Ho letto quattro libri di Giuseppe Lupo,”La carovana Zanardelli”, “L’ultima sposa di Palmira”, “Viaggiatori di nuvole” e ora “Atlante immaginario” e sono sempre rimasta colpita dall’affascinante volo tra fantasia e realtà che questo autore sa regalare.
L’immaginazione e la fantasia non sono morte e sepolte nel nostro tempo affogato in un reale spesso deprimente, triste, rassegnato: leggendo le pagine di Lupo si può cominciare a viaggiare in mondi onirici, volare su metafore senza confini, vagabondare sulle ali del vento, sdraiarsi su una nuvola ad osservare il cielo e, lontana sotto di noi, la Terra che da lassù sembra meno pesante di quello che è davvero.
E' un libro dove la letteratura, il sogno e l’utopia sono associati ai luoghi di un atlante immaginario, perché per lo scrittore, che da bambino esplorava le pagine di un mondo di carta, “col passare del tempo, l’abitudine a immaginare mondi si è modificata in ricerca d’utopia” e lui “più che un vero viaggiatore (è) diventato un sognatore di viaggi”.
In queste strade l'autore disegna percorsi immaginari che danno vita alle carte di un Atlante speciale, il mondo visto con i suoi occhi e poi con i nostri: fantastico, onirico, mitico, ma anche molto vero.
Porta a sognare mondi sconosciuti, a plasmare luoghi inventati che aprono a nuovi orizzonti del pensiero e a nuovi modi di vedere e percepire la realtà. Sempre con uno sguardo sereno e positivo, con un tono un po’ leggero, come le nuvole e il vento che lo affascinano, ma con una scrittura dove le parole hanno un significato penetrante, tutt’altro che leggero, e si colgono come frutto di una ricerca di uno stile personale.
Durante il nostro viaggio incontriamo personaggi che lasciano in noi un segno: come il chierico Pettirosso, protagonista di “Viaggiatori di nuvole” – un libro davvero originale, sotto molti punti di vista – incontra i protagonisti del suo tempo, Leonardo, Isabella d’Este, Cristoforo Colombo e Francesco Gonzaga, così in “Atlante immaginario” incontriamo gli scrittori del nostro tempo e non solo, Gabriel Garcia Marquez – un maestro di geografia immaginaria con la sua Macondo – Kafka, Vittorini, Faulkner, Calvino, Nigro, Crovi, Sgorlon, Tomizza, Carlo Levi,.....ma anche Omero, Dante e Ariosto.
Il viaggio di ricerca, cercare Macondo, è necessario per salvarsi dalle reti invisibili in cui tutti ora siamo prigionieri. Ma anche per resistere in un mondo dove la fantasia viene compressa e annientata, dove il tempo dell’inconscio è travolto dalla velocità del vivere, dove la tecnologia ci stritola in ingranaggi utili ma anche limitanti. Andare verso “un continente della coscienza” che è come il Sud, il paese natale dove esistono ancora “gli ultimi brandelli di mondo non ancora soffocato che si ribella al destino”.
Lupo sogna Garcia Marquez che gli dice “scriviamo per inventare mondi, per che altro sennò?”. Ed è importante raccontare, tramandare il mondo nel futuro, scongiurare la dimenticanza perché così “cerchiamo le parole adatte per varcare le tenebre”.
Ma essere scrittore significa “interpretare il ruolo di sacerdote-profeta, inventare una geografia narrabile, tracciare un perimetro attraverso cui transita l’esercizio del tempo e il mistero della vita e della morte incontra l’occasione per emergere alla luce della scrittura. Proprio perché si erge a fondatore (o a rifondatore) di una civiltà avviata a sparire, lo scrittore la redime, le riconosce un futuro che altrimenti non avrebbe, le restituisce dignità a esistere. Io trovo che questa operazione contenga qualcosa di misterioso o di religioso... Immaginare un luogo da affidare alle carte di un romanzo....trasfigura la memoria di ognuno in un soffio epico, vero più della storia”.
Leggendo i libri di Lupo ci si rende conto, una volta di più, che la realtà è un dato soggettivo e dipende da quello che noi vediamo in essa e da quello che facciamo con quello che ci accade: dipende cioè dalla rappresentazione che cie ne facciamo. Vedere il mondo con occhi di sogno e di utopia, abbinare la fantasia con il reale è vederlo positivo dove prima sembrava negativo, possibile dove prima sembrava impossibile, leggero dove prima sembrava pesante e intollerabile......e questa è una lezione preziosa.
Giuseppe Lupo, nato in Lucania ad Atella nel 1963, è saggista, romanziere e insegnante di letteratura italiana contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano e Brescia.
In questo libro ci racconta le sue storie che provengono da una rubrica domenicale pubblicata sul quotidiano Avvenire nel 2012-13. Sono brevi quadri che si rifanno ai suoi pensieri raccolti qua e là, leggendo innumerevoli libri, inseguendo cose che lo incuriosiscono, ascoltando notizie in rete e sui giornali, ricordando la sua infanzia lucana e il trasferimento a Milano, storie “al confine tra narrativa, saggistica e autobiografia, storie di mescolanze e di sconfinamenti, divagazioni sul vivere e sul fare letteratura, viaggi in luoghi sognati”.
Per la recensione di “Viaggiatori di nuvole” (2013) rimando al link
Consiglio
Per chi cerca uno scrittore assolutamente originale, con un immaginario che cattura anche la fantasia di chi non è abituato ad usarla: è raro trovare un autore così avvincente!
scrittore affascinate...ho voglia di leggerlo subito!
RispondiEliminaSilvia