(di Tatiana Bertolini)
La rivoluzione
di Febbraio
Prima Parte
Nel
gennaio di quell’anno era stato indetto un grande sciopero nell’anniversario
della domenica di sangue ma nello stesso mese i capi che lo avevano organizzato
furono tratti in arresto. Il lavoro dei sindacati e dei partiti era stato
distrutto dalla polizia, era rimasta solo l’attività dei CIB: Comitati
Industria Bellica, organismi che erano stati voluti dagli industriali per
coinvolgere i lavoratori nello sforzo bellico e portarli dalla loro parte.
Questi
CIB, avversati dai partiti di sinistra che li vedevano come una sorta di
strumenti per cooptare i lavoratori in favore dei padroni, in realtà si
rivelarono utilissimi per coordinare le proteste e gli scioperi in quei mesi
difficili.
Ormai la protesta era inarrestabile, davanti a Nostra Signora di Kazan la polizia provò a scontrarsi e a fermare gli operai ma i poliziotti furono presi a sciabolate dai cosacchi. In quel momento i soldati avevano capito le ragioni dei lavoratori e nello stesso tempo non potevano più appoggiare quelle di chi li mandava a morire al fronte.
Venerdì 24 febbraio i tumulti si estendono
Anche i battaglioni della riserva mandati a sedare le proteste fraternizzarono con gli operai
Domenica 26 febbraio
I parlamentari della Duma ignorarono un nuovo decreto imperiale di scioglimento
Lunedì 1
febbraio nasce un nuovo governo
Disobbedendo all’ordine dello Zar la Duma nominò un nuogo govberno provvisorio: primo ministro fu nominato il principe L’vov ex presidente dell’Unione degli Zemistvo, il ministro degli esteri fu scelto nel partito dei cadetti, per il ministero della guerra e della marina fu nominato un deputato del partito degli ottobristi, mentre Kerenskij, del partito socialrivoluzionario divenne ministro della giustizia. Il governo rappresentava le posizioni progressiste presenti alla Duma dove i cadetti avevano la maggioranza.
La rivoluzione di Febbraio
Seconda Parte
Riconobbe
l’indipendenza della Polonia, l’uguaglianza di diritti per le minoranze etniche
e la legislazione del lavoro portò la giornata a otto ore.
Purtroppo
alcuni temi di rilevante importanza rimasero insoluti: la guerra, che il nuovo
governo voleva continuare pensando che ora, dopo che il paese si stava avviando
verso la democrazia, anche l’esercito sarebbe stato più motivato, e in
quest’ottica fu sferrata un’offensiva a metà giugno che dopo un’iniziale
vittoria si trasformò nell’ennesima disfatta. Iniziare una trattativa di pace
sarebbe stato rischioso e così il governo non prese una decisione definitiva.
Un’altra
questione rimasta sul tappeto era quella della distribuzione delle terre, in
questo caso si rimandò la riforma agraria all’assemblea costituente, infine vi
era il problema dell’inflazione e il ripristino della rete dei trasporti. Non
ultimo iniziavano a serpeggiare tendenze indipendentiste delle varie
popolazioni assoggettate all’impero. Ma la mancanza più grave fu il rinvio dell’elezione
di un’assemblea costituente, che il governo provvisorio pagò duramente. Del
resto il termine stesso “governo
provvisorio” aveva in sé l’idea di una instabilità, una sorta di organo a
termine.
Lo
stesso dovette attraversare due crisi: la prima a metà maggio con le dimissioni
dei ministri degli esteri e della guerra. Quest’ultimo dicastero fu affidato a
Kerenskij. Il 20 luglio fu la volta del primo ministro L’vov che rassegnò le
dimissioni dopo uno scontro con il ministro dell’agricoltura che voleva attuare
la riforma agraria, ormai urgente dopo che i contadini avevano incominciato ad
occupare le terre. A Kerenskij fu allora affidata la carica di primo ministro,
in questa nuova compagine la maggioranza era passata ai socialisti
rivoluzionari, che, a dispetto del nome, svolsero una politica moderata, lo
stesso Kerenskij fu soprannominato “persuasore
in capo”
Il Soviet di
Pietrogrado.
Il presidente del Soviet, il menscevico Cchedzie
Menscevichi e
bolscevichi.
Questa
divisione era sorta nel congresso tenutosi nel 1903. I menscevichi assunsero
questa denominazione in quanto in quel momento risultarono essere minoritari
all’interno del partito: in russo infatti il termine mensistvo significa minoranza. Il loro leader era Martov. I
bolscevichi invece erano la maggioranza, dal russo bolsinstvo maggioritario (da bolshoi
grande). Il loro leader era Vladimir Ilic Ulianov noto come Lenin.
