di Selene G. Rossi
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Locandina originale di A Cock and Bull Story
Sulla falsariga di Riccardo III - Un uomo, un re (Al Pacino, 1996), Lost in La Mancha (Terry Gilliam, 2002)
e 24 Hour Party People (Michael
Winterbottom, 2002), ricco di continue strizzate d’occhio a 8 ½
(Federico Fellini, 1963), Amarcord
(Federico Fellini, 1973) e Barry Lyndon
(Stanley Kubrick, 1975) e strabordante di riferimenti alla vita reale di Steven
Coogan, Michael Winterbottom riesce a dar vita a una pellicola in grado di
trascendere la propria identità filmica per approdare in un universo in cui
finzione e realtà si rincorrono incessantemente riuscendo a catturare, in
forma di mockumentary, lo stile
sfacciato e insolente del romanzo, permettendo dunque al regista di eviscerare,
da un punto di vista cinematico, il problema che Sterne aveva cercato di
risolvere nel romanzo: è possibile trasformare la scrittura – o, nel caso di
Winterbottom, il cinema – in vita? È possibile descrivere tutto ciò che accade
nell’arco dell’esistenza umana? L’esperienza, infatti, non è composta di
singole azioni, bensì anche da pensieri; e, dato che la vita è fatta
soprattutto di idee e opinioni, dovremmo scrivere – o filmare – anche tutte le
idee che ci passano per la testa. Ma è a questo punto che sorge un altro
problema: nel momento in cui l’essere umano pensa, non segue una sequenza
logica, segue uno stream of consciousness
che permette di passare costantemente da una sequenza logica a un’altra, un
flusso di percezioni che ricordano continuamente qualcos’altro.
Il film palesa la propria natura
autoreferenziale presentando Steve Coogan e Rob Brydon in sala trucco. Dopo una
divertente digressione sulla tonalità di «not
white» dei denti di Brydon (1), i due discutono animatamente dell’importanza
del ruolo interpretato da Brydon (2), permettendoci
di inquadrare fin da ora le debolezze di Coogan e dello stesso Brydon; infatti,
come nota A. O. Scott, «that character
— let’s call him Steve — is vain and insecure, an utterly believable caricature
of movie-star self-absorption. His co-star and rival, who plays Tristram’s Uncle Toby in the
film-within-the-film, is Rob Brydon (Rob Brydon), and there is no matter too
petty for them to compete over. Rob is eager to promote himself from sidekick
to second lead, and Steve is anxious to protect his dominant position on the
marquee. He badgers a costume designer to build up the heels on his buckled
shoes so that he will be taller than Rob — not for any selfish reasons, of
course, but in the interest of artistic integrity. When he asks for regular
coffee and Rob requests “a
macchiato,” Steve quickly changes his
order, though there is no macchiato to be found» (3):
Brydon: Supporting
role. Co-lead. Featured co-lead? It’s not
a cameo.
Coogan: It’s not
a cameo, no. It’s a supporting role.
Brydon: It’s not
a supporting role. I’m in it all the way through. It’s a co. It’s a co. It’s a
co. It’s an “and Rob Brydon” […]. No,
it’s not an “and.” It’s “Steve
Coogan, Rob Brydon.” In fact, if we went
alphabetically, which I think it’s the only fair way, it would be “Rob
Brydon, Steve Coogan.”
Coogan:
But that would just be ridiculous.
«Well, we’ll see after the edit,»
s'impunta lo stizzito Coogan che in questa scena – coadiuvato ovviamente da
Brydon - palesa sia il proprio complesso d’inferiorità sia la propria
competitività; infatti, come nota Roger Ebert, «both actors are competitive in that understated British way that
involves put-downs hardly less obscure than Toby’s wound. Coogan wants the
wardrobe department to build up his shoes so that the “featured co-lead” will not be taller than the leading man.
Brydon learns that Gillian Anderson has been hired to join the cast, and is
panic-stricken: he is afraid that in a love scene he might blush, or be
betrayed by stirrings beyond the asparagus» (4). Caricature
di diverse tipologie di personaggi dell’industria cinematografica, Coogan e
Brydon interpretano versioni iperbolicamente tratteggiate di se stessi, dando
vita a divertenti gag che si protrarranno fino ai titoli di coda. Come ricorda infatti Patrick Wildgust, Curatore di
Shandy Hall, «as
Coogan he wants to cling on to his fame while moving on from the Alan Partridge
character (character? You mean he wasn’t real?) which brought him that fame. At
the same time he has become a target that others want to knock down. The
rivalry between Coogan and Brydon for top billing in the film makes fun of what
could be a genuine rivalry in the real world» (5).
