(di Mimma Zuffi)
Sabato 5 giugno 2021 il Corriere
della Sera, a pagina 33 titolava:
Le dimissioni choc del cardinale Marx “Abusi, la Chiesa è a un punto morto”
La lettera del
porporato tedesco al Papa: va assunta una corresponsabilità sui casi di
pedofilia.
…
…non sono stanco né
demotivato. Potrà aprirsi una nuova epoca per il cristianesimo se si imparerà
dalla crisi, ma servono rinnovamento e riforme.
(foto dal web)
Copertina edizione italiana "Il Monaco" |
Prima dell'analisi
dell'opera è doverosa una nota biografica sull'autore che, proprio grazie a
questo libro sarebbe stato soprannominato Matthew "Monk" Lewis.
Matthew Gregory Lewis, nato
a Londra il 9 luglio 1774 da famiglia benestante, sin da giovane si dilettò di
teatro e letteratura. La carriera diplomatica cui era stato destinato gli
permise di coltivare assiduamente questa sua passione e di avvicinarsi ai più
importanti nomi della letteratura del suo tempo, quali Goethe, conosciuto a
Weimar nel 1792, Byron e Shelley.
Lewis impiegato quale attaché presso l'ambasciata
britannica a L’Aja, avendo molto tempo a disposizione, scrisse The Monk
(Il Monaco) di getto, in dieci settimane, come egli stesso amava
ricordare. Al termine della stesura fece rientro a Londra per la pubblicazione.
Fu un grande successo. Sempre nel 1796 entrò in Parlamento e aggiunse al
proprio nome la sigla M.P.
(Member of Parliament). Proprio per questo motivo, la ristampa del libro
gli procurò non pochi guai, venne citato in tribunale e ricevette l'ingiunzione
di purgare il romanzo, ordine cui ottemperò prontamente.
Le opere che seguirono
ebbero un notevole successo, forse più mondano che letterario, tanto che una
sua ballata, ispirata alla figura di Crazy Jane, lanciò la moda detta appunto
del "cappello alla Crazy Jane". Tradusse Giovenale e adattò opere di
Schiller, Zschokke, Kleist e altri scrittori minori, ma come autore vero e proprio,
dopo Il Monaco, non registrò altri successi.
Alla morte del padre ereditò
una notevole fortuna e nel 1815 partì per le Indie Orientali al fine di
visitare i propri possedimenti. Durante questo viaggio scrisse Journal of a
West Indian Proprietor, pubblicato postumo nel 1833. Al suo rientro da
questo primo viaggio in Giamaica (1816), si recò a Ginevra. Qui incontrò Byron
e Shelley, con i quali ebbe modo di confrontarsi sul mondo della magia nera,
sulla stregoneria e sui fantasmi. Proprio in quel periodo Mary Shelley concepì
l'idea di Frankenstein.
Nel 1817, di ritorno dal suo
secondo viaggio in Giamaica, morì di febbre gialla, e il suo corpo fu affidato
al mare.
"Se l'amore fosse una
colpa, perché Dio l'avrebbe fatto così dolce?"
M.G.
Lewis
Il Monaco
L'azione del romanzo si
svolge a Madrid e segue una direzione essenzialmente gotica poiché non si
limita a narrare la vicenda di Ambrosio, monaco spagnolo considerato da tutti
un santo, vissuto in convento sin dalla più tenera età riuscendo sempre a evitare
il peccato, ma racconta anche le storie sussidiarie che si muovono alla
scoperta dell'infinito pericolo nascosto dentro e al di sotto di ciò che è
sempre sembrato familiare e sicuro.
E sono la sua stessa
finzione gotica, la sua potenza,
a spingere il lettore a partecipare a questa scoperta e non lasciare che egli
osservi "da fuori", da estraneo. Per esempio, il primo luogo che
s’incontra nella lettura del romanzo è la Cattedrale dei Cappuccini: ambiente
vivo, riempito dalla gente, dalla vita e, quindi, sicuro, familiare. Ma ecco
che non appena la gente se ne va e la chiesa si svuota, esso diventa
improvvisamente insicuro, pericoloso, buio.
Tutto il romanzo trabocca di
zone e situazioni certe che si trasformano in luoghi di pericolo dove spadroneggiano oscurità e
irrazionalità. Tra questi, la passione sessuale è la più frequente, oltre che
la più gotica. Nel caso
specifico del monaco, la repressione sessuale è stata così forte che risulta
impossibile una sua manifestazione esteriore con un’espressione innocente: la
sua sessualità diventa pertanto il tramite delle violente asserzioni della sua
volontà.
