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mercoledì 13 giugno 2018

Colpo di fulmine - Ritratti 6



di Annalisa Petrella



Dopo il Festival di Cannes, dove tutto era filato alla perfezione, mi ero spostata a Milano per un interessante meeting di lavoro che mi stava caricando di energia e di nuove idee, quando era arrivata all’improvviso la telefonata di Amèlie:
-    -  Corinne, cara, scusami se ti piombo addosso senza preavviso per chiederti un favore immenso: ho fatto il diavolo a quattro con Duprè, ma non c’è stato verso, il luminare dice che non mi fa uscire dall’ospedale prima di dieci giorni e sono disperata! Lui non capisce che il Salone del libro di Parigi è l’evento più grosso che ho per le mani e mi tiene confinata qui con le gambe appese in attesa di operarmi.
-      - Oh, Amélie, l’incidente è stato ben brutto ed è una fortuna che ti sei salvata la spina dorsale! Ma io sono a Milano e ho letto che sono in corso gli scioperi dei controllori di volo…


-      - Lo so, lo so, chérie, ma non posso permettermi di allentare il lavoro, accidenti! Soltanto tu puoi darmi una mano in questo momento e non mi dire che adesso ti occupi di cinema perché per gli eventi sei un mito: ti prego torna a Parigi subito - ho appena guardato e c’è un TGV nel pomeriggio - per fare l’ultimo controllo dell’organizzazione del mio staff prima dell’inaugurazione! Ho già parlato con Annette che ti aspetta domattina, chiamala, mi ha confermato che tutto è a posto, ma puoi ben capire che una tua occhiata mi farebbe sentire più tranquilla.
Come potevo dirle di no! Era stata la mia mentore, mi aveva insegnato le basi di tutto quello che poi avevo costruito nel settore eventi fino alla mia emancipazione che mi aveva portato altrove, ma il filo che ci univa era rimasto saldo, inoltre era un’amica in difficoltà.  La tranquillizzai e, di malavoglia, scombinai i miei piani, annullando anche l’ulteriore tappa a Firenze programmata da tempo.
Corsi in stazione e salii sul treno per Parigi in uno stato d’animo controverso alimentato dal fatto che il ritorno a casa mi risvegliava il ricordo di Jacques, anche se la nostra relazione si era conclusa da tre mesi. Mi succedeva spesso, nei momenti di pausa, di avvertire il rammarico di avere sprecato sei anni della mia vita con un uomo limitato e inaffidabile. Ci avevo messo del tempo a capirlo, forse anch’io non brillavo per acume, oppure avevo voluto negare l’evidenza a me stessa per orgoglio. Era stato faticoso uscirne perché il furbo non aveva interesse a perdere le facilitazioni acquisite nella sua convivenza con me e si appigliava a sentimenti improbabili che non trovavano ormai riscontro alcuno in una donna delusa e disincantata. Quando si era reso conto che non esercitava più alcun potere su di me, prima di andarsene, l’ultima sera, aveva pronunciato la fatidica frase:
-Te ne pentirai e mi cercherai, sei un’incosciente a voler buttare tutto all’aria per qualche inevitabile attrito!
Ridicolo e irresponsabile. Non avevo risposto, contava soltanto che ero riuscita a convincerlo a portare via la sua roba da casa mia e a restituirmi le chiavi. Chiusa la porta dietro di lui a doppia mandata, mi ero sentita finalmente libera nella mia mansarda di Montparnasse, acciaccata e con i lividi nell’anima, sì, ma pronta a riprendere in mano la mia vita da sola e quando lo avevo visto salire sull’automobile di Hélène, che lo aspettava sotto il portone, avevo sorriso amaramente solidarizzando intimamente con la nuova malcapitata. 

