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venerdì 8 dicembre 2017

Pranzo di condominio - Parte 2

-          (di Marco Moretti)



    
  - Certo, lei potrebbe pensare al vino. So che è un esperto.
-        -  Non dubiti; se permette darò io la notizia agli altri. Soliti inviti?
-        -  Certamente, solo buongustai affezionati.  Ma inviterei anche il dottor Pinozzi.
-          -Il nuovo arrivato? Mi pare una persona schiva.
-          -Un motivo di più per averlo con noi; inoltre mi sembra un buongustaio. Se ne occupi lei.
-          -Certo. Saranno tutti felici, dopo due anni di digiuno!


Trascorsa una settimana, con leggero anticipo, i lavori edili in casa dell’avvocato giunsero a conclusione; nell’aria si sparse l’eco dei preparativi dell’evento atteso ben due anni. Letteralmente, nell’aria: il profumo dei sughi e dei preparati delle due donne diffondeva piacevolmente nell’atrio e nelle scale del palazzo stimolando menti e palati. Il viavai dei condòmini era giustificato dai preparativi: l’allestimento nella sala dell’attico alla sommità della scala ’A’, l’acquisto dei vini e dei dessert, gli ultimi accordi sull’ora.
I due giorni precedenti il pranzo Anna e Norma si erano segregate nei rispettivi appartamenti, non aprivano la porta né rispondevano al telefono. In verità qualcuno aveva notato che non erano risultate reperibili per tutta la settimana; sicuramente impegnate nell’acquisto e nella preparazione degli ingredienti. Merce di qualità, fornitori top-secret come le ricette: nulla di scritto, erano scolpite nella mente.
Mario stava rientrando da una passeggiata serale, prima di scambiare qualche colpo con l’amico appeso al soffitto, quando nelle scale incrociò l’avvocato.
-          Buongiorno Doc, le rammento l’appuntamento da Manetti per il pranzo di condominio.
-          Veramente preferire evitare.
-          Non le permetto di mancare: la signora Anna è stata perentoria, lei è un invitato particolare della cuoca
Mario scrollò le spalle, rischiavano di bloccarsi per il sudore che stava gelando, e abbozzò rassegnato.
-          -Ha più incrociato la sua vicina?
-         - No, Avvocato. Ma a giudicare dal profumino mi pare che tutto giri al meglio.
-      -  Direi di sì; piuttosto, cercavo Malfatti per definire i costi dei lavori a casa mia, ha mandato lui i muratori. L’ha visto o sentito?
-         - Non amo intrattenere rapporti con amministratori, funzionari o generi simili.
-         - Si farà vivo, quando si tratta di riscuotere non perde un colpo.
-         - Quando sarà il pranzo e a che ora?
-          -Tra due giorni, domenica alle tredici in punto.
-        -  Metterò la sveglia. Come posso contribuire?
-         - Al pranzo pensano le cuoche, io mi occupo dei vini: rossi, ovviamente, visto il menù che non sarà certo vegetariano. La mia gastrite protesterà, ma farò il sordo per una volta.
-       -   Prepari anche dell’acqua, non bevo alcoolici.
-       -    Un vero peccato, non sa che si perde.
-        - Lo so benissimo, mi creda. In quanto al menù, cosa ci aspetta?
-      -   Di solito il piatto forte è la carne, in qualche versione: cruda, nel sugo, arrosto, fritta e ogni altra forma  venga in mente alle cuoche. Non mancano mai  contorni adatti e  dessert. 
-        -  Vedrò di tenermi leggero in questi giorni, a presto.
Venne il gran giorno, una splendida domenica di metà aprile: dal terrazzo all’ultimo piano di casa Manetti la vista abbracciava il golfo di Genova fino all’estremo ponente, evocando immagini e profumi della Costa Azzurra. I padroni di casa servirono all’aperto un aperitivo con stuzzichini , favorito dal sole tiepido: tutti piluccavano, ma nessuno dei commensali osava guastare                        
l’appetito al pensiero delle prelibatezze che attendevano. Mario, in compagnia dell’immancabile
bicchiere d’acqua, ammirò la sua città adottiva: una splendida donna non più nel fiore degli anni, con un filo di trucco e un vestito sobrio. La immaginò alla fine di una cena di classe, adagiata sulla riva del mare a godere il fresco dopo aver tolto le scarpe eleganti, ma scomode, e massaggiare i piedi con la sabbia.
Un applauso lo distolse dalla visione, il saluto alle cuoche giunte dalla cucina senza un rumore: non grembiuli insozzati di sugo, ma abiti sobri ed eleganti, scarpe con mezzo tacco e un filo di trucco. Anna e Norma si assomigliavano nell’incedere e nell’espressione soddisfatta, non certo grazie all’età: la prima poteva essere la madre o la zia dell’altra. All’occhio di Mario parve che Norma avesse un ruolo subalterno: avanzava stando un passo indietro, imitava i gesti di Anna e ne cercava la approvazione; ma forse era solo rispetto, o lo stomaco che protestava con il cervello. Concluse che stava osservando due nonne discrete e amabilmente concrete che salutavano il pubblico alla stregua di attrici protagoniste di una rappresentazione: dopo l’ovazione si ritirarono sorridendo dietro le quinte mentre tutti entrarono per accomodarsi a tavola.
Mario era sempre più affamato, aveva ovviamente evitato gli aperitivi alcoolici e gli stuzzichini non lo lusingavano: sedette accanto a Tesconi, cercando con gli occhi grissini o pane, grandi assenti.
-        -  Mi scusi se la inseguo, ma è l’unico con cui ho scambiato qualche parola oltre alla signora Anna.
-      -    Nessuna scusa, inoltre non ci sono donne interessanti da corteggiare e due chiacchiere tra uomini aiuteranno il pranzo. Ha appetito?
-      -    Direi una fame assurda: non ho fatto colazione e ho dato qualche pugno.
-      -    Una discussione con qualcuno?
-     -     Il mio coinquilino, - Mario lanciò l’amo – taciturno e solitario, non esce mai dalla stanza, ma certe volte si merita le sventole che gli tiro.
-        -  Convive con un simile attaccabrighe? Non l’ho mai incrociato, ha di certo orari particolari.
In attesa delle portate il gioco proseguì, parole asciutte e volto serio.
-      -    Non vede mai la luce, non è un tipo socievole: nella vita ne ha prese troppe, forse troppe volte e tanto da essersi ammosciato.
-        -  Mi pare che sia un poco crudele con lui.
-        -  Se non si lamenta significa che gli sta bene così.
Si versò dell’acqua e bevve per non ridere in faccia a Tesconi, intento ad osservarlo con aria indecisa tra  curiosità e timore. Dovette prevalere il secondo, visto il rapido cambio di argomento.
-         - Secondo lei per quale motivo è stato invitato a pranzo?
-        -  Non saprei, forse la cuoca ha visto che sono magro e si è impietosita.
Mario riempì nuovamente il bicchiere e lo svuotò in un fiato.
-         - Le assicuro che lei è il primo nuovo commensale da molti anni a questa parte.
-          -Siete una specie di club o vi riunite per celebrare qualcosa?
-       -   Decidono Anna e Norma quando è giunto il momento del pranzo, non si tratta di un anniversario o un qualche tipo di festa.
-          -Quindi non c’è una cadenza regolare?
-     - Direi di no: l’ultimo è stato ben due anni fa, in precedenza ricordo altre tre occasioni e tutte a intervalli variabili.
-         - C’è stata comunque una prima volta.
-       -   Non potrei dimenticarlo, dieci anni fa: se n’era appena andata mia moglie.
Eravamo al solito punto, anche su un pranzo in allegria aleggiava un cattivo ricordo o una grande assenza: visi allegri e cristalli con vini pregiati si mutavano in maschere per coprire volti sofferenti e bicchieri tristemente vuoti. Come le vite che Mario incrociava e deviava dal loro percorso: in sala
operatoria sconfiggeva mostri e bestie affamate di carne umana, ma anche là fuori il suo “senso  per i guai” (definizione coniata da un amico giornalista, con cui condivideva poche gioie e molti dolori) lo portava su sentieri scivolosi. Sorrise: sedeva accanto a un vedovo settantenne come  tanti e questi era in compagnia di coetanei che condividevano uno stabile in cui avevano versato lacrime, ma anche fatto parecchie risate e scambiato chiacchiere. L’avvocato aveva davanti  a sé un bicchiere colmo di rosso e si preparava a un pranzo  atteso ben due anni: la nota stonata era lui, cavaliere solitario, con il lavoro da Don Chisciotte o, come diceva qualcuno, da crociato. Colui che parlava ad un sacco da pugile, mentre lo tempestava di pugni: quelli con cui aveva pestato un uomo che lo accusava di un delitto orrendo. Quelli che sperava di non usare ancora, ma che teneva pronti per colpire un mostro o un orco che si aggirasse per strada o vivesse in famiglia.
-        -  Signore e signori, la prima portata!
Federico Manetti, sessantasei anni e ingegnere in pensione, riportò Pinozzi sul pianeta: Anna e Norma fecero ingresso nella sala accolte da  religioso silenzio. Ciascuna spingeva un carrello con teglie di lasagne fumanti: l’aroma liberò i tentacoli tra i commensali afferrandoli alla gola con voluttà. Il bacio di un’amante appassionata prima del sesso.
-          -Lasagne al forno con besciamella e ragù.- Anna illustrò il piatto aprendo le braccia a ventaglio.
A questo punto Johnny Winter disse la sua, a tutto volume, dalla tasca della giacca di Mario: agli invitati le note della suoneria suonarono come una bestemmia ad alta voce durante un rito solenne. Un’ occhiata di disappunto sfuggì perfino ad Anna che iniziò senza altri indugi la distribuzione.
-      -  Non me ne vogliano le signore e i più anziani, ma la prima porzione va al dottor Pinozzi, in occasione del suo primo pranzo condominiale.
Porse il piatto fumante a Mario, mentre l’albino texano continuava a suonare un assolo di chitarra. Rosso in volto quanto il condimento delle lasagne, il medico si alzò.
-         - Sono mortificato, è l’ospedale. Non mi mollano neanche la domenica.
