di Tatiana Bertolini
La rivoluzione
d’Ottobre
Per
i fatti che si svolsero alla fine di ottobre (secondo il calendario giuliano) o
inizio novembre (calendario gregoriano) del 1917 è molto preziosa la
testimonianza di un giornalista americano John Reed, che trovandosi a
Pietrogrado in quei giorni ha lasciato diverse descrizioni di quelle vicende,
avendo avuto l’opportunità di trovarsi nei punti caldi al momento giusto. Già
il 13 settembre i bolscevichi avevano ottenuto la maggioranza nel Soviet di
Pietrogrado, e il 20 in quello di Mosca. Il comitato esecutivo eletto dal
congresso panrusso dei soviet era ancora a guida moderata, mentre si era deciso
per la fine di ottobre di indire un nuovo congresso panrusso.
Una domanda che esse si ponevano, quasi un nuovo gioco di società, era se fosse preferibile la dominazione del Kaiser Guglielmo o quella dell’Imperatore Francesco Giuseppe, poiché l’aristocrazia, l’alta borghesia e il partito dei cadetti auspicavano un’invasione politico-militare da parte della Germania per porre fine alla rivoluzione. I cosacchi, che a febbraio si erano schierati con i lavoratori scesi in sciopero, ora erano incerti e parevano disposti a passare con i reazionari, mentre nuove rivolte di ucraini e bielorussi rendevano la situazione generale ancora più caotica.
Allo
Smolnij si susseguivano riunioni e assemblee, quella del 17 ottobre durò tutta
la notte: contadini testimoniarono gli arresti dei componenti i comitati per la
riforma agraria, operai delle Putilov denunciarono la sparizione di carbone e
materie prime, soldati arrivati dal fronte narrarono ciò che lì realmente
avveniva, e quali erano le loro condizioni. Il 18 ottobre (per noi 31) sul Rabočij put (tempo del lavoro) Lenin
aveva scritto un articolo che spronava all’insurrezione generale: proprio per
difendere la rivoluzione era necessario applicare il motto “tutto il potere ai Soviet”; questo in
risposta a Miljukov, capo dei cadetti, che aveva accusato i rivoluzionari di
disfattismo e di preferire la diplomazia tedesca a quella russa. Il governo non
poteva ignorare la propaganda bolscevica e, seppur tardivamente, il 19 ottobre
licenziò un progetto di riforma agraria, e lasciò intravvedere un’ipotesi di
cessate il fuoco, Kerenskij abolì pena di morte nell’esercito.
I
delegati al congresso panrusso, sarebbero dovuti arrivare da tutto il paese, ma
vista la situazione ciò procedeva a rilento e con difficoltà, mentre i
menscevichi e gli altri avversari di Lenin andavano dicendo che il congresso
non si sarebbe mai tenuto tentando così di scoraggiare i delegati dal mettersi
in viaggio. Il 20/10 erano presenti solo 15 delegati, il 22/10 erano 175 di cui
103 bolscevichi. Il governo provvisorio aveva pensato di mandare al fronte la
guarnigione di Pietrogrado (60.000 uomini) per disinnescare il pericolo
bolscevico. La sera del 21 ottobre in una riunione Lenin fissò la data dell’insurrezione
per il 25 ottobre (7/11).
La
mattina del 24 ottobre (6/11) si vide affisso per le vie un manifesto che
accusava i seguaci di Kornilov di far fallire il congresso panrusso e
l’assemblea costituente e scatenare possibili pogrom. Il Soviet degli operai e
dei soldati di Pietrogrado si assumeva il compito di tutelare la rivoluzione.
Era il segnale. La sera di quel giorno giunse la notizia che la Fortezza di S.
Pietro e Paolo era passata con i bolscevichi, e nonostante le linee telefoniche
fossero state tagliate le comunicazioni con le caserme e le fabbriche erano
garantite da una attrezzatura di telefotografia militare. Gli Yunker, militari
legati allo zar di stanza a Peterhoff non riuscirono a raggiungere la capitale.
