luigi Filippo di Francia dopo la rivoluzione del 1830.
In
compenso nel 1832, soffocata una rivolta in Polonia, considerò questo stato
parte integrante dell’Impero, lo statuto
organico sostituì la costituzione del 1815, furono così abolite istituzioni
statali e amministrative, chiuse le università e vi si instaurò un vero regime
militare. Stessa sorte toccò alla Bielorussia, all’Ucraina e alla Lituania che
furono russificate in modo ancora più pesante.
Sul
fronte meridionale la Russia di Nicola I conseguì altre vittorie militari
contro la Persia che cedette quello che possedeva ancora della Georgia, e la
piccola Armenia con la città di Erevan.
Più
complicati i rapporti con la Turchia: con il trattato di Adrianopoli nel 1829
ottenne il libero passaggio negli stretti, successivamente Nicola I assunse
posizione rigide e diede luogo ad azioni maldestre sulla questione della
gestioni dei luoghi santi a Gerusalemme chiedendo, tra l’altro, la supremazia
della chiesa ortodossa e occupando alcuni principati danubiani. Alla fine nel
1853 Gran Bretagna e Francia si schierarono con la Russia che fu sonoramente
sconfitta nella guerra di Crimea, cui aveva partecipato anche il Regno di
Sardegna. Sebastopoli fu assediata e poi evacuata nel 1855, tra i soldati che
la difendevano vi era il giovane Tolstoj che lascerà poi la sua testimonianza
nei Racconti di Sebastopoli. Di
questa guerra rimase celebre la battaglia di Balaklava. Il conflitto si
concluse poi con un armistizio sotto il regno di Alessandro II
Riguardo
alla politica interna fu data carta bianca al ministro dell’istruzione Usorov
che istituì i tre principi su cui si sarebbe dovuto basare il governo della
Russia: autocrazia, ortodossia e nazionalità. Nell’ultimo punto si
identificarono i giovani intellettuali, i cosiddetti “slavofili” che
rivendicavano l’appartenenza della Russia al mondo slavo e respingevano quelle
che consideravano ingerenze culturali dell’Europa.
Il
regime burocratico e di polizia instaurato, che arrivò a censurare persino
testi scientifici (temendo chissà quale significato nella spiegazione ad es.
dell’eclissi), colpì tutta l’intellighenzia
spesso, come del caso di Dostoevskij, con la deportazione in Siberia.
Sul
piano sociale non vi furono riforme radicali ma solo la riorganizzazione dei
contadini di stato (1837) e l’istituzione di scuole e cure mediche nei
villaggi. Ma anche queste riforme non furono realmente attuate. Unica attività
che si rivelò concreta fu la nuova codificazione delle leggi (1830-35) che
rimase in vigore fino al 1917.
Dopo
le rivoluzioni europee del 1848, la Russia si chiuse ancora di più in se stessa
e anche i più timidi mutamenti furono arrestati, vi fu solo un inizio nello sviluppo
dell’attività industriale e una modernizzazione di trasporti con l’uso di
piroscafi e l’istituzione della rete ferroviaria.
Nel
1851 si inaugurò la tratta S. Pietroburgo – Mosca, successiva alla breve linea
S. Pietroburgo Csarskoe Selo inaugurata nel 1837.
Passeggiando per
la città
L’assetto urbanistico che notiamo passeggiando per il centro di questa città è più o meno lo stesso che appariva ai viaggiatori nell’ultimo quarto del secolo XIX.
Un insieme armonioso di palazzi
che si rispecchiano nella foce del fiume che si divide nella Grande Neva e
Piccola Neva, e nei canali come
L’architettura fino al regno di Nicola I,
grazie ai progetti dei maestri italiani che abbiamo incontrato, era di stile
barocco e poi neoclassico. Con Nicola I, che voleva difendere il principio
dell’ortodossia, si tornò a riedificare in uno stile più slavo o russo antico.
Un
angolo incantevole è senz’altro il Giardino
d’estate, anch’esso progettato da Pietro il Grande, decorato al suo interno
da diverse statue, alcune opera dello scultore italiano Baratto.
Dalle
vecchie stampe si possono ammirare le serre, le voliere con gli uccelli rari, i
labirinti di siepi.
Pregevole anche il cancello in ferro battuto su disegni di Feltin e Jegorov.
I Lungofiume sono un altro elemento suggestivo della città, si ricorda il Lungofiume della Flotta Rossa o degli inglesi nei pressi della vecchia ambasciata di G. Bretagna. Il Lungofiume Petrograd sulla grande Neva e il Lungofiume dell’Università che all’altezza dell’approdo è ornato da due Sfingi di granito provenienti dall’antica città egizia di Tebe e infine il Lungofiume Luogotenente Scmidt.
Molto belli sono anche i Ponti che attraversano gli innumerevoli canali della città. Alcuni di essi sono levatoi e la notte si alzavano per lasciar passare le navi per il transito delle merci.
Ai
quattro angoli del Pointe Aničkov vi
è il celebre gruppo scultoreo detto “Della
doma del cavallo” in cui sono raffigurate le quattro fasi nella doma di un
cavallo.
Il Ponte Kirov collega la città all’isola dei Leprotti e il Ponte del Palazzo unisce la sponda sinistra della Neva all’isola di San Basilio.
Del
Prospekt Nevskij ce ne ha ampiamente
parlato Gogol, qua ricordiamo il Gostiny
Dvor, originariamente albergo per mercanti oggi grande magazzino a più
piani.