Uscì dalla sala nell’indifferenza dei commensali, con i loro sensi sensi dedicati soltanto alle lasagne; Anna continuò impassibile a riempire i piatti, lasciando per ultimi il suo e quello della compagna di cucina.
-        -  Si rinnova un rito, - alzando il bicchiere – vi auguro di gustare il prodotto della piacevole fatica mia e dell’ amica Norma.
Il tintinnio dei bicchieri fu rapidamente sostituito da un silenzio degno di una veglia per pochi interminabili minuti; Mario, rientrando, osservò rapito quella sorta di comunione pagana. Anna e Norma, le sacerdotesse, assaporavano ogni boccone ammirando compiaciute l’assortita compagnia.
-         - Ehm, - tossì con timidezza – purtroppo vi devo lasciare. Un’ urgenza mi chiama.
-         - Da avvocato la avverto che per la sua fuga ci sarà una pena da scontare.
-          -Cercherò di farmene una ragione.
-          -Niente di grave, non siamo aguzzini: perderà solo un gran menu.
-       -  Non si preoccupi, - intervenne Anna – le metto da parte qualcosa. I miei piatti sono ottimi anche riscaldati.
-          -Sempre che avanzi abbastanza cibo per riempire un piatto! – rise Manetti.
-        -  Ce n’è in abbondanza, non abbiamo lesinato con gli ingredienti. Mi spiace solo che dovrà attendere la prossima occasione per assaggiare queste delizie appena cucinate.
-        -  Ho imparato che per le cose belle difficilmente ci sono seconde occasioni, vi auguro una buona giornata.
Mario uscì lanciando con gli occhi un’ultima vana richiesta di un tozzo di pane: i commensali si dedicarono al bis del primo piatto e attesero con ansia le portate successive, non prima di avere ascoltato un elogio da parte di Tesconi.
-    Alle nostre due cuoche, ringraziandole, con preghiera di non farci attendere altri due lunghi anni! – l’avvocato, residente anziano, si congratulò con le artiste dei fornelli.
-         - Adesso il pasticcio di carne e le polpette, una novità! – L’allegria di Anna era contagiosa, strappò una risata e un altro brindisi. Le mani armate di posate pensarono al resto.
Dopo i dessert e il caffè l’ozio della beatitudine si impadronì di corpi e menti; solo l’Avvocato insistette sull’assenza di Malfatti. Anna sentì il dovere di intervenire.
-          -Le manca così tanto, quel rompiscatole?
-         - Non sia così severa, è pur sempre il nostro Amministratore.
-          -Da oltre due anni e sarebbe ora di cambiare; che ne pensano gli altri?
Sui volti appesantiti dal cibo nessuna reazione: anche i presenti non  adoravano Malfatti.
-         - Un silenzio eloquente,  – disse Anna – cercheremo un sostituto.
La festa si  trascinò per un paio d’ore tra tentativi di ballo e conversazione; dopo i saluti di rito Norma e Anna si recarono nell’appartamento di quest’ultima per il meritato riposo. Secondo consuetudine il lavoro sporco, lavare piatti e stoviglie oltre a rassettare, spettava ai padroni di casa e agli altri commensali.
 Il lavoro in sala operatoria si rivelò più impegnativo del previsto e la domenica di sole fu inghiottita da una serata di stanchezza e fame. Quella vera, non la smania che coglieva Mario Pinozzi in occasione degli incontri con il bastardo di turno: non amava certi appuntamenti, ma capitava e questa era la sola cosa di cui prendere atto. Comunque la routine non faceva per lui, nel lavoro e nella vita, sin dal risveglio: ogni mattina era il rinnovo di un parto difficile, il trauma della luce e dei rumori, il freddo della doccia e il calore del caffè, prima poppata da un seno stanco. Il film proseguiva con pranzi e cene spesso in piedi o improvvisati, un piatto di pasta o una pizza. Soltanto con un bicchiere di coca o acqua, ovvio.
-       -   Non ci annoiamo di certo la domenica, - disse Jorge, il braccio destro di Mario e infermiere di fiducia –  che palle lo stadio o il pranzetto a casa.
-        -  Sai quanto odio il calcio, - ghignò il medico, mentre infilzava la pizza  – ma oggi penso di essermi perso una mangiata coi fiocchi.
-         - In compagnia di una bella donna?
-         - Esatto, la cuoca è veramente una bella persona.
-          -Ahi, qui si parla di cuoca e non di invitata.
-         - L’invitato ero io con una decina di altre persone, in cucina la mia vicina di casa e una sua cara amica.
-         - Potremmo combinare una cenetta in quattro, ma niente fornelli. Conosco un posticino…
-          -Anna e Norma saranno felici, ma sono molto esigenti.
Jorge si alzò e illustrò la propria figura con ampi gesti delle mani.
-         - Ti sembro da gettare? Di certo tu dovrai vestire un po’ più elegante, ma si può fare.
-          -Direi di si, - Mario singhiozzò per il ridere – metterò il mio unico vestito come per le  cene con mia madre. Io parlavo di gusto per il buon cibo, in coppia le due signore superano il secolo di parecchi anni.
-        -  Sei senza speranza, io almeno posso bere altro vino per consolarmi!
Rientrato nello stabile, dopo un lungo giro in scooter e a piedi per godere dell’aria aperta, Mario salì le scale verso l’appartamento. Sorrise nel vedere materializzato un ricordo accanto alla porta: due piatti, con i gemelli sopra di loro a coprire il cibo, avvolti in un canovaccio. Raccolse il dono di Anna come faceva con il pranzo che la nonna gli lasciava quando tornava da scuola, i genitori impegnati al lavoro: ascoltò il ricordo dei pranzi solitari prima dello studio,  la cena e il racconto del padre, di come le sue sculture nascevano da un blocco bianco e grezzo. La madre che sparecchiava
e, in disparte, rassettava serena dopo una giornata al telaio. Infilò la chiave nella toppa e armeggiò imprecando per aprire, mentre con la sinistra teneva a fatica il prezioso scrigno; infine entrò e resistette alla tentazione di annusare gli aromi, depose il tutto in sala, si gettò vestito sul letto cedendo senza lottare all’abbraccio del sonno.
-     -  Buongiorno signora Anna, non l’avevo sentita: – disse Mario, il mattino seguente, alla figura materializzata accanto a lui mentre armeggiava per chiudere la porta di casa. Urgeva l’aiuto di un fabbro - stamani siamo entrambi degli sfaticati.
-          - Ce lo siamo meritati, io ai fornelli e lei con i suoi bisturi! A che ora è rientrato?
-          -Tardi, oltre la mezzanotte. Grazie per la confezione di cibo.
-          -Ero già a nanna da parecchio: ha assaggiato qualcosa? – gli occhi tradivano speranza.
-        -  La tentazione c’era, ma sono praticamente svenuto. E non credo siano cose adatte alla colazione.
Le parole scivolarono su una lastra gelata e la replica non contribuì a riscaldare l’ambiente.
-          Il mio cibo merita un poco di considerazione: le consiglio di gustarlo a pranzo, prendendosi il tempo necessario. Buona giornata.
Rapida e silenziosa nel comparire lo fu altrettanto nello sparire, salvo per il rumore della porta sbattuta che risuonò nel ventre del palazzo.
All’uscita dello stabile Mario si imbatté nell’onnipresente Tesconi, con la rassicurante dotazione di abito impeccabile e sorriso smagliante. Trasformato in espressione di moderato fastidio dopo i saluti.
-          - Spiacente di dirglielo, ma ieri ha perduto un’ occasione.
-          - Forse anche qualcos’altro? La mia vicina di casa mi è parsa irascibile, poco fa.
-          - Strano, ieri tutto è filato liscio. Era solo dispiaciuta della sua fuga.
-          -Se c’era una pena perché sono scappato l’ho scontata ieri sera in pizzeria, lo giuro.
-          -Ora che ci penso…mi è parsa anche infastidita da una cosa, ma può essere un’ impressione.
-          -Qualcuno non ha gradito una delle portate?
-        -  Non scherziamo, sarebbe impossibile: ho solo accennato alla irreperibilità di Malfatti e lei mi ha stoppato dicendo che la cosa non sembrava preoccupare gli altri. E quindi non divevo pensarci.
-          In effetti non mi è parso il tipo che si faccia adorare.
-         - Certo, ma non voglio stressarla oltre, solo un’ultima cosa. Dopo il pranzo, come prevedevo, lo stomaco si sta vendicando: cosa mi consiglia?
-          -Passi da me quando vuole, non ho cibo o vini, ma caffè e medicine non mancano.
-         -  A presto allora, grazie.
I due si salutarono, Mario caracollò verso lo scooter e  recuperò il casco dal bauletto. Prima di indossarlo afferrò lo smartphone  e scorse la rubrica: dopo una lieve esitazione  premette con il pollice.
-          -Ciao, non sei impegnato a ricucire corpi martoriati?
-         - Detta così mi fai sentire come il dottor Frankenstein.
-         - Non hai i riccioli biondi e il tuo infermiere non ha gli occhi che guardano in direzioni diverse.
-         - Come te la passi con la macchina da scrivere?
-      -    Niente da fare, senza bisturi in mano sei un disastro. Da parecchi anni qualunque giornalista utilizza il PC, hai idea di cosa sia?
-         - Certo, ma stiamo parlando di giornalisti e io non ne conosco uno!
-         - Ti salva la distanza, se non fossi a Milano…
-         - Ti rammento che sono un pugile, caro Munnacci.
-          A me risulta che il tuo sparring partner sia solo un grande incassatore. Ma basta con i complimenti, che ti serve?
-        -  Voglio conoscere meglio due mie vicine di casa.
-          -Cerca su un sito di incontri o rivolgiti a un’agenzia matrimoniale, magari sono iscritte.
-          -Non essere idiota, mi interessa solo sapere chi sono e che vita fanno.
-         - Rivolgiti al nostro caro amico Commissario Moruzzi.
-         - Sei davvero stronzo, chi ti ha detto che ci sia di mezzo una grana?
-         - Tu ne annusi il profumo, come un topo col cacio.
-          -Che palle, sono due tipe particolari e mi incuriosiscono. Tutto qui.
-          -Okay, come si chiamano?
-          -Vado a leggere sul citofono e ti mando un SMS. E allego pure un terzo nome.
-      -    Povero chirurgo, sei veramente di un altro pianeta. Chiama quando arrivi tra noi: qui Terra,  chiudiamo la comunicazione.

