(di Mimma Zuffi)
Come già
detto nell'articolo dedicato a Ararad Khatchikian (pubblicato l'1 marzo),
Ararad ha scritto il libro "Sulle orme di Balto", ma chi era
Balto? Ecco la sua storia… Nel mese di gennaio del 1925, un' eroica
staffetta di venti corrieri postali con slitte trainate da straordinari cani
trasportò da Nenana (l’ultimo villaggio raggiungibile in treno sulla rotta per
Nome nello Stato di Alaska – USA) in poco più di cinque giorni, un pacco cilindrico
contenente l’antitossina difterica per salvare i bambini e la Comunità di Nome
sul Mare di Bering sita a più di 1000 km di distanza! Una letale epidemia di
difterite aveva colpito la piccola cittadina che era stata posta sotto
quarantena per evitare la diffusione del morbo. Solo grazie al coraggio di
quegli uomini e dei loro eccezionali cani, è stato possibile evitare una
catastrofe.
Tra i 160 e più quattro zampe che formavano le venti mute che si passarono il prezioso pacco di medicinale, ce n’era uno il cui nome sarebbe diventato il simbolo di quello straordinario gesto di solidarietà tra uomini e animali. Si chiamava BALTO, era un sanguemisto e assieme a Foxy guidò l’ultima muta di tredici cani condotta da Gunnar Kaasen che effettuò la vitale consegna all’Ospedale di Nome in una gelida notte di febbraio.
Nel 2003, il “musher “ (in gergo il conducente di slitte trainate da cani) cantautore - chitarrista italo – armeno ARARAD KHATCHIKIAN, ha ripercorso l’intera pista da Nenana a Nome con la sua muta di 12 cani per rivivere quell’incredibile episodio, incontrare i suoi testimoni-superstiti e rendere onore a tutti i partecipanti (sia uomini sia cani) di quella sfide, raccontandola con le sue canzoni, storie e video.
Tra i 160 e più quattro zampe che formavano le venti mute che si passarono il prezioso pacco di medicinale, ce n’era uno il cui nome sarebbe diventato il simbolo di quello straordinario gesto di solidarietà tra uomini e animali. Si chiamava BALTO, era un sanguemisto e assieme a Foxy guidò l’ultima muta di tredici cani condotta da Gunnar Kaasen che effettuò la vitale consegna all’Ospedale di Nome in una gelida notte di febbraio.
Nel 2003, il “musher “ (in gergo il conducente di slitte trainate da cani) cantautore - chitarrista italo – armeno ARARAD KHATCHIKIAN, ha ripercorso l’intera pista da Nenana a Nome con la sua muta di 12 cani per rivivere quell’incredibile episodio, incontrare i suoi testimoni-superstiti e rendere onore a tutti i partecipanti (sia uomini sia cani) di quella sfide, raccontandola con le sue canzoni, storie e video.
Giunti a leggere
fin qui la storia di Balto e di questo moderno eroe delle distese di neve, vale la pena
raccontare, seppur brevemente, qualcosa in più sull'Iditarod.
Proprio in questi giorni prenderà il via l'edizione 2015 di questa entusiasmante "last great race".
Proprio in questi giorni prenderà il via l'edizione 2015 di questa entusiasmante "last great race".
Partenza! |
La partenza di
questa gara offre uno spettacolo unico e indimenticabile: la neve candida, le
montagne imbiancate che dominano le moderne costruzioni di Anchorage, la
moltitudine delle persone che, incuranti di una temperatura abbondantemente
sotto lo zero, si accalcano vicino allo striscione di partenza, le slitte e
soprattutto i cani che latrano, tirano, impazienti di partire per quella folle
corsa nel gelo dell'estremo Nord. Alla partenza il musher non deve tanto
incitare i cani quanto tenerli a bada fino al "via!" La definizione
di musher deriva dalla parola "mush" che si ricollega all'epoca dei
primi cacciatori di pellicce francesi nelle foreste del Canada settentrionale
che ordinavano ai lori cani "march!", avanti marciate! Gli inglesi
imposta la loro dominazione sul Canada nel 1763, trasformarono poi questo
comando in "mush", che poi venne a designare i "mushers", i
conducenti di slitte trainate dai cani, protagonisti oggi dell'attività
sportiva nota come "sledog".
Secondo la tradizione che risale al 1925 la gara
parte da Anchorage. A questo punto ci ricolleghiamo alla Storia di Balto.
L'amore per i
cani lo troviamo nelle pagine di uno dei capolavori di Jack London "Il
richiamo della foresta"
(1903): come è noto, il libro narra la storia di Buck, un cane eccezionale
passato dalla California alla dura vita dei campi dei cercatori d'oro dello
Yukon, che, dopo tanti maltrattamenti e sofferenze, decide di tornare libero
tra i suoi fratelli lupi. Una storia commovente per l'amore indescrivibile che
lega l'uomo al cane.
"Buck
prese tra i denti una mano di Thornton. Thornton lo scosse avanti e indietro.
Come animati da un comune impulso, gli spettatori di trassero a rispettosa
distanza; e non furono più tanto indiscreti da turbarli."
Questo è solo un
romanzo, frutto di fantasia. Eppure è possibile provare sensazioni altrettanto
stimolanti anche oggi, all'Iditarod che si svolge annualmente in uno scenario tra i più belli del mondo, sempre che le tempeste di neve non siano
tali da nasconderlo.
Sosta al check-point di Anvik |
Iditarod, immagine aerea |
Durante il percorso si devono affrontare e valicare due catene montuose e si sfiorano le Kayuh Mountains mentre si corre lungo il fiume Yukon fino ai ghiacci della Baia di Norton. La pista attraversa città fantasma, abbandonate dai tempi della corsa dell'oro, e piccoli villaggi, si snoda per aspre montagne e lungo chilometri e chilometri di tundra disabitata e spesso desolata, come nel caso di Farewell Burn, una zona di quasi 1.500 chilometri quadrati devastata nel 1977 da un incendio durato oltre due mesi. Poi, una volta superato l'ultimo check-point dal nome augurale di Safety, la corsa prosegue lungo la costa meridionale della penisola Seward.
Una sosta a Shaktoolik in attesa che il blizzard consenta alle slitte di riprendere la marcia |
Il
traguardo è vicino!
È Nome, la "Golden City" che agli inizi del
secolo scorso era affollata da una moltitudine di cercatori d'oro.
Al caldo dei
saloon i concorrenti discutono e festeggiano il vincitore. Orgogliosi comunque
di aver preso parte a una grande avventura, la sfida alla natura, cominciano a
pensare all'Iditarod del prossimo anno.
Iditarod: l'arrivo |
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