di Enrico Jessoula
Per leggere la prima parte collegarsi a:
- Sì, lo immagino: che i sospetti si spostano sul
gestore, che potrebbe aver fatto sparire l’i-pad
nel timore che contenesse qualche indicazione compromettente. -
- Già. La cosa è imbarazzante perché Ferruccio, il
gestore, io lo conosco bene, potrei definirlo un amico. Vedrò di farlo
torchiare da qualcuno dei miei, ma con cautela perché mi è sempre sembrato un
brav’uomo - commentò Andrea Berta amaramente.
- Capisco la cautela, anche perché la donna potrebbe
essere viva e vegeta a San Fedele, dove è stata avvistata solo l’altro ieri. Andrea,
non ti invidio proprio, questa maledetta vicenda sembra complicarsi ogni giorno
di più. Auguri, hai tutta la mia comprensione! -
- Grazie per gli auguri, mi sa che ne ho molto
bisogno. -
Rosaria decise seduta stante di non disturbarlo oltre,
sentendolo agitato. E anche lei si ripropose di non seguire più le notizie sul
caso perché le sembrava quasi di portare sfortuna.
- Rosaria, ciao. Sono Andrea… da Como. -
Rimase sorpresa, non riuscendo a spiegarsi perché il
collega le telefonasse sul cellulare privato in pieno orario di lavoro. Decise
che doveva trattarsi di una comunicazione riservata, per cui si affrettò a congedare
gli agenti che aveva convocato nel suo ufficio, dicendo loro di tornare dopo un
quarto d’ora.
- Sì, Andrea, ci sono. Qualche novità? -
- Mah… non so, forse. Ho rintracciato i parenti di
questa Ursula, in Germania. Dicono che non hanno più notizie di lei da diversi
giorni - poi, dopo una lunga pausa - ha genitori e un fratello e tutti e tre
sapevano che la donna veniva in Italia perché aveva una relazione con un uomo,
di cui però non conoscono il nome. -
- Mmm… cherchez l’homme - ridacchiò Rosaria.
- Il problema è che nessuno di loro sa, neppure
vagamente, dove questo stia. Ho provato a parlare della Val d’Intelvi,
separatamente a ognuno dei tre, ma non l’avevano mai sentita nominare. -
- E’ comunque un passo avanti - azzardò Rosaria.
- Già, ma fin qui è un passo molto piccolo, perché la
donna potrebbe aver lasciato il Venini per andare da quest’uomo, che però
nessuno sa chi sia né dove stia. Ma c’è dell’altro ed è il motivo per cui ti
telefono. -
- Dimmi. -
- Un cercatore di funghi che risaliva il monte da Menaggio
ha riferito di aver visto vari animali predatori, uccelli e altro, addensarsi
su una macchia di alberi, a suo parere tra quota mille e mille e due. Capisci
cosa può voler dire? -
- Una carogna di animale… -
- Oppure un cadavere - proseguì lugubre il commissario
Berta - per cui domani abbiamo deciso una ricognizione sul posto, con i cani,
la Scientifica e tutto l’ambaradan. Non oso pensare a quello che troveremo, se
davvero… -
Rosaria rimase interdetta, prima di reagire:
- Quindi siete giunti alla determinazione che la
poveretta… -
Berta la interruppe bruscamente:
- Fermati. Nessuna determinazione, solo che si stava
sfiorando l’incidente diplomatico con la Germania. Sai come vanno queste cose:
una suddita tedesca scompare in Italia, i media
cominciano a dire che la polizia italiana non si dà abbastanza da fare, e così
la cosa monta fino ai livelli massimi. -
- Capisco - interloquì la donna.
- Perciò mi sono detto: visto che Rosaria si è
dimostrata interessata alla cosa, potrei invitarla a partecipare al sopraluogo,
ottenendo due piccioni con una fava: una vicinanza che ha comunque l’effetto di
tenermi su di morale e la dimostrazione ai ‘crucchi’ di un’azione coordinata tra
le Questure di Como e Milano. Un effettone! -
- Ti confesso che non mi dispiacerebbe, ma a quale
titolo? Sarei vista da tutti come il commissario milanese che vuol mettere il
becco nelle vostre faccende. -
- Ho già pensato a tutto. Sarai mia ospite personale e
spiegherò ai miei che ti sei trovata casualmente coinvolta nella vicenda, che conosci
bene la zona e anche delle persone al Venini, per cui puoi esserci di aiuto.
Naturalmente, Como mantiene la direzione delle operazioni - concluse
ridacchiando.
