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giovedì 2 gennaio 2025

Chi abbiamo davanti?

 

Chi abbiamo davanti?

 


 




di Luigi Giannachi




 E’ molto importante avere la consapevolezza di cosa possa fare il corpo, rispettando i suoi limiti certo, ma analizzando anche le potenzialità delle sue capacità realizzative, sia in termini pratici che teorici. Questa è una caratteristica non irrilevante nel panorama dell’inquadramento di una persona che abbiamo davanti. Non cambia poi molto che si tratti di noi stessi mentre ci guardiamo allo specchio oppure della valutazione di una persona adeguata ad un ruolo lavorativo all’interno di un’azienda o ancora per una figura sportiva ed artistica da inserire in una squadra collaborativa. Risulta fondamentale comprendere se quella persona sta ingannando sé stessa per vanità o per ridotta fiducia nelle proprie capacità. Rivestirsi del manto della superbia è pericoloso quasi quanto precipitare nell’insoddisfazione e nella mancanza di coraggio. Di solito il vero esercizio da compiere tutti i giorni al mattino è quello di essere realistici ed oggettivi su sé stessi, prima ancora di lavarsi la faccia e pulirsi i denti, prima ancora di mettersi gli occhiali per mettere a fuoco il mondo.

 “Che cos’è la felicità se non il vivere in conformità a sé stessi? L’aquila chiede forse delle penne d’oro? Il leone ambisce avere artigli d’argento? La melagrana desidera che i suoi chicchi siano altrettante pietre preziose?” Nel suo Imperatore e Galileo il drammaturgo Ibsen mostra attraverso queste immagini assurde quanto siano improponibili le richieste di questo genere: le penne luccicanti d’oro per un’aquila, gli artigli d’argento per il leone o una cascata di diamanti per la melograna. La felicità consiste proprio in quello: essere consapevoli del proprio corpo e dell’ambiente fisico e sociale in cui questo corpo è immerso, senza aspirare a qualcosa di impossibile.

 Questa sorta di coscienza del proprio vivere può anche essere analizzata clinicamente nelle sue diverse sfaccettature per capire chi abbiamo davanti e per stabilire la migliore strategia terapeutica idonea a migliorare il suo benessere o la sua performance, in una scala da 1 a 10.

-      Ha l’individuo consapevolezza di alcune caratteristiche rilevanti del suo corpo?

-      Ha l’individuo consapevolezza dei movimenti del suo corpo? (forza, sensualità oppure deficit con rigidità nella postura o difficoltà nel camminare)

-      Sintomi e segni riferibili ad un unico quadro clinico oppure no (distinzione fra soggettività ed oggettività)

-      Consapevolezza dell’età (problemi articolari dai 35 anni in avanti) e del desiderio sessuale consono per quell’età

-      Sollecitazioni meccaniche ripetute in rapporto all’attività professionale e alle attività quotidiane (come evitarle o prevenirle)

-      Ambiente sociale che comporta inquietudine o tranquillità (spinge a determinate scelte oppure a trascurare le decisioni, aiuto familiare o complotto generalizzato)

-      Limiti e sicurezza nell’operatività di una struttura (ambito di lavoro, disponibilità di mezzi)

-      Consapevolezza della stagione ambientale in corso e dell’abbigliamento consono

-      Consapevolezza nei limiti della scienza e nel rapporto con gli operatori del benessere

-      Valutazione di conscio ed inconscio

Lo specchio rivolto verso sé stessi è il più difficile di tutti: non ci conosciamo affatto, ma piuttosto che ammetterlo preferiremmo agire come il più coerente degli uomini, sempre tesi a convalidare il proprio operato. Invece dovremmo essere consapevoli che nella nostra anima sono insiti luci ed ombre, da sviluppare entrambi senza angoscia, da monitorare periodicamente. A volte sono anzi le ombre ad essere più prolifiche in ambito artistico. Giordano Bruno ad esempio richiamava la metafora dell’ombra per far emergere la corrispondenza fra realtà e pensiero, fra natura ed intelletto, fondando l’ordine dell’universo nelle strutture costitutive dell’essere e quindi collegando le idee fra loro in un’arte della memoria che ebbe molto successo mentre il filosofo si trovava dinanzi al re francese. “Poiché dalla luce alle tenebre si dà una trasmigrazione perenne, in quanto alcune menti con un movimento di attrazione verso la materia e allontanamento dall’atto vanno ad assoggettarsi alla natura e al fato, nulla impedisce che al suono della cetra suonata dall’Apollo universale le realtà inferiori siano gradatamente richiamate a quelle superiori, e le inferiori, passando per le intermedie, penetrino nella natura delle superiori”.