La giornata di Mario, iniziata con un placido cabotaggio lungo la costa, divenne una navigazione a bordo di un bastimento a vele spiegate. Si alzò un vento di tempesta che lo spinse lontano dal porto, il suo tranquillo appartamento disadorno e caotico appariva lontano anni luce: gli elementi manifestarono la loro furia verso la sera e non si placarono sino al mattino successivo. Il rientro in rada fu precluso per molte ore, acqua e cibo scarseggiavano, l’equipaggio perdeva le forze. Infine tornò il sereno e il nostromo scambiò due chiacchiere calme con il capitano.
-        -  Un’altra notte e una mattina come queste e muoio, o mi licenzio. – Jorge, la voce affranta.
-        - Non dire cazzate è la nostra droga e ci tiene vivi: ieri sera si trattava di un disastro e non potevo certo rimandare gli interventi in programma stamani. Pazienza se l’ultimo è stato così tosto.
-          -Ma viaggiamo intorno ai cinquanta e il motore si surriscalda con poco.
-          -Cerca qualcuno che abbassi la temperatura.
Jorge sfoderò un ghigno da joker.
-         - Pensa tu al raffreddamento ad acqua, io posso viaggiare ancora veloce.
-          -In questo modo il tragitto diventa di breve durata.
-         - Nessuna compagna di viaggio si è mai lamentata.
-         - Solo per pietà, credi a un esperto. – Mario sorrise.
-          -Vero, ma negli ultimi tempi il buon Pinozzi si è dedicato solo alla teoria.
Brusco calo della temperatura e pausa gelata.
-          -Scusami, sono proprio un bastardo.
-          -Non offendere quella santa di tua madre; scuse accettate, a patto che offri il pranzo.
-          -Ti faccio presente che sono quasi le sedici.
-          E con ciò? Non ho intenzione di aspettare l’ora del tè!
Divorata l’alternativa pomeridiana alla pizza serale, nelle vesti di farinata calda e frittelle di baccalà fredde con il contenuto di una caffettiera bollente, Mario sprofondò sulla poltrona sformata dello studio. Aprì le notizie inviate  da Bruto Munnacci, l’amico giornalista di Milano.