Rosaria consultò rapidamente l’agenda sul suo iPad. Verificò che non aveva grossi
impegni per l’indomani, ma solo un paio di riunioni di routine che poteva rimandare benissimo al giorno dopo
- Ok, mi hai convinto. Ci troviamo al Venini a che
ora? -
- Alle dieci al Boffalora, il rifugio più in basso: è
inutile salire così tanto se la meta è al massimo a mille e due. -
Solo dopo aver riagganciato, Rosaria fece mente locale
alle altitudini in gioco. Se davvero avessero trovato laggiù il cadavere di
Ursula e fosse risultata vera l’ipotesi del capogiro, la poveretta sarebbe ruzzolata
per un dislivello di quattrocento o cinquecento metri prima di schiantarsi.
Un brivido gelido le percorse la schiena.
Smaltite le pratiche residue in ufficio e date le
necessarie disposizioni per spostare le riunioni previste al giorno successivo,
Rosaria constatò che erano già le sette di sera e non aveva sentito Martino per
tutto il giorno. O meglio, aveva provato a chiamarlo a casa ma senza successo.
Per fortuna, il padre gli aveva regalato un cellulare, di cui lui era
giustamente orgoglioso; lo chiamò dunque su quello.
Il bimbo rispose subito, borbottando:
- Aspetta un attimo che mi sposto. -
“Dove sarà
mai?” si domandò esterrefatta
Rosaria, sentendo delle voci durante lo spostamento del figlio.
Quando riprese la conversazione, Martino mantenne un
volume di voce molto basso, quasi un sussurro.
- Dove sei ? - lo incalzò ansiosa.
- Sono con il mio prof di Tecnica al Politecnico: c’è
una conferenza interessantissima sul futuro dell’automobile. Sai, le varie
opzioni: elettrica, ibrida, idrogeno, aria compressa… poi ti racconto. Dovrebbe
finire tra mezz’ora. -
La donna si era spesso domandata se la passione del
figlio per la scienza e la tecnica non fosse esagerata e si era anche
colpevolizzata per averlo troppo stimolato con letture istruttive.
Ora quel ‘sapientino’ riccioluto, a mezza via tra il
bimbo e l’adolescente, si interessava, a suo giudizio, di cose più grandi di
lui e questo fatto riusciva a provocarle un’irritazione epidermica che arrivava
a volte a prevalere sull’amore materno.
Riuscì a dissimulare la stizza, aggravata
dall’incalzare del figlio:
- Mamma, dovrei tornare dentro, sennò mi perdo il più
bello. -
- Sai cosa facciamo? Tu mi aspetti là, diciamo
all’ingresso principale; io passo a prenderti tra mezz’ora; andiamo a farci una
pizza da quelle parti. Conosco io un posto… -
- Ok mamma, ma la conferenza è nelle aule del
Trifoglio, troviamoci là. A più tardi - rispose il bimbo, chiudendo la
comunicazione con una fretta che a Rosaria parve ingiustificata.
Circa un’ora dopo, seduti davanti a due pizze “Quattro
stagioni” di diametro spropositato e a due ampi bicchieri di Coca Cola, madre e
figlio avevano ritrovato la solita intesa e scherzavano assieme come due
compagni di gioco.
- Allora, sapientino, raccontami di questa conferenza.
Che cosa hai imparato di bello? -
- Mah - il bimbo sottolineò con una smorfia la sua
perplessità - ho l’impressione che si giri intorno al problema senza trovare
una soluzione realmente fattibile. Voglio dire, realizzabile a livello
industriale con costi contenuti. -
Rosaria sobbalzò: com’è che questo figlio di poco più
di undici anni parlava come un ingegnere o un professore di università? Ma lui
finì di stupirla, soggiungendo:
- L’ha detto anche Cecilia. -
- E chi è Cecilia? - domandò lei, sempre più confusa.
