di Tania Bertolini
Le guerre
Napoleoniche
Alessandro I in grand’ uniforme per
celebrare la vittoria su
Napoleone I
- Eh bien, mon prince, Genès et Lucques ne sont plus que des apanages des proprietà,
de la famille Bonaparte. Non je vous préviens que si vous me dite pas que nous
avons la guerre, si vous vous permettez encore di pallier toutes les infamies,
toutes les atrocité de cet Antichrist (ma parole j’y crois) je ne vous connais
plus, vous n’êtes plus il mio fedele schiavo comme vous dites.
Esso
si apre in uno dei più esclusivi salotti di Pietroburgo, ma da subito il
soggetto della conversazione è proprio l’Imperatore dei francesi, il Generale
Bonaparte.
La
città di S. Pietroburgo in realtà non risentì direttamente, come invece accadde
per Mosca, delle guerre e dell’invasione napoleonica.
La
Russia a quel tempo si era schierata a fianco dell’Austria e della Gran
Bretagna contro gli eserciti francesi.
La
prima battaglia, nella quale fu impegnata assieme all’alleata Austria, fu ad
Austerlitz il 2 dicembre 1805 dove rimediò una sonora sconfitta. L’Austria non
poté che ritirarsi dal conflitto, anche se invano tentò poi con un’altra
battaglia di rovesciare le sorti della guerra e dovette quindi scendere a patti
con Napoleone (questi sposerà poi per procura nel 1810 la figlia dell’imperatore
di Vienna Maria Luigia).
L’imperatore
aveva dapprima chiesto la mano alla sorella dello Zar ma la corte aveva opposto
un netto rifiuto.
La
Russia si alleò quindi con la Prussia; quest’ultima subì però a sua volta due
sonore sconfitte a Jena e a Auerstädt, mentre i russi furono sconfitti a
Friedland. Gli accordi di Tilsit nel luglio del 1807 se da una parte ridussero
la Prussia ad una provincia senza alcun potere, dall’altra diedero alla Russia
un ruolo di stato egemone dell’est Europa e quindi inevitabilmente un futuro
obbiettivo da annientare da parte di Napoleone.
Dopo
l’accordo di Tilsit, l’anno successivo nel 1808, i russi rinnovarono un accordo
ad Erfurt ma questa strana alleanza non poté durare a lungo.
Ciò
che maggiormente pesava all’impero zarista era il blocco continentale nei
confronti della Gran Bretagna che penalizzava moltissimo la sua economia. Se da
una parte favoriva la manifattura russa, specie nel tessile, dall’altra
bloccando le esportazioni penalizzava la classe dei proprietari terrieri. A
partire dal 1810 il blocco continentale iniziò ad essere disatteso, era il
pretesto che Napoleone aspettava per dichiarare guerra alla Russia e invadere
quel paese. Intanto Napoleone aveva costretto all’alleanza contro la Russia i
suoi ex nemici tra cui l’Austria e la Prussia, e nel giugno del 1812, con un
esercito di 420.000 uomini varcò le frontiere di quel paese. Successivamente se
ne aggiunsero altri e il loro numero arrivò a 600.000. I russi misero in campo
un esercito di soli 120.000 uomini diviso in due nuclei autonomi guidati dal
principe Michail Barclay de Tolly e dal principe Pëtr Bragation.
L’esercito
francese però comprendeva solo un esiguo numero di veterani, e i soli polacchi
erano motivati poiché combattevano per l’indipendenza del loro paese. Nel
frattempo, a seguito dell’arrivo dei soldati impiegati fino a quel momento sul
fronte turco, anche la parte russa aumentò l’organico. In un primo tempo i
russi subirono delle sconfitte a Smolensk e a Borodino. Questa fu una delle
battaglie più sanguinose della storia fino a quel momento. I russi persero
42.000 soldati su 112.000, i francesi 58.000 si 133.000. In questa battaglia
morì il principe Bragation.
A
quel punto Kutuzov decise di ritirarsi a sud ovest di Mosca ed attuare una
strategia che al tempo gli valse anche delle critiche, ma il generale godeva
della fiducia dell’imperatore Alessandro. Sarebbe infatti arrivato il grande
inverso russo con temperature rigidissime inferiori di molto allo zero. La
vastissima pianura russa ghiacciata si sarebbe rivelata una immensa trappola.
Intanto
Napoleone aveva occupato Mosca, che era rimasta in un certo senso, la seconda
capitale dell’impero. I nobili e chi aveva potuto era fuggito, secondo alcuni
storici lo stesso governatore e comandante della città, conte Fëdor Rostopčin
avrebbe dato ordine di incendiarla, a quel tempo infatti la maggior parte delle
costruzioni era ancora in legno.
