66thand2nd - pagg. 752 - € 25,00
66thand2nd ricorda Kobe Bryant
All’inizio
sembrava solo un ragazzone allegro e sorridente. Un’impressione fuorviante,
naturalmente. Ma Kobe Bean Bryant ha dovuto lavorare
sodo per dimostrare a tutti che niente poteva scalfirlo.
Soprattutto
nel corso della sua tormentata stagione d’esordio.
Ero
lì la sera in cui segnò i suoi primi punti su azione nella Nba, con
un tiro da tre allo Charlotte Coliseum, nel dicembre del 1996.
A
fine partita, rientrò caracollando nello spogliatoio e mi dedicò
un
vigoroso soul shake – palmi a contatto, dita a uncino e un
bello
strattone. Non aveva la minima idea di chi fossi, se non uno dei
tanti giornalisti armati di registratore e blocchetto. Ma aveva troppa
voglia di festeggiare insieme al mondo.
(Roland Lazenby)
Quando il figlio di Jellybean Bryant arrivò nella Nba,
a diciott’anni, molti pensavano che fosse ancora immaturo, se non addirittura
un bluff: un ragazzino viziato che voleva scimmiottare Jordan e usurparne lo
scettro. Per qualcuno invece era l’erede designato. Nei playoff, nel momento
più atteso, quel ragazzino scagliò quattro tiri maldestri e
trascinò i suoi Lakers nel baratro. Fu il primo esame dell’educazione
cestistica di Kobe Bryant, e da allora le critiche non lo avrebbero più
abbandonato. Dicevano che tirava troppo, che non giocava per la squadra, che
era un «corpo estraneo». Eppure Bryant ha saputo costruirsi una carriera
stellare, giocando vent’anni con la stessa maglia, segnando 81 punti in una
sola partita, vincendo cinque anelli e due ori olimpici. E col tempo ha
dimostrato di essere «l’agonista più compulsivo nella storia del basket»,
disposto a fare il vuoto attorno a sé pur di conquistare il trono della Nba.
Con la consueta eleganza, intrecciando statistiche, cronache sportive e
interviste, Roland Lazenby ci offre un nuovo ritratto in chiaroscuro di un
campione unico, raccontandoci le prodezze sul campo e gli enigmi dell’uomo: i
conflitti con i genitori, il rapporto con la moglie («la nuova Yoko»), le
accuse di violenza sessuale. Senza mai dimenticare la saga dei Lakers e le
lotte per il potere tra Bryant e Shaquille O’Neal, che chiamava il rivale
«Showboat» per irridere le sue smanie di protagonismo. Kobe preferiva «Black
Mamba», come il rettile feroce di Kill Bill.
Docente di giornalismo e scrittura
alla Radford University e alla Virginia Tech, Roland Lazenby è
un giornalista e uno scrittore prolifico. Ha al suo attivo oltre cinquanta
libri, molti dei quali dedicati a personaggi di spicco del football americano e
del basket, tra cui Jerry West e Phil Jackson. Sue anche le ricostruzioni di
alcune memorabili stagioni dei Chicago Bulls e dei Los Angeles Lakers del
passato. Per 66thand2nd è uscito il bestseller Michael Jordan, la
vita (2015), la storia definitiva del più grande cestista di tutti i tempi,
di cui Showboat, la vita di Kobe Bryant è una sorta di
inevitabile e avvincente sequel.
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