Martino mise per un attimo il broncio:
- Uffa, mamma, Cecilia è la mia compagna di scuola,
quella rossa di capelli. Il prof aveva chiesto chi era interessato alla
conferenza e noi due abbiamo accettato. Lei è la prima della classe, te ne ho
già parlato. -
Mentre cercava di non pensare ad una possibile coppia
sapientino-prima della classe, Rosaria cambiò il tono del discorso, buttandolo
sullo scherzoso:
- Com’è questa Cecilia, è bella? Ti piace? -
- Carina - rispose lui, fin troppo serioso - e poi è
simpatica ed intelligente. Anche lei ha detto che siamo lontani da una
soluzione del problema. -
“Tombola, una
coppia di mostri” pensò Rosaria,
prima di venire sollecitata a sua volta:
- E tu, raccontami qualcosa del tuo lavoro, lo sai che
mi piace. -
Colse la palla al balzo per cambiare discorso:
- Sai la novità? Mi ha telefonato il commissario Berta
da Como; si sono decisi a fare un sopraluogo domani in Val d’Intelvi e mi ha
invitata a partecipare. -
- E tu ci vai? -
- Sì, ho accettato. Così forse sarò in grado di
toglierti la curiosità sulla scomparsa della tedesca. -
Martino si concentrò a lungo sulla pizza, da cui
prelevò alcuni grossi bocconi. Poi rialzò la testa riccioluta e concluse la
conversazione:
- Se ci vai, stai attenta agli strapiombi. -
La strada per il Boffalora era sempre un’avventura per
un’auto che non fosse propriamente un fuoristrada: un lungo sterrato che si
inerpicava tra i faggeti, con buche che sembravano disseminate ad arte per
scoraggiare il turista di passaggio.
Rosaria la conosceva bene e non si fece impressionare
più di tanto, guadagnando senza troppo sforzo quell’ultimo tratto finalmente
asfaltato che portava al bivio del Venini.
Sulla destra, si apriva un’ampia zona adibita a
parcheggio, dove riconobbe immediatamente le varie auto della Polizia comasca e
un gruppo di persone che sembrava in attesa di lei.
Berta le venne incontro, staccandosi dal gruppo
assieme ad una giovane donna. Provò a giocare d’anticipo:
- Ciao Andrea, non sono mica in ritardo, vero? -
- Che dici, Rosaria, sei in anticipo di dieci minuti.
Noi siamo venuti prima per dei rilievi e per stabilire il piano d’azione - poi,
indicando col mento la donna - lei è l’ispettore Valeria Franchini,
responsabile dell’inchiesta e delle operazioni in loco. -
Si strinsero la mano cordialmente. Rosaria non poté
fare a meno di ammirare quel viso straordinariamente dolce per un poliziotto,
con degli impagabili occhi azzurri che ne illuminavano lo sguardo. Sorrise al
pensiero che sia Derio che Berta avevano menzionato l’ispettore Franchini senza
precisare che si trattava di una donna. Probabilmente Derio non lo sapeva e non
l’aveva mai incontrata, sennò…
Fatte le presentazioni, Berta la prese sottobraccio e
la trascinò a qualche metro di distanza.
- Devo dirti una cosa, Rosaria. Ieri sera mi ha
telefonato Ferruccio, il gestore del rifugio Venini: non so come, ha saputo che
avremmo effettuato un sopraluogo oggi. Così, oltre a lamentarsi per gli
interrogatori a cui è stato sottoposto, si è detto molto preoccupato per il
sopraluogo. Per paura di perdere clienti, ha detto, ma a me è sembrato agitato
oltre misura. -
- Sicuro che fosse il gestore, o solo che il numero
chiamante era quello del rifugio? - domandò Rosaria, pensando ai dubbi di
Martino su Derio.
Berta sembrò per un attimo colto di sorpresa, poi
scosse la testa con decisione:
- No, lo conosco bene, era la sua voce. Comunque,
vorrei proporti di andare al rifugio, io e te, mentre gli altri frugano il
posto. Così gli facciamo qualche domanda e fiutiamo che aria tira. -
Mentre salivano i quattro chilometri che conducevano
al rifugio, Rosaria domandò:
- Tu ci sei mai stato, al Venini? -
- Me ne vergogno un po’, ma devo dire di no.
L’inchiesta è nelle mani di Valeria e non voglio fare la figura dell’impiccione
che non si fida. -
- Allora fermiamoci all’Alpe di Lenno e facciamo
l’ultimo pezzo a piedi, così ti rendi conto del contesto. -
Dopo una serie di curve, Rosaria indicò un ampio slargo
sulla sinistra, dove gli suggerì di parcheggiare l’auto.
Durante la breve camminata si fermarono più volte a
valutare quello strapiombo erboso che avrebbe ingoiato Ursula, se l’incidente
fosse stato confermato.
Dal ciglio della strada potevano vedere i poliziotti
che si muovevano attorno alla macchia di alberi, centinaia di metri più sotto.
