di Annalisa Petrella
In
questi tempi di contenimento, dopo l’indigestione di film e serie tv che ci
hanno messo a dura prova, un ritorno ai classici è salutare e il richiamo del
grande Alfred Hitchcock è ancora oggi più potente che mai.
Complesso,
ipnotico, appassionante, il film Vertigo,
- in Italia “La donna che visse due volte”, - ci cattura attraverso la storia
enigmatica di un’ossessione e di un inganno perpetrato ai danni del
protagonista John Ferguson, detto Scottie.
La
trama è nota e sicuramente il film, un noir reso perfetto da “Hitch”, è stato
visionato da tutti noi chissà quante volte, ma la bellezza dell’ultimo restauro,
operato nel 2019 dalla Cineteca di Bologna, gli restituisce una profondità che
svela all’occhio attento un soffio, una sfumatura di colore, un dettaglio finora
celati nella spirale che lo avvolge interamente.
Fu proiettato per la prima
volta il 9 maggio 1958 allo Stage
Door Theater di San Francisco e l’accoglienza del pubblico e della critica
fu tiepida, l’incasso servì sostanzialmente a ricoprirne le spese. Hitchcock
era già diventato uno dei registi più famosi e richiesti del mondo, aveva alle
spalle quarantotto film di successo, tra cui Rebecca, Io ti
salverò, Notorius, Nodo alla gola, Il delitto perfetto, La finestra sul cortile e Caccia al ladro, aveva raggiunto una grandissima popolarità
con le serie di trasmissioni televisive Sospetto
e Hitchcock presenta, ma le sue opere erano considerate da buona parte dei
critici americani prodotti di intrattenimento privi di grandi meriti
artistici.
Fu all’inizio degli anni Sessanta che partì
un processo di rivalutazione del regista a livello autoriale per merito soprattutto
di critici e registi europei che riconoscevano in lui le qualità e lo spessore
di un “maestro” del cinema. Tra le numerose pubblicazioni dedicate al regista consiglio
la lettura del libro Il cinema secondo Hitchcock, di cui uscì la prima
edizione nel 1967, frutto di una lunga intervista – conversazione di cinquanta
ore tra Trauffaut e Hitchcock, avvenuta nel 1962. “Ci vollero quattro anni per
far trascrivere i nastri e soprattutto per mettere insieme il materiale fotografico;
ogni volta che incontravo Hitchcock gli ponevo nuove domande in modo da
aggiornare quello che chiamavo l’hitchbook.” (François Truffaut nella
prefazione dell’edizione 1991).
Il testo, una vera e propria carrellata che ripercorre
tutta la produzione e la carriera di Hitchcock, svela informazioni preziose
sugli strumenti e sull’arte di fare cinema attraverso un insieme sistematico di
domande e risposte e racconta anche, con dovizia di particolari, le atmosfere
degli Studios e i retroscena delle star di Hollywood che avevano lavorato per
lui.
All’uscita
di Psycho, nel 1968, i critici lo consideravano
ormai un “autore” a tutti gli effetti, il suo modo di fare cinema aveva fatto
scuola, gli fu in parte perdonato il successo, la ricchezza e la fama, che
altri non erano riusciti ad ottenere, e Vertigo
fu giudicato tra i migliori film della sua produzione. Poi nel 1973 Hitchcock, forse
per motivi economici, riacquistò dalla Universal i diritti di distribuzione di
alcuni dei suoi film, tra cui Vertigo,
e pretese la distruzione di tutte le copie rimaste in circolazione. Fu così che
il film rimase per anni fuori dai circuiti cinematografici. Quando dopo la sua morte,
avvenuta nel 1980, la Universal riuscì a ricomprarne i diritti Vertigo finalmente riapparve nelle sale,
piazzandosi immediatamente ai primi posti nelle classifiche dei più bei film di
sempre.
Oggi
è considerato uno dei migliori film della storia del cinema, tanto che nel 2012
l’autorevole rivista britannica Sight
& Sound (British Film Institute) lo ha messo al primo posto,
riuscendo a scalzare l’inamovibile Quarto
potere di Orson Wells, che deteneva il primato dal 1962.
Il
film
Il film prende ispirazione dal romanzo D’entre les morts (1954),
di Thomas Narcejac e Pierre Boileau, ma Hitchcock
apporta alcuni cambiamenti decisivi alla trasposizione cinematografica.