Mentre sullo schermo scorrono i titoli
di testa, la macchina da presa si concentra su Steve Coogan che, avanzando a
passo svelto e con lo sguardo in macchina, si rivolge direttamente allo spettatore
- «Groucho Marx once said that the
trouble with writing a book about yourself is you can’t fool around. Why
not? People fool around with themselves at all time. (Coogan
si muove seguito dall’obiettivo) I’m
Tristram Shandy, the main character in this story. (ironico) The Leading role» - permettendo
l’insorgere di un’ulteriore concatenazione simbolica tra letteratura e cinema;
se Sterne si rivolgeva al lettore continuando a chiederne la partecipazione,
così Winterbottom si rivolge allo spettatore che, seppur al di fuori della
pellicola, ne viene drammatizzato e coinvolto al suo interno. Infatti, come nota Patrick Wildgust, «A Cock and Bull Story introduces the audience (You, Cinemagoer!)
to the idea of what making a film is about. Life is real, film is not. Or isn’t
it? We know these comedians as real comedians, don’t we? In A Cock and Bull
Story comedian/actors are employed to
impersonate themselves impersonating people impersonating characters in a book.
We think we know these actors. We have seen them interviewed on television as
real people but here they are as characters in a film! What is their real
identity? Identities slip in and out of focus and the identity of the ‘lead’
(Steve Coogan) is particularly slippery. Coogan is playing four characters in
the film: Steve Coogan, Walter Shandy, Tristram Shandy and, because Sterne’s
identity cannot be divorced from the book - the writer himself» (6).
Proseguendo con la rielaborazione dell’opera
dissacratoria di Sterne, il film procede alternando alle immagini di Tristram
che si allontana all’interno del paesaggio bucolico di Shandy Hall, quelle in
flashback di Lady Elizabeth, mamma di Tristram, che – sul punto di partorire –
chiama in suo soccorso la cameriera Susannah.
Dopo un intenso primo piano del
protagonista che, ridendo, ci informa del fatto che «there are those who say this a cock and bull story. That’s the bull. My
father’s bull. And, I’ll show you the cock in a minute,» Tristram passa poi
alla presentazione dello zio paterno Toby che, aiutato dal Caporale Trim, è
impegnato a ricreare le fortificazioni militari della battaglia di Namur. Continuando
a giocare con lo spettatore, Winterbottom sovrappone alle immagini del
modellino quelle del combattimento vero e proprio e da qui, ricorrendo all’uso
di una tendina laterale da destra a sinistra, ci riporta in compagnia di
Tristram che, prontamente, annuncia che «when
I said this was a cock-and-bull story, it was my cock I was talking about. Not
Uncle Toby’s. After all, am I not the hero of my own life?» Ricorrendo a un mascherino, il
regista ci porta indietro nel tempo a un giorno dell’infanzia di Tristram che «generato come “essere razionale” e prova
vivente del fatale anacronismo tra la rigida progressione del tempo, scandita
dagli strumenti della meccanica, e l’incontrollabile misura del tempo
individuale, […] è collocato in un
universo narrativo dominato da imprevedibili svolte e pieghe che annullano ogni
tentativo del protagonista/narratore di imporre un ordine sequenziale sulla
realtà/narrazione, e quindi un lineare svolgimento al racconto della memoria.
Cavaliere sentimentale e melanconico, alla ricerca delle origini e delle cause
oggettive delle vicende della sua storia, Tristam, campione di soggettivismo
umorale, si scontra con le multiformi e molteplici incarnazioni della fatale
contraddizione al principio di Leibniz secondo il quale: “Nulla accade senza
che vi sia una ragione per cui avvenga così e non altrimenti”» (7). Spinto
da un impellente bisogno di urinare, il piccolo si lamenta con Susannah che,
non riuscendo a trovare il pitale, lo fa sporgere dalla finestra per espletare
i propri bisogni. Ma, all’improvviso, la finestra si abbatte sul prepuzio di
Tristram che, urlando e piangendo, si lamenta per la dolorosa escissione,
mentre la sua versione adulta, ancora una volta con lo sguardo fisso in camera
come a voler coinvolgere attivamente lo spettatore nelle vicende che ne hanno
segnato l’esistenza, ci spiega che «this
is a child actor pretending to be me. I’ll be able to play myself
later. I think I could probably get away with being eighteen, nineteen. Until
then, I’ll be played by a series of child actors. This was the best of a bad
bunch. He’s unable to convey the pain or shock of such an event.» Offeso da queste parole, il piccolo
Tristram s’incammina verso il sé adulto dando vita a un caustico scambio di battute:
Tristram bambino: I
think I can. Susannah said I was doing it exactly how you did it.