- Rosaria, se devo essere sincero vengono le vertigini
anche a me, solo a guardare il pendio. Però non riesco a credere che uno possa
cadere di sotto per un capogiro. -
Non ebbero il tempo di fare domande e nemmeno di
arrivare al Venini, perché durante una delle soste videro salire un’auto della
Polizia. Giunta a pochi metri da loro, l’auto inchiodò e ne balzò fuori Valeria
Franchini che corse trafelata verso Berta:
- L’abbiamo trovata, Andrea. Non oso dirti in che
stato, ma dalle descrizioni in nostro possesso sembra che non ci siano dubbi: è
lei. Comunque ci sta lavorando il dottor Pucci della Scientifica. Stasera o domani
al massimo sapremo qualcosa di più preciso. -
Berta e Rosaria corsero istintivamente verso l’auto
parcheggiata all’Alpe di Lenno e ripartirono decisi al seguito dell’ispettore
Franchini lungo la discesa, anche se conoscevano bene l’inutilità di quella
corsa.
Quella sera, l’aura gelida della morte rischiava di
seguire il commissario Campo nella sua casa di Milano, coinvolgendo in qualche
modo il figlio.
Perciò, nell’intento di prevenire un’atmosfera greve,
sulla strada del ritorno si era fermata a Ponna ad acquistare le rinomate polpette
del macellaio del posto, sperando che lo sfrigolio dell’olio nella padella e il
profumo inebriante della carne genuina che friggeva avrebbero spostato sul
‘bello’ il barometro dell’umore di entrambi.
Appena seduti a tavola, infatti, Martino si era informato
sulla provenienza di quelle palle di carne trita che facevano segnare un salto
di qualità alle loro abitudini gastronomiche.
- Sono del macellaio di Ponna, unico negoziante
superstite in un paesino di poche anime - aveva spiegato Rosaria, aggiungendo
entusiasta - ho comprato tutte quelle che aveva, così quelle che avanzano le
surgelo. -
Vide due grossi punti interrogativi dipingersi negli
occhioni neri del figlio, prima ancora di tradursi in parole:
- Ponna? -
- Sì. E’ un paesino minuscolo che domenica abbiamo
lasciato alla nostra sinistra, prima di salire al Boffalora. Sai, dove inizia quella
strada stretta che ci passa a mala pena un’auto. Il macellaio è un mito, ti
assicuro. -
Martino biascicò a bocca piena:
- Hai proprio ragione, è squisita. Ma tu, com’è che
conosci così bene la Val d’Intelvi e tutti i suoi minuscoli paesini? -
Rosaria percepì l’insidia e cercò di rimanere nel
vago:
- Degli amici hanno una casetta da quelle parti -
- Amici? Perché non li conosco? Uomo o donna? -
- Tutti e due, una coppia - ribatté, esasperata da
quell’interrogatorio nel quale riconosceva un’assurda punta di gelosia.
Accompagnò con una smorfia lo sforzo di svitare il tappo
di un vasetto di carciofini alla brace che distribuì sui due piatti prima di aggiungere:
- Il ‘mito’ ha anche delle salsicce squisite, fatte da
lui! -
Si pentì subito di quella precisazione, leggendo il
muto rimprovero sul volto del figlio che significava “Perché non le hai
prese?”, ma preferì abbassare lo sguardo e tacere.
Da quel momento, fu come se lo spettro di Ursula scendesse
sulla stanza, con madre e figlio sprofondati in un silenzio cupo, interrotto
solamente dal rumore di mandibole e delle posate sui piatti.
Rosaria ripensava ai tragici momenti del ritrovamento del
cadavere e Martino sembrava inconsciamente associarsi a lei.
Dopo alcuni minuti, il bimbo ebbe il coraggio di
domandare:
- L’avete trovata? -
Rosaria assentì con un cenno del capo.
- Dove? -
- Quattrocento metri più in basso. -
Fu il turno di Martino di assentire con il capo, prima
di chiudersi in un lugubre mutismo.
Il silenzio fu rotto dopo alcuni minuti dallo squillo
del telefono, cui Rosaria reagì nervosamente, scattando dalla sedia. Colloquiò
brevemente e a bassa voce, nel tentativo di non coinvolgere il figlio nella
vicenda.
- Chi era? - la bloccò subito Martino.
Lei prese tempo, si sedette, rimise a posto il
tovagliolo e ricominciò a mangiare. Volendo sdrammatizzare la situazione, rispose
in tono quasi scherzoso:
- Era Berta, il collega di Como. La Scientifica è già
a buon punto con le analisi - e dopo una breve pausa, cercando di buttarla
sullo scherzo - comunque, non ha trovato nessuna traccia di mucca! -
- E cosa hanno trovato? -
- Tracce d’erba, di terra e qualche pelo d’animale, ma
niente mucche - insistette, sperando di sfuggire ad altre domande
sull’argomento.
