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martedì 16 maggio 2017

"INELUTTABILE, Mara e Piero" - Ritratti 1

Di Annalisa Petrella
Magritte, Gli amanti, 1928

Ritratti
Si apre con “Ineluttabile – Mara e Piero” una nuova rubrica intitolata “Ritratti” che proporrà una serie di racconti centrati sulla coppia e sulle relazioni umane le cui vicende ed emozioni saranno, appunto, ritratte in atmosfere sfumate tra il romantico, il giallo, il noir.


Mara era avida, e questa non è un’accusa, ma soltanto una semplice constatazione. Non esisteva cosa, persona o sentimento che non passasse sotto le forche caudine della sua cupidigia e tutto veniva acquisito, triturato, annientato in base alla sua disposizione d’animo e ai suoi programmi. Se qualcosa sfuggiva al suo istinto predatorio immediatamente si risvegliava in lei la necessità di istruire una sorta di processo per il recupero della perdita.


Piero era inetto, brutto a dirsi ma era proprio un incapace, non c’era attività che riuscisse a svolgere con un minimo d’interesse o continuità, vagava nel vuoto e, a chiacchiere, aspirava a un falso mito anarchico assai confuso che lo faceva sentire esente dagli obblighi comuni, personali e sociali, che rifiutava testardamente perché considerati simbolo di un perbenismo ipocrita. Ogni tanto, di malavoglia, si dedicava a lavoretti saltuari di tipo esecutivo che svolgeva al limite della decenza, ma trovava sempre il modo di farsi licenziare e questa era la sua certezza.
S’incontrarono per caso in treno sulla tratta Milano – Bologna.
Mara notò in Piero una trasandatezza al limite dell’incuria e la cosa le piacque. Si disse: - Questo me lo sistemo io!
Lui notò in lei lo sguardo vorace segno di una volontà che a lui mancava del tutto e pensò: - Energica e anche attraente, perché no?
Già alla fine del viaggio si erano scambiati i numeri di telefono e la sera dopo erano finiti a letto insieme in un’esperienza gratificante che in accordo definirono “da urlo”. Lui aveva esercitato nel sesso quella volontà che gli faceva difetto in tutto il resto e lei aveva goduto della sua preda intuendo le sue doti in divenire.
Dopo tre mesi di frequentazione irregolare, marcata da appuntamenti mancati e orari non rispettati da parte di Piero, Mara decise che erano pronti per la convivenza: quando riuscivano a vedersi, non importa dove, il sesso era sfrenato e appagante. Il resto non contava per lei in quanto era molto assorbita dal suo lavoro di penalista in uno studio del centro dove contava a breve di diventare socia e poi, naturalmente, proprietaria nel giro di pochi anni.
Vedeva in Piero uno stallone spiantato e anarcoide che aveva abboccato al suo amo e la intrigava poter esercitare la sua possessività smisurata su un soggetto sfuggente e inconcluso. Lo aveva già fatto con altri uomini che, dopo un breve rodaggio erotico, aveva abbandonato al loro destino. Mara sapeva ben difendersi dai coinvolgimenti sentimentali e rifuggiva da impegno e progettualità in tutto ciò che non riguardasse la sfera lavorativa, ma Piero era un uomo al di fuori di tutti gli schemi e lo considerò una nuova sfida.
Piero ovviamente non aveva denaro, l’unica riserva che conservava gelosamente era costituita da tre buoni postali lasciatigli dalla nonna per un valore totale di quindicimila euro. Mara gli disse di lasciarli dov’erano, avrebbe provveduto lei alle spese di allestimento della casa a patto che lui s’impegnasse a cercare un lavoro.
La vita insieme risultò assai curiosa: due sere alla settimana lei si fermava a dormire nel suo ufficio per completare gli studi delle cause difficili, un metodo che adottò anche nella speranza di risvegliare in lui il sentimento di gelosia di cui era totalmente privo. Di contro Piero, in accordo con Mara, ogni tanto spariva per andare a fare il volontario nella comunità per il recupero dei tossicodipendenti dove, cinque anni prima, era stato ricoverato per alcuni mesi.
Queste assenze non ebbero lunga durata: Mara non poteva sopportare di perdere il controllo su Piero e decise di rientrare a dormire a casa tutte le notti, inoltre volle diventare volontaria nella comunità di Don Chino per non perdere mai di vista il suo uomo. Lui accettò di buon grado, non era mai oppositivo, ma, come sempre, non mostrò un grande entusiasmo.