Tristram adulto: It
may be the same noise, but it doesn’t have the emotion.
Tristram bambino: Go
on, then. Show me how to do it.
Raccolta la sfida,
Tristram adulto inizia a saltellare e, tenendo i testicoli tra le mani, cerca
di rivivere il dolore provato ma, alla fine della rievocazione, viene
rimproverato dalla sua versione infantile che, sprezzante, gli fa notare che «I was told it was a comedy, not a pantomime.»
Sempre fedele alla de-enfatizzazione
della realtà insita nel romanzo, l’attenzione torna a concentrarsi sull’episodio
della circoncisione permettendoci di scoprire che il tragico evento ebbe luogo
a causa di Trim che, eseguendo un ordine di Uncle Toby, aveva rimosso i due
contrappesi di piombo dalla stanza di Tristam per poter creare i cannoni atti a
ricreare l’assedio di Namur.
Spettatore atemporale degli episodi
salienti della propria vita, Tristram adulto ci spiega - mentre sullo sfondo
vediamo il piccolo sé e Uncle Toby - che «so,
both my uncle and myself were victims of the battle of Namur, even though it
took place years before my birth. I was not unmanned, by the
way,» ci tiene a
precisare, «I was circumcised, like a lot
of men. Manly men, I can’t speak for my uncle in that area, although even as a
boy I was curious.»
Mentre una tendina laterale da sinistra
a destra ci trasporta al cospetto di Lady Elizabeth in preda alle doglie, la
voce off di Tristram spiega che «when I
was born, my father was four years older than I am now. So, given the family
resemblance, I felt I should portray him as well as myself» e, indossata
una parrucca, si trasforma in Sir Walter Shandy deciso a non ricorrere all’aiuto
dell’ostetrica bensì a quello del Dottor Slop.
Tristram
o Tristram Sr?
Ma quando ebbero inizio i guai di
Tristram? Ebbene, cominciarono prima ancora del suo concepimento. Infatti, il
settembre precedente alla sua nascita, Elizabeth, convita di essere incinta,
convinse il marito ad accompagnarla a Londra per un consulto medico; consulto
dal quale uscirono sconvolti dopo aver scoperto che, in realtà, la presunta
gravidanza altro non era che gonfiore determinato da un eccesso di aria nella
pancia. A causa della lunghezza del viaggio, e per aver perso il raccolto,
Walter aggiunse una clausola al contratto matrimoniale: se, infatti, fino a
quel momento Lady Shandy era stata libera di scegliere il luogo ove mettere al
mondo eventuali figli, questo falso allarme determinò la scelta di Walter di
farla partorire nella loro tenuta di campagna.
Con un rapido scarto temporale,
Winterbottom ci ritrasporta nella stanza in cui Elizabeth è in preda alle
doglie, mostrandoci in split screen il
lento incedere verso Shandy Hall del Dottor Slop contrapposto alla corsa
frenetica di Obadiah.
Giunto a Shandy Hall per avere un po’ di
tabacco, il medico non è preparato ad assistere la partoriente; così, mentre l’ostetrica
arriva per presenziare al parto, gli uomini - intenti ad ascoltare Uncle Toby
narrare gli avvenimenti della battaglia di Namur - attendono il ritorno di
Obadiah con il forcipe. Ricorrendo a una sovrapposizione di immagini che
ricorda da vicino quelle utilizzate nei serial
degli anni Trenta e Quaranta – e tanto care a Steven Spielberg – il regista
passa dal primo piano della mappa a quello delle palle di cannone e del campo
di battaglia vero e proprio.
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La battaglia di Namur si materializza sotto i nostri occhi |
Mentre le urla assordanti di Elizabeth
pervadono lo schermo, Walter, Uncle Toby e il Dottor Slop discutono su se e
come usare il forcipe. Cercando di placare i timori di Sir Shandy, il medico
effettua due esperimenti atti a manifestare l’utilità dello strumento e, dopo
averne mostrato la scarsa efficacia – ferendo le mani di Uncle Toby e
spappolando un melone - la scena si congela e compare Tristram che, spiegando
cosa accade al suo naso, fornisce delle informazioni supplementari per
comprendere la personalità del padre, uomo ossessionato dalla filosofia, la
retorica e l’eloquenza: «Had my father
possessed a more scientific mind, the tragedy of my nose could have been
avoided. But he was of a more philosophical bent, used to
arguing from first principles. So, eventually, when I was born, I was delivered
with the very forceps that had crushed the pap of the melon.»