Se da un lato è necessario salvaguardare la libertà dell’individuo nelle sue decisioni che propendono verso la ricerca della felicità personale, dall’altro non bisogna dimenticare che l’uomo è condizionato nella sua esistenza terrena dal dolore e dalla paura della malattia. Non può essere però la paura a determinare le scelte per il contingente, perché altrimenti si rischia di azzerare i possibii sviluppi futuri positivi. La possibilità che l’uomo ha di emanciparsi dalle ristrettezze dei suoi limiti passa inevitabilmente attraverso l’utopia, intesa nel duplice significato di un luogo felice o di un luogo senza tempo, forse anche di un luogo a lungo sognato. L’importante è farsi trovare pronti, preparati cioè a sfruttare le sorprese che il destino ci riserva.

La psicologa Carol Rothwell ha elaborato un’equazione algebrica attraverso la quale sarebbe possibile misurare il livello della propria felicità: P + (5 x E) + (3xH), basandosi su alcune caratteristiche personali P (aperto al cambiamento, visione positiva della vita), sui bisogni esistenziali E (salute, denaro, amici) e sui bisogni di ordine superiore H (High), come il senso dell’umorismo, l’autoironia, l’ambizione e l’autostima. Chiaramente questa equazione è ripetibile tutte le volte che uno vuole durante la vita di una persona. Sta a ciascuno di noi la possibilità di trasformare la vita attuale facendola approssimare alla vita sognata, un po’ come una sorta di avvicinamento progressiva alla verità, che non è mai unica e ben definita, ma è sempre perseguibile. Per Bruno l’arte della memoria non era una semplice tecnica per potenziare il ricordo, quanto piuttosto un coinvolgimento dell’anima a ripercorrere un sistema di corrispondenze per illuminare i misteri della natura.




le scelte per il contingente, perché altrimenti si rischia di azzerare i possibii sviluppi futuri positivi. La possibilità che l’uomo ha di emanciparsi dalle ristrettezze dei suoi limiti passa inevitabilmente attraverso l’utopia, intesa nel duplice significato di un luogo felice o di un luogo senza tempo, forse anche di un luogo a lungo sognato. L’importante è farsi trovare pronti, preparati cioè a sfruttare le sorprese che il destino ci riserva.

La psicologa Carol Rothwell ha elaborato un’equazione algebrica attraverso la quale sarebbe possibile misurare il livello della propria felicità: P + (5 x E) + (3xH), basandosi su alcune caratteristiche personali P (aperto al cambiamento, visione positiva della vita), sui bisogni esistenziali E (salute, denaro, amici) e sui bisogni di ordine superiore H (High), come il senso dell’umorismo, l’autoironia, l’ambizione e l’autostima. Chiaramente questa equazione è ripetibile tutte le volte che uno vuole durante la vita di una persona. Sta a ciascuno di noi la possibilità di trasformare la vita attuale facendola approssimare alla vita sognata, un po’ come una sorta di avvicinamento progressiva alla verità, che non è mai unica e ben definita, ma è sempre perseguibile. Per Bruno l’arte della memoria non era una semplice tecnica per potenziare il ricordo, quanto piuttosto un coinvolgimento dell’anima a ripercorrere un sistema di corrispondenze per illuminare i misteri della natura.

 

 E’ molto importante avere la consapevolezza di cosa possa fare il corpo, rispettando i suoi limiti certo, ma analizzando anche le potenzialità delle sue capacità realizzative, sia in termini pratici che teorici. Questa è una caratteristica non irrilevante nel panorama dell’inquadramento di una persona che abbiamo davanti. Non cambia poi molto che si tratti di noi stessi mentre ci guardiamo allo specchio oppure della valutazione di una persona adeguata ad un ruolo lavorativo all’interno di un’azienda o ancora per una figura sportiva ed artistica da inserire in una squadra collaborativa. Risulta fondamentale comprendere se quella persona sta ingannando sé stessa per vanità o per ridotta fiducia nelle proprie capacità. Rivestirsi del manto della superbia è pericoloso quasi quanto precipitare nell’insoddisfazione e nella mancanza di coraggio. Di solito il vero esercizio da compiere tutti i giorni al mattino è quello di essere realistici ed oggettivi su sé stessi, prima ancora di lavarsi la faccia e pulirsi i denti, prima ancora di mettersi gli occhiali per mettere a fuoco il mondo.

 “Che cos’è la felicità se non il vivere in conformità a sé stessi? L’aquila chiede forse delle penne d’oro? Il leone ambisce avere artigli d’argento? La melagrana desidera che i suoi chicchi siano altrettante pietre preziose?” Nel suo Imperatore e Galileo il drammaturgo Ibsen mostra attraverso queste immagini assurde quanto siano improponibili le richieste di questo genere: le penne luccicanti d’oro per un’aquila, gli artigli d’argento per il leone o una cascata di diamanti per la melograna. La felicità consiste proprio in quello: essere consapevoli del proprio corpo e dell’ambiente fisico e sociale in cui questo corpo è immerso, senza aspirare a qualcosa di impossibile.

