Lo spettacolo
L'opera, rispecchia in pieno il pensiero filosofico
di Camus e rientra nel ciclo dell’Assurdo. Narra una tragedia spaventosa che si risolve in un delitto
quasi inevitabile. Le cause e gli effetti del dramma sono principalmente:
- l’incapacità a comunicare. Le parole semplici e sincere non dette da Jan: “Eccomi, sono io, sono vostro figlio”. Per
Camus la sincerità vince sulla falsità. È la menzogna, infatti, la causa del
tragico malinteso che porterà Jan, alla propria condanna e la madre e la
sorella a un delitto ineluttabile;
- il desiderio utopistico di Marta di raggiungere la bellezza, simboleggiata dalle terre del mare e del
sole e la voglia di evasione da un “paese d'ombra” (come grido di Rivolta);
- l'indifferenza attonita della Madre:“Non
ho più pensieri, e tanto meno pensieri di rivolta”. Alla fine, conscia di aver commesso il delitto più
esecrabile per una madre, ma certa di un amore materno mai sopito, deciderà di
compiere l'atto estremo e lo
stesso farà Marta, come moto di ribellione per il gesto della madre che le impedirà di realizzare insieme a
lei, il suo sogno di felicità.
\Marta: “ Laggiù, in quel paese
difeso dal mare, io non giungerò mai”.
- il senso di solitudine di Maria che
invoca, inutilmente aiuto, per l’insostenibile dolore della perdita della persona che ama,
ma riceve un deciso e desolante rifiuto.
La solitudine è una condizione, ma pure uno stato
d’animo di cui sono pervasi anche gli altri personaggi.
Trama
Marta e la Madre, gestiscono un albergo in una località grigia
e piovosa della Boemia. Jan, fratello e figlio delle due donne, vive felicemente oltreoceano; ha lasciato
giovanissimo quella piccola città e ora, dopo tanti anni di lontananza, torna a casa portando con sé la moglie Maria,
simbolo d'amore e felicità.
Trova Marta e La Madre, vedova, ma né la sorella né la
madre lo riconoscono, così egli affitta una camera da loro fornendo false
generalità. È molto ricco, è tornato per aiutarle nei loro progetti, desidera
scoprire cosa può renderle felici. Vuole però agire in incognito, contro il
parere di Maria, la moglie, che ritiene assurdo il comportamento del
marito e vorrebbe che Jan rivelasse subito la propria identità.
Maria: “Non c’è che un mezzo per farsi riconoscere, dire Eccomi! E
lasciar parlare il cuore!” Ma, con
tristezza e con un senso di funesto presagio, lei dovrà subire la decisione di
Jan di lasciarla, per una notte, sola, in un altro albergo. Jan: “Mi affidi per una notte a
mia madre e a mia sorella, non è poi così rischioso”.
Invece
il rischio c'è ed è molto grande, perché Marta e la Madre si guadagnano da
vivere affittando camere a uomini ricchi e soli che poi uccidono, per
derubarli. Le due donne, ignare che quel cliente è il fratello/figlio che le
aveva lasciate ancora giovinetto, compiono il loro ennesimo, tragico delitto.
Il mattino seguente, quando le due donne leggeranno sul passaporto il nome vero
del cliente, scopriranno la verità e scoppierà il dramma intimo e umano in
tutta la sua tremenda intensità.
Note di drammaturgia
L’adattamento del testo con la riduzione da tre a
due atti non è stata una cosa semplice perché era importante mantenere una
sequenzialità nei fatti e nei dialoghi, pur togliendo tutto quanto poteva
appesantirli e rendere troppo complessa la recitazione. La difficoltà più
grande, però, è stata, senza dubbio quella, molto particolare (e qui me ne
assumo in pieno la responsabilità), di decidere
l’inserimento di una Domestica: da un Vecchio Domestico, che garantisce
una puntuale ma silenziosa presenza, a una Domestica che dialoga con Jan,
quando interpreta questo preciso ruolo; ma soprattutto, che incarna, nel
finale, un ruolo molto più importante: quello della coscienza che parla al
pubblico e commenta gli atti
criminali delle due donne; loro però non la sentono: è come fosse una voce che parla dentro di loro. Ma
quali parole mettere sulla bocca di un’entità così astratta, seppur profonda,
senza incorrere in un errore deplorabile: quello di sconvolgere la scrittura così intensa di
Camus?
Nell’ampia
stesura drammatica, si incontrano parti di dialogo che, pur essendo
espresse da un preciso personaggio, sono, in realtà, riflessioni e quindi
potrebbero essere formulate anche dalla domestica che sa ciò che accade da anni in
quell’albergo, perché sempre vigile e
presente, seppure indifferente agli intrighi delle padrone e a ciò che
accade sulla scena del delitto. Da qui il doppio ruolo di
Domestica-coscienza.