Innanzitutto, ambienta la storia a San
Francisco negli anni Cinquanta, anziché in Francia negli anni Quaranta, e
tratteggia i suoi protagonisti con un tocco meno maledetto, rendendoli a
livello morale più accettabili dallo spettatore. Poi inserisce, a un terzo
dalla fine della storia, un’anticipazione sull’identità del personaggio,
scegliendo di adottare la tecnica della suspense a discapito della sorpresa
e attraendo lo spettatore in una spirale di complicità in attesa del colpo di
scena conclusivo, infine modifica in parte il finale.
La trama contiene
un'eterogeneità sorprendente di generi, si passa dal poliziesco al noir, al mystery
con venature di paranormale fino ad arrivare al dramma e alla tragedia. Forse,
più semplicemente, Vertigo è una
storia d'amore e di ossessione, pervasa dal senso di colpa sotto l'ombra
minacciosa e costante della morte.
Il tema principale che percorre tutto il film è la vertigine, simboleggiata fin dai titoli di testa, disegnati da Saul Bass, dalla spirale che appare anche sulla locandina, una delle più celebri della storia del cinema. Ritroviamo il motivo della spirale nello chignon di Madeleine, nei cerchi concentrici dei tronchi che segnano le linee del tempo, negli incubi persecutori che scavano nelle volute dell’inconscio di Scottie e nella leggendaria scala a chiocciola della missione. Il regista ci comunica che la vertigine genera perdita di equilibrio sia fisico sia mentale, scatena paura e, contemporaneamente, attrazione, infine in amore diventa una trappola ossessiva che porta inevitabilmente alla perdizione.
Il tema principale che percorre tutto il film è la vertigine, simboleggiata fin dai titoli di testa, disegnati da Saul Bass, dalla spirale che appare anche sulla locandina, una delle più celebri della storia del cinema. Ritroviamo il motivo della spirale nello chignon di Madeleine, nei cerchi concentrici dei tronchi che segnano le linee del tempo, negli incubi persecutori che scavano nelle volute dell’inconscio di Scottie e nella leggendaria scala a chiocciola della missione. Il regista ci comunica che la vertigine genera perdita di equilibrio sia fisico sia mentale, scatena paura e, contemporaneamente, attrazione, infine in amore diventa una trappola ossessiva che porta inevitabilmente alla perdizione.
Scottie, il
protagonista, presenta alcune caratteristiche care al regista e che ritroviamo
in altri protagonisti dei film precedenti, due esempi: Jeffries (James Stewart)
di La
finestra sul cortile, è anch’egli vittima di una patologia che sta
alla base dell'intero intreccio narrativo e diventa inconsapevolmente lo
strumento di un disegno criminale e, come Scottie, è uno scapolo impenitente,
ritroviamo anche il John Ballantyne (Gregory Peck) di Spellbound
che cova dentro di sé un profondo senso
di colpa invalidante.
Ma entriamo in Vertigo, fin
dalla prima scena il protagonista viene mostrato nella sua patologia: soffre di
acrofobia, pesantemente. Scottie, che fa il detective, insegue con un
collega poliziotto un malfattore sui tetti di San Francisco, ma scivola e resta
appeso ad una grondaia, oscillando nel vuoto - una ripresa “in soggettiva”
(tecnica in cui la scena viene inquadrata esattamente dal punto di vista del
personaggio, come se la si vedesse attraverso i suoi occhi), trascina lo
spettatore in una potente identificazione e mostra l’altezza a lui sottostante
-, l’uomo terrorizzato guarda dall’alto l’immensa distanza che lo separa dalla
strada in basso ed è vittima di un attacco di vertigine. Il collega poliziotto gli
tende la mano nel tentativo di salvarlo, ma perde l'equilibrio e precipita schiantandosi
al suolo. Quest'incidente sarà la causa della sua acrofobia e delle sue
dimissioni dalla polizia.
La scelta
di questo incipit è strategica, per un lato apre lo scenario sul protagonista e
sulla sua fragilità, per l’altro fa partire il film con un'impennata
spettacolare che cattura immediatamente l'attenzione dello spettatore.
Anche il
tema del doppio nel film è dominante
e viene esplicato sotto diversi aspetti:
·
Il film si divide in due parti ben delineate.
·
La storia si occupa di due donne, o di una donna che visse due volte.
· La prima donna, Madeleine, vive per lo più in una dimensione onirica, come se
avesse una sorta di doppia personalità
che la fa identificare con l’antenata Carlotta Valdés.