Oggetto: persone misteriose

Premesso che con questa ricerca il tuo debito con me ha raggiunto interessi da usura, non credo che leggerai
storie interessanti. Mi sembrano solo tre grandi sfigati: le foto che ho visto non sono aggiornate, ma farebbero
la loro porca figura in una rubrica di cuori solitari.

Bruto  :-)

Allegato 1.
Anna Busca, nata a Cagliari settant’anni fa. Figlia di un ufficiale di Marina e una casalinga, trasferiti a Genova quando lei aveva dieci anni e dove muore la madre, cinque anni dopo, per una malattia incurabile. La ragazza si diploma e diventa maestra, insegnando tutta la vita nelle scuole elementari. Il padre termina la corsa in un ospizio per vecchi dementi, lei non si sposa e sembra fosse considerata un’insegnate severa, ma giusta e preparata.

Allegato 2.
Norma Blingheri, nata a Como cinquantatre anni or sono da famiglia di ristoratori. Finisce nella tua città adottiva  ventidue anni dopo il matrimonio con un impiegato carrierista dell’Ansaldo. Due anni dopo ha un figlio autistico che muore a tre anni per un incidente domestico. Il marito l’ ha piantata in asso dopo il lutto.

Allegato 3.
Nando avvocato Tesconi, l’unico Genovese del terzetto con settantadue primavere all’attivo. Vita ordinaria e lavoro da civilista, senza lode e senza infamia, con  ottimo reddito. Nessuno figlio, abbandonato dalla moglie dieci anni or sono: gli ha lasciato una lettera con le spiegazioni.

Allegato 4.
Foto di un pianeta che appare, a chi provenga dalle profondità dell’Universo, colorato di blu e verde nonché dotato di un satellite. È popolato da miliardi di bipedi litigiosi che quando trovano un loro simile piacente lo corteggiano a scopo di accoppiamento. Ti consiglio di visitarlo e di familiarizzare con questa simpatica usanza.


Aveva visto giusto in merito a Norma: era molto più giovane di Anna e vissuto metà della sua esistenza in solitudine o in compagnia di rimpianti e rimorsi. In quanto a Tesconi pensava semplicemente che fosse vedovo, ma vivesse la condizione con dignità.
In fondo cos’ha maggior peso?
I fallimenti o le strade mai percorse?
La solitudine è una maledizione o solo una scusa per non affrontare nel quotidiano combattimenti e sfide?
Ognuno dei tre portava una maschera rassicurante che copriva un volto deturpato da tristezza e rancore?
Rammentò la corsa che era stata la propria vita fino al presente, una destinazione dopo l’altra fermandosi solo per il rifornimento e i controlli dell’ auto. Sfogliò lo scarno album dei passeggeri con cui aveva condiviso  chilometri, le donne con cui si era mescolato per giorni o mesi per tornare a essere l’ingrediente indigesto che non avrebbe permesso la riuscita della ricetta neppure al migliore dei cuochi.
Le esistenze dei tre vicini di casa erano copie sbiadite della sua:  il vuoto in un appartamento, un quotidiano ascolto dei propri passi, sospiri, lamenti e gioie che si mescolano a quelli di radio e TV.
Sorrise pensando all’allegato 4 della e-mail e masticò amaro realizzando come, nello stabile in cui viveva,   avesse trovato  affinità solo con  tre animali  solitari. Certo Anna e Tesconi erano cavalli di
razza, ma che sapeva realmente del loro pedigree?
Chi era veramente Norma e cosa la legava alla vicina di casa?
L’entusiasmo dell’avvocato per il pranzo di condominio era solo un’occasione per condividere tre solitudini?
Per quale motivo Anna l’aveva invitato, pur conoscendolo da breve tempo?
Munnacci aveva formulato la diagnosi e anche Jorge, pur privo di tatto, aveva messo il dito nella piaga: stava gareggiando in un rally senza avere accanto un navigatore, guidava a vista. 
Ma fino adesso era andata bene così, c’era ancora tempo per affrontare le curve con il piede sul freno. Restava solo una domanda:
per quale motivo…?
Per quale moti…
Per quale mo…