Martino tacque per diversi secondi, come se stesse
rimuginando qualcosa; poi alzò gli occhi verso la mamma e parlò:
- Grigi e neri? -
Rosaria restò bloccata con la forchetta a mezz’aria, in
cui aveva infilzato un carciofino; trasecolava, ma cercò di sembrare
indifferente:
- Grigi e neri… che cosa? -
‘Sapientino’ assunse la consueta aria annoiata e
precisò:
- I peli che hanno trovato, sono grigi e neri? -
Lei posò il carciofino sul piatto e lo scrutò,
domandandosi se quel figlio esile e riccioluto non avesse per caso delle doti divinatorie.
Infine:
- Pare di sì, ma tu come lo sai? Sei forse entrato
come hacker nella rete della Polizia
di Como? -
- Sulle mucche ormai mi hai convinto - rispose lui - una
persona qualunque farebbe in tempo a scansarle. Per contro, ti ricordi la capra
leader? Era grigia con un profilo
nero; da quello che ho letto una capra così intelligente, ammaestrata, può
davvero avventarsi su una persona e farla precipitare. -
Lo guardò esterrefatta, prima di reagire:
- Martino mio, non ti sembra di volare troppo con la
fantasia? Io non ricordavo nemmeno di che colore fosse la capra; pensavo fosse
bianca come tutte le altre. -
- Io sì - rispose il bimbo con un tono autorevole che,
non ammettendo repliche, pose inevitabilmente fine alla conversazione.
La giornata successiva, alla Centrale di Polizia, il
commissario Rosaria Campo apparve stranamente nervosa e distratta.
Aveva deciso di aspettare ulteriori notizie da Berta
per non dimostrarsi ansiosa; tuttavia la voce di Martino le risuonava
continuamente nelle orecchie “una capra così, ammaestrata…”. Possibile che il
figlio undicenne avesse istintivamente trovato la chiave dell’enigma? E questo avrebbe
forse fatto convergere i sospetti sul pastore Desiderio?
Resistette fino alle quattro del pomeriggio, poi
acchiappò il cellulare e chiamò Berta.
- Rosaria, stavo proprio per chiamarti, per
aggiornarti sulla situazione -
“Chissà se è
vero” pensò lei, ma decise di stare
al gioco:
- Hai novità sul caso Ursula? -
- Sì, i peli grigi e neri sono di una capra, di un
gregge che Ursula frequentava abitualmente. Insomma, una capra diversa dalle
altre, tutto qui. Sotto le unghie della poveretta, i prevedibili accumuli di
erba e terra di chi precipita e cerca di aggrapparsi inutilmente al terreno. -
- Perciò puoi escludere l’ipotesi di suicidio. -
- Sì, a meno di un pentimento tardivo, che mi sembra
poco probabile. Anche perché abbiamo identificato il punto dove la donna è
precipitata e le impronte delle dita iniziano subito. Sarei quindi orientato ad
archiviare il caso come morte accidentale. -
- Ciò vuol dire che Ursula ha avuto un malore ed è
volata di sotto? -
Le parve di percepire un imbarazzato silenzio
dall’altra parte; infine Andrea Berta riprese la conversazione:
- Questo, se vuoi, è il tassello mancante. Dalla
perizia necroscopica non risulta che la donna abbia avuto un malore prima di
cadere - tirò un lungo sospiro prima di concludere - però sai, anche
l’autopsia, con un cadavere in quelle condizioni, non si può pretendere che dia
certezze assolute. -
Rosaria non sapeva come comportarsi, arrovellandosi
nel dilemma se fare la rompiscatole o lasciar correre. Non sfuggiva peraltro al
suo animo di poliziotta che il secondo atteggiamento poteva implicare che un
assassino l’avrebbe fatta franca.