Carrozza 2, posto 17A
Notai subito da lontano l’uomo che era già seduto al suo posto e mi colpirono il suo aspetto distinto e la postura elegante mentre, concentrato, digitava sulla tastiera del computer e non badava all’arrivo dei passeggeri, potei così indugiare un momento sul suo profilo cesellato che mi piacque, era marcato come i ritratti incisi sulle antiche monete greche in cui le radici della storia sembrano impresse sui tratti del volto. I colori richiamavano le sfumature del bronzo e i capelli di un nero lucente incorniciavano la fronte ampia. La giacca in principe di Galles aveva un taglio impeccabile.  Quando mi avvicinai alzò la testa verso di me e mi sorrise; i lineamenti, i denti scintillanti, lo sguardo mi fecero sentire completamente disarmata, una vampata di rossore inondò scioccamente il mio viso e, con il cuore a mille, mi persi nei suoi occhi neri e liquidi come le acque dei mari del sud. Non potevo crederci: stavo vivendo un vero coup de foudre!
Mi accomodai turbata di fronte a lui, tentando di recuperare un controllo che non provavo, frugai nella cartella fingendo di cercare il romanzo che stavo leggendo - in verità era bene in vista - lo misi sul tavolo e mi immersi nella lettura mentre lui riprendeva a muovere le lunghe dita sulla tastiera. Continuavo a ripetermi: - Ma sei fuori di testa! A trentanove anni suonati arrossisci come un’adolescente?
Tra l’altro non ero mai stata facile agli innamoramenti nemmeno da ragazza, poi la lunga storia con Jacques mi aveva come anestetizzato e fatto dimenticare i momenti di gioia. 
Ora quell’uomo risvegliava in me un’attrazione mai provata, non tanto perché fosse decisamente bello per i miei canoni, se non che la sua presenza, pur nel silenzio reciproco di quel lungo viaggio, mi trasmetteva un insieme di sensazioni positive. Stavo lì seduta di fronte a lui mentre il treno correva a velocità sostenuta, la gente rispondeva al telefono o chiacchierava, ed io percepivo una vibrazione scorrere tra la sua mente e la mia e che ci faceva sentire in qualche modo in comunicazione.  
Quando i nostri sguardi si incrociarono mi parlò guardando il mio libro con attenzione e disse:
- “Stoner” è, a mio avviso, il miglior romanzo che io abbia letto nell’ultimo anno. La celebrazione dell’uomo qualunque, le cui orme saranno invisibili ai posteri, scritta con una prosa adamantina. Mi scusi, non mi sono presentato: Ranieri Bevilacqua, vengo da Perugia.
- Corinne Mathieu, di madre milanese e padre francese, vivo a Parigi. Tornando al libro, devo dirle che lo sto rileggendo per la seconda volta perché mi emoziona tanto. John Williams mi ha catturato con il personaggio Stoner, la sua vita insignificante viene descritta con una chiarezza implacabile, ma non priva di delicatezza e sensibilità. 
- Condivido, diventa lacerante assistere alla vita di Stoner colma di fallimenti senza vedere in lui una reazione per capovolgere le forze avverse che lo perseguitano.
- Può essere equivocato e scambiato per un inetto?
- No, il professor Stoner è un mite, un rinunciatario che ha saputo guardare in faccia l’avvicinarsi della morte raccogliendo nei polmoni la dolcezza dell’estate e stringendo nella mano il suo libro scolorito.
- Nel quale libro sapeva, anche se gli importava poco, che sarebbe rimasta una piccola parte di sé.
Rimanemmo in silenzio per un po’, non volevamo rovinare con ulteriori parole l’atmosfera magica che si era creata, era scattata tra noi una sintonia immediata così, per caso, parlando di uno scrittore in una sera di marzo su un treno per Parigi. I discorsi successivi furono sciolti e lineari, i castelli della Loira, i borghi storici del centro Italia, la vita frenetica parigina e di contro la dimensione a misura d’uomo di Perugia, anche se mi disse che in Francia si sentiva di casa per via della sua attività. Pareva ci conoscessimo da tempo, ci osservavamo reciprocamente con curiosità ed io mi stupivo dell’intesa inaspettata, mi resi conto che tra noi tutto fluiva con naturalezza ed empatia e ne eravamo compiaciuti. A un certo punto, quando lui fece un cenno alla sua vita da single e non negò di essere stato sposato, gli chiese debolmente:
-     -  Divorziato?
-      - No, non l’avrei mai lasciata, è morta giovanissima quindici anni fa.
-      - Mi dispiace, non volevo essere invadente e mi scuso…
-    -Si figuri, ormai è trascorso tanto tempo e non mi turba più parlarne, ma piuttosto lei è stata più fortunata di me?
Ranieri aspettava la mia risposta guardandomi intensamente ma non mi sentii a disagio e ricambiai lo sguardo diretto penetrandolo con i miei occhi verdi:
-  -    Non direi proprio, lei almeno può conservare un bel ricordo del suo amore perduto, io invece giorno dopo giorno tento di rimuovere tutto ciò che mi possa riportare a lui. Per fortuna è finita.
Dopo un attimo di silenzio in cui ciascuno era immerso nei propri pensieri, l’uomo disse:
-    -  Corinne, lei è giovane e, se lo lasci dire, bellissima, ha davanti a sé tutto il tempo per rinascere.
Il suo complimento mi infiammò e mi commosse, capivo che le sue parole erano sincere e delicate:
-      - La ringrazio, lei è gratificante ma mi avvicino ai quaranta e spero, soprattutto, di imparare un domani a riconoscere la persona giusta.
-      - Sono certo che la sua sensibilità non la farà sbagliare.