Mara e Piero non avevano molto da dirsi, frequentavano amici di ambienti diversi e avevano interessi ben distinti, ma lei si accorse giorno dopo giorno di non potere fare a meno della sua presenza che per lo più era caratterizzata da amplessi vertiginosi e da grandi mangiate di pasta al forno, l’unico piatto che Piero sapeva cucinare, accompagnate da abbondanti bevute di vino rigorosamente rosso.
Presto Mara cominciò a notare nelle scarse serate trascorse in compagnia di amici comuni che Piero, tendenzialmente introverso e musone, diventava più allegro e ciarliero soprattutto in presenza di donne attraenti e, in particolare, di una certa Elisa che si definiva “single di ritorno” dopo un burrascoso divorzio. La presenza della donna risvegliava in Mara una gelosia rabbiosa, non tanto per il suo comportamento chiaramente provocante, quanto per come lui si lasciava adescare, senza nessuna remora, di fronte a tutti. Pareva quasi che l’uomo si compiacesse di esibire il suo corteggiamento nei confronti dell’intrusa e quando a fine serata Mara, dopo qualche tentativo di chiarimento, esplodeva in una furiosa scenata di gelosia, Piero si mostrava stupito, dicendo di non capirne le ragioni e si ritirava offeso in un mutismo impenetrabile. Le notti e i silenzi diventarono pesanti e a un certo punto Mara capì che così non poteva andare avanti, l’incertezza l’angosciava ed era consapevole che la loro vita insieme sarebbe stata sempre più difficile, ma Piero le era diventato necessario come una droga e si intestardì a voler mantenere ad ogni costo questa relazione squilibrata.
Pensò che, forse, l’unico modo per poterlo trattenere a sé fosse dargli un figlio. Un figlio è per sempre e avrebbe portato quella stabilità che era sempre mancata - questo frullava nella mente disturbata di Mara che non sentiva minimamente il bisogno della maternità ma decise di sacrificarsi, visto che il lavoro andava a gonfie vele e la pulsione incontrollata di dominare l’uomo aveva la priorità su tutto.
Dopo tre mesi annunciò a Piero la lieta notizia.
L’uomo parve moderatamente contento e non si tirò indietro, ma chiarì subito che la loro vita non avrebbe dovuto subire cambiamenti circa il regime di libertà reciproca che fino a quel momento si erano concessi.
Quando nacque Jacopo ci fu un brevissimo periodo di tenerezza e forse anche di rinata passione, ma i limiti imposti dalla presenza del bambino fecero affiorare dissapori su come educarlo e sullo stile di vita da adottare.
Lei cercava con molta fatica di dare un minimo di rigore al ritmo quotidiano: pappe, sonno, passeggiate. Lui, incosciente, era perduto più che mai nel mito del buon selvaggio e disfaceva tutto ciò che lei cercava di costruire per cui la convivenza si trasformò in un inferno. Gli scontri erano continui, cominciarono le rotture di piatti e partirono i primi spintoni e schiaffi.
Fu così che Mara cambiò completamente e scoprì dentro di sé un profondo istinto materno: il sentimento di protezione nei confronti del piccolo Jacopo la rese forte e le fece prendere le prime distanze dal legame morboso che la vincolava a Piero. La donna decise di convogliare tutte le sue energie nel tentativo di sollevarsi dal pantano che imprigionava lei e il bambino, l’uomo ormai era accessorio nella loro relazione scellerata, alimentava continui litigi e spariva tra urla e strepiti per ricomparire senza nessuna spiegazione dopo alcuni giorni.
Quando restava sola col bambino Mara finalmente tirava un sospiro di sollievo e gradualmente arrivò a maturare la piena consapevolezza del disprezzo totale che provava per l’uomo che aveva così fortemente voluto, mise così a punto un piano ben definito per raccogliere prove contro di lui e liberarsene. Cominciò a farlo pedinare e, anche se all’inizio non fu facile perché lui era abile nel depistare l’investigatore, in breve si scoprì che nei giorni in cui era assente da casa si spostava stabilmente in periferia nella casa di Elisa. Quando Mara glielo rinfacciò e gli intimò di andarsene dal loro appartamento - che del resto era pagato da lei - lui si limitò a negare con un sorriso insolente e, prendendo Jacopo in braccio, l’accusò di essere retriva, mitomane e ossessiva anche con il figlio. Se ne sarebbe andato, sì, ma solo con il bambino.