Trovò infine un modo soft per ottenere una dilazione del verdetto:
- Andrea, perché non ti prendi un giorno per
riflettere? Domani vengo a trovarti, diciamo in mattinata verso le undici. Ne
parliamo con calma e poi decidi. -
Aveva fatto centro. Berta sembrava non aspettare altro
che un buon motivo per temporeggiare e ottenere un aiuto esterno:
- Benissimo - disse - analizziamo insieme il caso e
decidiamo insieme. Poi ti porto a pranzo in un posticino sul lago, fantastico:
sono sicuro che non lo conosci. -
- Speriamo che non sia una locanda con camere perché le
detesto - ribatté lei, gelandolo - piuttosto, tieni pronta un’auto se dovessimo
fare quel sopraluogo al Venini che non abbiamo fatto l’altra giorno. -
Berta reagì perplesso:
- Rosaria, tieni presente che Valeria c’è stata più
volte e ha interrogato tutti, senza ricavarne il minimo indizio o sospetto. C’è
forse qualcosa che non so? -
- No, niente. Solo che mi sembra meglio non chiudere
il caso senza rendersi conto di persona. A volte ti vengono delle folgorazioni,
no? -
- Hai ragione - sospirò Berta - ti aspetto domani.
Ciao. -
- Ciao. -
L’indomani, il campanile della chiesa vicina al
commissariato di Como stava suonando le undici e trenta, quando tre persone
discutevano animatamente intorno al tavolo della sala riunioni.
- Lasciami riassumere, Rosaria. Tu hai visto, durante
un’escursione al Venini, la mandria di capre del pastore Desiderio, una tua
vecchia conoscenza. Questa mandria era diretta, per così dire, da una capra leader che faceva praticamente le
funzioni di un cane pastore. -
- Esattamente - confermò la donna - ma fin qua niente
di strano: solo dei cittadini come me e Martino potevano meravigliarsi di una
cosa probabilmente normale. -
- Sì, ma se capisco bene, secondo te questa capra leader potrebbe essersi trasformata in
capra killer, spingendo la povera
Ursula giù per il dirupo. Mi sembra poco credibile, perché non ho mai sentito
che le capre attacchino l’uomo. -
Valeria, fino a quel momento taciturna, reagì d’istinto:
- Io non lo escluderei - disse - perché i
comportamenti degli animali possono essere imprevedibili. Oppure pilotati. -
- Pilotati? - ripeté Andrea, perplesso - Tu pensi che
si possa ‘pilotare’ una capra? -
- Scusa, l’hai detto tu stesso - insistette Valeria -
che quella capra si comporta come un cane pastore: vuoi dire che un cane non
può essere aizzato contro qualcuno? -
Rosaria sorrise, annuendo:
- Proprio così. Riconosco che non è molto probabile,
ma vale la pena di fare una verifica prima di archiviare il caso. C’è anche la
circostanza che i peli di animale trovati sul corpo di Ursula sono grigi e
neri, come quelli della capra leader
che ho visto io. -
- Propongo una ricognizione - concluse Valeria,
aggiungendo: - Rosaria, tu vieni con noi, spero. -
- Certo - rispose il commissario milanese, leggendo
l’espressione di sollievo sul viso di Andrea: Valeria l’aveva presa bene. Anzi,
stava cavalcando l’ipotesi della capra killer
come se fosse sua.
Il PM Fabio Fioravanti gettò una rapida occhiata
all’orologio a pendolo che campeggiava sul muro di fronte: erano le sei del
pomeriggio e quella lunga giornata di lavoro non sembrava intenzionata a
finire. E pensare che aveva promesso a Ornella di andare a fare yoga assieme:
la seduta iniziava alle sei e mezza e anche stavolta si vedeva costretto a
disertare l’appuntamento.
- Scusate un attimo - disse alle tre persone che
sedevano di fronte a lui. Digitò rapidamente un sms di scuse, preferendo di
gran lunga rifugiarsi nel messaggino piuttosto che arginare l’impatto vocale
della fidanzata furente.
Inviato il messaggio, rilesse con calma l’ordinanza di
arresto, nonché la richiesta di convalida indirizzata al GIP che gli veniva
chiesto di firmare. Si appoggiò allo schienale nella posizione più rilassata
possibile e posò uno sguardo circolare sui tre interlocutori, prima di fermarlo
sull’unico uomo del terzetto.
- Allora, Berta, mi vuole raccontare come sono andate
le cose? Ieri sera eravamo vicini all’archiviazione e ora è tutto cambiato.
Penso di aver diritto a delle spiegazioni - disse, mitigando la frase un po’
dura con un sorriso d’incoraggiamento.
- Certo dottore - replicò Berta, tradendo una buona
dose d’ansia - vede, tutto è nato da una brillante idea della mia collega di
Milano Rosaria Campo che, durante una gita con il figlio, ebbe modo di notare
una capra grigia profilata di nero, esattamente il colore dei peli ritrovati
sul corpo della defunta Ursula Rilke. -
Fioravanti strabuzzò gli occhi dalla meraviglia,
domandandosi se lo stimato commissario Berta si fosse lasciato coinvolgere in
una sorta di caccia alle streghe.