Riflessioni
il mio primo incontro con l’opera di Albert Camus avvenne molto lontano nel tempo. La prima volta che ebbi l’opportunità di leggere questo dramma rimasi affascinata, anzi oserei dire “folgorata” dalla scrittura così intensa, incisiva; dai personaggi così ben definiti, nonostante tutta la loro complessità; dalla trama di questa tragedia moderna che nasce dalla difficoltà di comunicazione tra i personaggi e dall’incapacità di Jan, il figlio, di trovare un linguaggio semplice, per rivelarsi; dall’assurdità di preferire la menzogna alla verità; dai grandi sogni, oggettivamente impossibili a realizzarsi di Marta, la sorella. Camus entrò subito a far parte dei miei autori prediletti tra i quali i grandi tragediografi del teatro greco. In realtà, pure Il Malinteso presenta i tratti essenziali della tragedia greca ed è ricco del pathos di cui la stessa è pervasa. Anche lo schema narrativo, come pure il tragico finale che mette in luce il disagio dell’uomo nella società, sono gli stessi.
Dopo quella prima lettura fui spettatrice delle
altre opere teatrali dell’autore: I Giusti (proprio in questa stessa struttura
dove rappresentiamo il nostro spettacolo), Caligola e Lo stato d’assedio, presentate da differenti compagnie, in vari
teatri; mai mi è capitato di assistere a Il Malinteso, un’opera non
troppo rappresentata ma che ha lasciato il segno laddove ciò è avvenuto.
Qualche mese prima dell’inizio della pandemia,
Albert Camus tornò ad essere presente nei miei desideri di rilettura e in un
possibile futuro progetto. Volevo porre all’attenzione della compagnia di cui
faccio parte, proprio quel dramma che,
dopo la prima lettura, non avevo mai dimenticato e mi sembrava fosse arrivato
il momento giusto per rappresentarlo.
Purtroppo non fu così perché, nonostante
l’accettazione del testo e la condivisione con gli attori di uno studio tanto
complesso, l’arrivo del Covid-19
sconvolse i progetti del mondo intero e pure i nostri subirono un inevitabile
arresto. Il lockdown chiuse tutti nelle proprie case, in attesa di tempi
migliori. Ma cosa ci poteva essere di
meglio da fare, in quel frangente, se non quello di dedicarci con calma e
passione soprattutto alle letture? Ed ecco che Camus, grazie alla lettura dei
suoi romanzi, tornò ad accompagnare le mie lunghe giornate, confinata tra le
mura di casa. Presi a leggerli con lo stesso impeto e la medesima “sete” che
prova Marta, lontana da quel mare che desidera tanto raggiungere.
La lettura di Lo straniero mi portò a ricordare alcune scene del film
interpretato da Marcello Mastroianni; ma la sorpresa maggiore fu scoprire La
Peste, un testo molto bello,
illuminante, scorrevole, pervaso da un concreto sentimento di solidarietà.
Cominciai a leggerlo con avidità.
L’arrivo della peste sconvolge la città di Orano,
ma ciò che si evince da quella lettura è che tale epidemia è arrivata non solo
per sconvolgere la vita delle persone, ma piuttosto per risvegliare la
coscienza degli uomini, per far comprendere loro che solo chi è solidale con
gli altri, può avere una chance in più per salvarsi. Cosa ci poteva essere di
più simile a quello che stavamo vivendo noi, in quella lettura per nulla
pesante, che racconta una storia tanto coinvolgente e termina con un messaggio
confortante?
Per fortuna, ogni inizio ha pure una fine e
infatti, appena il terrore del contagio da Covid 19 e le misure messe in atto
dall’emergenza sanitaria si sono allentate, anche noi siamo tornati a
riprendere in mano il nostro progetto e ad arrivare a rappresentarlo.
Vorrei
terminare questa riflessione con due meriti che sento di attribuire alla
scelta di questo testo:
- la constatazione che, come si evince in Il Malinteso, mentre la sincerità e la scelta di un linguaggio semplice nella comunicazione di tutti i giorni, sono l’unica strada percorribile, la menzogna complica la vita, imprigiona in un vortice di negatività ed è destinata, inevitabilmente, a soccombere alla verità.
- aver avuto la possibilità, in un piccolo gruppo,
di metterci intorno a un tavolo a commentare un’opera letteraria, di discutere
sui vari aspetti e sulle problematiche che rappresenta e di esprimere e
confrontare le nostre differenti opinioni.
Grazie Sandra, per il lavoro di ricerca e di riscrittura di questo testo così complesso ma così interessante, che abbiamo apprezzato nonostante le difficoltà che abbiamo affrontato per metterlo in scena, covid compreso. Anch'io ho letto "La Peste" durante l'isolamento e mi sono meravigliata di quanto i comportamenti, le emozioni dei protagonisti rispecchiassero quello che tutti noi stavamo vivendo.
RispondiEliminaQuesto lavoro, dopo i primi momenti di incertezza mi ha preso, mi ha emozionato e sicuramente è un'esperienza importante di crescita, per me. Grazie.
Grazie, Franca, per le belle parole e per la condivisione.
EliminaSandra