I personaggi principali sono
Ambrosio; Rosario - ovvero Matilda -; Antonia e sua madre Elvira; Lorenzo -
innamorato di Antonia -; sua sorella Agnese - monaca rimasta incinta e promessa
sposa a don Raimondo, amico di Lorenzo.
Si accennava prima alle
vicende sussidiarie che, pur essendo di compendio alla vicenda principale, non
sono risparmiate dalle direttive gotiche del romanzo: Raimondo e Agnese, amanti
"moderni" e "razionali", devono fare i conti con
l'irrazionalità della Monaca Sanguinante; Raimondo impara a sue spese che lo
scorrimento naturale dei suoi desideri sessuali nei confronti di Agnese risulta
complicato dall'esistenza di forze, solo occasionalmente visibili, legate al
passato. In seguito, tali forze abbandonano le vesti della Monaca Sanguinante
per assumere quelle dell'antico codice del convento: a esso, infatti, la
viziosa Madre Superiora attinge a piene mani al fine di poter condannare Agnese
a essere rinchiusa nelle segrete del convento, con il corpicino del bimbo avuto
dalla relazione con Raimondo.
La Cattedrale, la vita
monastica, la Chiesa in generale, sembrano luoghi sicuri, chiari, certi, ma, in
realtà, risultano essere gli elementi che segneranno la condanna di Ambrosio:
vita monastica significa educazione corrompente, la Cattedrale è il luogo dove
l'autoesaltazione di Ambrosio trova il suo conforto, la Chiesa è il tramite che
rende possibile tutto questo.
In tal modo l'autore dà un
importante esempio nello sviluppo del tradizionale eroe gotico, facendo di
Ambrosio un personaggio nel quale splendide potenzialità diventano qualità
distruttive.
In poche righe ecco
riassunta la trama del romanzo. Quando Ambrosio scopre che Rosario, suo adorato
confratello, è, in effetti, Matilda, una donna innamorata di lui, conosce prima
la tentazione e poi, nonostante i suoi tormenti interiori, il peccato.
La lussuria di Ambrosio non
conosce ormai più limiti perché il rapporto con Matilda non lo soddisfa più e,
in cerca di una nuova fonte di piacere, s’innamora della giovane Antonia. Per
appagare i suoi desideri ricorre, grazie all'aiuto di Matilda, alla stregoneria
riuscendo, una notte, a entrare nella casa di Antonia al fine di stuprarla.
Elvira, madre della giovane, lo scopre e Ambrosio si vede costretto a ucciderla
per non essere smascherato. Assalito dal rimorso, non gli resta che fuggire.
Sempre consigliato da
Matilda, Ambrosio decide di avvelenare Antonia, affinché potesse sembrare
morta e seppellirla quindi in una cripta dove solo lui sarebbe potuto
entrare. Il piano riesce e la giovane viene violentata, ma, nel frattempo, un
manipolo di soldati scopre il nascondiglio e arresta il monaco – che aveva già
pugnalato a morte Antonia – e la sua complice.
Ambrosio e Matilda sono
consegnati all'Inquisizione, torturati e condannati a morte. Convinto da
Matilda, e seguendone l'esempio, pur di sfuggire alla pena capitale, il monaco
vende la propria anima al diavolo, che però, subito dopo averlo fatto evadere,
lo uccide rivelandogli sia che Matilda è, in realtà, un demone minore, inviato
deliberatamente per tentarlo e farlo peccare, sia che Antonia era sua sorella
ed Elvira sua madre, sia che l'Inquisizione aveva deciso di concedergli la
grazia. Quale macabra beffa: la decisione di Ambrosio di consegnare la sua
anima al diavolo era stata del tutto inutile!
Il romanzo non narra solo la
storia di Ambrosio, ma anche le vicissitudini di altri personaggi, in un modo o
nell'altro, tutti legati tra loro: Antonia e sua madre Elvira; Lorenzo,
innamorato di Antonia; sua sorella Agnese, monaca rimasta incinta e promessa
sposa di don Raimondo. Quest'ultimo narra all'amico Lorenzo la storia d'amore
con Agnese, storia che diventa un vero e proprio racconto all'interno della
narrazione nel quale compaiono figure caratteristiche del romanzo gotico, come
la Monaca Sanguinante e l'Ebreo errante.
