Di Annalisa Petrella
Li
stava aspettando, sapeva che era questione di minuti e sarebbero arrivati.
Avrebbe
raccontato la sua verità. Ma avrebbero capito?
Il preside Cusumanno aveva
recuperato il pieno controllo di sé, ripensando al fatto dovette constatare,
pur con una certa amarezza, che era stato inevitabile.
Si guardò le mani curate che
avevano smesso di tremare e le appoggiò sul freddo ripiano di marmo sovrastante
il camino poi, alzando lo sguardo, colse la propria immagine riflessa nello
specchio veneziano.
Considerò che, malgrado l’avanzare degli anni, le rughe sul
volto si erano formate nei posti giusti e i capelli brizzolati, molto corti e
un po’ ispidi, gli conferivano un tocco giovanile che lo rassicurò e lo fece
ergere in tutta la sua statura che sfiorava a stento il metro e settanta. Era
stato un problema al liceo essere sempre il più basso, ma lo aveva risolto assumendo
sempre una postura eretta di tipo militare e facendosi inserire nelle scarpe un
considerevole ed efficace rialzo. Decise quindi di sedersi sulla poltrona di
cuoio in attesa di Musumeci, perché era sicuro che per lui si sarebbe mosso il
commissario in persona, riuscì a rilassare la tensione aiutandosi con profondi
respiri, chiuse gli occhi e si abbandonò al flusso dei ricordi.
Rivide la facciata di
Turredda a Scoglitti, dove aveva trascorso le lunghe estati della sua infanzia,
sentiva l’eco delle risate della madre adorata che riusciva a tenere a freno
l’esuberanza dei figli maschi coinvolgendoli in incarichi di esplorazione della
tenuta. Le stalle, gli orti, l’oliveto, il bosco, lo stagno con i pesci
diventavano per loro luoghi d’avventura che andavano ben oltre i limiti segnati
dal territorio e, ogni giorno, offrivano occasioni per una nuova sfida. Sorrise
pensando al tempo dedicato allo studio che faceva riunire attorno a donna Ines
i suoi quattro figli e quelli dei massari per il
controllo dei compiti. Aspettavano il verdetto in silenzio e poi via, tutti
fuori a impazzare sulle aie e a ridere e a correre come in volo sulle Madonie.
Quando gli apparve nella memoria la figura burbera del padre, noto deputato dell’ala
conservatrice, avvertì un fremito di disagio, pur nel ricordo, ancora oggi
Cusumanno si sentiva inadeguato rispetto a lui. E dire che ne aveva fatta di strada, l’amore
per la letteratura greca lo aveva condotto fino all’apice della sua carriera,
c’era stato qualche inevitabile compromesso, sì, ma si poteva di certo
affermare che il preside Cusumanno a Noto era stimato e riverito da tutti.
Ma, a tratti, una fitta
dolorosa interrompeva il flusso della memoria, tra un ricordo e l’altro, a
intermittenza continua, s' insinuava folgorante l’immagine
di Maria che a un certo punto sovrastò tutto e si fissò nella sua mente come un
faro accecante su uno schermo nero.
Lui aveva amato davvero
Maria, era stata l’unica donna che l’aveva veramente soddisfatto, la prima
volta aveva diciotto anni e lei, di poco più grande, era uno schianto di
bellezza. Ai tempi il solo pensarla lo faceva eccitare, appena poteva correva
da lei senza preavviso e, impaziente, si tuffava con veemenza nelle sue carni
sode ricavandone un piacere voluttuoso, anche se dopo, ripensandoci bene, si
rendeva conto che, per concludere, la pazienza di Maria e le sue capacità amatorie
- se così si possono definire – erano basilari.
La donna era diventata
un’ossessione per lui, una malattia, la voleva sempre a totale disposizione, ma
lei non era solo sua era di tutti e lui non riusciva a farsene una ragione. In
verità, a dirla tutta, la voleva soltanto come puttana, una puttana ad uso
esclusivo poiché, per un uomo della sua levatura, non sarebbe stato accettabile
pensare, neanche lontanamente, ad un altro tipo di relazione con una donna come
Maria.