Capii che in poche ore ci eravamo spinti molto avanti nelle confidenze e nelle riflessioni e che non avrei voluto perdere il contatto con lui, ma non ebbi il coraggio di chiedergli il numero di telefono. Sperai che facesse lui la prima mossa, ma avvertii in lui una discrezione che non riuscii a interpretare se non per timidezza. Parlai al telefono con Annette e presi accordi per incontrarci la mattina successiva alle 9. Nell’ultimo tratto di viaggio lo guardavo di sottecchi mentre lavorava e mi rendevo sempre più conto che temevo il distacco da lui, non eravamo ancora arrivati in stazione e già mi dava sofferenza l’idea di non poter mantenere quell’intesa così rara. Un amore a prima vista.
Alla Gare de Lyon ci salutammo, mi strinse la mano con calore e trattenne la mia per un istante mentre mi sussurrava il titolo di un altro libro del quale avrebbe volentieri dialogato con me. Annuii emozionata perché mi aveva voluto offrire un appiglio per rivederci o almeno risentirci, quando un’improvvisa telefonata sciolse l’incantesimo, l’uomo rispose velocemente, si scusò e scese come un lampo dal treno allontanandosi nella folla. Stranita afferrai il mio bagaglio e mi precipitai al suo inseguimento, ma quando lo intravvidi a distanza mentre si avvicinava a una donna decisamente avvenente che lo aspettava in testa al binario, mi bloccai come se avessi ricevuto una secchiata di acqua gelida addosso. Immobile assistetti alla scena dei due che si parlavano con evidente confidenza.
La notte non chiusi occhio, mi tormentava il pensiero di non aver capito niente, mi ero figurata di aver condiviso un’intesa incommensurabile con un bell’adone, davvero bello da morire, che senza volerlo mi aveva attratta fatalmente risvegliando tutti i sensi del mio essere. Il dialogo muto e verbale, sintonico per tutto il viaggio, mi aveva fatto immaginare altri risvolti nella mera illusione, purtroppo unilaterale, dello scoccare di una scintilla d’amore anche in lui. Una povera stupida, ecco cos’ero, illusa, infantile e priva di senso della realtà. E lui non aveva colpa alcuna perché si era comportato correttamente, mi aveva semplicemente dimostrato attenzione e simpatia. Trascorsi la notte finendo di rileggere il mio romanzo, devastata dalla tensione che la conclusione dell’incontro con Ranieri aveva suscitato in me. L’avevo lì davanti agli occhi, bello come il sole, gentile, intelligente, educato, uno schianto d’uomo che non era certo alla mia portata, tant’è che la donna che lo aspettava in stazione doveva essere di almeno dieci punti al di sopra di me! All’alba mi imposi di calmarmi e di dare un taglio alla totale mancanza di autostima che mi demoliva. Riordinai casa, feci l’elenco delle cose da comprare per cena e preparai la cartella con i documenti che Annette mi aveva lasciato in portineria per l’incontro alle 9 in Fiera. Non guardai il programma, non ne avevo voglia, prima di tutto necessitavo di fare una colazione sostanziosa al bar sotto casa.
In ufficio mi accolsero con un entusiasmo che mi infuse allegria anche se mi era rimasto nel fondo del cuore un senso di disagio che attingeva all’infelicità, ma volli reagire con la mia solita efficienza: la supervisione degli spazi, del personale  in servizio e del programma generale che si distribuiva su tre giornate e mezzo mi confermò che tutto era stato predisposto al meglio e volli fare infine una lunga chiacchierata su skype con Annette e Amélie che mi ringraziò profusamente, facendomi promettere di non mancare all’inaugurazione dell’evento che prevedeva alle 17 la presentazione di due autori di grande calibro e il rinfresco alle 18,30 dove avrei potuto incontrare la crème de la crème degli scrittori e dell’editoria: - I contatti sono sempre utili!