Al momento della
pubblicazione, Il Monaco riscosse un grande successo, anche se
i temi scabrosi in esso trattati gli procurarono non poche critiche; tuttavia
Coleridge, uno dei più importanti poeti romantici inglesi, non poté fare a meno
di lodarlo. Il marchese De Sade, anni dopo la comparsa del romanzo, affermò che
si trattava di un vero capolavoro della narrativa gotica.
Nel corso del XIX secolo il
romanzo fu dimenticato. Nei primi decenni del Novecento il movimento
surrealista riscoprì Il Monaco proprio per la carica
trasgressiva e libertina. Artisti come Antonin Artaud – commediografo,
scrittore e regista teatrale francese – e André Breton – scrittore, poeta e
critico d'arte francese e teorico del surrealismo – ne furono influenzati.
Questa riscoperta fece sì che nel XX secolo si cominciasse nuovamente a
prendere in considerazione questo meraviglioso romanzo.
Dalla Santità alla
Dannazione
John Berryman, nella sua
introduzione al testo originale di The
Monk, pubblicato nel 1952 dalla Grove Press di New York, affermava che
il punto centrale del romanzo fosse quello di condurre un uomo dalle rari doti
a una dannazione completa, sorprendendosi di quanto tempo ci volesse e di
quanto fosse difficile essere certi dell'avvenuta dannazione.
Quali sono stati dunque i
passaggi intermedi che hanno portato Ambrosio dalla quasi Santità alla certa e
inequivocabile Dannazione?
Punto fermo d'inizio è
l'educazione che il giovane Ambrosio riceve in convento: egli cresce, si educa
e si forma sviluppando al massimo tutte le sue virtù ma, al tempo stesso, il
suo Eros viene represso nel profondo del suo Io. Inevitabile, quindi, che la
scoperta della prima donna – Matilda, ovvero il falso novizio Rosario, ovvero
un demone –, del corpo di lei e della sua femminilità, provochino in lui uno
sconvolgimento psichico enorme; di colpo, tutto quanto a lui sconosciuto e negato,
diventa quotidiano, tangibile: bramosia e lussuria convivono costantemente in
lui turbandolo, tentandolo e distruggendolo nel corpo e nello spirito.
Così si compie l'operato
satanico. Rosario/Matilda/il Demone ha colpito e fatto centro nell'unico punto
fortemente vulnerabile di Ambrosio: la sua sfera sessuale. D'altro canto, cos'
altro poteva offrire Satana ad Ambrosio in cambio della sua anima? Forse una
promessa di Santità? Il monaco la stava raggiungendo giorno dopo giorno grazie
alla sua ferma convinzione religiosa. Forse la potenza terrena? Egli era già
potente: le mogli dei grandi volevano solo lui come confessore e alle sue
omelie del giovedì nella Cattedrale accorreva tutta Madrid per ascoltare le sue
parole. Forse la fama? O il denaro? No, erano tutte cose che Ambrosio già
possedeva o avrebbe potuto possedere se solo ne avesse manifestato il
desiderio. La sessualità repressa, quindi, era l'unica via dalla quale
l'operato satanico doveva passare; ed è molto significativo il fatto che Lewis
scelga, come luogo in cui la tentazione si manifesta, il giardino del convento,
evocazione e trasposizione del peccato originale e dell'Eden: Eva e il serpente
condannano Adamo; Matilda, con l'aiuto del morso di una serpe nascosta nel
roseto, segna la condanna di Ambrosio.
Da questo momento in poi la
vita del monaco diventa una continua, tremenda prova: in antitesi alla figura
di Ambrosio, nasce dentro di lui un "anti-monaco", in tutto e per
tutto il suo esatto opposto. Prima del crollo definitivo assistiamo, per il
resto del romanzo, a un continuo dibattersi di Ambrosio tra monaco e
antimonaco, tra vero e falso, tra bene e male; da una parte, l'abate cerca, con
uno sforzo disperato, di mantenere i suoi obiettivi primari, soprattutto
nell'esteriorità, affinché la sua figura di uomo santo resti tale agli occhi
della gente; dall'altra, l'anti-monaco propone una nuova vita, densa di
lussuria, un mondo dei sensi che lentamente s’impadronisce della vittima
predestinata.
I punti fermi della sua
educazione (rettitudine, religiosità e razionalità) vengono stravolti da nuove
forze a lui sconosciute ma più potenti della sua convinzione perché non teoriche ma palpabili, immediate,
concrete: l'irrazionalità, l'occulto e la magia nera.