Lei ne era consapevole e
non avanzava pretese, le piaceva molto averlo come cliente, era distinto,
colto, diverso dagli altri e la sua voce la irretiva, per questo assecondava
ogni sua richiesta, ricevendolo negli orari più improbabili.
Con gli anni lui si era
sposato, ma non era cambiato nulla, anzi, il suo matrimonio sterile lo spingeva
ancora di più a rifugiarsi da Maria non appena possibile. Entrava nella camera,
si toglieva la giacca e, camminando a passo deciso su e giù per la stanza, le
parlava di sé, delle sue ambizioni e dei suoi successi professionali, a volte
le declamava poesie in greco antico, guardandola negli occhi per cogliere in
lei l’ammirazione che sapeva di suscitare.
Lei se ne stava lì, nuda, con
il manto di capelli corvini scarmigliati e i grandi occhi neri spalancati per
lo stupore, lo guardava e lo riguardava senza parlare, aspettando la fine delle
sue esibizioni quindi gli sorrideva e apriva le braccia per accoglierlo in sé e
lui si abbandonava sul suo seno come un bambino avido.
Poi anche lei si era
sposata, con Severino, uno stupido spiantato, che non valeva un’acca - così lo
definiva Cusumanno. Aveva messo su casa, un appartamento dignitoso, e aveva
mantenuto il mezzanino in periferia per i clienti. Un imbecille quel marito,
null’altro, quando andava da lei glielo ripeteva sempre, ma Maria lo
distoglieva da quei discorsi offensivi che destavano nel suo intimo un
dispiacere soffuso e, sapendo come calmarlo, gli si dedicava con calore.
In seguito erano arrivati
i figli, lei sì li aveva avuti, ben due maschi, sani e forti, lui, invece,
niente. Per anni aveva fatto ricadere, anche pesantemente, la colpa del mancato
concepimento sulla moglie fino a che il medico di famiglia un giorno gli aveva
fatto un vago discorso in cui alludeva a casi in cui era stato dimostrato che la
responsabilità poteva essere attribuita all’uomo. La reazione alterata del
preside aveva però subito spinto il medico a specificare che il suo caso non
apparteneva di certo a quel tipo di casistica.
Passava il tempo e il legame
con quella donna si fortificava, a volte, pensandoci, l’uomo si sentiva vittima
di un sortilegio, fatto sta che doveva assolutamente incontrarla nel suo
mezzanino almeno una volta alla settimana: in quelle quattro mura, tappezzate con
una carta da parati color rosa cipria, su quell’ampio letto dalle pesanti
lenzuola di lino stropicciato Cusumanno riacquistava energia e quella sicurezza
che aveva sempre ostentato a tutti ma che, in realtà, era soltanto un miserevole
involucro di cartapesta che celava un magma arido di polvere e sterpi.
Il preside era sostenuto
dalla certezza che Maria lo amasse davvero e questo fatto sanciva e glorificava
il suo inevitabile bisogno di affermare la propria supremazia maschile, la
donna gliene aveva dato prova arrivando persino a prestargli i suoi risparmi
quando aveva dilapidato il cospicuo patrimonio ereditato dalla madre.
Non immaginava che Maria,
dandogli quei soldi, non aveva fatto il conto di una restituzione, semplicemente
aveva agito spinta da un puro sentimento di tenerezza mista a pena per questo cliente
fedele e inconcluso. Negli ultimi tempi durante i loro appuntamenti il preside le
aveva proposto inaspettatamente di piantare il marito e di trasferirsi con lui in
un luogo lontano, magari in Costa Azzurra. I soldi a lei non mancavano per
garantire a entrambi un accomodamento più che decoroso.