-        -  Per quale motivo non dormi a casa tua come le persone normali?
-          -Bb…buon giorno, Jorge. Caffè, subito, doppio. – la bocca ruvida, parole di sabbia.
-          -Hai bisogno di una donna a casa, non sono il tuo cameriere.
-          -Non mi serve una cameriera.
-          Lo ripeto, sei senza speranza. E non farti illusioni, se mai cambiassi sponda non saresti il mio tipo.
Collo e numerose articolazioni gridavano insulti nella lingua muta del corpo, la giusta rimostranza verso il proprietario che aveva parcheggiato scomodo per troppe ore.
-          -Bevi il caffè e vai a casa, oggi non hai interventi.
-         - Si mamma, però voglio anche una brioche.
Mario schivò con inattesa prontezza lo zoccolo di gomma lanciato da Jorge, si alzò e scimmiottò un attacco con una serie di ganci.
-          -Stai calmo, ci manca solo che ti fai male. Messaggio ricevuto, arriva la colazione.
 Dopo avere alzato la glicemia e ripreso il completo controllo con la realtà, Pinozzi lasciò libero un dubbio.
-         - Perché si vive una vita in solitudine?
-          -Non saprei, - rise Jorge – difficilmente mi sveglio in un letto vuoto.
-          -Okay Casanova, torna in te e rispondi.
-          -Per sfortuna o per scelta.
-          -Bianco o nero, quindi? Non credi ci siano altre sfumature?
-         - Credo che se resti solo o tu non stai bene con gli altri…
-          …o loro non stanno bene con te. Grazie del caffè  Jorge, ci vediamo domani.
-          -Dove vai così di corsa?
-          -A tentare di capire cosa spinge tre solitudini a incontrarsi.
La giornata chiara, la brezza e le ventiquattr’ore in apnea: il termine mancante dell’equazione era lui, l’incognita che sballava i calcoli del matematico più abile. Così fece, stanco e impresentabile, guidando lo scooter sino a Nervi in trattoria per combattere una lotta impari con fritto misto e vino bianco.
Giunto a casa fu accolto da un aroma nauseabondo, misto di acido e dolciastro, ben noto al naso di ogni chirurgo.
-       -   Idiota! – si complimentò ad alta voce – Le leccornie di Anna sono ancora qui da qualche parte, non certo nel frigorifero.
Affiancò alla prima  altre diagnosi  psichiatriche poco lusinghiere  e seguì l’olezzo come un cane da  
Tartufo, ma no,  sarebbe stato troppo  facile. Chiuse  gli  occhi imitando  un  cieco  e  raccolse  la  sfida lanciata dall’involucro con il cibo: dopo alcuni passi a mani tese sollevò le palpebre per esaminare il punto di atterraggio. Aveva inciampato nell’unico tappeto e il tavolo lo accolse con un abbraccio ruvido e duro, i piatti  in frantumi sul pavimento dentro il canovaccio che si tingeva di scuro. La mummia è finita in  pezzi, merita la giusta sepoltura.
Con un fazzoletto su bocca e naso Mario si apprestò, inginocchiato al pari di un archeologo, a recuperare i resti del pranzo che Tesconi aveva definito sublime. Nelle orecchie le parole di Anna suonavano stonate: non conosceva il giusto tempo da dedicare a quelle che erano state leccornie, al momento l’istinto consigliava di affrettarsi. Indossati i guanti di gomma (intonsi, visto che lavava solo tazzine da caffè) recuperò il melting pot a base di carne, lasagne, polpette e…non lo gettò.
Solo in seguito riuscì a capire cosa lo trattenne dall’aprire la pattumiera e lo convinse ad una autopsia culinaria su quell’abbondanza di lasagne e  polpette, con una minoranza di carpaccio. Di questo conservò un paio di fette, che separò da frattaglie e intingoli; tolse la mascherina improvvisata, corse in bagno e vomitò. Decise che sarebbe stato saggio rimandare la chiacchierata con Anna, Norma e Tesconi a tempi più propizi.