Mentre all’inquadratura di Walter chino
sul neonato seguono le immagini dei grandi uomini che hanno contribuito a fare
la Storia, la voce off di Tristram ci mette al corrente del fatto che «it had ever been my father’s wish to have a
son with a big nose. All the great men of antiquity had big noses. A nose like Caesar,
Dante, Pythagoras, Newton, Alexander the Great;» purtroppo – a causa della
difficoltà legata alla totale rappresentazione del romanzo di Sterne, il film
non spiega che la passione di Walter per i nasi importanti derivava da un
episodio legato alla vita del bisnonno di Tristram - costretto dalla moglie a
versare un vitalizio di trecento sterline l’anno proprio a causa del fatto che
l’uomo «aveva poco o punto naso» (8) -
e impedendo dunque allo spettatore di godere dei divertenti pun legati al doppio senso insito nel
termine naso. Con un salto temporale all’indietro ci spostiamo a pochi istanti
prima della nascita del piccolo Tristram mentre Susannah cerca di bloccare l’avanzata
del Dottor Slop, per poi spostarci all’interno del parco di Shandy Hall mentre Walter
e Uncle Toby passeggiano pensando al nome da dare al piccolo perché, come nota
Walter, «there is nothing more important
than the choice of name when deciding the future of a child.» Alternando
ancora a queste immagini bucoliche quelle della sofferenza di Elizabeth, Walter
e Toby continuano a dissertare sulla scelta; se per Sir Shandy dovrebbe essere
«Trismegistus,» come Hermes
Trismegistus, «the greatest philosopher,
the greatest lawgiver, the greatest priest,» lo zio suggerisce Tristram, ovvero
ciò che per Walter è invece «the dog’s
breath worst.» Tornato dopo una breve assenza, Tristram ricompare per spiegarci
le ragioni per cui, dopotutto, fu battezzato proprio Tristram. Ricorrendo all’uso
di una tendina laterale e a un movimento temporale in flashforward, siamo
trasportati nella sala di Shandy Hall nel momento in cui Susannah si precipita
ad avvertire Walter delle condizioni precarie del neonato che, avendo assunto
un colorito nerastro, deve essere battezzato al più presto, suggerendo inoltre,
su desiderio di Elizabeth, di chiamarlo Toby. Winterbottom congela ora l’azione sul primo piano di Sir
Shandy mentre la voce off di Tristram ci mette al corrente del fatto che «if my father had been sure I was going to
die, he would have complimented Toby by naming me so, thereby saving the name
of Trismegistus for one who might survive. But
he couldn’t be sure.» Sottoposto a continue pressioni da
Susannah, l’uomo decide infine di chiamare il piccolo Trismegistus. In preda a
panico e tensione, la cameriera si precipita dal Pastore ma, dimenticatasi del
nome, borbotta «[…] it’s not Tristram. It
has some “gistus” in it.» Perplesso dalla stranezza della scelta, il Pastore
decide di battezzare il piccolo come Tristram, dandogli così il proprio nome.
Mentre il neonato è tra le braccia di Susannah, la donna si accorge che non è più
in pericolo di vita un istante prima dell’ingresso di Walter che, scoperto il
terribile destino riservatogli dal Pastore, sussurra a mezza voce «my son has been cursed from the moment of his conception,» rivolgendo
poi lo sguardo in macchina e anticipando così un flashback commentato in voce
off da Tristram: «Now, I forgot to
mention this… Well, it’s not that I forgot. It’s more that I should
save it till we knew each other better. My father had two domestic obligations,
and being a systematic man, he liked to dispense them together. (l’inquadratura
slitta dai genitori che intenti a copulare a Walter che carica l’orologio) The first
was to wind the clock. The second was more enjoyable (primo piano di Elizabeth e Walter a letto) […] You may be familiar with Locke’s (9) theory
of the association of ideas. It’s been updated since by Pavlov and his dog.