Napoleone
intanto si era installato al Cremlino ed aveva usato le sue cattedrali come
stalle per i suoi cavalli.
L’imperatore
Alessandro da Pietroburgo si rifiutò di arrivare ad un armistizio, fin quando
un solo soldato francese fosse rimasto sul terreno russo. Napoleone isolato
senza ottenere nulla dal suo nemico, decise di ritirarsi e la ritirata,
iniziata il 19 ottobre, come previsto da Kutuzov, si trasformò in una rotta. Kutuzon
evitò la grande battaglia ma continuò a molestarli lungo tutto il percorso,
unitamente alle squadre cosacche e a bande di contadini resistenti. A fine
novembre al passaggio della Beresina i francesi riuscirono a sfuggire alla
cattura solo grazie ad un errore di un comandante russo, ma questo rimase
ugualmente uno dei momenti più drammatici della Campagna di Russia. Di 600.000 uomini solo 40.000 furono quelli che
riuscirono a tornare a casa.
La colonna di
Alessandro I in granito rosa
Il
doppio
arco di trionfo costruito da un altro architetto italiano Carlo Rossi
I
gruppo in bronzo raffigurante la sestiga con la vittoria alata in bronzo è
invece opera degli scultori Demut-Malinovskij e S. Pimenov.
Ai
lati dell’arco, sempre progettato da Rossi, si estendono le due ali dell’ex Palazzo
di Stato maggiore (1819-1832)
Uno scorcio dell'ex Palazzo di Stato Maggiore
La città sotto Alessandro
I
Oltre
agli edifici commemorativi della Guerra patriottica che abbiamo visto
Essa è in stile neoclassico anche
se si ispira, specie nel porticato, alla basilica di S. Pietro.
L’architetto
è il russo Vorochinin; si tratta di una chiesa a croce latina, cosa questa
abbastanza originale essendo le chiese ortodosse in prevalenza a croce greca.
Un omaggio all’arte italiana lo troviamo nel portale bronzeo dell’ingresso i
cui bassorilievi richiamano la famosa porta del Paradiso del Ghiberti nel battistero
di Firenze.
Nel
giardino di fronte vero il Prospekt vi sono le statue del generale Kutuzov e
del generale De Tolly, lungo il colonnato troviamo le statue in bronzo del
principe Vladimiro*, di Alessandro Nevskij, degli apostoli Andrea e Giovanni Battista.
Dopo
il 1812 divenne il monumento della vittoria e al suo interno erano esposti i
trofei della guerra contro Napoleone.
A
destra dell’ingresso si trovano la tomba e il busto del generale Kutuzov.
Le
56 colonne che sorreggono le volte attorno alla cupola sono di marmo rosa di
Finlandia.
Dal
1932 al 1991 questa chiesa fu adibita a Museo delle religioni ed erano ivi
esposti innumerevoli documenti e reperti delle religioni del mondo e che hanno
accompagnato la storia dell’uomo.
sulla
destra la porta che separa i fedeli dall’officiante
Nelle
vele sottostanti la cupola i quattro evangelisti
*
Principe Vladimir il Santo, sovrano dell’antico Principato di Kiev, all’origine
della storia della Russia
Nicola I (1525-1855) Prima Parte
La piazza in cui troneggia il già ricordato Cavaliere di Bronzo è denominata Piazza dei Decabristi. Fino al 1925 essa era la Piazza del Senato poiché su di essa si affaccia un doppio edificio che ospitava da un lato il Senato e dall’altro il Sinodo.
Ma
chi furono questi Decabristi?
La rivolta dei decabristi
L’ultimo
decennio del regno di Alessandro I segnò un’involuzione ed un arretramento
rispetto alle speranze che si erano avute all’inizio. Primo ministro
effettivo divenne l’ex ministro della difesa, il generale Aleksei Arakčeev, il
quale tentò di applicare anche all’ordinamento sociale la disciplina militare.
Le seppur timide riforme ipotizzate nei primi anni dall’imperatore non furono
poi attuate, lo stesso zar pareva aver perso interesse per gli affari interni e
accettava acriticamente le decisioni sempre più autoritarie del suo ministro.
Si
arrivò addirittura all’epurazione di alcune università e a considerare il
granduca Nicola, fratello dello zar, un libero pensatore.
Fra
gli ufficiali dell’esercito e dei reggimenti d’élite, originari di famiglie
aristocratiche che avevano ricevuto un’ottima educazione, iniziò a manifestarsi
un certo malcontento, soprattutto da parte di coloro che, per combattere Napoleone,
erano usciti dai confini della Russia ed avevano vissuto ad esempio a Parigi.