L’occasione giunse due giorni dopo, in tarda serata, quando venne strappato dall’abbraccio del divano, sullo sfondo la vita delle zebre nel Serengeti.
-        -  È finito il programma?
I quadrupedi a strisce lo fissarono perplessi, per poi partire al galoppo spaventati da un trillo insistente.
-         - Il campanello…chi è che rompe a quest’ora?
Frase pro-forma visto che non aveva orologio o sveglia a portata di mano.
-        -  Arrivo, solo un secondo.
Impiegò un minuto esatto per recuperare occhiali, ciabatte infradito e senso dell’orientamento per giungere ad aprire la porta.
-        -  Possiamo entrare, dottor Pinozzi? – il viso di Anna, pallido, ma sorridente.
-        -  Lei e…?
-      -    La mia amica Norma, - allungò il braccio e trascinò la compagna di cucina nel campo visivo di Mario – dobbiamo chiederle una cosa. Le dispiace?
-         - Assolutamente no,  – accese le luci facendo cenno di seguirlo – entrate e chiudete  voi. Faccio strada.
Il legno che sbatteva lo rassicurò mentre accendeva le luci e guidava le due verso la sala.
-         - Vi offrirei qualcosa, ma nella dispensa e nel mobile bar regna la desolazione.
-      -    Grazie lo stesso, mi sono permessa io di portare del dolce;  – disse Anna – non l’avevo messo nell’altra confezione.
-       -   A proposito, dovrà aspettare per il canovaccio: l’ho sporcato e non ho avuto tempo di lavarlo. – pausa con imbarazzo – Anche i piatti…ecco, non sono in buone condizioni.
-          -Dia pure a me, penso io a tutto. Manetti e Tesconi non mi hanno permesso neanche di sparecchiare, dopo il pranzo. 
Mario si recò in cucina e, nascosto da una parete, armeggiò nella spazzatura ancora da gettare: liberò piatti e canovaccio dai residui di cibo rancidi e, vincendo la nausea, li passò sotto l’acqua calda. Con la coda tra le gambe e le orecchie abbassate restituì  l’involto umido e deforme ad una impassibile Anna.
-         - Visto che non ha neanche assaggiato lasagne e carpaccio – sibilò la donna – confido vorrà
fare onore al dolce.
-        -  Come sa che non ho mangiato il suo cibo?
-      -    Una cuoca deve avere occhio, gusto e buon naso: anche uno sguattero raffreddato coglierebbe la puzza di carne marcia!
-          -Non cerco scuse, lo ammetto, ma ho passato tre giorni infernali: non ho mangiato a casa da sabato e a causa della stanchezza ho lasciato le sue leccornie fuori dal frigorifero.
-        -  Si farà perdonare con il dessert, allora.
-          -Perché no, cosa mi ha portato di buono?
-          -Meringata al cioccolato.
Puro veleno al quadrato: l’allergia al cacao di Mario, dissimulata sotto falso nome e con varie scuse per rifiutare anche un solo quadretto di cioccolato. Semplicemente nessuno capiva quanto la tentazione di bambini e anziani, la delizia di uomini e donne, l’avversario di mamme e dietologi fosse per lui un nemico letale: fu la nonna, che gli preparava con cura pranzo e merenda, ad assistere alla crisi respiratoria del bambino dopo una cioccolata calda in tazza. Le grida disperate e il medico vicino di casa allontanarono il giorno del funerale, che ora faceva timidamente capolino dal calendario.
-         - Non vorrei sembrare scortese, - Mario sillabò la frase – ma non posso mangiare cioccolato…
-         - Facciamola finita, questo stronzo mi ha davvero stancato. Hai capito che non mangerà la torta come non ha neanche assaggiato il resto?
Norma lo fissava con aria di sfida, occhi sottili e mascella serrata: nella destra un piccolo arnese metallico che ricordava una pompa per bicicletta, corta. Non serviva essere James Bond per capire che la mite cuoca della scala “A” stava  impugnando una pistola con silenziatore.
-          -È carica? – il medico, sorridendo.
-          -Proviamo? Non fa rumore, ma da questa distanza ti passa da parte a parte.
Anna recuperò il ruolo di conduttrice dello spettacolo, prese la torta e si diresse in cucina. Con un cenno del capo indicò all’ ostaggio e alla cuoca in armi di seguirli.
-        -  Devo alzare le mani?
-          -Non fare il cretino e siediti al tavolo.
-          -Bene, ma voglio sapere una cosa: chi comanda qui, l’allieva o l’insegnante?
Norma abbozzò un sorriso mentre Anna scuoteva il capo, sconsolata.
-         - Che pretendi da un medico, chirurgo estetico poi: due più due deve fare quattro, tutti i pezzi al loro posto. – Norma parlò senza abbassare l’arma di un centimetro.
-        -  Questa storia dell’estetica comincia a stancarmi: cerco solo  di restituire il sorriso a chi l’ha perso, questo è il genere di bellezza per cui combatto. Madri tristi per la malformazione del figlio, persone deformate da interventi tristemente necessari, ragazzi che non possono fare sport…
-       -   Smettila di fare il martire, è il tuo lavoro e lo fai come un impiegato timbra le carte o un barman prepara un cocktail. – Norma non mollava.
-      -    Mia madre faceva la sarta in fabbrica e mio padre lo scultore: trasformavano materia grezza in qualcosa di bello e di utile, al corpo e all’anima. Mi illudo di fare qualcosa di simile,  potete considerarmi uno che levighi una statua guastata dal maltempo o un altro che sistemi un vestito troppo stretto. E’ un lavoro e solo su questo ha ragione, Norma: ma ogni successo mi regala qualcosa come i fallimenti me la tolgono.
-         - Abbiamo una vittima! – fu il turno di Anna – Ma che ne sa il buon dottore, osannato da madri e ragazzi, del fallimento?
Dal   telefono di   Mario la  chitarra grida  il solito  blues   per qualche  secondo, inascoltata,  sino a
rassegnarsi e smettere.
-      -    Qui nessun vuole essere osannato o pregato: un “grazie di averci provato” non compensa una sconfitta. Ho sempre pensato che un problema non si deve affrontare, ma risolvere: ciò richiede energie e non mi lascia troppo tempo libero, il prezzo che pago è alto e combatto da solo. Osservate casa mia e non osate parlare ancora di fallimento o solitudine, si tratta solo di accettare il prezzo di una scelta.
L’arma restava salda in mano a Norma, Anna prese a circumnavigare il tavolo. E continuò.
-       -   Mario ha parlato di scelta, ma quando altri scelgono per te? Se le persone che ami soffrono e muoiono per merito di chi pensa solo a se stesso?
-          -Succede spesso, ma è la vita: pensi ai soldati, alle vittime del terrorismo…
-          -Basta lezioni! Ho fatto la maestra per una vita e di una cosa sono certa: un esempio vale più di mille parole.  
-          -A chi devo essere di esempio? Ai vicini di casa o a chi troverà il mio cadavere?
-         -Stai comodo e senti due storie, anzi tre. – una breve pausa, poi rivolta a Norma – Parlo io o preferisci raccontare tu?
-         - Conosci i fatti meglio di me, io tengo d’occhio il grande chirurgo.
Anna sedette sul tavolo, le mani sotto le cosce, le gambe che presero a dondolare piano.
-        -  Mia madre morì quando avevo quindici anni, un’ età stupenda per una donna che cresceva: città nuova, amicizie e scoperte, i primi baci. Perché se  ne andò? Non poteva vivere in un luogo che non amava e aspettare che il marito tornasse la sera a cena per dividere con lui pochi grammi di tempo di fronte alla TV. Decise di fuggire in un mondo che la rendeva più serena, ancora più sola, ma senza frustrazioni.
-        -  La depressione si poteva curare anche anni fa, - Mario, medico per  un attimo – con le terapie giuste…
-          -Silenzio e ascolta. – l’indice davanti alle labbra - Da allora ho imparato a cucinare, dopo i compiti, preparavo cenette deliziose al mio amato padre. Studiavo cucina e chimica, aggiungendo giorno dopo giorno qualche grammo di sostanza che non lo avrebbe stroncato. L’ho  spedito pian piano in un mondo che spero fosse più desolato di quello di mamma: e lì è morto, solo e idiota come meritava.
-         - Capisco, sei stata giudice e carnefice: ma dimmi, ciò ti ha restituito la madre persa? Non sei stata comunque sola con Anna fino a oggi?
Le gambe si fermarono pochi secondi, poi ripresero il dondolio.
-         - Non ero sola, crescevo dei bambini insegnando loro la vita: fui tra le prime a realizzare uscite in orario di lezione, senza genitori e insieme ad altre classi. Nel pomeriggio mi offrivo per dare lezione ai meno dotati e miglioravo le mia abilità in cucina.
-         - Un quadretto da romanzo d’appendice, scusate la battuta, la maestrina che cerca di redimersi con il lavoro.
-     -     NON DOVEVO REDIMERE NULLA! Ho solo punito chi ha ucciso mia madre; ma con me abbiamo finito, ti racconto di Norma.
-         -Brava, sono proprio curioso di sapere che ci fa Bonnie senza il suo Clyde.
-         - Sarcasmo da quattro soldi, pensi davvero di poterlo fare? Credi sia un gioco? Taci e seguimi: chiaro che ci unisse il destino deciso da altri, io un padre e lei un marito. Non puoi sapere che il bambino di Norma, un pomeriggio che stava in casa con il padre, ebbe un incidente e morì: colpa del maledetto marito. In pochi anni le aveva strappato libertà e  figlio, doveva pagare e così è stato. Un mese dopo il funerale preparai dei biscotti drogati e, dopo un tè, ci liberammo di lui nella vasca da bagno. Con l’aiuto di qualche tanica di acido. Simulare una sua fuga è stato un gioco da ragazze.
Mario non replicò: se al primo racconto i muscoli restarono muti, adesso iniziavano a mormorare e temeva alzassero la voce. Questa volta i mostri avevano sembianze femminili, ma la sua “fame” non avrebbe fatto distinzioni: strinse i pugni e respirò profondamente cercando di placarla. Osservò Norma e gli parve di notare un sorrisetto di compiacimento, sul volto finora impassibile: una intuizione saettò nell’oscurità dei suoi pensieri.
-        -  Un bambino doppiamente sfortunato.- disse lui con tono beffardo.
-          - Non insultare quel poveretto, che vuoi dire?
-          -Chiedilo alla tua amica con la pistola, non siete culo e camicia?
Anna, immobile, rivolse a Norma uno sguardo interrogativo, tra il curioso e  lo stupito. Nell’attesa della risposta il telefono di Mario tentò ancora di dire la sua, col tono di un SMS in arrivo.
-         - Il bambino stava in casa con Ruggero: – Norma, spostò la pistola nell’altra mano. Si asciugò la destra sulla gonna. –  non stava bene. Io ero uscita per fare la spesa e…
-          -Mi avevi detto che il bastardo si era addormentato e il  piccolo era caduto arrampicandosi su un mobile: tuo marito aveva preso un giorno di ferie.
-          -Che cosa cambia, era comunque responsabile.
-          -Cambia eccome! Io ricorderei per filo e per segno ogni dettaglio di un giorno come quello.
Mario si diede una pacca virtuale sulla spalla, il ghiaccio di Anna sembrava incrinarsi. Proseguì nella sfida.
-         - Il bambino doveva essere controllato ogni momento della giornata.
-          -Taci bastardo. – Norma sollevò l’arma.
-          -Che significa, te lo chiedo un ‘ultima volta – Anna si parò davanti a Norma.
I muscoli erano pronti, l’istinto del pugile si era destato: la situazione era favorevole,  Anna tra lui e l’arma. Attese, saltellava sul ring prima di sferrare l’uno-due.
-       -   Massimo era autistico, facevamo una vita impossibile: uno tra me e Ruggero non poteva mai perderlo di vista. Ero esaurita, lui aveva una crisi, mio marito riposava in camera. L’ho spinto con tutta la forza che avevo, è volato all’indietro battendo la testa forte. Troppo forte. Fu una liberazione.
-          -È stato un incidente, perché mi hai raccontato l’altra versione?
-         - Avevo intuito qualcosa del tuo passato e mi sono sfogata con te. Quando ti sei confidata ho accettato di buon grado la proposta di punire Ruggero.
La scena si congela per secondi senza fine, anche la fame di Mario stenta a spingerlo: la botta è forte, l’adrenalina refluisce, i pugni si aprono. Una nuova voce, bassa e incerta, sblocca lo stallo.
-          -Ho appena chiamato la Polizia, posi l’arma e non peggiori la situazione.
-          -Ci mancava solo l’avvocato! – rise Norma  e si scostò veloce dal gruppetto. – Si metta vicino a loro, e non faccia l’eroe. Che ci fa qui?
-        -  La gastrite mi dà il tormento e sono sceso per chiedere un medicinale: la porta era socchiusa, son entrato e ho sentito. Tra poco arriveranno le volanti.
Anna ghignò soddisfatta.
-          -Come le ha chiamate, con segnali di fumo? È in pigiama e non vedo tasche con telefoni cellulari.
-          -Vuole ucciderci tutti? Come se la caverà con i cadaveri?  Qualcuno farà delle domande…forse pensa di farci sparire?
-      -    Niente arringhe , non siamo in tribunale. In quanto a fare sparire i morti forse non ha capito abbastanza,  anzi nulla. Vero amica cuoca?
-         - Non così ti prego, avevamo stretto un patto – Anna, con occhi imploranti.
-          -Caro avvocatuncolo, quando è “sparita” tua moglie, lo ricordi?
-          Fin troppo bene, mi ha lasciato dieci anni fa. Conservo quella maledetta lettera in cui mi spiega le sue motivazioni, mi è sempre parsa una lezioncina di cui non la facevo  capace.
-         - Fuocherello, ci stiamo avvicinando. Se non sbaglio la signora non aveva un fisico da modella, giusto?
-          -No…non capisco che c’entra tutto questo.
Il ghigno di Norma divenne una risata, Anna sedette, mani sulle ginocchia ad accogliere il volto. Mario avvertì in bocca un gusto amaro e nausea: la stessa di quando stava gettando il cibo di Anna, mentre conservava la porzione di carpaccio. Due fette parecchio spesse e troppo scure.
-          -Ricorda il menù del primo pranzo di condominio, dieci anni or sono?
-          -Mma…ma, che significa dopo tutti questi anni.
-       -   Era proprio la prima volta, le carni non erano giovani e per giunta grasse: io e Anna faticammo per ricavarne un pasto decente. L’ossobuco, poi, con quelle nervature: l’abbiamo dovuto trattare come fosse selvaggina.
Il medico sentì le arterie pulsare e pompare adrenalina ai muscoli, ossigeno a cervello e  cuore: gli ingranaggi erano pronti.
-         - Cosa avete servito poi, trippa o pasta al ragù? – esplose – E nelle altre occasioni arrosto o cotolette? L’amministratore è finito in ravioli o in carpaccio come l’operaio che lavorava in casa del qui presente Tesconi?