A
tarda sera sulla piazza del Palazzo i soldati ammucchiarono cataste di legna
dietro cui posizionarsi per difendersi dai cecchini.
L’Incrociatore Aurora
Dopo la mezzanotte dall’incrociatore Aurora ormeggiata alla foce della Neva, partì la prima di una serie di cannonate.
Gli
insorti uscirono dal doppio arco del Palazzo di Stato Maggiore prospicente il
Palazzo d’Inverno e si diressero verso l’edificio al cui interno era riunito il
governo Provvisorio.
L’età d’argento
Con
questo nome i russi hanno indicato il periodo artistico che occupa i primi 15
anni del XX secolo fino alla rivoluzione russa.
Periodo
molto ricco di autori che spaziano nei generi e nelle direzioni più diverse.
Dopo
la grande stagione del romanzo russo storico-realista, la narrativa si era
indirizzata maggiormente verso i racconti, il teatro e la poesia.
Anton Čechov (1860-1904). Medico e scrittore, stroncato dalla tisi a soli 44 anni, fu autore di innumerevoli racconti, ambientati sia nella capitale, che nella provincia, e di celebri lavori teatrali. Essi però furono rappresentati per la maggior parte al Teatro dell’Arte di Mosca che in quel periodo stava raggiungendo il culmine della sua attività e rinomanza.
Lavoro
in un certo senso profetico di quanto sarebbe accaduto di lì a poco.
Un altro autore che esordisce con lavori teatrali è Maxim Gorkij (1868-1936),
anche le sue opere, I bassifondi, ambientato in un dormitorio e Piccoli borghesi, sono date al teatro dell’Arte di Mosca. La madre è invece un romanzo che narra la Russia prerivoluzionaria,
Boris Pasternak, (1890-1960)
(1891-1938)
e Anna
Akmatova. (1889-1966)
Questi
ultimi due fecero parte della corrente degli acmeisti. Una corrente che si
opponeva al simbolismo, dilagante nell’Europa di fine ‘800, per tornare ad “un mondo sonoro, multicolore, della forma,
del peso e del tempo”.
Infine non bisogna dimenticare la corrente futurista, che si sviluppò in Russia parallelamente a quella italiana ma con contenuti profondamente diversi, l’esponente principale di questa corrente fu senza dubbio Vladimir Majakovskij, autore anche di opere teatrali
Pasternak,
conosciuto soprattutto per il suo romanzo Il
dottor Zivago è, in primis, un poeta. Di seguito una sua poesia che sembra
scritta per i nostri tempi:
ESSERE RINOMATI NON È BELLO
Essere rinomati non è bello,
non è così che ci si leva in alto.
Non c'è bisogno di tenere archivi,
di trepidare per i manoscritti.
non il clamore, non il gran successo.
È vergognoso, non contando nulla,
essere favola in bocca di tutti.
viver così da cattivarsi in fine
l'amore dello spazio, da sentire
il lontano richiamo del futuro.
nel destino, non già fra le carte,
annotando sul margine i capitoli
e i luoghi di tutta una vita.
Ed occorre tuffarsi nell'ignoto
e nascondere in esso i propri passi,
come si nasconde nella nebbia
un luogo, quando vi discende il buio.
faranno la tua strada a palmo a palmo,
ma non sei tu che devi sceverare
dalla vittoria tutte le sconfitte.
briciolo dalla tua persona umana,
ma essere vivo, nient'altro che vivo,
vivo e nient'altro sino alla fine.
Di
Anna Akmatova ecco una breve lirica del 1917 tratta dalla raccolta La corsa del tempo.
Si
li ho amati quei raduni notturni:
i
bicchieri ghiacciati sparsi sul tavolino,
l’esile
nube fragrante sul nero caffè,
l’invernale,
greve vampa del caminetto infocato,
l’allegria
velenosa dei frizzi letterari
e
il primo sguardo di lui, inerme e angosciante
Infine,
del Poema di Lenin di Majakovskij
ispirato alla Rivoluzione d’ottobre, l’inizio del canto undicesimo.
E quando alle barricate
si giunse,
scegliendo un
giorno nella serie dei giorni,
Lenin stesso
apparve a Pietrogrado:
“Basta, compagni.