Accettai mio malgrado l’invito, avevo bisogno di distrarmi, e feci un salto dal parrucchiere che raccolse i miei capelli castani in un morbido chignon, poi passai da casa per cambiarmi: abito da pomeriggio color malva, décolleté e clutch bag color cipria. Quando fui pronta mi osservai allo specchio che mi restituì l’immagine di una donna bella ed elegante, rassicurata afferrai il programma e presi al volo un taxi.
Quando lessi il titolo del libro che veniva presentato alle 17 nell’aula grande, ebbi un tuffo al cuore, la mattina nel mio stordimento non avevo prestato attenzione ai nomi degli scrittori in lista per il pomeriggio dell’inaugurazione e, con sei sessioni parallele, mi era sfuggito il nome: Ranieri Bevilacqua.
Arrivai nell’aula con il fiatone, dovevo rivederlo e non potevo perdere la presentazione del suo libro. Quando entrai il pubblico, numeroso, era già seduto mentre lui in piedi, vicino al tavolo dei relatori, stava parlando con due persone e con Annette che gli fece un cenno. Ranieri si girò e mi vide, mi sorrise apertamente e, interrompendo la conversazione, mi corse incontro: - Che gioia rivederti, Corinne, e scusami per ieri, sono tornato indietro a cercarti ma eri già andata via!
Ero letteralmente sconvolta mentre Annette sorrideva a distanza, Ranieri accennò a un baciamano e mi accompagnò in prima fila: - Juliette, vorrei presentarti Corinne, per causa tua ieri stavo per perderla, ma il destino, diciamo, ci ha fatto ritrovare! Corinne questa è mia cognata Juliette, la più feroce e amabile critica dei miei libri e quello è mio fratello, vieni Umberto, l’editore che si prende la briga di seguire le mie pubblicazioni. Ti prego, Corinne, aspettami qui!

 


22 commenti:

  1. Fresco e gioioso nel buio della quotidianità tutto d'un fiato con piacere laura

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  2. Un amore all'improvviso bello ed emozionante

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  3. Abbiamo bisogno di sperare in amori limpidi e rasserenanti come questo! Ludo

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  4. Bello. E mi conferma che i viaggi in treno sono molto meglio di quelli in aereo. Vittorio

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    1. I tempi del viaggio e il mezzo di trasporto sono fondamentali. Grazie, Vittorio.

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  5. Piacevole pensare che, a volte, il futuro ci colpisce con effetti speciali. Sciolta ed elegante la scrittura. Cinzia

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  6. anche se ti sei trasferita dalla Cornovaglia hai colpito nel segno con un amore emozionante e da sogno.
    Miriam

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  7. Bello, bello, bello! Mari

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  8. I viaggi in treno sono sempre affascinanti nella nostra memoria letteraria. Peccato che nella realtà questi incontri non capitino quasi mai! Beata Corinne, che hai reso molto bene nella sfumatura delle sue sensazioni ed emozioni contrastanti.

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    1. Cara Anna, so che ami il treno e anche questo ci unisce, mi dispiace che un incontro del genere non ti sia ancora capitato, ma non si sa mai. Grazie!

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