L’avvocato sgranò gli occhi, Norma spostò la pistola verso i tre bersagli, Anna liberò un pianto sommesso, Mario strinse i pugni fino a sbiancare  le nocche. 
Norma alzò la sinistra, Tesconi  incrociò le braccia sul volto.
Mario lasciò andare il destro.
L’arma emise due gemiti sordi seguiti da un altro prolungato, che mutò in un rantolo scuro.
Il pugno di Mario andò a bersaglio con Norma, il suono di mandibola in frantumi, che volò nel corridoio.
Un tappeto scarlatto si allargò sotto il corpo di Anna, riversa sul pavimento.
-         - Ci penso io, avvocato, mi prenda un asciugamano e chiami un’ ambulanza: per la Polizia non c’è fretta.
 La stoffa ripiegata a tamponare l’addome si fece scura e umida, le mani di Anna a cercare le sue.
-         - Se spreca tempo con me è un chirurgo delle cause perse.
-          -Sta arrivando l’ambulanza.
-          -È tardi, conosco Tesconi e non avrà ancora digitato il 118. Come ha scoperto tutto?
-         - Un’ intuizione mentre gettavo il pasto che mi ha regalato: ho pensato che non avevo mai visto un  carpaccio del genere, ma avevo già visto un  muscolo simile. L’operaio, giusto?
-          -Troppo curioso, appassionato di giardinaggio per giunta. – una breve pausa, il tempo di un sospiro – Faceva domande su fiori e piante, chiedeva consigli sul fertilizzante.
Mario premette forte sulla ferita, il medico e il pugile, pietà e fame si spingevano l’una con l’altra.
-         - Due divinità che decidevano chi doveva vivere e chi morire: avete tracciato una linea e chi la superava veniva eliminato. Nessun appello, ma i criteri? Chiunque non fosse devoto alla propria compagna o ficcasse il naso nei vostri santuari diventava un capro espiatorio?
-          -Chiunque alimentasse tristezza o solitudine, chi rompesse un patto, chi tradisse o mentisse.
-          -Che mi dice di Norma, non l’ha ingannata per coprire un suo tragico errore? In un sol colpo si è tolta due pesi.
-          -Questo mi fa soffrire più del proiettile. Fingeva…che io fossi una guida per lei…mi ha solo usato.
-          Perché i pranzi di condominio? Che macabro rituale mettevate in scena?
Il respiro si fece frequente e le parole della donna uscirono leggere.
-       -   In alcune tribù, a torto chiamate selvagge, i guerrieri mangiano gli avversari uccisi o i propri avi: si tratta di rispetto verso il nemico e conservazione della famiglia, oltre la morte.
-          -I due amministratori e il marito di Norma? Solo spariti o cosa?
-          -Il predecessore di Malfatti e parte di Ruggero furono due…belle feste; per l’ultimo amministratore è stata sufficiente la minaccia di un…controllo dei conti bancari. Doveva avere la co…scienza sporca, vista la fuga.
-          -E anche parecchi soldi. Infine la moglie dell’avvocato, che ha fatto di male?
-        -  Quella fu un’ idea di Norma: la definì…una balena che pensava solo a spendere denaro in vestiti e pasticceria…mentre il marito si ammazzava di lavoro.
Le mani di Mario, chino accanto ad Anna, erano umide e appiccicose come il pavimento. Premette con maggior forza. Tornò Tesconi che brandiva il telefonino  come un sasso e lo scagliò contro Norma, colpendola al volto. Nessun lamento, solo le grida di Mario.
-          -Cosa crede di fare, non pensa abbia pagato a caro prezzo i suoi errori?
-         - Quali errori? Abbiamo due mostri che uccidevano e mangiavano chi attraversava loro la strada, alla stregua di un insetto; amavo mia moglie con i suoi difetti, non avevamo figli e lei riempiva le giornate a modo suo, mentre io lavoravo. Chi ha dato loro il diritto?!
Una smorfia di Anna, Mario mosse il capo in segno di diniego, Tesconi fuggì in bagno. Il cellulare del medico si fece ancora sentire, il tono di arrivo di un SMS.
-          -Tranquilla, fra poco arrivano i soccorsi.
-          -Troppo tardi…caro il mio Mario non c’è tempo. La torta…gettala, come hai fatto con il resto del mio cibo.
-        -  Perché anche io, cosa vi ho fatto?
-     -     Sei stato invitato all’ultimo…pranzo da me: - le parole faticavano ad uscire – mi piaceva come assistevi mentre cucinavo, senza giudicare o dare consigli idioti. Vedevo un uomo che affrontava…la vita e il lavoro con leggerezza, ogni giorno. Avevi la mia stima.
-        -  E non immaginava lontanamente cosa avrebbe mangiato.
-    -      Quello fu il problema: te ne andasti senza assaggiare nulla, nelle nostre menti malate avevi rifiutato...il nostro rispetto. Eri…una copia degli altri quattro…poveri sfigati, come dite oggi.
-         - Né divinità né carnefici, solo due donne deboli che fingevano di avere nuova forza alleandosi contro  nemici inesistenti, alibi per vostri guai. Questo siete diventate.
Sulla soglia comparve Tesconi, livido e scosso da brividi si accovacciò e prese a singhiozzare. Le sirene squarciarono l’aria con un pianto scuro e senza lacrime; Mario lasciò la pressione, pulì le mani sui vestiti e chiuse gli occhi di Anna.