Maria lo guardava
impassibile e ascoltava in silenzio le sue farneticazioni, del resto il loro
rapporto era sempre stato così: lui parlava e lei ascoltava.
Finché un giorno Cusumanno notò che era
cambiata, colse nella donna un cedimento, un segno di stanchezza e, anche se continuava
a riceverlo regolarmente, come aveva sempre fatto da più di vent’anni, s' intuiva che non era più coinvolta come prima, lo ascoltava
senza interromperlo mai, ma ogni tanto buttava lo sguardo fuori dalla finestra
sospirando delicatamente.
Quel sospiro inatteso e, a
dire il vero, inconcepibile ai suoi occhi lo aveva disturbato profondamente e gli
aveva risvegliato un senso di rabbia. Si chiedeva come fosse stato possibile
che la donna avesse osato prendersi la libertà di manifestargli, pur velatamente,
un cenno d’insofferenza, perché proprio di questo si trattava, insofferenza e
distacco. Fu un vero e proprio insulto al suo orgoglio, un gesto che annullava
le distanze e il rispetto dovutogli dalla meretrice, perché Maria quello era.
Più tardi, dopo averlo
soddisfatto, Maria gli aveva detto:
-
Antonio,
sto invecchiando, non vedi? Sono stanca di questo mestiere, voglio ritirarmi, è
tardi per fare progetti di fuga. Serafino merita qualcosa da me…
-
Serafino
è un imbecille, ti ha fatto fare la puttana per sfruttarti e…
La
donna non poté più trattenersi:
- Non
ti permettere! Serafino è la persona migliore che io abbia conosciuto, è un uomo degno, il padre dei
miei figli, non ha mai chiesto nulla per sé…
Incredibile, per la prima
volta la puttana si era rivoltata apertamente contro di lui, senza il rispetto
delle parti, ma come poteva essere che la meschina lo apostrofasse in quel
modo?
Un moto di collera lo
assalì facendogli scoppiare la testa, l’insubordinazione della donna aveva
fatto esplodere quel grumo di rabbia che da giorni lo faceva star male, come se
avesse un sasso conficcato nello stomaco, e le aveva sferrato un pugno sul viso
con tutta la violenza che aveva in corpo per impedirle di aggiungere altre
insolenze.
L’ultimo sussurro di
Maria, accasciandosi sul letto, era stato
-
Serafino,
perdo ...
Poi era stato un attimo, Cusumanno
si era trovato la cinghia tra le mani e gliela aveva stretta attorno al candido
collo con una forza sconosciuta mentre, singhiozzando, l’aveva guardata morire
lentamente. L’aveva lasciata lì esangue riversa sul grande letto che
troneggiava nella camera rosa. Bella più che mai.
Rientrato a casa si era
seduto davanti alla scrivania di mogano e aveva fissato lo sguardo sul ritratto
del glorioso padre. Dopo la telefonata aveva rivolto gli
occhi verso il cielo diafano oltre la finestra.
Bel rintratto di un personaggio di richiamo dannunziano luca
RispondiEliminaGrazie,Luca.
EliminaAnnalisa
È sempre un piacere leggerti, bellissimo!! B
RispondiEliminaTi ringrazio.
EliminaAnnalisa
leggo un'Annalisa matura e una storia a dir poco realistica nella sua tragica e fuorviante dimensione. La statura di Cusumanno e i suoi ricordi ancestrali di Scoglitti, a me cara, ben evocano una cultura maschilista forte e debole nei sentimenti. La tragedia purtroppo è di quotidiana attualità come violenza sulle donne. E ben poco importa la "cultura"travisata e tradita nelle sue prerogative educative. Cusumanno si "educa" a rappresentare ruolo e una funzione dominante senza comprendere appieno che la vera "preside" è quella stessa meretrice che non viene mai considerata una vera donna dai suoi pregiudizi arcaici e violenti. Istintivamente, scrivo che sei brava a dipingere con le parole un contesto: solo un appunto. Manca il Mare, silenzioso e rumoroso protagonista dei ricordi di Cusumanno a Scoglitti.