Ne consegue che la crisi
spirituale aumenti in misura direttamente proporzionale all'aumentare dei suoi
nuovi desideri. Sarà proprio questa sua insaziabile sete di nuovi scabrosi
obiettivi che lo porterà alla conoscenza e all'uso di nuovi strumenti a lui
concessi dalla magia nera. Egli non esiterà a far uso di questi strumenti, anche se l'operato
compiuto per loro tramite lo porteranno allo stupro e all'assassinio.
La crisi spirituale è
definitiva e irrisolvibile; l'Ambrosio-Monaco è finito; l'uomo che ora Matthew
Lewis ci presenta è del tutto svuotato da ogni virtù, da ogni speranza.
Naturalmente è l'Anti-monaco a uscirne vittorioso: la sua – e quindi di Satana
– è una vittoria totale; oltre al corpo di Ambrosio, conquistato con facilità
grazie alle beltà più o meno nascoste di Matilda, oltre alla coscienza,
dominata con un paziente lavoro disgregativo, il Principe delle Tenebre riesce
a dominare e a farsi consegnare dallo stesso Ambrosio la sua anima.
Vendendo la sua anima al
diavolo, il monaco suggella definitivamente la sua condanna e la sua perdizione
eterna: ora il perdono di Dio gli sarà negato.
La chiusura del romanzo è
affidata a un metaforico volo verso l'alto di Ambrosio che fugge dal carcere
mentre – ironia – i carcerieri gli stanno portando la grazia; ma questo volo
iperbolico è destinato a tramutarsi subito dopo in un precipitare vorticoso
sulla Sierra Morena dove, dopo alcuni giorni di tremenda agonia, anche il corpo
trova la sua fine. Allo stesso modo lo spirito di Ambrosio è sempre stato
"ascendente" verso la santità per poi precipitare
vertiginosamente nel baratro della perdizione dove, dopo molte agonie
morali, giunge la morte spirituale.
Ambrosio, fino a circa metà
del romanzo, poteva apparire come "l'eroe", rivelandosi poi un
comunissimo mortale, oltretutto tra i peggiori che esistano: al godimento di
una molto probabile Vita Eterna - elemento di là da venire, impalpabile,
astratto, denso di sacrifici e privazioni - egli preferisce il godimento
immediato dei piaceri terreni, più concreti, tangibili, più facili da
raggiungere. Ma saranno proprio questi piaceri, o presunti tali, che lo
trascineranno verso sofferenze sempre più atroci e irreversibili, sia materiali
sia spirituali.
Inquadramento letterario
Scholes e Kellog in La natura della narrativa, pubblicato
da Il Mulino nel 1970, sdoppiano l'insieme della narrativa, identificando con
rappresentazione quel genere che cerca di riprodurre un duplicato della realtà,
e con illustrazione il genere che si propone soltanto di riprodurre un aspetto
della realtà. A completamento di questa teoria, Clara Reeve, nel suo Progress of Romance (1785)
identifica in "the novel"
ciò che descrive come un "...quadro della vita e dei costumi reali del
tempo in cui viene scritto" e in "the romance" ciò che "...con linguaggio nobile ed elevato descrive ciò che non accade e che
probabilmente non accadrà mai".
Per un lettore italiano la
differenza tra questi due generi letterari è forse difficile da comprendere,
perché per noi il romanzo è la prosa di una certa lunghezza che racconti una
storia, ma per chi conosce l’inglese la differenza è chiara e scegliere di
scrivere un romance piuttosto
che un novel significa
scegliere una distanza, maggiore o minore, da ciò che probabilmente può
accadere nella realtà.
Si deve comunque aggiungere
quanto esposto da Warren e Wellek nel loro trattato Teoria della letteratura, pubblicato
da Il Mulino nel 1956,: "the
novel" si sviluppa da forme non fittizie della letteratura,
prendendo pertanto vita da lettere, diari, memorie, biografie, cronache, ed
esaltando il dettaglio rappresentativo. "The romance", invece, è continuatore dell'epica e del
romanzo medioevale: può trascurare la verosimiglianza dei particolari per
raggiungere una più elevata realtà e una più profonda analisi psicologica.