 Questa sorta di coscienza del proprio vivere può anche essere analizzata clinicamente nelle sue diverse sfaccettature per capire chi abbiamo davanti e per stabilire la migliore strategia terapeutica idonea a migliorare il suo benessere o la sua performance, in una scala da 1 a 10.

-      Ha l’individuo consapevolezza di alcune caratteristiche rilevanti del suo corpo?

-      Ha l’individuo consapevolezza dei movimenti del suo corpo? (forza, sensualità oppure deficit con rigidità nella postura o difficoltà nel camminare)

-      Sintomi e segni riferibili ad un unico quadro clinico oppure no (distinzione fra soggettività ed oggettività)

-      Consapevolezza dell’età (problemi articolari dai 35 anni in avanti) e del desiderio sessuale consono per quell’età

-      Sollecitazioni meccaniche ripetute in rapporto all’attività professionale e alle attività quotidiane (come evitarle o prevenirle)

-      Ambiente sociale che comporta inquietudine o tranquillità (spinge a determinate scelte oppure a trascurare le decisioni, aiuto familiare o complotto generalizzato)

-      Limiti e sicurezza nell’operatività di una struttura (ambito di lavoro, disponibilità di mezzi)

-      Consapevolezza della stagione ambientale in corso e dell’abbigliamento consono

-      Consapevolezza nei limiti della scienza e nel rapporto con gli operatori del benessere

-      Valutazione di conscio ed inconscio

Lo specchio rivolto verso sé stessi è il più difficile di tutti: non ci conosciamo affatto, ma piuttosto che ammetterlo preferiremmo agire come il più coerente degli uomini, sempre tesi a convalidare il proprio operato. Invece dovremmo essere consapevoli che nella nostra anima sono insiti luci ed ombre, da sviluppare entrambi senza angoscia, da monitorare periodicamente. A volte sono anzi le ombre ad essere più prolifiche in ambito artistico. Giordano Bruno ad esempio richiamava la metafora dell’ombra per far emergere la corrispondenza fra realtà e pensiero, fra natura ed intelletto, fondando l’ordine dell’universo nelle strutture costitutive dell’essere e quindi collegando le idee fra loro in un’arte della memoria che ebbe molto successo mentre il filosofo si trovava dinanzi al re francese. “Poiché dalla luce alle tenebre si dà una trasmigrazione perenne, in quanto alcune menti con un movimento di attrazione verso la materia e allontanamento dall’atto vanno ad assoggettarsi alla natura e al fato, nulla impedisce che al suono della cetra suonata dall’Apollo universale le realtà inferiori siano gradatamente richiamate a quelle superiori, e le inferiori, passando per le intermedie, penetrino nella natura delle superiori”.

Se da un lato è necessario salvaguardare la libertà dell’individuo nelle sue decisioni che propendono verso la ricerca della felicità personale, dall’altro non bisogna dimenticare che l’uomo è condizionato nella sua esistenza terrena dal dolore e dalla paura della malattia. Non può essere però la paura a determinare le scelte per il contingente, perché altrimenti si rischia di azzerare i possibii sviluppi futuri positivi. La possibilità che l’uomo ha di emanciparsi dalle ristrettezze dei suoi limiti passa inevitabilmente attraverso l’utopia, intesa nel duplice significato di un luogo felice o di un luogo senza tempo, forse anche di un luogo a lungo sognato. L’importante è farsi trovare pronti, preparati cioè a sfruttare le sorprese che il destino ci riserva.

La psicologa Carol Rothwell ha elaborato un’equazione algebrica attraverso la quale sarebbe possibile misurare il livello della propria felicità: P + (5 x E) + (3xH), basandosi su alcune caratteristiche personali P (aperto al cambiamento, visione positiva della vita), sui bisogni esistenziali E (salute, denaro, amici) e sui bisogni di ordine superiore H (High), come il senso dell’umorismo, l’autoironia, l’ambizione e l’autostima. Chiaramente questa equazione è ripetibile tutte le volte che uno vuole durante la vita di una persona. Sta a ciascuno di noi la possibilità di trasformare la vita attuale facendola approssimare alla vita sognata, un po’ come una sorta di avvicinamento progressiva alla verità, che non è mai unica e ben definita, ma è sempre perseguibile. Per Bruno l’arte della memoria non era una semplice tecnica per potenziare il ricordo, quanto piuttosto un coinvolgimento dell’anima a ripercorrere un sistema di corrispondenze per illuminare i misteri della natura.