Chi abbiamo davanti?
di Luigi Giannachi
E’ molto importante avere la consapevolezza di
cosa possa fare il corpo, rispettando i suoi limiti certo, ma analizzando anche
le potenzialità delle sue capacità realizzative, sia in termini pratici che
teorici. Questa è una caratteristica non irrilevante nel panorama dell’inquadramento
di una persona che abbiamo davanti. Non cambia poi molto che si tratti di noi
stessi mentre ci guardiamo allo specchio oppure della valutazione di una
persona adeguata ad un ruolo lavorativo all’interno di un’azienda o ancora per
una figura sportiva ed artistica da inserire in una squadra collaborativa.
Risulta fondamentale comprendere se quella persona sta ingannando sé stessa per
vanità o per ridotta fiducia nelle proprie capacità. Rivestirsi del manto della
superbia è pericoloso quasi quanto precipitare nell’insoddisfazione e nella
mancanza di coraggio. Di solito il vero esercizio da compiere tutti i giorni al
mattino è quello di essere realistici ed oggettivi su sé stessi, prima ancora
di lavarsi la faccia e pulirsi i denti, prima ancora di mettersi gli occhiali
per mettere a fuoco il mondo.
“Che cos’è la felicità se non il vivere in
conformità a sé stessi? L’aquila chiede forse delle penne d’oro? Il leone
ambisce avere artigli d’argento? La melagrana desidera che i suoi chicchi siano
altrettante pietre preziose?” Nel suo Imperatore e Galileo il drammaturgo Ibsen
mostra attraverso queste immagini assurde quanto siano improponibili le
richieste di questo genere: le penne luccicanti d’oro per un’aquila, gli
artigli d’argento per il leone o una cascata di diamanti per la melograna. La
felicità consiste proprio in quello: essere consapevoli del proprio corpo e
dell’ambiente fisico e sociale in cui questo corpo è immerso, senza aspirare a
qualcosa di impossibile.
Questa sorta di coscienza del proprio vivere
può anche essere analizzata clinicamente nelle sue diverse sfaccettature per
capire chi abbiamo davanti e per stabilire la migliore strategia terapeutica
idonea a migliorare il suo benessere o la sua performance, in una scala da 1 a
10.
-
Ha
l’individuo consapevolezza di alcune caratteristiche rilevanti del suo corpo?
-
Ha
l’individuo consapevolezza dei movimenti del suo corpo? (forza, sensualità
oppure deficit con rigidità nella postura o difficoltà nel camminare)
-
Sintomi
e segni riferibili ad un unico quadro clinico oppure no (distinzione fra
soggettività ed oggettività)
-
Consapevolezza
dell’età (problemi articolari dai 35 anni in avanti) e del desiderio sessuale
consono per quell’età
-
Sollecitazioni
meccaniche ripetute in rapporto all’attività professionale e alle attività
quotidiane (come evitarle o prevenirle)
-
Ambiente
sociale che comporta inquietudine o tranquillità (spinge a determinate scelte
oppure a trascurare le decisioni, aiuto familiare o complotto generalizzato)
-
Limiti
e sicurezza nell’operatività di una struttura (ambito di lavoro, disponibilità
di mezzi)
-
Consapevolezza
della stagione ambientale in corso e dell’abbigliamento consono
-
Consapevolezza
nei limiti della scienza e nel rapporto con gli operatori del benessere
-
Valutazione
di conscio ed inconscio
Lo specchio rivolto
verso sé stessi è il più difficile di tutti: non ci conosciamo affatto, ma
piuttosto che ammetterlo preferiremmo agire come il più coerente degli uomini,
sempre tesi a convalidare il proprio operato. Invece dovremmo essere
consapevoli che nella nostra anima sono insiti luci ed ombre, da sviluppare
entrambi senza angoscia, da monitorare periodicamente. A volte sono anzi le
ombre ad essere più prolifiche in ambito artistico. Giordano Bruno ad esempio
richiamava la metafora dell’ombra per far emergere la corrispondenza fra realtà
e pensiero, fra natura ed intelletto, fondando l’ordine dell’universo nelle
strutture costitutive dell’essere e quindi collegando le idee fra loro in
un’arte della memoria che ebbe molto successo mentre il filosofo si trovava
dinanzi al re francese. “Poiché dalla luce alle tenebre si dà una
trasmigrazione perenne, in quanto alcune menti con un movimento di attrazione
verso la materia e allontanamento dall’atto vanno ad assoggettarsi alla natura
e al fato, nulla impedisce che al suono della cetra suonata dall’Apollo
universale le realtà inferiori siano gradatamente richiamate a quelle
superiori, e le inferiori, passando per le intermedie, penetrino nella natura delle
superiori”.