- Un indizio piuttosto labile - interloquì, mentre un
duplice squillo del cellulare gli segnalava l’arrivo della risposta di Ornella
- scusate ancora un attimo. -
Si chinò a leggere “Sei il solito stronzo! Riesci ad
arrivare almeno per cena?” e a rispondere laconicamente “Certamente”, pur non
essendone così sicuro.
- Ha ragione, dottore, un indizio labile, che mi aveva
portato ieri, come lei ha correttamente osservato, molto vicino all’archiviazione
del caso. Mi lasci però dire che il colore dei peli va associato ad un altro fatto:
la capra in questione non è un animale qualunque, bensì una capra leader, cioè un maschio che dirigeva il
gregge come se fosse un cane pastore… non so se mi spiego. -
- No, che storia è mai questa? Non ci capisco niente.
-
- Il commissario vuol dire che abbiamo deciso di fare
un sopraluogo - intervenne Valeria, vedendo il capo in difficoltà - siamo
saliti questa mattina all’alpeggio, abbiamo osservato il gregge, il comportamento
da leader della capra grigio-nera, i
brevi richiami eeh…eeh… che Rosaria,
il commissario Campo, aveva descritto perfettamente. Quindi abbiamo chiesto a
Desiderio, il pastore, di far avvicinare quella capra. -
- Chi altro era presente, oltre al pastore? -
- La moglie Norma - rispose Berta - che però si teneva
in disparte. A quel punto, ho cercato di provocare questo Derio, come lo
chiamano in valle: l’ho accusato di aver causato la caduta e la morte di Ursula
aizzandole contro la capra. Volevo vedere come reagiva e se si contraddiceva. -
- E lui? -
- Lui negava. Sosteneva che le capre possono essere
istruite, ma non aizzate a piacimento. -
- Onestamente, è quello che penserei anch’io -
intervenne ancora il PM. Andrea trattenne a stento un risolino.
- Allora ho pensato di tirargli uno scherzo, diciamo
così, pesante. Vista la capra orientata dritta verso Rosaria, ho provato ad
aizzarla; non sapendo quale potesse essere il comando, ho utilizzato, tutti
assieme, lo stesso eeh della capra,
un vai! perentorio, infine una
adeguata manata sul di dietro. -
- Immagino che la capra sia rimasta ferma - replicò il PM che cominciava ad essere
stufo di tutta quella manfrina.
- Ferma? - interloquì l’ispettore Franchini - Vedesse
che scatto in avanti: puntava dritto su Rosaria Campo… -
Il PM impallidì:
- Berta, ma si rende conto del rischio? Se buttava giù
dal dirupo anche il commissario di Milano finivamo, lei, io e l’intera Polizia
di Como, su tutti i giornali d’Italia. -
- Non sottovaluti il commissario Berta - intervenne a
quel punto Rosaria - innanzi tutto, prima di agire ci siamo scambiati un cenno
d’intesa previamente concordato. Inoltre, io mi ero tenuta rigorosamente in
mezzo alla strada per cui, anche se la capra mi avesse investito, sarei al
massimo caduta sul posto. Ma non è successo: sono abbastanza allenata a
schivare i pericoli e mi sono scansata in tempo per evitare l’urto. -
- Bene - disse Fioravanti che cominciava a
spazientirsi - alla fine di questa commedia dell’arte quali sono le
conclusioni? -
- Le conclusioni, dottore, sono nel registratore
tascabile di Valeria. La moglie del pastore, Norma, di fronte alla prova che la
capra rispondeva ai comandi, è venuta verso di noi e ci ha vomitato addosso la
verità. Valeria, fai sentire al dottore. -
L’ispettore Valeria Franchini scosse la chioma bionda
come a liberarsi dell’imbarazzo che la coglieva sempre nei momenti importanti,
appoggiò il registratore sul tavolo e avviò la riproduzione. Dopo qualche
secondo di rumore di fondo si udì nitidamente una voce stridula di donna:
“Una zoccola, ecco cos’era quella Ursula, una ninfomane
senza pudore. L’avevo già vista con altri uomini, dalle parti del rifugio. Ma
da giorni aveva preso a ronzare intorno a Derio. Me ne sono accorta subito, poi
li ho visti andare verso il capanno, una, due, tre volte; tornavano
separatamente, ma allegri, felici tutti e due. Io, io l’ho uccisa, quella
zoccola schifosa. Non meritava di vivere, di spassarsela con il mio Derio
davanti ai miei occhi, mentre io ero qua a lavorare ai formaggi. Io, sìììì, sono
stata ioooo!!!”