Troppo a lungo
soffrimmo.
Il giogo del
capitale, il mostro della fame,
i banditi delle
guerre, i ladri interventisti
ci sembreranno più bianchi
dei néi
sul corpo rugoso di
nonna storia antica. Basta”.
E guardando di
laggiù queste giornate,
vedrai dapprima la
testa di Lenin:
il suo pensiero
apre una strada di luce
dall’éra degli
schiavi
ai secoli della
Comune.
Passeranno gli anni
dei nostri tormenti
e ancora all’estate
della Comune,
scalderemo la
nostra vita
e la felicità, con
dolcezza di frutti giganti,
maturerà sui fiori
dell’ottobre.”
Cambia la
capitale, cambia il nome
All’indomani
della rivoluzione d’ottobre la Russia visse momenti drammatici: dapprima
l’armistizio con la Germania, poi la guerra Civile. Il 12 marzo del 1918 Lenin, spostò la capitale da Pietrogrado a Mosca. Dopo 215 anni quindi Pietrogrado cessa di essere la capitale di questo
vasto paese, anche se resta un punto di riferimento imprescindibile. La
decisione era stata dettata da motivi di sicurezza: il 3 marzo era stato
concluso l’armistizio con la Germania a condizioni pesantissime. Poiché la
Russia aveva subito parecchie sconfitte militari si trovava in una condizione
svantaggiosa, non solo, all’indomani della rivoluzione le truppe tedesche
avevano sfondato il confine ed erano avanzate compiendo razzie e saccheggi.
Questa
condizione però perdurò solo fino alla fine di quell’anno. Con la sconfitta
della Germania il trattato di Versailles annullò la pace di Brest – Litovsk con
il ritiro delle truppe tedesche dai territori occupati.
Intanto
il 10 luglio 1918 era stata
promulgata la prima costituzione della storia della Russia.
Nello stesso mese furono uccisi a Ekaterinburg, dove erano tenuti prigionieri,
i componenti della famiglia reale di Nicola II.
L’Armata
Bianca fu guidata fino all’aprile del 1919, quando cadde in battaglia, da
Kornilov. Esso fu sostituito da Dinikin e poi da Kolčak. Questa armata
comprendeva, oltre agli stranieri già ricordati, truppe rimaste fedeli allo zar
e i cosacchi. Gli scontri più drammatici si ebbero nel Caucaso dove i cosacchi
costituirono temporanei governi locali antibolscevichi che si dimostrarono
piuttosto sanguinari.
Ma
nell’ottobre del 1919 mentre Deikin, occupata l’Ucraina avanzava su Mosca
arrivando fino a Tula, Judenič avanzava
su Pietrogrado dall’Estonia occupando il 16 ottobre Gatčina, a soli 50 km,
e poi Pulkovo un sobborgo collinare. L’ex capitale era seriamente in pericolo,
e fu salvata in extremis dall’Armata Rossa e dal suo coordinatore Trockij,
Questo
conflitto segnato da rappresaglie e una grave carestia ebbe fine nel 1920, con
la sconfitta dell’armata bianca e l’evacuazione delle sue truppe a Costantinopoli.
Purtroppo
dall’aprile all’ottobre di quell’anno un’altra guerra si aggiunse in coda:
quella con la Polonia che intendeva impadronirsi dell’Ucraina e della Russia
bianca: Il generale Tuchacevskij respinse l’offensiva e alla fine il 18 marzo
del 1921 si giunse al trattato di Riga in cui la Polonia ottenne comunque una
piccola parte dei territori richiesti.
Al
termine di tutti i conflitti, per ragioni di spazio non possiamo occuparci
delle questioni indipendentiste, il 30 dicembre del 1922 venne in essere l’Unione
delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. La Russia si apprestava quindi a
divenire uno stato federale.
IL
21 gennaio 1924 moriva Lenin. Alla sua memoria fu dedicata la città di
Pietrogrado che era stata la culla della rivoluzione, e fino al 1991 essa si
chiamerà Leningrado.
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