Per
i menscevichi il ruolo di guida di una rivoluzione spettava ai lavoratori, alla
classe operaia, per Lenin i lavoratori necessitavano di una guida, ruolo che
avrebbe dovuto essere svolto dal partito.
L’arrivo di Lenin
La locomotiva
293 che portò Lenin in Russia
Nell’800
la filosofia tedesca con le figure di Hegel e Marx, aveva fornito un nuovo modo
di affrontare i problemi, la cosiddetta dialettica,
e un nuovo punto di vista per leggere i fatti storici, ovvero quello economico.
Secondo
Marx, come scrisse nel suo celebre Manifesto,
la rivoluzione francese aveva segnato il passaggio dal dominio
dell’aristocrazia a quello della borghesia. La rivoluzione industriale,
specialmente quella che aveva caratterizzato lo sviluppo del XIX secolo,
avrebbe portato alla presa di coscienza delle masse lavoratrici che si
sarebbero sostituite alla borghesia.
Appena
arrivato a Pietrogrado Lenin iniziò a studiare la situazione per cercare di
capire in che modo essa si sarebbe evoluta.
Secondo
Lenin invece il pensiero di Marx andava interpretato in modo dialettico tenendo
cioè conto delle circostanze.
Prima
di tutto in Russia non esisteva una borghesia consolidata e numerosa,
l’industrializzazione era ancora alle origini. Essa quindi non avrebbe avuto la
forza sufficiente per opporsi all’aristocrazia che non era affatto sconfitta.
Inoltre il continuo rimandare l’elezione dell’assemblea costituente e il
delegare ad essa la soluzione di problemi era la prova che mancava la volontà
per farlo. Il governo provvisorio aveva in realtà il compito di “tentare di governare” una situazione
imprevista che a febbraio era sfuggita di mano al regime e cercare di riportare
indietro l’orologio della storia. I fatti di fine estate poi gli daranno
ragione. Era pertanto necessario superare la fase di un governo
liberal-borghese per passare a quella della rivoluzione proletaria, la parola
d’ordine divenne “tutto il potere ai
soviet”
I fatti
dell’estate.
Nel marzo di quell’anno allo scoppio della rivoluzione l’orientamento elettorale dei russi era stato: PSR* 30%, Menscevichi 26%, bolscevichi 20%.
Nella
seconda metà di giugno i dati si erano capovolti: Bolscevichi 48,5%, PSR 32%,
Menscevichi 29%.
Il
tasso di alfabetismo fra i lavoratori uomini era del 79,5%, tra le donne 52,4%.
Nel
mese di giugno il governo provvisorio aveva tentato un’offensiva militare che,
come già ricordato, si era trasformata in una disfatta
Il
continuo rimandare la soluzione di problemi o l’attuazione di concrete riforme
intanto aumentava la tensione fra le forze politiche e i cittadini, mentre le
varie popolazioni e regioni del paese iniziarono a reclamare una maggior
autonomia. In luglio altri quattro ministri del partito cadetto rassegnarono le
dimissioni perché secondo loro agli ucraini era stata concessa troppa
autonomia, e il ministro dell’industria alla fine si dimise anche lui perché
contrario ad una partecipazione degli operai nella gestione delle industrie.
La
situazione era sempre più incandescente tanto che dal 16 al 18 luglio diversi
soldati e marinai, unitamente ai bolscevichi, tentarono di impadronirsi del
potere a Pietrogrado.
le giornate di
luglio
Il loro tentativo fallì, nonostante si fosse trattato di una rivolta di ampie dimensioni, poiché non ottenne l’appoggio del Soviet; Lenin, che pure non aveva appoggiato questa svolta, fu costretto nuovamente alla clandestinità e riparò in Finlandia, in quanto i bolscevichi furono accusati di tradimento e complicità con i tedeschi, mentre la guarnigione di stanza in città si schierò a difesa del governo. Esso però non seppe trarre vantaggio da questa situazione, anzi, si dimise anche L’vov, e Kerenskij divenne primo ministro. A fine agosto il governò organizzò una conferenza a livello statale con oltre 2000 partecipanti che però approdò ad un nulla di fatto.
di inviare nella capitale truppe leali per difendere il governo e sopprimere il Soviet. Kornilov eseguì l’incarico ed mandò un copro d’armata, ma a quel punto Kerenskij cambiò idea e fece appello al popolo affinché salvasse la rivoluzione dal suo stesso alleato.
Dal 9 al 14 settembre la popolazione si mosse a difesa della città mentre l’esercito guidato da Kornilov, anche a causa di uno sciopero ferroviario e carenza di rifornimenti, non riuscì a raggiungere la capitale. L’ufficiale che comandava le truppe si suicidò. Kornilov fu tratto in arresto e da tutta la vicenda a trarne vantaggio furono i bolscevichi.
*
Partito Socialista Rivoluzionario
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