La registrazione finiva con un urlo straziante seguito
da un lungo pianto. Il PM sollevò gli occhi verso Berta:
- Quindi, questa Norma… - gettò un’occhiata al
documento - Norma Calligari è rea confessa. -
- Sì, dottore - rispose Berta - mi sembra che non ci
siano dubbi. -
“Potevano
dirmelo prima, avrei forse evitato la lite con Ornella” pensò Fioravanti mentre firmava frettolosamente
l’atto. Si alzò e infilò nella borsa il pc portatile oltre a numerose cartelle,
richiuse e salutò:
- Arrivederci all’udienza di convalida - disse
prendendo commiato. Ma prima ancora di lasciare la scrivania ci ripensò:
- E lui? - vide lo sguardo interdetto dei tre e
proseguì - Lui, quello con il nome buffo, il pastore insomma, quello che
sembrava il principale indiziato. -
Andrea Berta fece un cenno negativo con il capo:
- Desiderio secondo noi è innocente. Quando la moglie
ha confessato è collassato a terra con le mani sugli occhi. Era spontaneo, scuoteva
la testa e ripeteva di continuo “Non ci posso credere… non può essere… non ci
posso credere…”. Gli abbiamo parlato a lungo: si sente in colpa per aver scatenato
la crisi di gelosia della moglie, ma siamo convinti che con l’omicidio non
c’entra. -
Il PM Fioravanti aveva una fretta evidente, ma non era
tipo che amava prendere le cose alla leggera, né soprattutto lasciarle
incompiute. Perciò incalzò nuovamente Berta:
- E i sospetti sul gestore del rifugio? E la donna
vista da Desiderio e la moglie a San Fedele? -
Berta ebbe un sorriso stanco:
- Ferruccio, il gestore del rifugio, mi ha deluso come
uomo, ma è solo un approfittatore da strapazzo; ha imboscato l’i-pad perché conteneva delle foto
compromettenti relative ai suoi rapporti con la tedesca e voleva evitare che la
cosa giungesse agli occhi e alle orecchie della moglie. Inoltre, già che c’era,
ha sperato di acquisire gratuitamente un i-pad.
Per quel che riguarda la donna di San Fedele, invece, la faccenda potrebbe
essere più seria. -
Fioravanti aggrottò le sopracciglia:
- Cioè? -
- Voglio dire… - replicò il commissario - si tratta
ovviamente di una sosia; sospetto però che questa sosia possa aver agito in accordo
con la moglie di Derio, Norma, che ha ucciso Ursula. Norma potrebbe aver usato
una donna, forse un’amica, per depistarci; trovo infatti molto strane queste
sue apparizioni e scomparse repentine, senza lasciare la minima traccia.
Insomma, sembrano delle apparizioni studiate, per cui sto ancora valutando se
aprire una denuncia contro ignoti per favoreggiamento. Mi domando però quante
probabilità abbiamo di rintracciarla. -
“Tosto e
realista al tempo stesso, questo Berta”
pensò il PM annuendo, prima di salutare nuovamente, ringraziare tutti e uscire
dall’ufficio. Appena fuori, digitò velocemente sul telefonino un laconico
“Arrivo per cena”.
Abbracciati i colleghi, Rosaria aspettò che il PM si fosse
allontanato prima di salire sull’automobile e mandare un messaggio a Martino:
“Caso risolto. Arrivo tardi ma arrivo. Non preparare
niente perché ho comprato le salsicce del mitico macellaio.”
Si stupì che non arrivasse subito la risposta; “Chissà in quale lettura si è perso”
pensò, mentre avviava il motore. Percorse un paio di chilometri prima che il
doppio squillo del telefonino la facesse sobbalzare.
Accostò con i quattro fari di segnalazione accesi e lesse
sorridendo:
“Salsicce, WOW!!! Rimetto subito i bastoncini di pesce
nel freezer.”
Allora lo chiamò:
- Bravo, mettili via prima che si scongelino - poi,
con voce dolce - scusa, dimenticavo di
farti i complimenti: il tuo contributo alla soluzione del caso… -
Martino non le lasciò terminare la frase, concludendo
con una risata:
“Lo sapevo, le capre sono molto intelligenti. Anche
troppo!”
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