Se da un lato è
necessario salvaguardare la libertà dell’individuo nelle sue decisioni che
propendono verso la ricerca della felicità personale, dall’altro non bisogna
dimenticare che l’uomo è condizionato nella sua esistenza terrena dal dolore e
dalla paura della malattia. Non può essere però la paura a determinare le
scelte per il contingente, perché altrimenti si rischia di azzerare i possibii
sviluppi futuri positivi. La possibilità che l’uomo ha di emanciparsi dalle
ristrettezze dei suoi limiti passa inevitabilmente attraverso l’utopia, intesa
nel duplice significato di un luogo felice o di un luogo senza tempo, forse
anche di un luogo a lungo sognato. L’importante è farsi trovare pronti,
preparati cioè a sfruttare le sorprese che il destino ci riserva.
La psicologa Carol
Rothwell ha elaborato un’equazione algebrica attraverso la quale sarebbe
possibile misurare il livello della propria felicità: P + (5 x E) + (3xH),
basandosi su alcune caratteristiche personali P (aperto al cambiamento, visione
positiva della vita), sui bisogni esistenziali E (salute, denaro, amici) e sui
bisogni di ordine superiore H (High), come il senso dell’umorismo,
l’autoironia, l’ambizione e l’autostima. Chiaramente questa equazione è
ripetibile tutte le volte che uno vuole durante la vita di una persona. Sta a
ciascuno di noi la possibilità di trasformare la vita attuale facendola
approssimare alla vita sognata, un po’ come una sorta di avvicinamento
progressiva alla verità, che non è mai unica e ben definita, ma è sempre
perseguibile. Per Bruno l’arte della memoria non era una semplice tecnica per
potenziare il ricordo, quanto piuttosto un coinvolgimento dell’anima a
ripercorrere un sistema di corrispondenze per illuminare i misteri della
natura.
le
scelte per il contingente, perché altrimenti si rischia di azzerare i possibii
sviluppi futuri positivi. La possibilità che l’uomo ha di emanciparsi dalle
ristrettezze dei suoi limiti passa inevitabilmente attraverso l’utopia, intesa
nel duplice significato di un luogo felice o di un luogo senza tempo, forse
anche di un luogo a lungo sognato. L’importante è farsi trovare pronti,
preparati cioè a sfruttare le sorprese che il destino ci riserva.
La psicologa Carol
Rothwell ha elaborato un’equazione algebrica attraverso la quale sarebbe
possibile misurare il livello della propria felicità: P + (5 x E) + (3xH),
basandosi su alcune caratteristiche personali P (aperto al cambiamento, visione
positiva della vita), sui bisogni esistenziali E (salute, denaro, amici) e sui
bisogni di ordine superiore H (High), come il senso dell’umorismo,
l’autoironia, l’ambizione e l’autostima. Chiaramente questa equazione è
ripetibile tutte le volte che uno vuole durante la vita di una persona. Sta a
ciascuno di noi la possibilità di trasformare la vita attuale facendola
approssimare alla vita sognata, un po’ come una sorta di avvicinamento
progressiva alla verità, che non è mai unica e ben definita, ma è sempre
perseguibile. Per Bruno l’arte della memoria non era una semplice tecnica per
potenziare il ricordo, quanto piuttosto un coinvolgimento dell’anima a
ripercorrere un sistema di corrispondenze per illuminare i misteri della
natura.
E’ molto importante avere la consapevolezza di
cosa possa fare il corpo, rispettando i suoi limiti certo, ma analizzando anche
le potenzialità delle sue capacità realizzative, sia in termini pratici che
teorici. Questa è una caratteristica non irrilevante nel panorama dell’inquadramento
di una persona che abbiamo davanti. Non cambia poi molto che si tratti di noi
stessi mentre ci guardiamo allo specchio oppure della valutazione di una
persona adeguata ad un ruolo lavorativo all’interno di un’azienda o ancora per
una figura sportiva ed artistica da inserire in una squadra collaborativa.
Risulta fondamentale comprendere se quella persona sta ingannando sé stessa per
vanità o per ridotta fiducia nelle proprie capacità. Rivestirsi del manto della
superbia è pericoloso quasi quanto precipitare nell’insoddisfazione e nella
mancanza di coraggio. Di solito il vero esercizio da compiere tutti i giorni al
mattino è quello di essere realistici ed oggettivi su sé stessi, prima ancora
di lavarsi la faccia e pulirsi i denti, prima ancora di mettersi gli occhiali
per mettere a fuoco il mondo.
“Che cos’è la felicità se non il vivere in
conformità a sé stessi? L’aquila chiede forse delle penne d’oro? Il leone
ambisce avere artigli d’argento? La melagrana desidera che i suoi chicchi siano
altrettante pietre preziose?” Nel suo Imperatore e Galileo il drammaturgo Ibsen
mostra attraverso queste immagini assurde quanto siano improponibili le
richieste di questo genere: le penne luccicanti d’oro per un’aquila, gli
artigli d’argento per il leone o una cascata di diamanti per la melograna. La
felicità consiste proprio in quello: essere consapevoli del proprio corpo e
dell’ambiente fisico e sociale in cui questo corpo è immerso, senza aspirare a
qualcosa di impossibile.
