di Mimma Zuffi
Un
aratro imperiale, tirato da un bue candido e da tutta la regale famiglia,
semina i primi granelli. Il riso che nasce e sfama un popolo immenso e
poverissimo. E il rito, solenne e immutato, si ripeterà per millenni e
millenni.
DALLA LEGGENDA ALLA STORIA
La "grande festa di primavera" incomincia così.
L'imperatore Chin-noong traccia quattro solchi con un aratro prezioso, tirato
da un bue candido; sparge la semente nei solchi e, dopo di lui, secondo una
rigida gerarchia, tracciano i solchi; tutti i principi della sua famiglia,
quindi, i Mandarini, gli alti funzionari, e via via, tutti gli uomini che
popolano il Celeste Impero. Siamo nel 2800 a.C., naturalmente in Cina e i semi
sono quelli del riso; quindi, già una risorsa per sfamare un Paese immenso. Sembra,
però, che l'origine del riso non sia cinese ma indiana.
Una leggenda dice
infatti che il riso è una pianta indiana, "senza madre e senza
padre", perché non è nata da un seme ma da un prodigio. Shiva, che, come Giove e Zeus, è sensibile al fascino
femminile, s' invaghisce di Retna Doumila (Gioia raggiante) da cui però è
respinto. La corte del dio si fa pressante, Retna prende tempo e chiede un dono
di nozze particolare: un cibo buono e nutriente e che, soprattutto, avrebbe per
sempre sfamato l'umanità! Shiva invia un messo sulla terra a fare ricerche; ma
questo, distratto a sua volta da un'avventura amorosa, dimentica l'incarico e
decide di non far più ritorno tra gli dei. Shiva, impaziente e infuriato, pretende
di stringere i tempi con Retna Doumila e
la prende con la forza ma questa, per la vergogna e l'oltraggio subito, si
toglie la vita. Dopo quaranta giorni, proprio sulla tomba della fanciulla
nascerà un'esile pianticella, il riso, che Shiva deciderà di distribuire agli
uomini per vincere la loro fame. E proprio questa leggenda darebbe ragione agli
studiosi i quali sostengono che la pianta del riso proviene dalla selezione, in
parte naturale e in parte colturale, di un'erba spontanea della fascia
tropicale dell'Aia sudorientale dove il clima è caldo-umido.
Anche i cinesi hanno le loro leggende sul riso, e la più
accreditata è quella che racconta che il Buon Genio, disperato e impotente di
fronte all'ultima, terribile carestia, non sapendo come sfamare il suo popolo,
si strappa, i denti e li butta, con un gesto di rabbia, al vento, questi si
trasformano in semi e i semi diventano migliaia e migliaia di chicchi di riso.
Da allora il riso non smetterà più di consolare le mense cinesi e, in genere,
di tutto l'Oriente. Il riso infatti è fondamentale anche in Giappone, dove la
più amata divinità shintoista è Inari, che significa "l'uomo del
riso".
UN VIAGGIO LUNGO E MISTERIOSO
La marcia del riso verso l'occidente incomincia dalla
Mesopotamia, grazie a intrepidi mercanti che osano varcare le montagne del
Tibet, per commerciare ambra e spezie. Ma è uno studioso al seguito di
Alessandro il Macedone che descrive e insegna ai popoli del bacino del
Mediterraneo la coltivazione del riso. Ne parleranno poi, con molte
inesattezze, poeti, naturalisti, medici, greci e latini; per Orazio il costo
delle tisane di riso è eccessivo; Plinio,chissà perché, descrive il cereale
come "carnoso"; ad Atene e a Roma il riso è considerato una pianta
medicinale o voluttuaria, una curiosità esotica. Più intraprendenti, gli arabi
adattano la coltura del riso alle regioni più verdi e umide; lo porteranno poi
in Spagna e in Sicilia.