Gostiny Dvor interno
Gostiny Dvor esterno di sera
Per
chiudere la passeggiata un caffè o un tè al Caffè Wulf (in una stampa d’epoca) noto come il caffè letterario,
da dove la mattina del 8 febbraio del 1837 Puškin uscì per recarsi al fatale
duello.
Alessandro II (1855-1881)
Quando
Alessandro II divenne zar all’età di 37 anni aveva già compiuto un tirocinio
coadiuvando il padre nella attività politica partecipando a vari comitati e
occupandosi di alcune tematiche giuridiche e militari. Fu il primo zar a
recarsi personalmente in Siberia. La sua educazione avvenne sotto la guida di
Zukovskij cui è stato spesso attribuito il merito di aver sviluppato nel
giovane sentimenti umanitari.
Quando
salì al trono era ancora in corso la guerra in Crimea: una difficile situazione
politico militare che a fatica riuscì a concludere con un armistizio.
Nel
manifesto che annunciava la fine della guerra in Crimea lo zar avanzò alcune
proposte di riforme già anticipate durante la cerimonia dell’incoronazione.
Abolì subito alcune restrizioni del padre ad esempio il numero chiuso
all’Università e il divieto di viaggi all’estero, e allentò la censura dando
spazio anche a pubbliche discussioni e commenti riguardo ai suoi progetti
riformistici.
La cerimonia
dell’incoronazione
“La situazione
finanziaria dei conti Rostov non era migliorata nel corso dei due anni che essi
avevano passati in campagna. … Il tenore di vita ad Otràdnoje era tale e in
particolare Mitjen’ka *conduceva gli affari in modo tale che i debiti
crescevano ogni anno intollerabilmente.” **
Una
delle cause che manderanno alla rovina la nobiltà sarà il vizio del gioco.
D’altro
canto stava andando sviluppandosi una seppur embrionale attività industriale,
soprattutto nel tessile e per ora limitata a piccole aziende a conduzione
familiare.
Urgevano
delle riforme e lo zar ne applicò principalmente tre: l’abolizione della
servitù della gleba, una riorganizzazione fiscale-amministrativa con
l’introduzione dell’istituto dello zemistvo,
una sorta di consiglio comunale che risedeva nei villaggi e nelle piccoli
centri, e la separazione dei tribunali dall’amministrazione rendendo così il
potere giudiziario realmente indipendente dal governo.
Inoltre
estese l’obbligo del servizio militare a tutte le classi sociali e non solo
alle inferiori, e portò la durata del servizio attivo da 35 anni a 6.
Queste
riforme però furono, come accadde quasi sempre in questo paese, calate
dall’alto, su una popolazione spesso amorfa se non contraria ad esse. Fino al
XX Secolo non vi fu mai una spinta dal basso, si accettava passivamente quello
che lo zar disponeva e semmai si cercava in vari modi, qualora non era cosa
gradita, di boicottarla.
La
tanto attesa abolizione della servitù della gleba arrivava ormai troppo tardi
senza che lo zar stesso fosse a conoscenza fino in fondo dello stato reale
delle cose. I contadini infatti, diminuiti numericamente dall’inizio del
secolo, avrebbero dovuto riscattare la terra su cui lavoravano, e la posizione
della nobiltà non fu su questo punto univoca. I proprietari delle fertili terre
del sud avrebbero voluto mantenere il più possibile dei loro appezzamenti,
quelli del nord erano disposti a cederla dietro a ingenti compensi.
Questa
riforma non riuscì a garantire ai contadini uno status egualitario rispetto
alle altre classi, essa fu estesa anche ai contadini delle tenute imperiali e
tutti dovettero pagare una tassa pro capite ma per un certo periodo furono
ancora legati alla loro terra e sottoposti alla legge consuetudinaria in vigore
fino a quel momento.
Ai
contadini fu nella maggior parte, destinata la terra che già prima lavoravano
per loro stessi, nel caso in cui non avessero avuto i soldi per riscattarla, lo
stato avrebbe anticipato le somme ai proprietari con buoni del tesoro, e i
contadini in capo a 49 anni avrebbero reso il prestito allo stato.
Salvo
che in Ucraina, la terra non fu concessa ai singoli contadini ma alle comuni.
Nel complesso questa riforma interessò circa 52 milioni i persone.
Da
sottolineare che i servi che lavoravano la terra ottennero degli appezzamenti
ma lo stesso non valse per i servi di casa.
Questo
comportò in seguito un’emigrazione verso le grandi città e un’offerta di mano
d’opera per la nascente industria. L’abolizione della servitù aprì le porte ad
un’economia capitalista.
Ci
siamo soffermati su questo fatto poiché esso è un momento determinante per
capire lo sviluppo della società russa e i fatti che si succederanno in
seguito.
Questa
riforma però lasciò tutti insoddisfatti. Specialmente gli intellettuali che la
ritennero insufficiente e tardiva.
Intanto
in Russia si stavano affermando nuove idee politiche. Bakunin aveva posto le
basi del pensiero anarchico, e una nuova teorica quella del nichilismo si stava
facendo strada specie fra i giovani. Non mancava naturalmente anche la corrente
slavofila che si esplicava nel rifiuto dell’uso della lingua francese e con un
abbigliamento russo e non di taglio occidentale come si vedeva a corte.
In
politica estera fu completata la conquista del Caucaso e dell’Asia centrale. S.
Pietroburgo si arricchì del già ricordato Teatro
Marinskij dedicato alla sorella dello zar
*
il nome dell’amministratore
**
Tolstoj - Guerra e pace
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