(dall’immagine di Walter intento a caricare l’orologio l'obiettivo si concentra
sull’esperimento di Pavlov) If the dog
hears the metronome when he’s being fed, the dog starts to associate the
metronome and food, so, in the end, if he hears the metronome even when there’s
no food, the dog starts to salivate. (ricorrendo allo split screen, Winterbottom ci mostra, a sinistra dello schermo, Elizabeth
intenta a prepararsi sentendo il marito caricare l’orologio, a destra Walter
che lo carica) A similar association of
ideas took root in my mother’s head between one domestic obligation and the
other. As soon as she heard my father winding the clock, she began to salivate,
as it were. (i due copulano) After a
while, if you give the dog the food without the metronome, the dog produces no
saliva. (Walter si dirige verso la camera) So, on the occasion my father came home
and was feeling so keen to dispense one obligation he skipped the other,
he surprised my mother… (Walter si avvicina e bacia una
perplessa Elizabeth) who was therefore
unable to produce any saliva (passiva durante l’atto sessuale, Elizabeth si
rivolge al marito poco prima che lui raggiunga l’orgasmo chiedendogli: «My dear, have you not forgot to wind the
clock?») So it was the circumstances of my conception were as
confused as those of my birth.» Se il destino di Tristram appare dunque determinato
fin dall’inizio dalla domanda sbagliata posta dalla madre al momento del
concepimento, appare palese che l’essere in quanto tale e la vita stessa di
Tristram sono determinati da una strana associazione di idee.
Gli
istanti prima del concepimento e l’esperimento di Pavlov
Ricorrendo ora all’utilizzo di un iris,
Winterbottom ci ritrasporta nella stanza adibita a sala parto e, mentre
Elizabeth urla per il dolore, l’obiettivo scivola su Mark, ovvero l’alter ego
cinematografico dello stesso Winterbottom, che annuncia la fine
delle riprese per quel giorno. Ed ecco che l’identità metacinematica della pellicola
viene rivelata completamente, presentando l’io celato degli attori protagonisti
del film. Vittima di un forte complesso d’inferiorità, Coogan
pronuncia la prima delle numerose lamentele con cui vesserà troupe e cast per
tutta la durata delle riprese (rivolgendosi a Mark, Coogan si lamenta del fatto
che «this scene was to be about Walter’s
love for his son. I don’t feel very involved. I feel quite peripheral. […] I’m not trying to be greedy…») o
perlomeno fino a quando non prenderà coscienza del proprio valore come individuo
in quanto tale e non come oggetto dello sguardo altrui. Come ricorda Winterbottom, «in the book
Uncle Toby always defers to Walter, [...] and the idea was that Rob would be really deferential to Steve in the
modern section but Rob didn't want to do that. It worked much better as Rob
could really exploit the competitive, school yard rivalry that happens around
comics. He's so fast he was able to take parts in the script that weren't
really funny on the page and give them new energy. We tried to draw on things
that touch the truth so the improvisation would work so we brought the fact
that they already have a relationship into the film» (10).
Accompagnato dalla colonna sonora di Amarcord, e dopo essersi fatto rimuovere
il naso posticcio, Coogan incontra il figlio e la compagna Jenny, creando un
antecedente storico per poter delineare uno dei numerosi parallelismi con 8 ½ di Federico Fellini; sembra quasi di
sentire il regista romagnolo che, intervistato da Costanzo Costantini,
descriveva così il suo film: «È la storia
di un intellettuale che tende a inaridire tutto, a raggelare la vita. La storia
di un uomo legato, irretito, imprigionato, che tenta di uscire da una specie di
ristagno, che si sforza di capire, ma che alla fine si accorga che non c’è
nulla da capire, che ha più bisogno di accettare la vita così com’è e di
abbandonar visi che di problematizzarla. Se ha un principio e una conclusione?
Credo che sia immorale raccontare una storia che abbia un principio e una
conclusione. Un film deve essere, in qualche modo, come la vita: deve contenere
imprevisti, eventi inaspettati, errori. Nello stesso tempo un film,
specialmente quello che mi accingo a girare, richiede un controllo assoluto.
Contrariamente a quello che talune mie sconsiderate dichiarazioni potrebbero
far pensare, nulla sarà abbandonato al caso» (11).
Non solo Winterbottom si avvale delle musiche composte
da Rota (come Carlotta’s Gallop, La passerella d’addio o L’illusionista) ma, tratteggiando le
avventure galanti – cinematiche - dell’attore inglese, rende omaggio al
capolavoro di Fellini (12) contribuendo a creare nello
spettatore un continuo senso di straniamento.
(potrete continuare a leggere il seguito a settembre)
analisi accurata e interessante. Sono curiosa di leggere il seguito. Brava!
RispondiEliminaAnna
Ottima recensione!
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