Nel prendere in
considerazione queste grandi classificazioni, si riesce a dare una prima
collocazione a Il Monaco tra
i testi di "Illustrazione"
perché suggerisce un aspetto della realtà, e tra i "Romance" perché descrive ciò che
non accade. Tuttavia, si rende necessario fare una precisazione: Tommaso
Kemeny, ungherese, in Testi di
illustrazione e rappresentanza dell' 800 inglese (1978), afferma
che i testi di “Illustrazione”
più che suggerire limitatamente un aspetto della realtà, trasformano la visione
dell'oggetto perduto del desiderio in modo tale da renderlo irriconoscibile al
lettore, ma non al metalinguaggio del critico. Kemeny, inoltre, fa una
puntualizzazione circa il linguaggio nobile ed elevato dei "Romance" affermando che tale
tesi può essere corretta se usata per il romanzo epico dal quale i testi
dell'Illustrazione derivano. Questi ultimi, infatti, stravolgono completamente
il loro originario registro stilistico, precipitando negli abissi del
mostruoso, dell'orrido e dello strano.
In Introduction à la literature fantastique,
(1970) Tzvetan Todorov, filosofo e saggista bulgaro, definisce la parte più
significativa dei testi di “Illustrazione”
come "Letteratura fantastica",
variante, appunto, del testo di “Illustrazione”.
A livello di classificazione
dei testi, come variazione del testo fantastico, s’inserisce il romanzo gotico
inglese in quanto, a ragione, è rappresentato da una serie di scritti sul
soprannaturale, sullo spaventoso, con azione ambientata nell'orrido. Anche
il romanzo gotico si sottopone a sua volta a una diversificazione binaria: da
una parte il soprannaturale, spiegato, razionalizzato; dall'altra, il
soprannaturale accettato senza spiegazioni di alcun genere.
Prima condizione del
fantastico è l'esitazione, e di tale esitazione Il Monaco è
pieno: il lettore "esita" di continuo tra una spiegazione
logica e naturale degli avvenimenti, delineando così il sottile confine tra
possibile e impossibile. Il fantastico si presenta concretamente come presente,
come limite tra un passato noto e un futuro ignoto.
Se il fantastico viene
razionalizzato, se viene ricondotto al reale noto, siamo nella classe detta
"dei testi dello strano"; se, invece, il fantastico sconfina nel
sapere dell'ignoto – come ne Il Monaco – e si accetta
l'impossibile, siamo nel meraviglioso,
dove la follia assurge a ragione superiore.
In conclusione,
quindi, Il Monaco appartiene al genere del romanzo di “Illustrazione”, come sottogenere al
fantastico e come classificazione ai testi del meraviglioso in cui l'impossibile è accettato, in cui
superato l'ordine reale (il mondo della struttura) e l'ordine simbolico (il
mondo dei sogni), s’irrompe nell'immaginario.
Comunque, Il Monaco viene
indicato come testo significativo del romanzo gotico, appartenente quindi a
quella classe di testi nei quali terrore e mistero risultano elemento
base del racconto.
Terrore e mistero hanno
sempre esercitato un enorme fascino sul lettore, già dai tempi dei drammi
ellenistici. È però nell'ultima parte del '700 che tale gusto si rafforza,
affermandosi definitivamente: sono appunto di questo periodo le Tales of terror - come, per
esempio, Il Castello di
Otranto di Horace Walpole o I misteri
di Udolfo di Ann Radcliffe - e i romanzi del Marchese de Sade.
Il '700, quindi, non è
l'epoca della scoperta dell'orrido, ma il secolo nel quale l'idea giunge alla
sua piena consapevolezza; la novità piuttosto è da ricercarsi nel continuo,
insistente, costante legame tra terrifico, dolore e voluttà: il dolore
provocato da situazioni terrificanti è concepito come parte integrante della
voluttà; anzi, quest'ultima risulta proprio essere figlia della crudeltà.
La tematica del romanzo
gotico è di per sé abbastanza semplice e, comunque, comune a più o meno tutta
la narrativa di questo genere; il pretesto base, quando esiste, è dato dal
ritrovamento "casuale" di un antico manoscritto dov’è narrata la
vicenda; il luogo è sempre rappresentato da un sinistro castello o da un
convento con segrete, cunicoli, sotterranei; c'è sempre un misterioso delitto
connesso sovente a un amore illecito, contrastato o incestuoso, quasi sempre
perpetrato da un ecclesiastico; il malvagio, in genere spagnolo o italiano,
vende sempre la sua anima al diavolo, dal quale viene poi raggirato; maghi,
streghe, fantasmi hanno sempre una loro ordinata collocazione. Tutto questo,
ovviamente, ripetuto in modo quasi meccanico, tanto da dare origine, in
seguito, alle scontate parodie sul tema.