…E FINALMENTE ARRIVA IN ITALIA
Siamo nell'874 d.C., il governatore arabo in Sicilia fissa
le norme d'importazione del riso. Ma come e quando il riso entra in Italia come
"produzione"? La dinamica è controversa: c'è chi dice che sono gli
Aragonesi a insegnare la coltivazione nel reame di Napoli, quindi in Toscana,
per arrivare poi in Piemonte e Lombardia. C'è chi sostiene che sono i soldati
di Carlo Magno a portare questa coltura in Francia, di ritorno dalla guerra
contro i Mori, e da qui in Italia. Infine, c'è chi assicura che il seme del
riso. e tutte le istruzioni per coltivarlo, sono arrivati in Italia verso la
metà del 1300
Portati dai veneziani. Unica notizia certa e curiosa: anno
1308, il primo "risotto" fu approntato dal bolognese Pier Crescenzio
nella sua villa di Rubinazzo con riso
proveniente dalla Sicilia. Merce stravagante, esotica, c'è chi lo usa per curarsi
e chi lo assaggia appena, visto il suo alto prezzo. Risulta, da un registro di
spese annonarie, che l' "agiato" duca Filiberto di Savoia, nel primo
semestre del 1269, fa addirittura una ventina di acquisti di riso, insieme ad altre spezie, per
complessive lire imperiali 1,20: una fortuna! Ma nel Trecento arriverà fino a
lire 9. In questi stessi anni il riso figura anche tra gli acquisti
dell'Ospedale S. Andrea di Vercelli, per essere somministrato agli infermi. E pare
che per fronteggiarne i costi e i rincari proprio da queste parti si fa strada
d'iniziare la coltivazione. Il riso entra in cucina, prima come ingrediente per
migliorare il pane, poi per preparare ricette sempre più raffinate. Il riso
diventa di moda: i raccolti italiani sono buuoni e abbondanti tanto da
permettere presto esportazione in Svizzera, Francia e Paesi Bassi.
UNA COLTIVAZIONE CONTROLLATA
La risicoltura dilaga, ma si commettono errori: irrigazioni
sbagliate, pregiudizi (s'incolpa il riso di favorire la malaria) e molti Stati
italiani prendono la decisione di bloccare la produzione. Le risaie non devono
oltrepassare la Dora Baltea e devono stare lontano dai centri abitati. Dal 1500
al 1800 editti, decreti e "grida" si susseguono per normalizzare
l'argomento creando molto disordine, anche se nel 1586 una delegazione di medici
rende pubblica questa dichiarazione, sotto giuramento, al governo spagnolo:
"le risaie poco danno possono apportare a l'aere ed alla sanità degli
uomini, sempre che distino un miglio dalla villa…".
LO SAPEVATE CHE…
- Proprio perché simbolo di ricchezza e abbondanza il riso è
la tradizionale "pioggia" beneaugurante per gli sposi.
- Nei famosi anni '30 il riso nostrano veniva propagandato
come indispensabile nutriente, cibo "autarchico", persino come insostituibile…prodotto
di bellezza!
-Risotto alla milanese: il più celebre tra i risotti gialli
nacque nel 1574 in occasione delle nozze della figlia del maestro vetraio della
fabbrica del Duomo di Milano, Valerio di Fiandra. Sopraintendeva alla preparazione
dei piatti il cuoco "Bettolin di prêt" (il Bettolino dei preti), il quale si lasciò convincere ad aggiunger un
pizzico di zafferano nel risotto da un aiutante di ser Valerio, soprannominato
Zafferano.
IL RISO: OGGI IN MILLE GUSTOSI SAPORI.
Comune (con le varietà Originario e Balilla,
che hanno granelli molti piccoli e abbastanza tondeggianti), fino (con
le varietà R.B., Vialone, Ringo, Rizzotto, Baldo, che hanno granelli di forma
piuttosto allungata), semifino (con le varietà Maratelli, Vialone nano,
Rosa Marchetti e Romeo, che hanno granelli di forma piuttosto allungata), superfino
(con le varietà Arborio, Carnaroli, Razza 77 e Roma, dai granelli grossi e piuttosto
allungati) e per ognuno un sapore diverso. Ma il più generoso con la salute è
quello integrale, ricchissimo di vitamine e proteine. Insomma per usare
correttamente il riso bisogna conoscerlo bene.
Wow che bella storia! Juanito
RispondiEliminaGRAZIE JUANITO! SEMPRE ATTENTO E FEDELE SEGUACE DEL NOSTRO BLOG.
RispondiEliminaMIMMA ZUFFI
Interessante disamina sul cereale più apprezzato nella tradizione meneghina. E' recuperabile la ricetta del Bettolin?
RispondiEliminaCorinna
ti ringrazio Corinne. La ricetta del Bettolin non so se si può recuperare, fa parte di alcune curiosità che conoscevo da tempo.
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