Non fu facile per Mara mantenere il controllo in quel momento, ma, temendo il peggio, riprese il bimbo in braccio, si spostò in cucina e gli diede la pappa, imponendosi una calma indispensabile per elaborare con lucidità una via d’uscita da quel vicolo cieco. Purtroppo le scarse amicizie che aveva erano superficiali e lei, caratterialmente, non si fidava di nessuno, qualcuno in passato le aveva fatto intendere con vaghe allusioni che Piero appariva inaffidabile, ma era troppo orgogliosa per aprire la sua anima ad altri e chiedere aiuto.
Si rinchiuse sempre di più in se stessa fingendo una normalità che era ben lungi dal provare. Impeccabile e vincente in ufficio, affettuosa e protettiva col bambino, prudente e distaccata nei rari momenti in cui Piero appariva in casa all’improvviso. In quelle ore interminabili lei si sentiva braccata, lo temeva sempre di più perché era alterato, aveva ripreso a bere e forse a fare uso di sostanze eccitanti, e sapeva tenerla sotto scacco con le sue minacce che le impedivano di fare i passi adeguati con la giustizia: Mara non si riconosceva più, aveva perduto la capacità di reagire per la paura che Jacopo ne pagasse le conseguenze, quella storia maledetta l’aveva disarticolata e resa fragile.     
Un giorno incontrò per strada Elisa in evidente stato di gravidanza e non ne fu sorpresa, quel che vide era solo una conferma, decise così di punto in bianco di affrontarla: ebbe l’inaspettata sorpresa di conoscere una donna pacata che le raccontò con sincerità il suo amore deluso per Piero, un uomo che definì bugiardo, approfittatore e violento, e le confidò anche tutto il peso e le conseguenze dei suoi sogni infranti. Tra loro era finita da tempo. Mara si rispecchiò con orrore negli occhi di Elisa e ammirò la sua franchezza sostenuta da una forza interiore e un equilibrio che a lei mancavano. Elisa, dopo il parto, si sarebbe trasferita nella città dei suoi genitori, che l’avrebbero aiutata col figlio e lì - disse con le lacrime agli occhi - avrebbe tentato di ricominciare da capo.   
L’incontro fu deflagrante: Mara si chiese dove fosse finita la propria dignità, il rispetto di sé, il dovere di tutela del figlio, il senso di giustizia che perseguiva ogni giorno per gli altri e non applicava alla propria vita.  Si accorse di odiare Piero come non aveva odiato mai e scoprì che il sentimento era così profondo e conclamato che segnava la fine di un suo modo di essere, l’uomo non era altro che un emerito bastardo e lei ne era stata la complice. Rivide tutto il loro passato insieme e si vergognò di se stessa: la loro storia non era mai stata sfiorata da un briciolo d’amore, l’egoismo li aveva condotti a costruire un apparato mostruoso basato sul ricatto e sulla sopraffazione e l’unica salvezza sarebbe stata chiudere tutto.  
Ma come poteva agire, ora? 
Si sentì completamente sola e impotente, minacciata da un irresponsabile che voleva portarle via il bambino. Brancolava nel buio, a momenti ipotizzava di denunciarlo, ma sapeva di non avere garanzie sulla salvezza del figlio e questo non lo poteva accettare. Si prese del tempo per cercare altre soluzioni, ma si scopriva sempre più disarmata, il nemico, perché ormai lui per lei era tale, si muoveva su piani abnormi e imprevedibili.
Gli sguardi insolenti da padrone, le mani pesanti che sanno come non lasciare traccia, gli insulti volgari quando mi salta addosso che mi tolgono il coraggio di agire…vorrei sparire, annullarmi…se non fosse per Jacopo.  
 Non ebbe altra scelta, suo malgrado, e un po’ le dispiacque perché si era formata sulla legalità, ma, una volta deciso, non ebbe tentennamenti. Stilò con cura due scritti, una memoria e una lettera, e riesumò da un cassetto dimenticato una piccola Browning che era stata di suo padre e che non aveva mai alienato. Tutte le sere, per diversi mesi, usciva dallo studio e correva al poligono per esercitarsi; non fu difficile imparare, anzi scoprì che il tiro a segno le infondeva un senso di pace e sicurezza. A casa la notte abbracciava suo figlio e vegliava.
Quando nacque la bambina di Elisa le fece recapitare un braccialino d’oro rosa che portava inciso il suo nome “Mara”, era uno dei suoi gioielli di bambina, e sul biglietto d’accompagnamento scrisse: “La forza della solidarietà femminile illumini il tuo cammino. Un’amica della mamma.”