· La seconda
donna, Judy, dalle caratteristiche
più terrene, si sdoppia per assecondare
l’ossessione di Scottie.
· La presenza degli specchi in molte scene raddoppia
le immagini e moltiplica i significati.
· I temi di
fondo si sviluppano per contrasto: verità/inganno,
paura/attrazione, amore terreno/amore
idealizzato.
Qualche richiamo alla trama
Un anno dopo,
uscito dalla casa di cura, Scottie incontra Judy per strada, una donna bruna e
appariscente, ma che nei tratti gli ricorda Madeleine …
Sarebbe inaccettabile
svelare altro di questo film che riserva parecchie sorprese e che a tutt’oggi
esercita sullo spettatore una forza ipnotica magica e surreale.
Il cast
James
Stewart aveva già
lavorato per Hitchcock in altri tre film e conosceva bene le sue aspettative e
il suo modo di girare e qui offre una prova attoriale al massimo delle sue
capacità.
Musica
La musica di Bernard
Herrmann, ispirata al melodramma italiano, è molto evocativa e con la sua angosciosa ripetizione di suoni sottili e
crescendo tumultuosi si è conficcata nella nostra memoria e
accompagna le immagini rendendo il ritmo narrativo incalzante e compatto.
accompagna le immagini rendendo il ritmo narrativo incalzante e compatto.
Cameo
Come da tradizione non poteva mancare anche in Vertigo un cameo di Hitchcock: il regista appare per brevi istanti
come comparsa nei panni di un passante che porta con sé la custodia di un corno
mentre cammina davanti ai cantieri di proprietà del marito di Madeleine.
Con Vertigo Hitchcock ha realizzato un film autoriale
grandioso che mostra, attraverso il technicolor, il turbamento irreversibile di
un uomo. Ha “giocato” molto seriamente con i simboli, con la fascinazione della
morte, con l’uso del colore, in particolare il rosso e il verde, ha utilizzato
i “filtri nebbia” per rendere più rarefatti e spettrali alcune sequenze, ha
impregnato le scene di un erotismo per sottrazione evidentissimo nelle posture,
nei movimenti, nelle vestizioni e negli abiti delle due donne, trascinandoci
nella spirale che ha ideato per Scottie all’inseguimento di un amore
impossibile, sconosciuto, idealizzato, enigmatico, ossessivo e bugiardo. Negli inseguimenti
della donna che visse due volte, perduta nello scenario di una San Francisco
falciata dalla luce, siamo andati ben oltre le strade in salita, il Golden Gate
Bridge, il porto, ci siamo inoltrati nelle campagne in un vortice di calce
bianca e scale di legno, lapidi e cimiteri, missioni e campane, leggende e
storia con gli echi spagnoli dove si combinano sacro, profano, vuoto, acqua e polvere.
Bellissima recensione!
RispondiEliminaUn piacere leggerti
RispondiEliminaLo voglio rivedere!!!
RispondiEliminaHo rivisto il film attraverso la tua recensione magica che mi ha conquistato
RispondiEliminaBravaaaaaaaa
RispondiEliminaUn'accattivante, completa e godibilissima recensione per un grande come Hitchcock
RispondiEliminaUna recensione all'altezza del film del grande maestro. Una recensione ricca di annotazioni tecniche, osservazioni e spiegazioni interessanti.
RispondiEliminanon c'è che dire...sei splendidamente brava
RispondiEliminaCléo
L'hanno già detto altri, ma la recensione è davvero ben fatta: documentatissima, ricca di spunti, direi anche intrigante perché sono corso a cercare come poter rivedere il film. Complimenti. Vittorio
RispondiEliminaComplimenti! Questo è un vero e proprio saggio più che una recensione. Anche a me è venuta voglia di rivedere il film che vidi tanti anni fa e di cui serbo il ricordo di alcune immagini memorabili.
RispondiEliminaDi nuovo complimenti e a presto (speriamo) al cinema. Leonardo.
Bellissima recensione, ricca di dettagli cinematografici e stilistici di un maestro. Da sempre ricordo la tua passione per il cinema e per un grande come Hitchcock, è un piacere leggerti!
RispondiEliminaLudmilla
Questo tuo scritto è talmente completo, che potrebbe essere un canovaccio di un testo!
RispondiEliminaUn grande regista richiede puntuali e analitiche recensioni!Brava
gran bella recensione Annalisa,ricca di contenuti e rigorosa nella ricostruzione del film che sembra proprio di rivedere!
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