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domenica 19 luglio 2020

Storia di S. Pietroburgo - Parte seconda


(di Tania Bertolini)
La fondazione


Dopo la battaglia di Narva Pietro il Grande nel 1702 riconquistò la fortezza di Nöteborg situata su un’isola di fronte alla foce della Neva e proprio in quel punto decise di fondare una nuova città.


                                




La prima costruzione nel 1703, fu la Fortezza di Pietro e Paolo, sita sull’isola di Zajačij o isola dei Leprotti


 

l’Isola dei Leoprotti con al centro la Fortezza e la Cattedrale di S. Pietro e Paolo




L’impresa si rivelò da subito difficilissima, non solo era ancora in corso la guerra contro gli svedesi, ma il terreno fangoso e paludoso appariva il meno adatto per la costruzione di edifici. Furono precettati soldati, prigionieri forzati e contadini, per drenare, scavare canali, rinforzare argini, rassodare il suolo.
Tuttavia le prime case stentavano ad essere edificate, le fondamenta non reggevano. Si sparse così la voce che quello fosse un luogo stregato e che il diavolo in persona impedisse di rendere quella zona così insalubre, abitata. D’altra parte lo zar, che si dice sapesse compiere oltre quattordici mestieri, si era costruito in tre giorni la sua piccola dacia, la cosiddetta Casetta di Pietro, 
La casetta di Pietro

                                               


tutta in legno dove si ritirava a progettare il futuro di quella città. Questa cosa apparve miracolosa agli occhi dei sudditi ma ugualmente essi dissero che era stata costruita con l’appoggio del diavolo. Lo Zar era infatti identificato come l’anticristo non solo dalla chiesa retrograda ma anche da parte del suo popolo.

Nel 1704 si aprirono i cantieri navali dove oggi sorge l’Ammiragliato.


Dopo il 1712 la città iniziò a popolarsi di mercanti, artigiani provenienti dalle vicine province. Pietro il Grande trasferì con una decisione irrevocabile la capitale da Mosca a S. Pietroburgo.
Lo zar non amava la vecchia capitale, Mosca, dove, nelle cupe stanze del Kremlino, aveva assistito a delitti, congiure che avevano messo a repentaglio anche la sua vita. Costrinse quindi la nobiltà ad un trasferimento forzato, pena la decadenza dai titoli. Fece radere i boiardi, in alcuni casi tagliò lui stesso le loro lunghe barbe e li costrinse a vestirsi all’occidentale.
Aggiornò il calendario partendo dalla nascita di Cristo e non dall’inizio del mondo (sic!), anche se utilizzò il calendario giuliano indietro 13 giorni rispetto al nostro, ovvero al gregoriano, fece aprire le prime tipografie per la stampa dei giornali, e in quell’anno inaugurò l’Accademia navale, seguita dalle scuole di artiglieria, ingegneria e chirurgia, dal primo museo e più tardi dall’Accademia delle scienze istituita con decreto nel gennaio del 1714. Obbligò infine i figli della nobiltà a frequentare le Accademie, Militare o delle Scienze, per poter poi accedere a pubbliche cariche. 


Prospekt Nievskj


La foce del fiume Neva è un delta ramificato che, col passare dei secoli, ha dato origine a veri e propri isolotti. Su uno di questi fu edificata l’Accademia navale e da essa, disboscando l’isola per un tratto lungo 4,5 chilometri, si era poi costruita un’ampia strada che terminava in un punto dove, nel 1710, era stato edificato un monastero, dedicato alla S. S. Trinità.
Il 30 agosto del 1724, lungo questa strada, un corteo militare e religioso con alla testa Pietro il Grande e l’archimandrita Teodosio, conduceva un catafalco ricoperto da una lamina d’argento cesellato verso il Monastero, fra due ali di folla, religiosi, nobili e popolo mentre i cannoni sparavano a salve. 
Erano i resti di Aleksandr Iaroslavič, il sovrano che aveva regnato nel XIII secolo e aveva fermato gli svedesi nei pressi della Neva e i cavalieri Teutoni (monachi-soldato che abitavano la Prussia), questi ultimi con un’epica battaglia sul ghiacci. La prima battaglia gli valse l’appellativo di Aleksandr Nevskij ovvero Alessandro della Neva e con questo nome passò alla storia.





Il Monastero (Lavra in russo) da quel momento si chiamerà la Lavra di Nevskij e Prospekt Nevskij la grande via che unisce l’Accademia alla Lavra una delle più belle e famose vie di Pietroburgo.
                                         Nevskij Prospekt

Immortalata da numerosi scrittori, qua si è scelto ad esempio l’incipit di uno dei Racconti di Pietroburgo di Gogol che si intitola proprio Nevskij Prospekt.