Rimase imperturbabile quando l’arrestarono e li seguì senza proferire verbo, unico gesto fu quello di indicare al suo socio incredulo, subito accorso, la lettera indirizzata al giudice del Tribunale dei Minori nella quale disponeva che Jacopo venisse affidato a Elisa.   


32 commenti:

  1. Fulminante e incisivo, mi è piaciuto molto. Angela

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  2. Mi ha colpito lo stile dinamico e affilato del racconto che in poche pagine concentra una storia dura.

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  3. Le donne sono fantastiche anche nel male. Eugenia

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  4. Un vero noir a tinte fosche Giorgio

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  5. Il racconto riflette la realtà contemporanea priva di valori affettivi duraturi. Molto forte. R.D.

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    1. La mia fonte di ispirazione è la realtà. Grazie.
      Annalisa

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  6. Coinvolgente, ritmo serrato. U.

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  7. Bellissimo e inatteso il finale! Giulia

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  8. Complimenti si legge tutto d'un fiato. Il racconto è molto incisivo nella descrizione dei personaggi, peraltro molto attuali nelle loro diverse e contrastanti tipologie che hanno però in comune una certa fragilità. Lucrezia

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  9. Duro, terribile e molto ben scritto. Bellissima e appropriata anche l'immagine di Magritte. Non mi è ancora passata la tachicardia, ma aspetto con curiosità, e una certa apprensione, il prossimo racconto. Vittorio

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    1. Ho scelto con cura l'immagine. Sto lavorando al prossimo racconto...Grazie.
      Annalisa

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  10. Duro, terribile e molto ben scritto. Bellissima e appropriata anche l'immagine di Magritte. Non mi è ancora passata la tachicardia, ma aspetto con curiosità, e una certa apprensione, il prossimo racconto. Vittorio

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  11. Attuale, crudo, affilato nella scrittura incisiva. Al prossimo ritratto.
    Complimenti.
    Miriam

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    1. Ti ringrazio, cara Miriam. A presto.
      Annalisa

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  12. L'amore può essere sano o mal/sano.
    Questo racconto mette in evidenza il bisogno e la difficoltà di equilibrio!
    Molto teso e piacevole nella lettura.complimenti.CV

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    1. Sano/malsano, equilibrio: le parole chiave. Grazie.
      Annalisa

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  13. Ineluttabilmente...bello! P.L.

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  14. Incisivo e tagliente con un finale a sorpresa! Brava Annalisa!
    Ludmilla

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  15. Mi ha molto preso la forte solidarietà tra le donne. R.E.

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  17. È un sentimento che sostiene e infonde coraggio. Annalisa

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