RispondiEliminaTi ringrazio tanto. Che meraviglia il mare di Sicilia!
EliminaAnnalisa
Bello il personaggio femminile, Maria è donna, prostituta, madre, moglie e vittima nella sua generosità.
RispondiEliminaGrazie.
EliminaAnnalisa
Un racconto che trasporta in un mondo pirandelliano dai contrasti netti. Travolgente, si legge tutto d'un fiato. Sara
RispondiEliminaGentile Sara, il richiamo pirandelliano mi onora. Grazie.
EliminaAnnalisa
Intenso e ben delineato in ogni dettaglio al punto che pare di esserci nel mezzanino, molto bello!
RispondiEliminaAnche questo raconto ti affascina e ti lascia nell'animo il senso dell'angoscia dei rapporti distorti e violenti tra uomo e donna. Molto ben scritto. Consiglierei di fare di questi scritti una raccolta : si leggono d'un fiato e viene voglia di leggerne un aloro.
RispondiEliminaVittorio
Anche questo raconto ti affascina e ti lascia nell'animo il senso dell'angoscia dei rapporti distorti e violenti tra uomo e donna. Molto ben scritto. Consiglierei di fare di questi scritti una raccolta : si leggono d'un fiato e viene voglia di leggerne un altro.
RispondiEliminaVittorio
Caro Vittorio, la ringrazio del commento e del consiglio che terrò in considerazione.
EliminaAnnalisa
Colgo in questi racconti una sicurezza di stile e analisi psicologica dei personaggi complete. In ambiente siciliano, al chiuso, l'egocentrismo di lui risalta particolarmente contrapposto alla disponibilità di lei, aperta e disponibile non solo perché prostituta. Vi è in lei un atteggiamento quasi materno nel guidare un giovane inesperto lungo i segreti dell'amplesso e nel difendere il marito ingiustamente criticato e sottovalutato. Vi è la sconfitta del maschio che non solo non accetta di riconoscere una propria incapacità a procreare, ma che perde il controllo davanti all'abbandono di una donna, considerata la propria schiava, che in realtà gli serve a nutrire il proprio fragile io. Brava Annalisa, usi efficacemente la penna per sottolineare le debolezze di ieri e di oggi di certi uomini.
RispondiEliminaLa ringrazio dell'analisi attenta e circostanziata. Un piacere per chi scrive.
EliminaAnnalisa
Bellissimo racconto, si legge tutto d'un fiato. Davvero efficace la descrizione del personaggio maschile, la sua fragilità e presunzione maschile emergono in modo molto chiaro. Bella la descrizione di Maria, donna generosa e concreta a cui il destino ha riservato un terribile finale. Lucrezia
RispondiEliminaCarissima Lucrezia, ti ringrazio tanto.
RispondiEliminaAnnalisa
davvero originale e ben tratteggiato.Brava Annalisa
RispondiEliminaTi ringrazio, cara Stefania.
RispondiEliminaAnnalisa
Cara Annalisa, questo racconto è proprio riuscito! Brava! E' scorrevole, intrigante. Ti sembra di avere davanti i personaggi tanto son ben rappresentati e anche gli ambienti. Il maschilismo di Cusumanno e la sua violenza latente che poi esplode nel momento del rifiuto denunciano con chiarezza una situazione purtroppo tanto attuale. Senza commenti, senza moralismi, come una fotografia distaccata ma inelluttabile.
RispondiEliminaGrazie del bellissimo commento.
RispondiEliminaAnnalisa
Molto attuale il tema della violenza maschile, dell'incapacità di tollerare la frustrazione, i cambiamenti...dempre a discapito delle donne. Buono il ritmo del racconto. Cinzia
RispondiEliminaGrazie.
RispondiEliminaAnnalisa
Penetrante e incisivo con una suspense che tiene legati fino alla fine.
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