Questa sorta di coscienza del proprio vivere
può anche essere analizzata clinicamente nelle sue diverse sfaccettature per
capire chi abbiamo davanti e per stabilire la migliore strategia terapeutica
idonea a migliorare il suo benessere o la sua performance, in una scala da 1 a
10.
-
Ha
l’individuo consapevolezza di alcune caratteristiche rilevanti del suo corpo?
-
Ha
l’individuo consapevolezza dei movimenti del suo corpo? (forza, sensualità
oppure deficit con rigidità nella postura o difficoltà nel camminare)
-
Sintomi
e segni riferibili ad un unico quadro clinico oppure no (distinzione fra
soggettività ed oggettività)
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Consapevolezza
dell’età (problemi articolari dai 35 anni in avanti) e del desiderio sessuale
consono per quell’età
-
Sollecitazioni
meccaniche ripetute in rapporto all’attività professionale e alle attività
quotidiane (come evitarle o prevenirle)
-
Ambiente
sociale che comporta inquietudine o tranquillità (spinge a determinate scelte
oppure a trascurare le decisioni, aiuto familiare o complotto generalizzato)
-
Limiti
e sicurezza nell’operatività di una struttura (ambito di lavoro, disponibilità
di mezzi)
-
Consapevolezza
della stagione ambientale in corso e dell’abbigliamento consono
-
Consapevolezza
nei limiti della scienza e nel rapporto con gli operatori del benessere
-
Valutazione
di conscio ed inconscio
Lo specchio rivolto
verso sé stessi è il più difficile di tutti: non ci conosciamo affatto, ma
piuttosto che ammetterlo preferiremmo agire come il più coerente degli uomini,
sempre tesi a convalidare il proprio operato. Invece dovremmo essere
consapevoli che nella nostra anima sono insiti luci ed ombre, da sviluppare
entrambi senza angoscia, da monitorare periodicamente. A volte sono anzi le
ombre ad essere più prolifiche in ambito artistico. Giordano Bruno ad esempio
richiamava la metafora dell’ombra per far emergere la corrispondenza fra realtà
e pensiero, fra natura ed intelletto, fondando l’ordine dell’universo nelle
strutture costitutive dell’essere e quindi collegando le idee fra loro in
un’arte della memoria che ebbe molto successo mentre il filosofo si trovava
dinanzi al re francese. “Poiché dalla luce alle tenebre si dà una
trasmigrazione perenne, in quanto alcune menti con un movimento di attrazione
verso la materia e allontanamento dall’atto vanno ad assoggettarsi alla natura
e al fato, nulla impedisce che al suono della cetra suonata dall’Apollo
universale le realtà inferiori siano gradatamente richiamate a quelle
superiori, e le inferiori, passando per le intermedie, penetrino nella natura delle
superiori”.
Se da un lato è
necessario salvaguardare la libertà dell’individuo nelle sue decisioni che
propendono verso la ricerca della felicità personale, dall’altro non bisogna
dimenticare che l’uomo è condizionato nella sua esistenza terrena dal dolore e
dalla paura della malattia. Non può essere però la paura a determinare le
scelte per il contingente, perché altrimenti si rischia di azzerare i possibii
sviluppi futuri positivi. La possibilità che l’uomo ha di emanciparsi dalle
ristrettezze dei suoi limiti passa inevitabilmente attraverso l’utopia, intesa
nel duplice significato di un luogo felice o di un luogo senza tempo, forse
anche di un luogo a lungo sognato. L’importante è farsi trovare pronti,
preparati cioè a sfruttare le sorprese che il destino ci riserva.
La psicologa Carol
Rothwell ha elaborato un’equazione algebrica attraverso la quale sarebbe
possibile misurare il livello della propria felicità: P + (5 x E) + (3xH),
basandosi su alcune caratteristiche personali P (aperto al cambiamento, visione
positiva della vita), sui bisogni esistenziali E (salute, denaro, amici) e sui
bisogni di ordine superiore H (High), come il senso dell’umorismo,
l’autoironia, l’ambizione e l’autostima. Chiaramente questa equazione è
ripetibile tutte le volte che uno vuole durante la vita di una persona. Sta a
ciascuno di noi la possibilità di trasformare la vita attuale facendola
approssimare alla vita sognata, un po’ come una sorta di avvicinamento
progressiva alla verità, che non è mai unica e ben definita, ma è sempre
perseguibile. Per Bruno l’arte della memoria non era una semplice tecnica per
potenziare il ricordo, quanto piuttosto un coinvolgimento dell’anima a
ripercorrere un sistema di corrispondenze per illuminare i misteri della
natura.