Prospettiva Nevskij
Non c'è niente di meglio della Prospettiva Nevskij, almeno a Pietroburgo, dove essa è tutto. Di che cosa non brilla questa strada, meraviglia della nostra capitale! So con certezza che non uno dei suoi pallidi e impiegatizi abitanti cambierebbe la Prospettiva Nevskij con tutti i beni della terra. Non solamente chi ha venticinque anni d'età, magnifici baffi e un soprabito dal taglio perfetto, ma anche chi si vede già spuntare sul mento i peli bianchi e ha la testa liscia come un piatto d'argento, va in estasi davanti alla Prospettiva Nevskij. E le signore! Oh, per le signore la Prospettiva Nevskij è qualcosa di ancora più piacevole. E per chi del resto non è piacevole? Non appena imbocchi la Prospettiva Nevskij, non senti altro che odore di passeggio. Anche se hai un affare importante e improrogabile da sbrigare, ecco che, dopo aver messo piede qui, te ne dimentichi subito. Questo è l'unico luogo dove la gente non si fa vedere perché spinta dal bisogno e dall'interesse che coinvolgono l'intera Pietroburgo. Sembra che le persone incontrate sulla Prospettiva Nevskij siano meno egoiste che non sulla Morskàja, sulla Gorochòvaja, sulla Litèjnaja, sulla Mešèànskaja e nelle altre vie, dove l'avidità, il profitto e il bisogno si manifestano sia in quelli che camminano, sia in quelli che volano in carrozze e calessini. La Prospettiva Nevskij è il punto universale di confluenza di Pietroburgo. Qui l'abitante del rione Peterbùrgskij o del rione Vybòrgskoj, che da vari anni non è più stato a trovare il suo amico a Peski o alla Barriera di Mosca, può star certo che lo incontrerà senza fallo.

Per chi volesse approfondire con un rimando musicale ricordiamo la battaglia sul ghiaccio, pagina della colonna sonora dell’omonimo filmo di Eisenstein su musica di Sergej Prokofiev, link

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Nuovi palazzi

Lo stile architettonico della nuova capitale russa al tempo di Pietro il Grande è denominato appunto barocco di Pietro o barocco olandese. Esso si differenzia dallo stile presente in altre città, quali ad esempio Mosca, poiché ha completamente abbandonato l’impronta bizantina che aveva caratterizzato l’arte russa fino a quel momento.

Un esempio è la Künstkamera, ovvero il primo museo russo, in origine di scienze naturali, voluto anch’esso da Pietro il grande, e, come altri edifici, si affaccia sulla Neva e ci rimanda alle costruzioni contemporanee che Pietro aveva avuto modo di ammirare nei Paesi Bassi.
In origine raccoglieva strumenti astronomici, carte geografiche, libri rari, minerali ed altri oggetti raccolti o acquistati dallo zar stesso. Per attirare i visitatori, che non sapevano cosa fosse un museo, l’entrata era libera e all’ingresso era offerto un bicchierino di vodka ai presenti.


Un altro edificio in questo stile è la Cattedrale di San Pietro e Paolo che si trova all’interno dell’omonima fortezza. La sua guglia, assieme a quella dell’Ammiragliato, fino al XX secolo, rappresenta­vano il punto più altro delle costruzioni e nessun altro edificio li poteva superare in altezza.

All’interno della famiglia imperiale però si presentò nuovamente la frattura e la lotta fra la Russia tradizionalista legata alla vecchia Moscovia e quella vicina alla nuova Russia imperiale. Oltre ad essere un anticlericale, questo zar aveva l’abitudine di scegliere i suoi collaboratori anche fra la gente umile, a lui non interessava il rango ma la capacità a fare quanto richiesto. Così il capo della polizia della capitale, de Vière, era stato in origine mozzo su una nave olandese, il vice cancelliere Šafirov era stato commesso in un negozio, il vicegover­natore di Arkanghelš e inventore della carta bollata, era un ex servo in una casa di nobili russi mentre la sua seconda moglie, sposata nel 1712, la futura Caterina I, dalla quale ebbe due figlie Anna ed Elisabetta, era una lavandaia lituana.
 Aleksei Petrovič
Tutto questo non era accettato e poco contava che sotto questo zar l’esercito russo fosse stato riorganizzato e modernizzato come pure la marina militare. Le sue riforme amministrative, come la riorganizzazione delle province, e le novità che stava introducendo nella società russa erano malviste, la chiesa lo paragonava all’anticristo.
Così nel 1716 il figlio Alessio, con il quale lo zar non aveva mai avuto un rapporto diretto, appoggiato dai sostenitori della Moscovia tentò di organizzare un’altra congiura. In un primo tempo pareva aver abbandonato l’impresa ed era rientrato in Russia ottenendo il perdono del padre; questi però aveva svolto delle indagini al termine delle quali era emerso che in realtà Alessio non aveva rinunciato al suo progetto. Pietro I lo fece quindi tradurre nella fortezza dove morì nel 1718 a seguito delle torture subite.
Nel 1715 Alessio aveva avuto un figlio: Pietro; la madre, una principessa tedesca, era poi morta di parto.
All’improvvisa morte dello zar avvenuta nel 1724 la partita della successione era completamente aperta.



(segue)



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