Ancora un risveglio con ossa e muscoli che gridavano vendetta: allungò un braccio, poi l’altro. Con fare timido i piedi sondarono il pavimento: freddo, liscio, asettico. Come in tutti gli ospedali: Mario dormiva nello studio da quando l’appartamento era sotto sequestro. Dalla telefonata all’amico Commissario di Milano, Moruzzi, cui chiedeva di sollecitare la pratica con i colleghi genovesi, erano trascorsi quattro giorni.
-          -Buongiorno! – Jorge entrò trionfante con cappuccino e brioche.
-          -Come cazzo fai a essere così allegro alle sette del mattino?
-          -Passo la notte in compagnia di una femmina, una bella doccia e rinasco.
-          -Dormendo in un vero letto!
-          -Ti ho offerto la mia camera degli ospiti.
-          Dovrei stare sveglio ad ascoltare le tue performance? No grazie; passami la colazione, piuttosto.
-          -Posso farti una domanda pesante?
-          -Dimmi. – laconico, alle prese con la colazione.
-          -Come ti sentirai ogni volta che avrai davanti una bistecca o della pasta al ragù?
-        -  Bene, a patto che non beva del vino. In compenso il resto degli invitati al pranzo frequenta lo psicoterapeuta o si impasticca ed è diventato vegano.
-        -  Sei un cinico bastardo, lo sai?
Il ghigno di Mario fece spazio ad uno sguardo malinconico.
-         -Non ho mangiato nulla e mi è andata di lusso, i turni massacranti mi hanno salvato la pelle.
-          -Che vuoi dire?
-          -Il mio cibo era avvelenato, sarei morto nel sonno.
-          -Come lo sai?
-          -Me l’ha confessato Anna, comunque avevo tenuto parte del sugo e di quella specie di carpaccio, li ho portati in laboratorio e dal patologo. Quintali di tossina botulinica e DNA umano: dal laboratorio mi hanno telefonato mentre ero sotto tiro della pistola e il patologo mi ha inviato un SMS, poco dopo.
-         -Due pazze suonate.
-      -    Solo due comparse che cercavano un ruolo da protagoniste: il pubblico inconsapevole dei loro spettacoli era formato dagli invitati ai pranzi. Il pasto era una celebrazione delle vittorie sui loro avversari: mi sono salvato solo perché trascorro più tempo qui che a casa.
-          -Quindi vietato brontolare se lavorerai troppo nei prossimi giorni.
-          -Mi sono mai lamentato? L’unica vera sciagura qua dentro è la tua compagnia.
-          -Le disavventure non ti rendono certo meno stronzo.
-          -No, ma lasciano una cicatrice in più. E dove non si vedono fanno più male.
-        -  Basta chiacchiere ora, hai mangiato abbastanza e ti aspetta il torneo quotidiano: armatura e cavallo sono pronti.




2 commenti:

  1. Wow...resto basita. Il Buon Pinozzi se le va a cercare. Complimenti, noir di spessore.

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  2. Buongiorno a tutti e grazie della lettura. Di conclude con questo pranzo particolare la trilogia di racconti che Mimma Zuffi ha ospitato sul magazine. Per me è stato un onore e spero di avervi coinvolto in storie di una persona comune, o quasi, come amo definirla. Come me e voi, giusto? Ritengo che gli eroi non siano quelli dei fumetti o i vincitori della Champions, tanto meno i politici rampanti. Sono gli uomini che non sanno essere solo maschi e le donne che non rinunciano a essere femmine. O una ragazza che piange disperata perché è morto il suo cagnolino.Per tutto ciò ho scelto un protagonista reale con guai immaginari. O quasi.
    A breve uscirà su Amazon.it la raccolta con altri due racconti sotto il titolo "Il senso di Mario per i guai" in ebook e cartaceo. Sarò onorato se lo vorrete leggere, oltre al romanzo dove tutto è iniziato "Gemelli diversi - Occhi dal passato" per in ebook su Amazon.it.
    Grazie ai lettori e a Mimma!
    Marco Moretti

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