Innegabile, comunque, il
fatto che ancora ai giorni nostri questi cliché terrificanti abbiano una buona
presa sul pubblico: segno questo che tali meccanismi sono già, e sempre lo
saranno, propri della mente dell'uomo.
Fonti d’ispirazione
Il Monaco è un
romanzo che racchiude in sé, per merito conscio o inconscio del suo autore,
molte tendenze e idee, molti gesti e spunti tipici del '700. Durante la lettura
del romanzo, quindi, s’incontrano diversi motivi preesistenti, magari solo in
embrione, nella produzione letteraria europea, che vengono 'recuperati' da
Lewis.
Oltre alle ispirazioni
certe, fornite direttamente dall'autore nella prefazione al romanzo – come, per
esempio, la storia del santone Barsisa –, o ricavabili dalla sua biografia o
dalle lettere che inviava da L'Aja a sua madre – nelle quali emergono l’enorme
interesse per la produzione letteraria e teatrale del tempo, e amicizie
importanti, quali quelle con Goethe, Shelley e Byron -, ne Il Monaco si
trova un amalgama di tutto ciò che colpì l'immaginazione del giovane Lewis, che
più catturò la sua attenzione leggendo un libro dell'epoca o assistendo a una
rappresentazione teatrale. Si possono indicate testi quali Intrigues monastiques, ou l'amour
encapuçonné di Jean Van den Bergh, del 1739, pubblicato a L'Aja,
dove si narra di un confessore che uccide la giovane da lui sedotta;
oppure Les victimes clôitres,
un dramma di Mouvel del 1791 nel quale un prete malvagio fa rinchiudere in
convento una giovane che vuole fare sua; oppure ancora Camille, ou le souterrain di
Morsollier (1750), in cui una giovane viene rinchiusa in una segreta con il suo
bambino e liberata solo quando i due stanno per morire di fame. Ne Il
Monaco anche Agnese, incinta, viene richiusa nel sotterraneo e
abbandonata.
La fanciulla sedotta, resa
madre e abbandonata a se stessa – tema antico e tanto caro allo Sturm und Drang del primo
romanticismo tedesco – è una dominante ripresa e rinfrescata da Richardson nel
1747 con la sua Miss Clarissa Harlowe del romanzo Clarissa. A distanza di pochi anni l'uno dall'altro, nascono in
Germania Emilia Gallotti di
Gotthold Ephraim Lessing (1772), in Francia Justine di de Sade (1791) e in Inghilterra Antonia e Agnese
de Il Monaco di Matthew Lewis; tutte queste disgraziate figlie
di Clarissa, subivano ogni sorta di oltraggio, morivano o rischiavano di farlo
in orribili carceri, tra nauseabondi orrori cimiteriali. In particolare, sembra
che Lewis si compiacesse di evocare tali nefandezze: d'altra parte, per
scagionarsi da ogni accusa, avrebbe potuto evocare nientemeno che Shakespeare e
il suo Romeo e Giulietta (atto
IV, scena I-76) dove si parla di serpi, ossari, crani, stinchi putridi, e altro
ancora.
Da sottolineare, infine,
l'intuizione di Mario Praz nel suo Il
patto col serpente (Mondadori, 1972) circa l'orribile fine che
Satana riserva ad Ambrosio. Praz accosta l'azione del monaco che precipita
sulla Sierra Morena e la sua agonia con l'episodio dantesco della morte di
Buonconte.
Quest'ultima fonte,
comunque, così come altre meno evidenti, fanno parte di quei plagiarism dei quali Lewis non
ne era a conoscenza, come egli stesso afferma nell' advertisment al suo romanzo.
...e da questo capolavoro
del '700:
Nel 1972 Adonis Kyrou gira
un film tratto da questo romanzo con la sceneggiatura di Luis Buñuel e
Jean-Claude Carrière. Interpreti Franco Nero, nei panni di Ambrosio, e
Nathalie Delon, nei panni di Matilda.
Vincent Cassel nei panni di Padre Ambrosio |
Nel 2011 la regia di un
nuovo adattamento cinematografico de Il Monaco (Le Moine) viene affidata a Dominique Moll.
Il film, presentato al London Film Festival, vede Vincent Cassel nei
panni di Ambrosio.
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