Erano cioè entrati in contatto con la nuova società borghese-liberale che in
quel paese aveva fatto la rivoluzione. In sostanza erano dei liberali, seguaci
dell’Illuminismo, che avrebbero voluto che anche in Russia si attuassero delle
riforme in modo da poter permettere uno sviluppo diverso e più aperto della
loro società.
Esso
era però un gruppo chiuso che aveva come sostenitori solo alcuni intellettuali
tra cui Puškin e Griboedov. La classe media che avrebbe dovuto seguirli perché
da queste riforme ne avrebbe tratto vantaggi, in realtà non si interessò alla
cosa dando prova di arretratezza.
Il
movimento aveva due centri: al nord Pietroburgo, al sud Tul’čin. Al nord il gruppo
era privo di una guida e non ottenne grandi risultati. Al sud il generale
Pestel’ riuscì a reclutare nuovi aderenti tra i quali alcuni componenti della
Società degli slavi riuniti e un gruppo indipendentista polacco.
Alla
morte di Alessandro si aprì una crisi dinastica. Il sovrano infatti era morto
senza figli né nipoti, secondo le nuove regole successorie al suo posto sarebbe
dovuto andare il fratello maggiore granduca Costantino. Ma questi aveva sposato
nel 1820 un’aristocratica polacca, non di sangue reale, rinunciando ai suoi
diritti al trono. Toccava quindi al terzogenito Nicola, come da un editto del
1822 sottoscritto dallo stesso zar. Questo però era un editto segreto di cui
pochi ne erano a conoscenza. Nemmeno i due fratelli. Morto lo zar dunque
Costantino, che era il supremo comandante dell’esercito polacco e il regno di
Polonia giurarono fedeltà a Nicola. Ma egli, la capitale e l’esercito giurarono
a loro volta fedeltà a Costantino. Venuto a conoscenza del decreto segreto di
Alessandro, Nicola non cambiò idea poiché questo atto non era stato reso
pubblico durante il regno del precedente zar e inoltre era contrario alle norme
successorie stabilite da Paolo. Lo stesso granduca era anche sottoposto a
pressioni da parte di coloro che avrebbero voluto sul trono Costantino già
dalla morte di Paolo, al posto di Alessandro che era il secondogenito. Solo
dopo la pubblica e definitiva decisione inequivocabile da parte di Costantino
di rinuncia al trono Nicola rese pubblico il documento di suo padre e accettò
la corona. Il 26 dicembre 1925 (14 dicembre secondo il vecchio calendario) i
reggimenti della guardia di Pietroburgo avrebbero dovuto giurare nuovamente
dopo breve tempo e questa volta a Nicola. Le unità militari della capitale
insorsero e tentarono di spingere gli altri soldati all’ammutinamento per
difendere i legittimi interessi di Costantino, contro le pretese di Nicola
visto come un usurpatore. E poiché in russo dicembre si dice Dekabr questi insorti furono
chiamati Decabristi. Nella Piazza del Senato si riunirono 3000 ribelli,
che si fronteggiarono fino a sera con l’esercito fedele allo zar. Senza una
guida i rivoltosi non si decisero a fare fuoco, dapprima lo zar voleva evitare
un massacro ma verso sera ordinò ai suoi di sparare e furono uccisi una
settantina di soldati. Pestel’ e altri capi furono messi a morte. Puškin fu
mandato al confino e Nicola divenuto zar si apprestò a comandare con metodi
polizieschi.
Questo
lavoro unitamente alla base delle fondazioni richiese 10 anni. Fu però
necessario lo smantellamento di tutta la precedente struttura per evitare i
continui cedimenti.
Lo stile richiama: la cattedrale
di S. Paolo a Londra nella cupola sorretta da un colonnato, il Pantheon della
sua struttura quadrata e nel colonnato prospicente e S. Pietro nel colonnato
davanti la facciata. La cupola è circondata da 4 campanili, tutte le cupole
sono dorate e per compiere questa operazione sono stati impiegati oltre 100 kg
d’oro.
All’interno si alternano mosaici alle pareti e pitture nella cupola.
La
cattedrale può contenere fino a 14.000 persone ed è priva, come tutte le chiese
ortodosse, di sedie o panche poiché queste funzioni si ascoltano in piedi.
Il
rivestimento comprende 14 tipi di marmo, e molte varietà di pietre dure. La
chiesa è stata definita un “Museo di mineralogia”. Lo stato profuse le spese
per la costruzione della chiesa più importante della città, e il costo finale
superò di quasi 10 volte quello del Palazzo d’inverno.
Cattedrale di S.
Isacco: interno
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